La guida. Le Messe in diretta tv e social di domenica 19 settembre 2021

Avvenire

Ore 7

Su Tv2000 (canale 28 digitale terrestre e 157 Sky) la Messa in diretta dalla chiesa di Sant’Andrea delle Fratte a Roma

Santuario di Nostra Signora di Bonaria a Cagliari: Messa in diretta streaming su https://bonaria.eu/#. Altre Messe in diretta: ore 8.30, 10, 11.30, 18 e 19.30. Prefestive: 18 e 19.30. Giorni feriali: 7, 8.30, 10 e 19

Ore 7.30

Padre Pio Tv: Messa in diretta streaming su https://www.teleradiopadrepio.it/padre-pio-tv/. Altre Messe alle ore 11.30 e 18. Prefestive: ore 18. Giorni feriali: Messe in diretta streaing alle 7.30, 11.30 e 18.

Ore 8

Santuario della Guardia, Genova: diretta streaming della Messa su http://www.santuarioguardia.it/diretta-live-dal-santuario/. Altre Messe: ore 10, 11, 12 e 17. Giorni feriali: ore 10 e 17. Prefestiva: ore 17

Sacro Monte di Varese: la Messa nel Santuario in diretta streaming su https://www.youtube.com/watch?v=O1paOKPXJTI

Ore 8.30

Su Tv2000 la Messa in diretta dalla chiesa di Sant’Andrea delle Fratte a Roma

Santuario della Consolata, patrona della diocesi di Torino: Messa in diretta streaming su www.laconsolata.org attraverso il canale YouTube del Santuario. Altre Messe in diretta: ore 10, 11.30, 16, 18 e 19.30. Giorni feriali: ore 8, 9, 10.30, 12, 18 e 19. Prefestiva il sabato alle 18.

Ore 9.30

Dal Duomo di Milano la Messa in diretta su Chiesa Tv (digitale terrestre locale: canale 195) e in streaming sul portale www.chiesadimilano.it. Giorni feriali: ore 8. Messa vigiliare: ore 17.30.

Torino, Basilica di Maria Ausiliatrice, Casa Madre dei salesiani dove si venerano le spoglie mortali di don Bosco: Messa in diretta su Rete 7 (canale 12 del digitale terrestre o su www.rete7.cloud). Presiede il neo rettore della Basilica don Michele Viviano. Giorni feriali: diretta della Messa in Basilica alle 9, sempre in diretta.

Vicoforte, diocesi di Mondovì: dal Santuario della Natività di Maria Regina Montis Regalis la Messa in streaming su https://www.santuariodivicoforte.it/diretta-streaming/. Altre Messe: ore 11, 16 e 18

Ore 10

Napoli: la Messa celebrata in Cattedrale dall’arcivescovo per la solennità di San Gennaro, con le ampolle del sangue sull’altare maggiore. Diretta su Canale 21 (digitale terrestre Campania e Lazio), anche in streaming su http://www.canale21.it/ e su Maria Tv (link: https://streaming.mariatv.it/diocesi-napoli)

Canale 5: la Messa in diretta dalla chiesa di Sant’Andrea delle Fratte a Roma

Santuario di Loreto: Messa in diretta su https://www.youtube.com/channel/UCT9uLSAfEfqgXbArvYyHzQg?view_as=subscriber (anche in tv su Telepace al canale 515 di Sky e in streaming su https://www.telepace.it/diretta/). Giorni feriali: alle 7.30 Messa su Telepace e in streaming sui canali social del Santuario, alle 12.15 Angelus e Rosario in streaming. Ogni venerdì diretta streaming alle 21 della preghiera con le realtà ecclesiali attive nel Santuario. Ogni sabato alle 21 Rosario su Telepace e in streaming sui social del Santuario. Webcam sempre accesa in diretta streaming dalla Santa Casa (ore 7.30-19, tutti i giorni) su https://www.santuarioloreto.va/it/diretta-tv.html.

Santuario della Madonna del Bosco di Imbersago, in diocesi di Milano: Messa in diretta streaming su http://bit.do/santuarioindiretta. Messa anche alle ore 16.

Santuario della Madonna delle Lacrime a Siracusa: Messa in diretta streaming su https://www.madonnadellelacrime.it/ (webcam sempre accesa sia dal Santuario sia dalla Cappella del Santissimo). Altre Messe: ore 8, 12, 17.30, 19 e 20. Giorni feriali: ore 8, 10 e 19. Prefestiva ore 19.

Dal Santuario Basilica della Madonna di San Marco in Bedonia (Parma) la Messa in diretta streaming sulla pagina Facebook del Seminario Vescovile di Bedonia https://www.facebook.com/SeminarBedonia/, sul suo canale Youtube https://bit.ly/3uD8wIP e in tv sul digitale terrestre (Rta Videotaro, canale 88)

Santuario di Santa Maria di Caravaggio a Milano: la Messa in diretta su https://www.youtube.com/c/ParrocchiaSantaMariadiCaravaggioMilano

Ore 10.30

Santuario di Oropa, diocesi di Biella: Messa nella Basilica superiore in diretta streaming su
www.santuariodioropa.it/funzioni-in-diretta/ e sulla pagina Facebook Santuario di Oropa Official.
Altre Messe: ore 12, 16.30 (presiede il rettore don Michele Berchi) e 18.15. Giorni feriali: Messe alle 8, 9, 16.30 e 18.15. Prefestiva: ore 18.15.

Santuario nuovo della Madonna dei Fiori a Bra: Messa in diretta streaming sul sito www.santuariomadonnadeifioribra.com e sul canale YouTube del Santuario. Presiede il rettore monsignor Giuseppe Trucco.

Torino, Parrocchia-Santuario di Santa Rita: la Messa in diretta su https://www.youtube.com/channel/UCVHC3_Za5sNUg2e_6cmTtjg (accesso anche dal sito del Santuario). Presiede il rettore monsignor Mauro Rivella.

Sant’Agata di Bulgarograsso (Diocesi di Milano): Messa in diretta streaming sul profilo Facebook della parrocchia https://www.facebook.com/comunitasanbenedetto e sul canale YouTube della parrocchia ambrosiana.

Ore 11

RaiUno: la Messa in diretta dalla Concattedrale Santa Maria Assunta in Irsina (Matera), per la regia di don Simone Chiappetta.

Assisi: dal Santuario della Spogliazione la Messa in diretta streaming su https://www.mariavision.it/maria-vision-italia. E’ sempre attiva una webcam sulla tomba del beato Carlo Acutis https://www.mariavision.it/santuario-spogliazione-assisi

Padova, Basilica di Sant’Antonio: la Messa in diretta su https://www.santantonio.org/it/live-streaming. Altra Messa alle ore 18. Giorni feriali: ore 18. Sono sempre attive una webcam sull’Arca del Santo https://www.santantonio.org/it/webcam-arca-del-santo e un’altra sul sagrato della Basilica https://www.santantonio.org/it/content/webcam-sagrato-della-basilica-del-santo

Adro (Brescia), Santuario della Madonna della Neve (Padri Carmelitani Scalzi): la Messa in diretta streaming su www.youtube.com/c/MadonnadellaNeveSantuario

Mignanego (Genova), Santuario di Nostra Signora della Vittoria (Fraternità monastica di San Colombano): Messa su https://www.facebook.com/santuariodellavittoria/

Roma, Parrocchia-Santuario di Santa Maria delle Grazie al Trionfale: Messa in diretta su https://santamariadellegraziealtrionfale.wordpress.com/dirette-streaming-seguici-in-diretta/. Altre Messe: ore 7, 8, 9, 10 e 19. Giorni feriali: ore 7, 8, 9 e 19. Prefestiva: ore 19.

Parrocchia Stimmate di San Francesco a Torino: Messa in diretta streaming su https://www.youtube.com/c/parrocchiastimmatetorino. Presiede il parroco don Tonino Borio. Messa prefestiva ogni sabato in diretta alle 18.

Ore 11.30

Assisi, Santa Maria degli Angeli: Messa in diretta su https://www.porziuncola.org/web-tv.html. Altre Messe alle ore 7, 8.30, 16 e 18. Giorni feriali: Messe alle ore 7, 8.30 e 18. Prefestiva ore 18. Due webcam (nella Basilica e sulla piazza) sono sempre accese, allo stesso indirizzo.

Dal Sermig di Torino la Messa domenicale in diretta streaming su https://www.youtube.com/watch?v=KtbaAw2p8as. Giorni feriali: Messa alle 12 in diretta su https://www.sermig.org/multimedia/live-streaming/messa-e-liturgia.html

Ore 12

RaiUno e Tv2000: in direttada piazza San Pietro l’Angelus di papa Francesco (streaming sul canale YouTube di Vatican News, dov’è sempre attiva una webcam sulla piazza e la Basilica)

Ore 17.30

Cascia, Monastero di Santa Rita: Vespro e Messa in diretta su https://www.youtube.com/channel/UCoZTJrHCPehZueZlU2wvbcQ

Strà, Alta Val Tidone (Piacenza): dal Santuario della Beata Vergine Madre delle Genti la Messa in diretta su https://www.youtube.com/channel/UC5Y79huwWML6YGOcLSc5SFA (Rosario ore 17)

Ore 18

Santuario della Madonna di Caravaggio in Piné, diocesi di Trento: la Messa in diretta su https://www.youtube.com/channel/UCRuwql-dV6QmnflbRdWZ6aQ oppure su https://www.facebook.co/santuariodipine/. Alle 17.30 il Rosario

Ore 19

Su Tv2000 la Messa in diretta dalla chiesa di Sant’Andrea delle Fratte a Roma

Messe prefestive

(oltre a quelle già segnalate nella Guida in alcuni santuari e cattedrali)

Ore 20

Parrocchia-Santuario di Nostra Signora della Salute in Borgo Vittoria, a Torino: in streaming sul sito www.chiesasalute.it e sul canale YouTube della parrocchia la Messa prefestiva presieduta dal parroco don Franco Pairona, giuseppino del Murialdo. Benedizione finale davanti all’urna din san Leonardo Murialdo, venerata nel Santuario.

La Messa alle 10 dalla Cattedrale di Napoli nella festa di san Gennaro, con l’arcivescovo Battaglia. Alle 11 su Raiuno da Irsina. Alle 12 l’Angelus del Papa
L'ampolla col sangue di san Gennaro nelle mani dell'arcivescovo Battaglia

L’ampolla col sangue di san Gennaro nelle mani dell’arcivescovo Battaglia – (Immagine dal sito della diocesi di Napoli)

Foglietto, Letture e Salmo XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

Grado della Celebrazione: Domenica
Colore liturgico: Verde

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Anche oggi si sentono le voci e i giudizi più contrastanti su Gesù: c’è chi lo ritiene un saggio, un generoso moralista, un protagonista della storia, e c’è anche chi lo calunnia, chi lo odia. Ma la sola, la vera identità di Gesù è quella proclamata da Pietro: “Tu sei il Cristo”. Se riduciamo la fede cristiana al chiuso di un orizzonte umano, per quanto nobile, siamo in errore: Cristo è venuto a portare la salvezza eterna, la speranza soprannaturale, non una dottrina per rendere più tollerabile la convivenza umana, anche se è interessato alla redenzione di tutte le realtà terrene, sempre in funzione della felicità eterna. Non basta riconoscere Gesù come Figlio di Dio: bisogna imitarlo in ciò che egli ha di più specifico, cioè nell’amore alla croce che non è il fine, ma il mezzo necessario per compiere la redenzione. Se vogliamo essere corredentori non possiamo rifuggire la croce, perché solo attraverso di essa, perdendo la nostra vita, la ritroveremo nell’eternità, partecipando alla risurrezione di Cristo.

«Effatà»: quando apri la tua porta la vita viene. Commento al Vangelo XXIII Domenica Tempo ordinario Anno B.

In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente (…).

Portarono a Gesù un sordomuto. Un uomo prigioniero del silenzio, una vita senza parole e senza musica, ma che non ha fatto naufragio, perché accolta dentro un cerchio di amici che si prendono cura di lui: e lo condussero da Gesù. La guarigione inizia quando qualcuno mette mano all’umanissima arte dell’accompagnamento.
E lo pregarono di imporgli la mano. Ma Gesù fa molto di più, non gli basta imporre le mani in un gesto ieratico, vuole mostrare l’eccedenza e la vicinanza di Dio: lo prese in disparte, lontano dalla folla: «Io e te soli, ora conti solo tu e, per questo tempo, niente è più importante di te». Li immagino occhi negli occhi, e Gesù che prende quel volto fra le sue mani.
Seguono gesti molto corporei e delicati: Gesù pose le dita sugli orecchi del sordo. Le dita: come lo scultore che modella delicatamente la creta che ha plasmato. Come una carezza. Non ci sono parole, solo la tenerezza dei gesti.
Poi con la saliva toccò la sua lingua. Gesto intimo, coinvolgente: ti do qualcosa di mio, qualcosa che sta nella bocca dell’uomo, insieme al respiro e alla parola, simboli della vita.
Vangelo di contatti, di odori, di sapori. Il contatto fisico non dispiaceva a Gesù, anzi. E i corpi diventano luogo santo d’incontro con il Signore, laboratorio del Regno. La salvezza non è estranea ai corpi, passa attraverso di essi, che non sono strade del male ma «scorciatoie divine» (J.P.Sonnet),
Guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro. Un sospiro non è un grido che esprime potenza, non è un singhiozzo, ma il respiro della speranza, calma e umile, il sospiro del prigioniero (Sal 102,21), e Gesù è anche lui prigioniero con quell’uomo.
E gli disse: Effatà, apriti! In aramaico, nel dialetto di casa, nella lingua della madre, ripartendo dalle radici: apriti, come si apre una porta all’ospite, una finestra al sole, le braccia all’amore. Apriti agli altri e a Dio, anche con le tue ferite, attraverso le quali vita esce e vita entra. Se apri la tua porta, la vita viene.
Una vita guarita è quella che si apre agli altri: e subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. Prima gli orecchi. Perché il primo servizio da rendere a Dio e all’uomo è sempre l’ascolto. Se non sai ascoltare, perdi la parola, diventi muto o parli senza toccare il cuore di nessuno. Forse l’afasia della chiesa dipende oggi dal fatto che non sappiamo più ascoltare, Dio e l’uomo. Dettaglio eloquente: sa parlare solo chi sa ascoltare. Dono da chiedere instancabilmente, per il sordomuto che è in noi: donaci, Signore, un cuore che ascolta (cfr 1Re 3,9). Allora nasceranno pensieri e parole che sanno di cielo.
(Letture: Isaia 35, 4-7; Salmo 145; Giacomo 2,1-5; Marco 7, 31-37)

LA TRADUZIONE CEI «Il nuovo Messale? Libro di tutti, non del prete. Valorizziamo i gesti dell’assemblea»

Nelle parrocchie italiane il nuovo Messale è arrivato lo scorso novembre, in mezzo al “terremoto” della pandemia, quando le celebrazioni erano – e ancora oggi lo sono – condizionate dalle misure anti-Covid. E nella Settimana di studio dei professori e dei cultori di liturgia la rinnovata traduzione del libro ha fatto da cornice alle riflessioni sull’assemblea eucaristica. «Ci siamo posti qualche domanda: la nuova edizione del Messale è un testo per l’assemblea o del prete? E la Messa è quella cosa che fa il sacerdote oppure è l’azione di tutta la comunità?», spiega don Paolo Tomatis, che ha fatto parte del gruppo Cei che ha concluso la redazione del libro liturgico. Le risposte sono scontante. «Il Messale – afferma – è certamente per l’assemblea perché scandisce la partecipazione attraverso gesti e parole che coinvolgono tutti. Però bisogna farlo ben funzionare. Il volume è molto più ricco di azioni comunitarie di quanto appare. È opportuno riscoprirle. Penso all’offerta dei doni da parte dei fedeli o al canto comunitario o ancora alla processione per la Comunione magari da ricevere nella pienezza delle due specie». E l’idea di un’omelia dialogata? «Può avvenire in assemblee particolari, come i gruppi di giovani. Non è opportuna durante le liturgie parrocchiali – puntualizza Tomatis – . Benché l’etimologia della parola “omelia” rinvii al dialogo, essa è una comunicazione orizzontale, ossia fra il predicatore e l’assemblea, ma a servizio di una comunicazione verticale, cioè del dialogo fra Dio e il suo popolo». (G.G.)

Se a Messa si sta come a uno spettacolo. L’allarme dei liturgisti: i riti virtuali testimoniano che le assemblee sono diventate platee

Nell’agenda ecclesiale la pandemia sarà ricordata anche come il tempo delle Messe virtuali. Eppure le celebrazioni sullo schermo sono qualcosa di «già visto». Anche perché «ormai le nostre assemblea hanno cominciato a somigliare a platee che, anche quando animate da una certa complicità partecipativa, hanno assimilato gli schemi mentali tipici dello spettacolo», sostiene il teologo don Giuliano Zanchi, direttore della Rivista del clero italiano e responsabile scientifico della Fondazione Bernareggi, “braccio” culturale della diocesi di Bergamo. Poi aggiunge: «Non è un caso che i molti che sono passati dalla Messa in presenza a quella in video non abbiano percepito una vera differenza». Spettatori dell’Eucaristia, quasi fossimo a teatro. Ma c’è dell’altro. Si sta affermando una «crescente ritirata del radicamento territoriale» delle comunità cristiane. E «molta gente di fede non trova più le forme per poter essere anche gente di chiesa», dice il teologo. Risultato? «La Messa torna a essere esperienza minoritaria», prosegue don Zanchi. Con il Covid che ha “svuotato” le celebrazioni.

L’analisi del sacerdote lombardo scuote la Settimana di studio dell’Associazione dei professori e dei cultori della liturgia ospitata a Villa Cagnola di Gazzada, in provincia di Varese ma nell’arcidiocesi di Milano. Un appuntamento che torna anche fra le limitazioni anti-Covid. Al centro dell’edizione numero 48 il tema dell’“assemblea eucaristica” letta anche alla luce dell’emergenza sanitaria. «Questo frangente complesso segnato dal coronavirus ha messo in rilievo alcune mancanze e carenze che erano già precedenti», afferma don Paolo Tomatis, presidente dell’associazione. Guardare alla “gente” della Messa significa prendere atto che chi partecipa alle liturgie è lo specchio di una società in cui non c’è più una fede permanente ma «sperimentale e itinerante». «Non siamo più di fronte a un’assemblea organica e compatta, come quella tridentina, dove il precetto festivo si assolveva andando a Messa nella propria parrocchia – afferma Tomatis –. Abbiamo invece un’assemblea più fluida che condiziona le diverse modalità di partecipazione ». Compresa quella attraverso la tv o il web.

Occhio però agli «effetti collaterali » dei riti trasmessi, come li definisce don Lorenzo Voltolin, parroco nella diocesi di Padova e docente alla Facoltà teologica del Triveneto: dal «fai-da-te» alla «sovrapposizione mediatica». «Non tutte le Messe in televisione oppure online sono uguali – chiariscono Tomatis e Voltolin –. La comunità reale, con il proprio campanile e il proprio pastore, è il referente fisico anche della comunità digitale. Per questo è bene che la mediazione della Rete o della tv assicuri il contatto con il corpo della propria comunità ». In pratica, meglio seguire la Messa che viene proposta in diretta dalla parrocchia di appartenenza.

Invita a non far prevalere il pessimismo l’arcivescovo di Milano, Mario Delpini, che ieri ha concluso la Settimana. «Il Covid ha mortificato molto nelle celebrazioni – sottolinea – ma ha anche valorizzato qualche aspetto, almeno per quanto riguarda l’accoglienza ». Tuttavia, allargando la prospettiva, il «messaggio» che lanciano le liturgie «non sembra raggiungere il destinatario », osserva il presule. E si assiste a un’«irrilevanza del rito» dove, come insegna il Vangelo, il seme della Parola cade su «un terreno che non produce frutto se esso non è disposto ad accogliere e custodire il buon seme stesso », ricorda Delpini. Liturgie “afone”. Ma anche reclamate. C’è chi le pretende soprattutto quando si vive in realtà piccole, di periferia estrema, dove si fa fatica a garantire la Messa domenicale anche perché i preti mancano. «C’è prima di tutto il dovere della comunità di radicarsi nell’Eucaristia – riflette Tomatis – da cui scaturisce il diritto di ogni battezzato all’Eucaristia stessa. Là dove questo non è possibile, potrebbero essere riscritti ad esempio i confini della comunità per averne una più ampia».

Certo, tutto presuppone quella partecipazione attiva e consapevole, indicata dal Vaticano II, che è criterio per comprendere in profondità il significato teologico della Messa. Da qui il richiamo alla «sacramentalità dell’assemblea» evidenziata da don Roberto Repole, docente di teologia sistematica alla Facoltà teologica di Torino, durante il percorso della Settimana. «Anche nelle più piccole assemblee il Signore si fa presente – sottolinea il presidente dell’associazione –. A partire da questa consapevo-lezza, si tratta di fare in modo che ogni assemblea eucaristica renda visibile il mistero di Cristo e della Chiesa. Quindi l’assemblea non è soltanto il soggetto dell’Eucaristia, ma fa parte del mistero stesso che si manifesta nelle persone, che in carne e ossa, con i loro limiti e le loro storie, la formano».

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Una Messa trasmessa in streaming / Siciliani

BIBBIA E LITURGIA Religione, fede ed altro ancora

Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Il primo piano di lettura del brano odierno è già palese nelle parole di Gesù: la contrapposizione tra il rispetto formale della legge scritta (delle consuetudini, …) e l’adesione della vita allo spirito dell’alleanza con Dio. A proposito di legge scritta e di come evolve il suo ruolo nella fede ebraica, con competenza di gran lunga maggiore della mia (ovviamente), ha scritto ieri Gilberto Borghi.

Le polarità sono chiare, possiamo sintetizzarle nelle categorie religione e fede. Ciascuno può suddividere il “materiale religioso” tra i due contenitori e, facendolo, si può interrogare sui contenuti a cui tiene di più.

Nella categoria “religione” ci sta bene la tradizione, nel senso di tradizioni cristallizzate e consolidate fino a diventare norma. E cosa scriveremo come polarità opposta? cosa scriveremo per non squilibrare la bilancia già nella scelta delle parole? L’eccedenza creativa che viene, o può venire, dallo Spirito. Per distinguere la genuinità di questa eccedenza ci sono le parole di discernimento della comunità dei credenti.

Un versetto dalla prima lettura “Non aggiungerete nulla a ciò che io vi comando e non ne toglierete nulla” ci instrada nella comprensione del Vangelo “Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini”. Come si diceva sopra, la sussistenza di una comunità di fede non può fare a meno di esplicitazioni, chiarificazioni, precetti; quanto meno canoni che regolino la vita della comunità unita dalla stessa fede. Molto probabilmente Gesù allude a parole umane (e, con le parole, strutture) che, di gradino in gradino, crescono fino a diventare un fardello insostenibile, un ostacolo o zavorra o, semplicemente, un orpello inutile (e siamo tornati alle spigolature di domenica scorsa). In questo modo il discorso della fede vissuta in comunità scivola sul versante religione, nel senso di organizzazione della pratica religiosa.

Fin qui la mia povera riflessione sul vangelo domenicale, tuttavia non posso nascondere che altre parole mi ha accompagnato, o meglio tormentato, per tutta la settimana: le parole di Gilberto (sempre lui!) in morte di Gino Strada. “Tu sei stato così bravo da liberarti presto dal bisogno di me, e mi hai permesso di restare in te come desiderio di bene per tutti. Questo è davvero di pochi. Ma questo è il canale più diretto e limpido attraverso cui io lavoro nei cuori delle persone, anche se a parole non mi riconoscono.”

Non tocca a me fare esegesi delle parole di un compagno di cordata qui su VN, un amico. Ma posso confessare che queste parole, che Gilberto attribuisce al Signore come rivolte a Gino Strada, hanno lasciato il segno. Qui il binomio fede-religione, che spesso fa accapigliare noi gente di chiesa, è stato ampiamente superato. Il tema, evidentemente, è quello della salvezza eterna, della visione felice di Dio (e della vita) quando sarà terminato il pellegrinaggio terreno. Un tema che sta a cuore a tutti i credenti. Condividendo la lettura di Gilberto, una domanda mi rimaneva in gola. La religione non basta, nel senso che la pratica religiosa potrebbe non essere espressione genuina della fede; se non “serve” neanche la fede, di cosa parliamo? Se tutto si dissolve in filantropia, che ci stiamo a fare qui, a scrivere su VN? Vorrei fare chiarezza a me stesso, e spero di non annoiare il lettore.

Il capitolo 25 di Matteo ci dice che per entrare nelle felicità del Signore, non bastano i bollini delle pratiche religiose, non serve il timbro dell’appartenenza cristiana. Purtroppo, noi cristiani non sempre abbiamo una visione chiara a questo proposito. Una volta acquisito questo insegnamento, le pratiche e le appartenenze vanno dunque abolite? Nel dato di esperienza personale ho cercato di darmi una risposta.

Nella seconda lettura leggiamo “Accogliete con docilità la Parola che è stata piantata in voi e può portarvi alla salvezza.” È una frase importante, se viene ripresa anche dalla preghiera colletta. Noi nulla possiamo dire riguardo il mistero della vocazione cristiana: ad alcuni il messaggio del Vangelo non arriva, ad altri ancora arriva e non trova accoglienza formale… e poi ci siamo noi, quelli che hanno accolto il seme e che la lettera di Giacomo definisce “primizia delle sue creature”. Piuttosto che ossessionati dalla “raccolta dei bollini” delle pratiche religiose, noi siamo quelli sedotti dalla Parola ascoltata. Il credente in Gesù confessa di non bastare a sé stesso e di aver trovato in un Altro la pietra angolare dell’esistenza, l’orizzonte di senso.

In questa confessione di insufficienza trova un varco anche il bisogno di un pizzico di religione. La religione, con i suoi canoni/precetti, come pedagogia collettiva per la fede. Solo un pizzico, perché non tolga slancio alla fede, ma pure la religione serve. Almeno per me e la mia povera fede è così.

vinonuovo

BIBBIA E LITURGIA Confessare la fede (e dirsi tutto)

Siamo alla conclusione del capitolo 6 di Giovanni, la moltiplicazione dei cinque pani cui ha fatto seguito una lunga catechesi; ora si fa il punto. Ce la immaginiamo la scena, a cerchi concentrici: i cinquemila uomini, che sono stati saziati all’inizio; poi la cerchia ampia dei discepoli più o meno stabili; poi i Dodici; al centro Gesù. I cinquemila probabilmente sono andati via da tempo; i discepoli fanno fatica a star dietro ai discorsi sul Pane vivo disceso dal cielo, alcuni decidono di andar via (a questo allude l’immagine di una mensa vuota a fine pasto; l’ha presentata qui Giancarlo Olcuire). E siamo così a quelle poche battute conclusive, che generano infinite suggestioni.

Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?» Estrapolata dal contesto, ci starebbe bene in mille copioni di vita comunitaria ecclesiale: momenti di crisi (che non mancano mai) e qualcuno che fa la mozione degli affetti. E, se non c’è qualcuno a porre la domanda, può darsi che la stessa risuoni nell’intimo della coscienza: andare via (leggi anche: cambiare) o restare (leggi anche: conservare)? E, mentre nella Scrittura tutto si fa limpido, nella vita lo sappiamo bene che, in talune circostanze, andare via è il modo più fedele di restare, e il discernimento tra le scelte è tutt’altro che semplice.

Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio» Come risposta, è perfetta e perfettamente articolata.

Un’invocazione iniziale, Signore, che dice già molto.

Da chi andremo? Non dice “dove andremo?”, non sottintende la possibilità andare altrove a fare fortuna; oramai loro sono alla ricerca di qualcuno che dia senso e sapore alla vita.

Sono stati sedotti dalle parole di vita eterna; non dai segni, ma dalle parole. Come espressione la sentiamo contemporanea a noi e, probabilmente, è contemporanea all’uomo di tutti i tempi. Sarà Paolo a dire, nella lettera ai Romani, che la fede viene dall’ascolto.

Abbiamo creduto e conosciuto. Ci sono la fede, appunto, e poi la conoscenza. Cosa intendere per conoscenza? La conferma venuta dai segni? Per noi oggi sarebbe la lettura delle tracce della presenza di Dio nella storia, la storia di ciascuno e la storia dell’umanità. Oppure possiamo intendere il momento di consapevolezza, della fede che diventa matura, coinvolgendo non più solo il cuore, ma anche la ragione?

La prima lettura svolge, come sempre, il ruolo di preparazione al brano evangelico. Anche nel libro di Giosuè troviamo esattamente una domanda del leader al popolo ed una dichiarazione solenne di adesione al Dio dei padri. Ma non è troppo tutto “troppo perfetto”?

Basta arrivare con un balzo all’ultimo capitolo di Giovanni e troviamo una scena completamente diversa. Sono trascorsi diversi anni in compagnia del Maestro. C’è stato il dramma del tradimento e della condanna a morte. I Dodici, rimasti Undici, hanno visto (da lontano), la morte in croce, ma poi ci sono stati gli incontri con Gesù risorto. Eppure il gruppo sembra che si sia sciolto; in sette sono tornati alla vita di prima, la pesca sul lago di Tiberiade. Esattamente il contrario di quello che si diceva sopra. Sopra dicevamo che i Dodici sono ormai alla ricerca di qualcuno che scaldi il cuore con parole di vita. Qui non leggiamo che sono andati da un altro maestro; sono tornati, prosaicamente, alla vita di prima; la cosa più importante è procurarsi il sostentamento materiale. Che dire di quelle parole di Simon Pietro? Sono evaporate?

Il vangelo, come sempre, dice la verità: così siamo noi, viviamo tra il capitolo 6 e il capitolo 21 di Giovanni. Bene farci i conti con questa verità, tenerla sempre presente.

Alla luce di questo ridimensionamento, c’è ancora una suggestione in quel “da chi andremo?”. Ogni tanto noi ci diciamo che il darsi, ad un partner, così come ad una causa, è da persone mature. Mettersi in relazione richiede, come precondizione, consapevolezza, autonomia, capacità di farcela anche da soli. Qui, nel dialogo, tra Gesù e i Dodici, c’è un momento di confidenza dal sapore familiare. Forse non saremo mai capaci di farcela da soli. Tu, Signore, ci hai visti come siamo; dove potremmo mai andare? Simon Pietro, e noi con lui, lo confessa candidamente. È così anche nelle relazioni umane. Farcela da soli è forse solo una maschera. Simon Pietro sta ricordando a tutti noi l’importanza di dirsi tutto, confessare non solo la fede, ma anche la verità (fragile) di sé stessi. Sono sicuro che questo discorso richieda un’ulteriore messa a fuoco sul piano antropologico, eppure mi sembra anche questo un fatto di non poco conto.

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In tema di fragilità da confessare, si deve spendere almeno una parola veloce anche sulla seconda lettura, dove si parla di marito capo della moglie (e della famiglia), di mogli sottomesse ai mariti. È tema di questi giorni per via di un paese, l’Afghanistan, che è stato straziato e ingannato dalla guerra, per poi tornare all’incubo dell’emirato, teocratico e fondamentalista; tra le prime vittime proprio le donne.

Ammettiamolo con franchezza, il fondamentalismo non è solo problema degli “altri”; non è affatto facile leggere fedelmente tutta la Scrittura e, contemporaneamente, riuscire a non rimanere “bloccati” nell’interpretazione rigida, se non alla lettera. Come leggere brani come quello di oggi? l’interpretazione rigidamente asimmetrica del rapporto uomo-donna, infatti, ci sembra francamente inaccettabile.

Immagino la Parola come un edificio, con pilastri e muri maestri, poi tramezzi, infine anche stucchi ed orpelli. L’edificio della Scrittura vive nella storia, talvolta tramezzi ed orpelli nascondono le strutture portanti. Per questo la Parola la ascoltiamo/leggiamo insieme, per aiutarci vicendevolmente ad individuare le strutture portanti. Diamo il nostro contributo a questo lavoro mai finito, per consegnare alle generazioni che seguono ciò che abbiamo ricevuto, un edificio ancora vivo, attraente ed “ospitale”. Non è detto che sia compito facile, ma la difficoltà non è ragione sufficiente per rinunciare e noi crediamo che non saremo mai lasciati soli in quest’opera.
vinonuovo.it

ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA (Messa del Giorno)

ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA (Messa del Giorno)

Grado della Celebrazione: SOLENNITA’
Colore liturgico: Bianco

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S0815B ;

Dopo l’annuncio, Maria è partita verso la montagna di Giudea per andare a trovare Elisabetta. Colma dello Spirito Santo, Elisabetta l’ha benedetta. L’ha proclamata “Madre del mio Signore”. Fonte di gioia. Beatitudine vivente della fede. Maria ha risposto con il cantico del Magnificat . Parole ispirate, che lasciano intravedere il suo cuore. Esse sono per noi il suo “testamento spirituale”. Identificandosi con Maria, la Chiesa di tutti i tempi continua a cantare tutti i giorni il Magnificat come suo proprio cantico.
Celebriamo oggi il mistero dell’Assunzione. Alla fine del suo passaggio sulla terra, la Madre del Redentore, preservata dal peccato e dalla corruzione, è stata elevata nella gloria in corpo e anima vicino a suo Figlio, nel cielo. La tomba vuota di Maria, immagine della tomba vuota di Gesù, significa e prelude alla vittoria totale del Dio della vita sulla morte, quando alla fine del mondo farà sorgere in vita eterna la morte corporale di ognuno di noi unita a quella di Cristo. L’Apocalisse ci mostra “un segno grandioso del cielo”: la Donna che ha il sole per mantello, e una corona di stelle. Invincibile con la grazia di Dio di fronte al nemico primordiale. “Figura e primizia della Chiesa”. Primizia nel dolore della maternità al servizio della Redenzione. Primizia nel destino della gloria. Da lì, nel focolare della Trinità, Maria ci aspetta tutti per vivere e cantare con lei la nostra riconoscenza alla Grazia di Dio. La beatitudine divina e umana della Salvezza. Il suo eterno Magnificat.