Epifania: da Nord a Sud arriva la vecchina con le scarpe tutte rotte

(ASCA) – Roma, 6 gen 2014 – Tutta Italia celebra oggi l’Epifania, che tutte le feste porta via. La vecchina non manchera’ di distribuire doni e dolciumi ai bimbi giunti a Piazza Navona, ”tempio” romano di questa festivita’ sentitissima nella Capitale. A Venezia, la Befana lascia la scopa per la barca che la condurra’ nella tradizionale regata sul Canal Grande. A Milano, come ogni anno, il Corteo dei Re Magi sfilera’ da Piazza Duomo alla basilica di Sant’Eustorgio. I Magi attraverseranno a cavallo Firenze per l’annuale ‘Cavalcata’, rievocazione della tradizione cittadina del XV secolo. Corteo in costume anche a Perugia, dove quest’anno e’ prevista la partecipazione della chiesa ortodossa romena alla Sacra rappresentazione dell’arrivo dei Re Magi, in programma nel pomeriggio. A Napoli, la vecchietta si calera’ da Palazzo reale in Piazza Plebiscito per regalare dolci ai bambini. Calze appese fuori la finestra a Palermo dove si e’ atteso che, nella notte, la Befana con le scarpe tutte rotte passasse per le vie della citta’ a riempirle. In provincia, a Piana degli Albanesi, si svolgera’ la Benedizione delle acque e delle arance, secondo la tradizione della Chiesa di rito greco-bizantino che nel giorno dell’Epifania festeggia il battesimo di Gesu’ nel fiume Giordano.

L’Epifania del Signore in un’omelia siriaca del VI secolo. Nelle acque della misericordia

di Manuel Nin

Una raccolta siriaca del VI secolo contiene una breve omelia sull’Epifania. Non commenta esplicitamente testi biblici, ma passa in rassegna i temi dell’Epifania ed elenca i benefici della celebrazione: “Sia benedetto l’Altissimo che, nella sua grazia, ci ha fatti degni di queste sante feste, affinché con le nostre lodi e i nostri canti diventiamo compagni degli angeli. Sia benedetto colui che soppianta le feste alle feste, le assemblee alle assemblee, e traccia nuovi sentieri affinché ci cammini la stirpe dei fedeli. Infatti al posto della feste degli idoli, ecco la nostra umanità che celebra le feste di Dio. Al posto delle assemblee dissolute che radunavano i demoni nel mondo, ecco le assemblee della temperanza che dappertutto raduna lo Spirito di Dio. Al posto dei cammini per cui la nostra natura umana correva verso gli idoli scolpiti, Cristo prepara nuovi cammini ai fedeli affinché per essi loro arrivino al luogo delle prosperità”.
Un’omelia dello stesso manoscritto per il Natale indica che è stata pronunciata dal “superiore del monastero per i monaci e i fedeli accorsi al monastero per la festa del Natale”. Quella sull’Epifania si colloca nello stesso contesto. E l’accorrere dei fedeli viene subito esplicitato: “Perché oggi Cristo esce verso il deserto incontro a Giovanni Battista. Allo stesso modo i fedeli, suoi discepoli, lasciano le loro case e accorrono verso i solitari. E mentre il Signore va al Giordano, loro corrono verso i monaci. Al posto di colui che non ha bisogno di essere battezzato, ecco coloro che corrono per essere purificati dal battesimo della preghiera. Al posto di colui che china il capo davanti a Giovanni, ecco coloro che chinano il capo alla destra dei suoi discepoli. Al posto di colui che ubbidisce al profeta da lui stesso mandato ci sono quelli che ubbidiscono alla voce della sua parola e corrono verso i loro fratelli e i loro figli come verso padri più grandi di loro”.
Il testo accosta poi le due feste di Natale e dell’Epifania e accenna al tema della festa come manifestazione di Cristo agli uomini, che sgorga dalla voce del Padre e dalla testimonianza di Giovanni: “Nella prima festa lui nacque dal grembo, ma nella festa odierna si manifesta nel battesimo. Il Signore degli uomini era nascosto agli uomini benché fosse in mezzo a loro, e oggi è stato rivelato dalla voce del Padre, dalla venuta dello Spirito e dall’annuncio di Giovanni. Oggi la sposa ha riconosciuto il suo sposo; ha riconosciuto colui di cui ha sentito parlare Giovanni quando glielo mostrò col dito: Ecco l’Agnello di Dio”.
L’uscita verso il deserto porta i fedeli non più all’incontro con Giovanni bensì all’incontro con Cristo stesso che perdona loro i peccati e fa loro dono dello Spirito Santo: “Oggi coloro che sono venuti invece di Giovanni il servo hanno trovato Gesù il Signore di tutto. Loro correvano verso il profeta, e hanno trovato il Signore dei profeti. Sono venuti verso il Battista per ricevere la remissione dei peccati, e hanno trovato colui che con la remissione dei peccati dà anche la santità dello Spirito. Si è rivelato nascosto nel grembo e si è manifestato oggi nel battesimo. La Vergine lo ha generato, essendo lui generato, ed il battesimo lo ha generato, benché non fosse necessario. Ha abitato il grembo e in esso è stato formato come neonato e ha formato noi come nuova creazione. È sceso nel battesimo, ha effuso lo Spirito e ci ha generati figli di Dio”.
Noi tutti quindi – continua il testo – onoriamo con amore questo Signore mite che si è fatto conoscere in questi modi per vivificarci. Accorriamo verso colui che venne verso di noi. Accorriamo in ogni momento verso il perdono del pentimento. Santifichiamo la nostra anima nel desiderio di colui che ci santifica nelle acque della sua misericordia. Laviamoci da tutti i nostri mali e mostriamoci nella purezza”. Il testo si conclude con un’esortazione a vivere e camminare nella luce che viene da Cristo: “Mostratevi nella luce nelle cose buone, affinché tutti noi siamo guidati dalla luce alla luce. Cioè dalla luce delle opere alla luce spirituale del regno di Cristo, per essere tutti noi degni della grazia e della misericordia di Gesù”.

(©L’Osservatore Romano 5 gennaio 2014)

Solennità dell’Epifania in Cattedrale

La gioia e la responsabilità della fede in tutti i popoli

Mons. Camisasca ha presieduto la “Festa dei popoli” animata dalle comunità cattoliche di immigrati presenti in diocesi

Tra i canti e le preghiere delle comunità cattoliche di immigrati più numerose a Reggio, domenica 6 gennaio si è svolta in Cattedrale la settima “Festa dei Popoli”. In Cattedrale hanno animato la Messa con i canti i ghanesi-nigeriani (il cui cappelalno p. Felix ha studiato in Seminario a Reggio) gli albanesi e alcuni immigrati dello Sri Lanka (lingua tamil). Hanno dato il loro contributo pure alcune Suore delle ormai quaranta di provenienza dal Kerala (India). Tra i banchi c’erano cattolici delle Filippine, del Burkina Faso e badanti provenienti dalla Polonia. Nella foto alcuni giovani dello Sri Lanka hano interpretato la processione dei Magi che recano al Signore Gesù oro, incenso e mirra.

diocesi.re.it

Epifania e Re Magi. La cometa è una chiamata silenziosa e irresistibile per uomini lontani ma disponibili e attenti

Ardenti di luce

Vorremmo sapere di più su questa laboriosa e inattesa venuta di Magi, intrepidi e in apparenza ingenui, che d’improvviso si affacciano, per subito allontanarsi e scomparire sulla strada del ritorno al loro Paese. Ameremmo conoscerne la provenienza e l’identità, sapere cosa significa la stella, così docile e benigna, sorta ai loro occhi e poi quieta e intelligente guida e compagna nel cammino. E, ancora, desidereremmo conoscere la natura e il senso di quei doni estratti dagli scrigni.
“Ma l’evangelista – chiosa Inos Biffi – non si sogna affatto di soddisfarci in queste nostre curiosità, così come ci lascia ai nostri interrogativi sui contenuti storici precisi di quella venuta”. Egli intende illustrarci un messaggio: quando nasce Gesù si accende una stella che è una chiamata silenziosa e irresistibile di uomini lontani ma disponibili e attenti a Cristo. Predicava san Bernardo: «Guardate e vedete quale vista penetrante abbia la fede; considerate con molta attenzione che occhi di lince abbia chi riconosce il Figlio di Dio mentre succhia il latte, chi lo riconosce sospeso a una croce e morente. Il ladrone lo confessa sul patibolo, i Magi nella stella; quello confitto coi chiodi, questi avvolto nei panni. Non vi dà fastidio, o Magi, l’umile dimora della stalla, la povera culla della mangiatoia? Non vi scandalizza la presenza di una povera madre, né l’infanzia di un bambino che succhia il latte?». C’è sempre sproporzione tra quello che la fede immediatamente vede e quello che, confidentemente, crede. E la gioia messianica, che incomincia quaggiù e che può stranamente convivere con la passione. Teresa di Lisieux ha questa singolare riflessione sulla stella: «Talvolta, quando il cielo è coperto di nuvole, la sera senza luci è triste per Gesù, nell’ombra. Per rallegrare Gesù Bambino, fatti ardente di luce, brilla di tutte le tue virtù, come una stella»
Dei Magi non conosciamo in realtà neanche il numero; Matteo, riferendo l’episodio dell’adorazione ricorda soltanto che «alcuni Magi giunsero da Oriente» (2, 1) senza specificarne il numero. Il fatto che nell’iconografia tradizionale e nella letteratura più tarda, essi propongano un numero ternario dipende presumibilmente dai doni che recarono al Bambino: «Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra» (2, 11). Se, infatti, già in età antica, le rappresentazioni iconografiche raffigurano tre Magi, come nella celebre cappella greca di Priscilla del iii secolo, non mancano casi in cui gli offerenti variano in numero di due, quattro e persino sei, forse per ragioni di pura simmetricità. Attorno a queste figure si è creata, nel medioevo, e, segnatamente, nel XII secolo, un’affabulazione leggendaria che attribuisce i nomi di Gaspare, Melchiorre e Baldassarre ai re, anche se un graffito rinvenuto nel complesso monastico egiziano di Kellia, riferibile al VII-VIII secolo, pare già menzionare i nomi Gaspar, Belchior e Bathesalsa.

(©L’Osservatore Romano 6 gennaio 2013)

L’Epifania del Signore nelle tradizioni orientali. Oggi è apparsa la luce inaccessibile

di Manuel Nin


La festa dell’Epifania in tutte le tradizioni orientali è incentrata su due punti fondamentali. Il primo è la dimensione battesimale con la santificazione delle acque del Giordano per la discesa in esse di Cristo e delle acque battesimali per la venuta dello Spirito Santo invocato su di esse nel giorno dell’Epifania e ogni volta che si amministra il battesimo. Il secondo punto è l’incarnazione del Verbo di Dio, manifestatasi nella venuta di Cristo come vero uomo.
Il battesimo di Cristo e come conseguenza il battesimo dei cristiani è dono di illuminazione per coloro che lo ricevono. La presenza del salmo 26 all’ora di prima dell’ufficiatura della vigilia (“il Signore è mia illuminazione e mio salvatore”) e diversi tropari della festa sottolineano appunto il battesimo come nuova creazione, dono di luce e di vita nuova: “Si è manifestato oggi il salvatore, la grazia, la verità, tra i flutti del Giordano, e ha illuminato quanti dormivano nelle tenebre e nell’ombra: perché è venuta, è apparsa la luce inaccessibile”.

(©L’Osservatore Romano 6 gennaio 2013)

6 Gennaio 2013 Epifania: l’Annuncio del giorno di Pasqua

Nell’Epifania, la pienezza del Natale. E nella gloria di Cristo che si manifesta luce per tutte le genti – simboleggiate dai Magi –  ecco già splendere uno scorcio della Risurrezione. C’è un elemento, nella liturgia di questa solennità, che il secondo aspetto evidenziato lo presenta in modo esplicito: è l’”Annuncio del giorno di Pasqua”, quella proclamazione che si può incastonare tra il Vangelo e l’omelia. Nel cuore della Messa, tanto per intenderci.

Di ogni Messa che si celebra tra il tramonto della vigilia e la sera del 6 gennaio.  La sua origine si perde nella notte dei tempi. A Milano ricordano che Sant’Ambrogio, in questo giorno, oltre ad annunciare la Pasqua annotava il nome di coloro che avrebbero dovuto essere battezzati nella veglia di Risurrezione. E si narra di una volta in cui il futuro patrono affermò sconsolato: “ho tratto le reti fin dall’Epifania, ma esse sono rimaste vuote”.

Ancor oggi l’”Annuncio” è previsto sia dal rito romano che da quello ambrosiano, ma le 2 tradizioni presentano testi diversi. A spiegarli è monsignor Claudio Magnoli, nell’arcidiocesi di Milano responsabile del Servizio per la pastorale liturgica. “Differenza più evidente – annota il prelato -, è che nella versione ambrosiana viene indicata solo la data della Pasqua, mentre quella romana presenta anche i giorni di alcune altre festività mobili: le Ceneri, l’Ascensione, la Pentecoste, la prima domenica di Avvento”. Ma non è solo questione di numeri.

“L’’Annuncio’ ambrosiano – prosegue il liturgista -, della Pasqua sottolinea in modo specifico 2 dimensioni: misericordia e gioia. La prima ci rende consapevoli del fatto che, se giungeremo a celebrare la Risurrezione, sarà per bontà di Dio. La seconda, invece, riprende il tema tipico di quella grande solennità”. Prospettiva un po’ diversa per il rito romano: “qui il giorno di Pasqua è presentato come il centro di tutto l’anno liturgico, una sorta di data zero da cui scaturiscono le altre festività variabili”. Ma elemento comune a questi 2 riti, la solennità del testo. “Per questo – raccomanda il liturgista – dove possibile è bene che sia cantato. Dal diacono, piuttosto che dallo stesso sacerdote. Oppure anche da un solista laico”. Il testo viene così elevato a vero e proprio elemento rituale, acquista una risonanza molto più ampia rispetto a quella di una semplice lettura. Le melodie qui proposte all’ascolto sono quelle originali in canto gregoriano (per la versione romana) e ambrosiano (per quella milanese), adattate al testo italiano.

Ad accomunarle, un elemento simbolico di non poco conto: entrambe richiamano l’annuncio della Risurrezione previsto dal rispettivo rito. Quello che viene intonato la notte di Pasqua. Ma non solo. La struttura stessa dell’Annuncio pasquale (che nel rito ambrosiano canta semplicemente “Cristo è risorto”, mentre in quello romano si articola in una corposa rilettura della storia salvifica culminante con la lode del cero, immagine del Signore vittorioso sul peccato e sulla morte) ricalca fedelmente l’impianto formale di quello che viene proclamato il 6 gennaio. Stringato a Milano, più elaborato a Roma e nella Chiesa universale. Eppure, lo si diceva all’inizio: in entrambe le tradizioni ecclesiali, l’Epifania è  pienezza del Natale. E anticipazione della gloria che irradia Cristo risorto.

Marcello Palmieri – avvenire
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