Covid19 e domande esistenziali, la Teologia incontra i giovani sul Web

Al via i primi webinar teologici, un ciclo di seminari online per rispondere alle domande di giovani e famiglie

In tempi di coronavirus, la Facoltà Teologica di Napoli ha deciso di non limitarsi alla didattica a distanza, nella quale peraltro ha già fatto registrare un primato nazionale (vedi TG del 14 aprile), ma ha scelto di andare oltre, spalancando anche le porte delle aule virtuali per incontrare i giovani e rispondere ai loro interrogativi. Prenderà il via domani, giovedì 16 aprile, alle ore 20.30, uno speciale ciclo di incontri voluto dalla sezione San Tommaso d’Aquino della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, nell’ambito delle attività dell’Istituto di scienze pastorali Luigi Maria Pignatiello.

Gli incontri, coordinati dai docenti don Pasquale Incoronato e Francesco Del Pizzo, avranno luogo grazie ad un canale per i webinar (seminari di formazione in rete). «Dove eravamo prima del coronavirus? Cosa sta cambiando dal punto di vista ecclesiale e sociale? Genitori, figli, nonni a casa: quale relazione? Prospettive dalla crisi per una nuova economia? Scuola e lavoro»: questi e molti altri saranno gli interrogativi e i temi trattati nel corso dei webinar, ai quali prenderanno parte, oltre ai docenti della Facoltà, numerosi ospiti, tra i quali sociologi, economisti e dirigenti scolastici.

“L’emergenza coronavirus – ha dichiarato il Decano della sezione, don Francesco Asti – sta portando molti cambiamenti in tutti gli ambiti della nostra vita. Che ci piaccia o meno, la quarantena sta ridisegnando il volto dell’intero sistema della formazione, costringendo alunni e docenti a ripensare il modo stesso di essere comunità universitaria. La nostra sezione non si è fatta trovare impreparata, anzi con questa ed altre iniziative gioca d’anticipo rispetto ai tempi, esprimendo così al meglio la propria vocazione profetica”.

“La riflessione teologica e quella sociologica – ha commentato don Pasquale Incoronato – sono capaci di toccare le corde del cuore e di affrontare con competenza temi come il senso del male, il dolore, il sacrificio, ma anche e soprattutto la speranza. Nelle lunghe giornate trascorse in casa, in cui molti giovani rischiano di cadere preda di ansia e depressione, questi webinar possono diventare baluardo di fiduciosa attesa e scuola di resilienza”.

“L’intento dell’iniziativa – ha spiegato Francesco del Pizzo – è quello di sviluppare una riflessione sull’attuale momento, utilizzando i canali digitali a disposizione, aprendo un nuovo spazio di confronto. Con questi seminari digitali, la sezione San Tommaso intende aprire una sperimentazione per garantire l’offerta formativa, oltre la didattica a distanza, puntando su temi cruciali che coinvolgono in particolare le famiglie e le giovani generazioni che maggiormente sembrano subire il peso di questa crisi”.

Le dirette degli incontri, che inizieranno domani e andranno avanti per 4 settimane, possono essere seguite ogni giovedì alle 20.30 collegandosi alla pagina Facebook Padre Pasquale Incoronato. All’incontro di domani prenderanno parte, in qualità di ospiti, il professor Carmine Matarazzo, direttore dell’Istituto di scienze pastorali, e don Federico Battaglia direttore della pastorale giovanile dell’arcidiocesi di Napoli.

La partecipazione è aperta a tutti e gratuita.

napolitime.it

17.03.2020 – Vangelo del giorno e commento Mt 18,21-35

17.03.2020 – Vangelo del giorno e commento Mt 18,21-35

+ Dal Vangelo secondo Matteo. In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette. Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito. Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito. Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».

 + Parola del Signore.

Commento. In questa Parola pare di leggere una contraddizione e, forse, partendo da ciò che stride, si può arrivare a qualcosa di importante da conoscere. La frase finale sembra suonare come una minaccia: nessuno, infatti, desidera essere dato “in mano agli aguzzini”, ma, ugualmente, non ci si può imporre con la volontà di perdonare “di cuore”. E quindi, Signore, dovrebbe forse essere la paura di quello che può succedere a noi a spingerci a fare nostra un’attitudine alla misericordia? Può essere utile comprendere che questo brano si colloca in un ampio discorso, in cui Gesù spiega ai discepoli quali sono le caratteristiche della fraternità cristiana, con diversi passaggi sul perdono e sulla correzione. E, per farlo, Gesù usa tante similitudini, scegliendo immagini per noi immediate, modi di ragionare che conosciamo, ma poi ci offre la possibilità di superare i nostri canoni, di andare in una profondità diversa, dove la similitudine evapora e lascia brillare qualcosa di più vero. “Il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti” è un’immagine che rimanda ad una dimensione retributiva dei rapporti umani, una dimensione dove lo scambio si misura in debito e credito, ma ecco il primo problema: se si ragiona in termini di debito e credito, quale possibilità ha l’uomo di restituire a Dio quanto da lui ha ricevuto? Esiste un uomo che possa giocarsela con Dio quanto a vita, affetto, relazioni, doni, salvezza? Già capiamo che la similitudine a Dio sta molto stretta. “Il padrone ebbe compassione” e, a questo punto, il testo comincia a restituirci una prospettiva che ha dentro qualcosa di Dio, cioè la sua capacità di provare la nostra stessa sofferenza, di sentirla come sua, di accoglierla come grido che supera le dimensioni del dare e dell’avere, che rende vana ogni contabilità. Però il racconto continua mostrandoci come è difficile per noi uomini corrispondere a questa compassione di Dio, riconoscerla, esserne grati, apprenderla, fino a farla diventare un po’ nostra, almeno in qualche maniera imperfetta, anche raffazzonata, un po’ come si può e come si riesce. Noi siamo sospinti da una parte potente del nostro animo verso un’idea di retribuzione, ma, guarda caso, accade soprattutto quando noi siamo, o pensiamo di essere, i creditori; così siamo spinti a guardare gli altri in una logica un po’ meschina, in cui a noi e ai nostri comportamenti verso gli altri dovrebbe essere accordata ogni benevolenza, ma per quelli altrui verso di noi prediligiamo l’inflessibilità, a volte senza accorgerci nemmeno di quanto riusciamo ad essere crudeli con i nostri fratelli. “Così anche il Padre mio celeste farà con voi”, allora, richiama non tanto un’idea vendicativa, ma piuttosto Mt 7,2, quando leggiamo “con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi”, cioè Gesù ribadisce questa estrema “compassione” di Dio, che ci dona una vita terrena e ci salva per una vita eterna, affidando alle nostre mani la sua misericordia verso i nostri fratelli e garantendoci che il modo con cui, nel profondo del nostro cuore, proveremo a vivere le relazioni tra di noi costituirà il modo con cui Lui, nella sua perfezione, guarderà ai nostri debiti, ai nostri crediti, alle nostre inesorabili insolvenze.

di Maurizio Gozzi (Gruppo Giovani UP)

Epifania del Signore e Festa dei popoli

Lunedì 6 gennaio il vescovo Massimo presiede la Messa in Cattedrale alle ore 11.15 nella solennità dell’Epifania del Signore e per la Festa dei popoli con canti, letture e preghiere nelle lingue delle diverse comunità cattoliche immigrate in Diocesi con la processione dei Magi animata dai giovani dello Sri Lanka.

laliberta.info

Giovani. Il Sud si spopola, la Sicilia prova a ribellarsi con le «Valigie di cartone»

Diocesi e Comuni fanno fronte comune per reagire a un processo che indebolisce sempre più il patrimonio umano dell’isola. Gli studenti si organizzano col movimento “Si resti arrinesci”

Manifestazione a Palermo del movimento "Valigie di cartone" (Fotogramma)

Manifestazione a Palermo del movimento “Valigie di cartone” (Fotogramma)

La vera emergenza del Sud? I giovani che se ne vanno, alla ricerca di un lavoro e di migliori condizioni di vita. Lo spopolamento, che interessa piccoli e grandi centri, soprattutto del Mezzogiorno, è un colpo per l’economia di un’Italia in difficoltà: è la perdita del capitale umano. Lo dimostrano gli ultimi dati Svimez: gli emigrati tra il 2002 e il 2017 dalle regioni meridionali sono stati oltre 2 milioni, di cui 132.187 nel solo 2017. Di questi ultimi, si legge nel rapporto, «66.557 sono giovani, cioè il 50,4%, di cui il 33% laureati». Sempre secondo lo Svimez, al termine del 2019 l’Italia farà registrare una sostanziale stagnazione, con incremento lievissimo del Pil del +0,1%. Al Centro-Nord dovrebbe crescere di appena lo +0,3%, nel Mezzogiorno, invece, l’andamento previsto è del -0,3%. Previsioni di cui si attende conferma. Non solo, la stessa associazione per lo sviluppo del Mezzogiorno stima pure che nei prossimi 50 anni le Regioni del Sud perderanno 5 milioni di residenti. Un calo, dunque, che sembra inesorabile e progressivo. Molti giovani partono verso il centro-nord per motivi di studio, altri decidono di trasferirsi per motivi di lavoro. Secondo Almalaurea al 2018, a cinque anni dalla laurea, il 18,9% degli studenti del Sud si è trasferito per motivi di studio e non è rientrato. E un 21,2% di giovani parte per motivi di lavoro dopo essersi laureato in un ateneo del Sud. (Fulvio Fulvi)

Una valigia simbolo di chi sale su un aereo per trovare finalmente un futuro lontano da una terra che sembra non offrire più niente, ma anche di chi decide di tornare a costruire qualcosa dove è nato e dove si trovano i propri affetti.

Ormai Chiesa, studenti, sindaci in Sicilia hanno compreso che è necessario un fronte comune per frenare l’esodo dei giovani, che sta spopolando l’isola, pretendendo una inversione di rotta, anche stimolando le occasioni per fare impresa.

Il movimento delle “Valigie di cartone”, fondato da don Antonio Garau a Palermo, e quello degli studenti “Si resti arrinesci”, assieme a molteplici iniziative organizzate in piccoli e grandi Comuni della Sicilia hanno fatto scoppiare il caso. Ci sono giovani che si mettono in gioco per offrire una testimonianza diversa, denunciando i forti limiti di un sistema locale asfittico, ma pretendendo di potere avere un’occasione.

Come Attilio Costa, caparbio 26enne palermitano, neolaureato in Economia, ma con il cappello dello chef in testa. Il suo è un percorso particolare. Diplomato in ragioneria, ma con la passione per la cucina, Attilio ha cominciato a lavorare nei locali per poi decidere di volare in Inghilterra per perfezionare l’inglese e fare esperienza nel settore della ristorazione. «Se sei uno chef e vuoi girare il mondo, devi conoscere bene l’inglese. Così ho lavorato per un anno in Inghilterra, anche in un hotel di lusso – racconta –. Mi sono reso conto che lì, se vuoi, puoi riuscire. Poi sono andato in Corsica per la stagione estiva, in un ristorante di lusso. E ora sono tornato».

Nel frattempo ha continuato a studiare, si è laureato in Economia, «perché penso che chi vuole fare impresa deve essere ben formato» e ha ingaggiato una bella sfida. «Sto aspettando di trovare un locale adeguato qui a Palermo, in regola con tutte le licenze, per aprire un ristorante tutto mio – confida –. Mi sono sempre domandato perché vado bene lontano da qui e invece dove ci sono le mie amicizie, i miei affetti, è tutto più difficile. Io devo riuscirci. Anche se devo ammettere che sto trovando molte difficoltà a trovare un locale adatto e con le carte in regola».

Unire le forze, sembra essere diventata la parola d’ordine. Vescovi si sono messi in gioco per diffondere la cultura d’impresa, come monsignor Giuseppe Marciante a Cefalù, che ha lanciato il Laboratorio della Speranza per mettere a disposizione dei giovani beni ecclesiali da promuovere e valorizzare turisticamente, o come monsignor Nino Raspanti, vescovo di Acireale che ha promosso il “Contamination lab” per rilanciare la cultura dell’imprenditorialità, favorendo la contaminazione tra idee e persone. I vertici di numerose diocesi (Palermo, Monreale, Trapani, Piazza Armerina e Siracusa) assieme a tanta gente hanno partecipato a manifestazioni per sollevare il grave problema dell’emigrazione forzata dei giovani. Lo ha ricordato proprio ieri don Garau, invitato all’assemblea straordinaria dei Comuni siciliani a Palermo, per accendere i riflettori sulla grave situazione degli enti locali in situazione di dissesto e pre-dissesto.

«Non possiamo più stare a guardare dai nostri balconi la sofferenza della gente. Una Chiesa in uscita e una politica per l’uomo devono saper uscire dalle comode sacrestie e dai comodi palazzi di potere e farsi vedere e sentire, condividendo le gioie e le speranze di un’umanità che va sempre più alla deriva» denuncia Garau, che ha presentato un “pentalogo” con alcuni segnali di discontinuità: l’impegno «ad attivare tutte le risorse disponibili e gli investimenti programmatici 2014-2020», a «rafforzare la rete di collaborazione tra imprese, scuole e università», «aprire un fronte di discussione con il governo nazionale», un ammodernamento della struttura amministrativa della Regione, una nuova strategia che sappia attrarre risorse.

Ieri pomeriggio, il movimento “Si resti arrinesci” ha organizzato a Petralia Soprana, paesino delle Madonie, l’iniziativa “addumamu i luci”, “accendiamo le luci” con una fiaccolata contro l’emigrazione forzata dalla Sicilia, mentre un’altra iniziativa si era svolta qualche giorno fa a Mazara del Vallo.

Avvenire

In questa esperienza estiva privilegiata di incontro con i giovani sapremo fare tesoro di quanto la Chiesa ha vissuto in due anni abbondanti di percorso sinodale?

vinonuovo.it

Si aprono in questi giorni le esperienze che in tutta Italia chiamiamo con vari nomi, da Grest a oratorio feriale a campo estivo… ovunque, con la fine della scuola, la comunità cristiana apre i suoi spazi e mette a servizio la sua ricchezza educativa per accompagnare, nel tempo estivo, i bambini, i ragazzi, gli adolescenti.

Questo sarà il primo Grest dopo il Sinodo dei giovani… cambierà qualcosa? Sapremo fare tesoro di quanto la Chiesa ha vissuto in due anni abbondanti di percorso sinodale?

Perché, giova dirlo, se non iniziamo a fare piccoli o grandi passi a partire dal quotidiano, nulla potrà realmente mutare nel nostro approccio ai giovani.

Forse cambieremo per necessità, dati i numeri dei consacrati e dei volontari in diminuzione, o forse cambieremo per convinzione profonda, per obbedienza, per ascolto… ma vale la pensa chiedersi: il Sinodo cosa ha portato di nuovo nel tempo estivo? Perché questi sono i mesi dell’anno in cui la Chiesa ha la possibilità di entrare veramente in contatto con molti ragazzi che, senza dubbio, bussano animati da molteplici interessi e motivi, non tutti certamente spirituali o ‘canonici’. Ma credo che la sfida stia proprio qui: avere a che fare con uno spaccato abbastanza realista del mondo giovanile di oggi nel momento privilegiato del tempo libero, un poco immuni da stress scolastici, sportivi, e anche ‘sacramentali’ (come può essere l’iniziazione cristiana).

Per diverse settimane i ragazzi porteranno vita in ambienti che durante l’anno sono sovente silenziosi e malinconici; genereranno energia e caos; caricheranno gli adulti di attese; potranno sorprenderci e deluderci; avremo a che fare con i loro genitori magari poco collaborativi (purtroppo).

Ma nel frattempo c’è stato un Sinodo e un’esortazione postsinodale che ha parlato di coinvolgimento, di linguaggi nuovi, di Chiesa giovane, di giovani da non tenere prigionieri in oratori e centri parrocchiali, ma da lanciare nel mondo.

Sapremo essere all’altezza? Sapremo dare loro non tanto ospitalità, ma dignità? Saremo in grado di far capire che la Chiesa è anche loro? Che hanno il diritto di farsi sentire, di portare la loro vita spesso un po’ ferita, confusa, contraddittoria (come quelle di tutti) al centro del nostro mondo ecclesiale? Sapremo puntare sull’essenziale, offrendo anche momenti di solidarietà, senza dimenticare il silenzio e la preghiera? Sapremo essere adulti che accompagnano senza soffocare la libertà? Sapremo non solo pensare a proposte nuove, ma anche pensare di lasciare a loro la regia delle proposte?

Sapremo, soprattutto, rischiare? Avremo il coraggio di lasciare spazio alla creatività dei giovani?

È faticoso, richiede tanta fiducia e tanta speranza. Ma non possiamo ritrarci: il passato non tornerà; dobbiamo costruire il futuro.

I prossimi mesi possono essere il primo frutto concreto del Sinodo. Se sapremo metterci in ascolto dello Spirito e tentate qualche nuovo sentiero.

Non siamo soli: siamo una Chiesa in cammino nel tempo della Pentecoste. L’icona di Emmaus ce lo ricorda: il Signore ci si fa accanto se ci mettiamo in cammino, non se restiamo fermi.

GIOVANI Educazione: p. Cucci (La Civiltà Cattolica), “i videogiochi possono avere un ruolo importante in chiave pedagogica”

agensir

I videogiochi possono rivestire un ruolo di “grande importanza” in “sede pedagogica”. Il loro “potere di attrazione può fare di essi un efficace canale di educazione, socializzazione e trasmissione dei valori a livello etico e religioso, in una maniera capace di unire competenza, coinvolgimento e motivazione”. A sottolinearlo è padre Giovanni Cucci, scrittore de “La Civiltà Cattolica” che, senza nascondere i lati negativi alla base del “meccanismo della dipendenza patologica”, mette in luce la capacità dei videogiochi di “creare un mondo nuovo, come pure di destabilizzare quello sinora conosciuto”. Essi, spiega in un articolo sul numero di maggio, trasmettono “sempre dei contenuti, anzitutto etici: ci sono i buoni e i cattivi, gli eroi e i codardi, i fedelissimi e i traditori”. Sebbene “on line ce ne sono alcuni che certamente favoriscono la versione ‘romantica’ della guerra e della violenza, come un facile tiro al bersaglio, o la soluzione finale al problema del male eliminando i cattivi”, ci sono “videogiochi che mostrano in maniera altrettanto efficace l’assurdità e l’inutilità della guerra”. Si tratta, osserva p. Cucci, “di prodotti che rivisitano criticamente la descrizione dei conflitti in termini di avventura eccitante ed eroica, e soprattutto evidenziano il risvolto etico di tali problematiche”. “Alcuni, chiamati serious game (giochi di tipo educativo), promuovono l’altruismo e lo sviluppo, consentono di riconoscere le proprie capacità e risorse, mettendole a disposizione di altri”, continua il gesuita evidenziando la possibilità “di comprendere i grandi problemi dell’attualità in chiave etica”.

Giovani e lavoro. Stop al posto fisso, attratti dall’autoimprenditorialità

Stop al posto fisso, attratti dall'autoimprenditorialità

Avvenire

Animati da una spiccata propensione all’altruismo sia nella dimensione privata che nella sfera pubblica, i giovani mostrano un rinnovato interesse per la politica, sono informati e sanno motivare le proprie opinioni. Critici verso un’Europa in cui ritengono che l’Italia conti poco o nulla e da cui si aspettano un impegno attivo sulla questione dei migranti, auspicano un cambiamento e per questo andranno a votare in massa il prossimo 26 maggio. Sul modello di Greta Thunberg, si candidano al ruolo di attori protagonisti del presente. Questo il ritratto della generazione tracciato dal VII Rapporto di ricerca realizzato dall’Osservatorio “Generazione Proteo” della Link Campus University, che quest’anno ha intervistato circa 10mila studenti italiani tra i 17 e i 19 anni. «La nostra ricerca – dichiara il prof. Nicola Ferrigni, direttore dell’Osservatorio “Generazione Proteo” – conferma il permanere di un disallineamento tra il mondo adulto e i giovani, cui tuttavia questi ultimi rispondono rivelando un inarrestabile desiderio di reazione, che abbiamo sintetizzato nella definizione di “giovani re-attori”. Tuttavia, nel loro candidarsi ad attori protagonisti del presente, i nostri giovani hanno bisogno di essere legittimati in questo ruolo dal mondo adulto e dalle Istituzioni. La generazione dei re-attori ci ha lanciato un assist e sta a noi, mondo adulto, scegliere se sostenere o meno la sua candidatura. Ma con la consapevolezza che, in assenza di un tempestivo riscontro, i giovani (questo ci dice la nostra ricerca) sceglierebbero, se potessero, di vivere un’altra epoca o di nascere in un altro Paese». I risultati del VII Rapportosono stati presentati nel corso della conferenza stampa nel corso della quale sono intervenuti il presidente della Link Campus University Vincenzo Scotti, il prof. Fabrizio Fornari (Università degli Studi “Gabriele d’Annunzio” di Chieti-Pescara), la prof.ssa Anna Maria Giannini (Sapienza-Università di Roma), il giornalista David Parenzo. A concludere i lavori il vice ministro del ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, prof. Lorenzo Fioramonti. La conferenza stampa ha aperto ufficialmente la IV edizione di #ProteoBrains, la “due giorni” annuale di confronto e dibattito tra centinaia di studenti, provenienti da tutta Italia, e che quest’anno ha ospitato ai tavoli tematici dieci special guest espressione della cultura del suono (musicisti, doppiatori, sound designer, speaker eccetera).

Europa. Due pesi, due misure. Lontani da giudizi netti sull’Europa, i giovani intervistati tendono a privilegiare posizioni più sfumate che, se da un lato abbracciano un’interpretazione positiva dell’Unione Europea vista come una potenza internazionale (21%) e come garante della sicurezza in caso di conflitti (18,9%), dall’altro ne mettono in luce criticità e defezioni. Il giudizio complessivo sull’Europa appare infatti viziato non soltanto dalla percezione di una confederazione in cui tutti gli Stati non hanno lo stesso peso (25,3%) – a cominciare dall’Italia che il complessivo 59,4% circa degli intervistati giudica “per nulla” (9,3%) o “poco” (50,1%) influente – ma anche dall’opinione diffusa di una incapacità di gestione dell’emergenza immigrazione (20,3%). Proprio sulla questione della chiusura dei porti ai migranti, gli intervistati tornano a rimarcare il compito imprescindibile dell’Europa nel dipanare una problematica complessa (37,6%). Sempre su questo argomento il 24,4% dei giovani si dichiara a favore della chiusura dei porti, laddove il 22,1% lo condanna come un gesto ritenuto indegno di un Paese democratico.

Elezioni europee: tutti alle urne per dovere civico. Alla vigilia delle elezioni europee, gli intervistati sembrano comunque avere le idee chiare sulla loro partecipazione alla consultazione elettorale: l’80% di loro si recherà infatti alle urne, principalmente perché – e in maniera del tutto speculare a quanto emerso nel VI Rapporto di ricerca (2018) con riferimento alle elezioni politiche – “votare costituisce un dovere civico” (76,6%). No all’“Italexit”, sì all’Unione culturale europea. In larga misura favorevoli all’Europa, solo pochi intervistati vorrebbero una “Italexit”: l’80% circa voterebbe infatti “no” a un referendum che decreterebbe l’uscita del nostro Paese dall’Europa, mentre è meno netto il giudizio sull’uscita dall’Euro, preferita da uno studente su tre (34,8%). Oltre che per la sua dimensione politica, l’Europa viene percepita dai giovani anche come un processo culturale, come suggerito da quegli intervistati per i quali essere cittadini europei significa “costruire una cultura condivisa” (31%), mentre passano in secondo piano gli aspetti economici (18,6%).

Interesse per la politica: segnali di ripresa. I giovani mostrano segnali di una rinnovata attenzione nei confronti della politica, contrariamente al sentire comune. La percentuale di coloro che si dichiarano interessati alla politica risulta infatti significativa e, seppur ancora confinata a un limitato segmento della popolazione giovanile, fa registrare una decisa impennata, crescendo dal 30% del 2016 al 41% nel 2019, con un incremento complessivo dunque di 11 punti percentuali in tre anni.

Troppo diversi, non dureranno a lungo.
 Consapevoli delle profonde differenze esistenti tra le forze politiche che compongono l’attuale esecutivo, i giovani esprimono perplessità quando si parla dell’alleanza di governo, che per i più non durerà a lungo (32,8%). I più critici ritengono invece che l’alleanza rappresenti solo un modo per spartirsi le poltrone (27,5%). Ma non manca chi plaude al suo operato ritenuto in linea con le promesse elettorali (10,7%) e chi considera il contratto un “modello di governo” per il futuro (8,4%).
Le priorità del Governo. La lotta alla povertà è in cima alla lista delle priorità che gli intervistati assegnano al governo (21,7%), seppure si tratta di una classifica in cui fatica a emergere una specifica esigenza, giacché il ventaglio delle priorità per i giovani risulta vasto e ricomprende al suo interno tanto la già citata lotta alla povertà, quanto il contrasto alla criminalità (15,9%), la riduzione delle tasse (14,4%), la gestione dell’immigrazione (12,9%), le politiche per l’occupazione (12,7%), la riduzione dell’evasione fiscale (10,3%), le politiche per l’ambiente (10%).

Reddito di cittadinanza: due giovani su tre sono favorevoli. Ben vengano politiche come il “reddito di cittadinanza” che raccoglie i favori del complessivo 67,2% degli intervistati e che, in presenza dei necessari controlli (37,7%), contribuirà non solo a rilanciare l’economia (9,2%), ma anche a ridare dignità alle persone (20,3%). Complessivamente circa la metà degli studenti ne farebbe richiesta, perché non rinuncerebbe a un aiuto economico (20,5%) e perché ritiene che si tratti di un’opportunità e di un supporto alla ricerca del lavoro (23,4%).

Favorevoli alla legittima difesa. La quasi totalità dei giovani intervistati ritiene giusto sparare a un ladro che entra in casa, anche se i più legittimano tale comportamento solo in presenza di un reale e oggettivo pericolo di vita (44,4%). Per contro vi è un complessivo 12,8% di contrari per i quali sparare rappresenta un comportamento sbagliato in qualsiasi situazione (4,2%), e secondo cui non può esserci giustizia fai-da-te in un Paese democratico (8,6%).

Bye bye “posto fisso”. Pensando al proprio futuro, la povertà spaventa (22,1%). Non a caso, chiamati a indicare un’immagine per esprimere l’idea del disagio sociale, gli intervistati scelgono quella del suicidio di un padre di famiglia che ha appena perso il lavoro (33,4%) o di un anziano che rovista nella spazzatura (25,4%). Ma è soprattutto con il timore di un lavoro non coerente con i propri sogni (41%) che gli intervistati fanno i conti. Un lavoro cui i giovani guardano in modo diverso rispetto al passato, rifuggendo la sicurezza del “posto fisso” che per la metà degli intervistati assume un’accezione negativa, giacché non rinuncerebbero alle proprie ambizioni per il fantomatico “posto fisso” (29%), faticherebbero a fare lo stesso lavoro per tutta la vita (6,2%), così come sono convinti che ormai il lavoro piuttosto che cercarlo, bisogna crearselo (14,9%). Per contro, a difendere il “posto fisso” sono quei giovani che vedono in un lavoro sicuro l’unico modo per fare progetti futuri (33,7%).

Il lavoro si crea a partire dalle passioni.
 D’altra parte, i giovani guardano in modo nuovo al mercato del lavoro: attratti dall’idea di fondare una start up, considerata un’opportunità di crescita personale e professionale (23,4%), nonché un’occasione per diventare imprenditori di sé stessi (21,5%), restano affascinati anche dalle nuove professioni. Come quella dell’influencer, al quale i giovani riconoscono il talento di aver trasformato un hobby in un business (40,9%) e che, lungi dall’essere solo una moda (14,4%), viene considerato il lavoro del futuro (9,4%). Un’opinione condivisa anche per un’altra figura professionale, quale quella del gamer: a fronte infatti di un complessivo 20% circa che dichiara di “video-giocare” – chi a livello professionistico (3,5%), chi in maniera amatoriale (15,6%) – è opinione diffusa che si tratti di persone che hanno avuto il grande merito di far fruttare una passione personale (48,5%), riuscendo quindi a lavorare divertendosi (15,8%).

Pena di morte. Si attesta a livelli ancora molto elevati la percentuale dei giovani favorevoli alla pena di morte (28,4%), nonostante un sensibile calo rispetto al passato (34,5% nel 2018). Tra le motivazioni a sostegno della pena capitale, la convinzione che un grave crimine vada ripagato con la propria stessa vita (51,6%), che possa essere un deterrente in grado di favorire la riduzione dei crimini (17,3%), e che si tratti di uno strumento in grado di assicurare giustizia alle vittime e ai loro familiari (21%). C’è tuttavia da segnalare come, rispetto alle precedenti edizioni della ricerca, ad essere cresciuta sensibilmente è la percentuale dei giovani che si dichiarano contrari alla pena di morte: dal 35,8% del 2017 al 55,6% del 2019.

Scuola: centralità al ruolo degli insegnanti, a loro giudizio “sottopagati”. I giovani intervistati investono i propri insegnanti di grandi responsabilità, non mancando di riconoscere l’importanza e l’autorità del loro ruolo: se infatti oltre uno studente su tre ritiene quello dell’insegnante uno dei mestieri più importanti (35,1%), e che richiede una vocazione (25,5%), i giovani sono consapevoli che si tratti però di un lavoro spesso sottovalutato oltre che sottopagato (30,3%). L’importanza della figura degli insegnanti è riconosciuta dagli stessi genitori secondo i quali – riferiscono gli intervistati – dovrebbe essere sempre rispettata la loro autorità (37,4%), nonché il loro ruolo, insieme a quello della famiglia, nell’educazione dei ragazzi (37,3%).

Alternanza scuola-lavoro: una buona opportunità, solo se migliorata.Giudizi contrastanti sull’alternanza scuola-lavoro, che raccoglie i favori di chi la ritiene un’opportunità per avvicinarsi al mondo del lavoro (29,6%) e per arricchire il percorso di studi affiancando la pratica alla teoria (13,3%), ma anche le lamentele di quanti invece la reputano una perdita di tempo (36,3%), oltre che un’occasione data alle aziende per avere manodopera senza costi (7,8%).

Regionalizzazione dell’istruzione. Decisamente più critici invece rispetto alla regionalizzazione dell’istruzione: i giovani credono infatti in una didattica universale e con programmi scolastici uguali per tutti (30,4%), e sono preoccupati delle conseguenze che un simile provvedimento potrebbe produrre in termini di un ulteriore divario tra le Regioni più ricche e quelle meno abbienti (29,1%).

Smartphone a scuola: plebiscito contro il divieto. La dipendenza dei ragazzi dallo smartphone emerge prepotentemente in riferimento ad alcuni comportamenti “devianti” messi in atto a scuola: se infatti quasi 1 studente su 4 (23,7%) dichiara di non riuscire a concentrarsi nello studio senza avere accanto il cellulare, ben 1 studente su 3 (33,9%) non riesce a seguire un’intera lezione senza guardare il proprio smartphone, cui si aggiunge chi controlla le notifiche persino durante le interrogazioni (11,5%). Motivo per cui vi è un plebiscito contro il divieto di utilizzo a scuola dello smartphone (78,7%).

Hate-speech: fake news e minacce social alla reputazione. Riflesso della degenerazione della nostra società (32,9%), l’utilizzo e l’esasperazione dei toni e dei linguaggi violenti appartiene, secondo i giovani, soprattutto alla Rete e ai social network (37,6%), molto più che alla politica (20%) o alla televisione (12,8%), ma nonostante ne facciano quotidianamente esperienza, uno studente su tre non sa cosa sia l’hate-speech (32,7%). Ma la Rete si sa, nasconde molte insidie tra le quali preoccupa maggiormente la diffusione di materiale riservato o intimo (27,3%), mentre spaventano meno il furto di identità (15,2%) o la violazione dell’account social (14,6%). D’altra parte, secondo oltre la metà dei giovani Proteo (57%) è proprio la diffusione di foto, video, scherzi offensivi, sia online che offline, a danneggiare la reputazione di un ragazzo oggi, più di un fisico non attraente (12,6%). Tra le altre minacce della Rete non possono non essere menzionate le fake news, considerate anch’esse pericolose e in grado di minare la reputazione di una persona (24%) e che oggi trovano, secondo gli intervistati, terreno fertile tanto nella volontà di condizionare negativamente fatti o personaggi pubblici o politici (27,5%), quanto nella superficialità della condivisione online dei contenuti (26,9%) e nella costante ricerca dei “like” (23,2%).

L’altruismo come stile di vita. Tra i compiti più importanti affidati ai genitori, quello di insegnare ai propri figli ad aiutare gli altri (45,3%), un’esigenza che si rispecchia nell’alta percentuale di intervistati impegnati attualmente in attività di volontariato (36,2%) o che vorrebbero esserlo in futuro (33,3%), e che vedono nella solidarietà uno strumento per provare a cambiare il mondo che li circonda (32,5%) o fare qualcosa di concreto per la società in cui vivono (26,9%). Quest’apertura all’altro si riflette anche nell’elevato parere favorevole alla donazione degli organi (89,4%), così come nell’atteggiamento degli intervistati che, accanto a una persona disabile vorrebbero e proverebbero in qualche modo a essere utili (39,3%), e che rispetto alla controversia sui vaccini assumono una chiara presa di posizione a favore, avendo a cuore la salvaguardia della salute di tutti (44,5%) e, soprattutto, di quella dei bambini (35,5%). “Altruismo”, peraltro, fa rima non solo con “solidarietà”, ma anche con “inclusione”. Soprattutto nei confronti degli omosessuali, che per la maggioranza degli intervistati non hanno nulla che li renda diversi dagli altri (54,5%); semmai, come sostiene il 19,2%, essi contribuiscono a una società più aperta e nuova.

Il modello Greta. I giovani italiani plaudono inoltre all’iniziativa della giovane attivista svedese Greta Thunberg contro il cambiamento climatico e alla quale si riconosce il merito di aver portato all’attenzione del dibattito pubblico un tema così importante (40,5%) e di aver sollecitato l’impegno personale di altre persone seguendo il suo esempio (12,5%). Ciononostante, un giovane su quattro circa ritiene che la sua attività, seppur meritevole, non riuscirà a cambiare le cose e produrre effetti concreti e immediati (26,4%). Far sentire la propria voce è tuttavia importante (per 60,8% si tratta di “uno dei principi essenziali della società”), anche quando si tratta di esprimere il proprio dissenso. Quanto alle modalità attraverso cui fare ciò, la Rete resta lo strumento più efficace (39,2%), nonostante vi sia chi crede che il modo migliore per esprimere il proprio dissenso sia scendere in piazza (18,7%) o andare a votare (16,3%).

Sì o no? Favorevoli alla legalizzazione delle droghe leggere (53,9%), gli intervistati sono invece contrari all’acquisto di alcolici (72,3%) o sigarette (69,8%) da parte dei minorenni, così come esprimono perplessità sulla possibilità della patente di guida a 16 anni (47,4% i favorevoli, 38,1% i contrari). Consapevoli dell’importanza del sesso sicuro, sostengono l’iniziativa di distribuire preservativi a scuola (56,2%), mentre faticano a tenere separate la sfera della sessualità da quella dell’affettività, dal momento che i più ritengono il sesso meno divertente e soddisfacente in assenza di sentimenti (39,3%). Appoggiano le pratiche dell’aborto (60,8%), della fecondazione assistita (64%) e del suicidio assistito (51,6%); difendono in maniera decisa le unioni miste (84,1%); si dividono infine sull’opportunità di adozione di un figlio da parte di coppie omosessuali (47,2% i favorevoli, 33% i contrari).

Lo studio. Giovani italiani più fragili dei coetanei europei: 29% non studia né lavora

Giovani italiani più fragili dei coetanei europei: 29% non studia né lavora

Povertà educativa, sottoccupazione e rassegnazione riguardo al futuro. Ha ancora molte ombre, la condizione dei giovani italiani, che esce dalla nuova versione del Rapporto dell’Istituto Toniolo, nelle librerie in questi giorni per le edizioni “Il Mulino”. Rispetto a dieci anni fa, all’inizio della Grande crisi, la situazione è ulteriormente peggiorata, con i Neet (i giovani che non studiano e non lavorano), passati dal 21,3% del 2007 al 29,1% attuale. In pratica, si legge in una nota del Toniolo, una generazione «è invecchiata peggiorando progressivamente la propria condizione e arrivando a superare i 30 anni di età con un carico di fragilità record in Europa. Se nel 2007 – prosegue l’analisi – all’età di 20-24 anni, il divario con la media europea era di circa 6 punti percentuali, risultava salito nel 2017, all’età di 30-34 anni, oltre i 10 punti percentuali».

Invecchiare senza vedere progressi

Di fatto troppi giovani italiani invecchiano senza vedere sostanziali progressi nella costruzione del proprio progetti di vita, ricorda il Toniolo. Con la conseguenza di «rivedere progressivamente al ribasso i propri obiettivi ma di rassegnarsi anche a non raggiungerli». Tanto che la percentuale di chi pensa che si troverà senza lavoro nel mezzo della vita adulta (a 45 anni) sale dal 12,6% di chi ha 21-23 anni al 34,9% di chi ha 30-34 anni. Si tratta del valore più alto in termini comparativi con gli altri grandi Paesi europei.

«Tempo di scelte deboli»

«La chiave di lettura di questa edizione del Rapporto Giovani – spiega il coordinatore scientifico Alessandro Rosina – è quella del presente, che può essere considerato come tempo di attesa inoperosa che qualcosa accada nella propria vita, come tempo di piacere, svago e interazione con gli altri, come tempo di scelte che impegnano positivamente verso il futuro personale e collettivo. Sono soprattutto tali scelte a risultare deboli oggi nei percorsi di vita di troppi giovani italiani».

Avvenire