MESSAGGIO DEI PRETI DELL’UP del 9 Marzo 2020

Ciao buona quaresima!

Sappiamo di dire parole non proprio facili, ma come preti dell’UP ci teniamo a dirle e proviamo a sviluppare una piccola riflessione iniziata ieri in un gruppo di whatsapp.

Noi, come popolazione italiana, grazie a Dio siamo fortunati.

La situazione è difficilissima e gravissima, ma siamo commossi per la premura con cui ci si sta prendendo cura di noi e dei più fragili fra di noi da parte delle istituzioni, del mondo della scienza, delle strutture sanitarie e di tutto il personale sanitario, delle forze armate e della protezione civile. Le misure severe che sono state prese sono un segno di amore, che come cristiani siamo chiamati ad osservare.

Ricordiamoci che nel mondo ci sono tantissime persone che ancora oggi muoiono per una semplice diarrea, perché non ci sono presidi sanitari, che non hanno scuole degne e che possono celebrare l’eucaristia solo una o due volte all’anno e che forse moriranno di Corona Virus senza saperlo per mancanza di strutture sanitarie. Pensiamo alle numerose popolazioni che subiscono guerre e che vivono le conseguenze di ingiuste leggi economiche. Riscopriamo con vigore gli appelli di papa Francesco.
Che il Signore ci apra il cuore e ci faccia sentire il gemito di queste persone – la maggior parte del mondo – che ogni giorno sale a Dio. Il Signore ci apra occhi e cuore sempre più. Non lamentiamoci inutilmente!

Tanti ci chiedono: vivremo le celebrazioni pasquali? I nostri figli faranno la celebrazione dei sacramenti della penitenza, dell’Eucaristia o della Cresima? Perché non fare un po’ di adorazione eucaristica a turni di uno? Permettetemi di dire che tutte queste domande devono passare in secondo piano. Osserviamo con premura le indicazione che ci verranno date come segno di carità concreta per sconfiggere il virus e amare il nostro prossimo. Ricordiamoci delle parole di Gesù: il sabato è fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato.
Sentiamo anche discorsi per cui se avessimo fede ci riuniremmo e il Signore non permetterebbe il contagio: permetteteci di dire che questi e altri discorsi simili possono essere un mettere alla prova e tentare Dio, sebbene animati da buone intenzioni. Prima di tutto e sopra ogni altra cosa la salvaguardia della vita del nostro fratello.

Occasioni di preghiera non ci mancheranno. Non smetteremo di pregare se anche non potremo riunirci.
Approfittiamone per vivere momenti di preghiera intensa in famiglia, spegnendo la TV.
Prendiamo in mano la Bibbia, sfogliamola, e chi può ne approfitti per leggere il Vangelo di Matteo.
Ogni giorno d Gionatan, i giovani e altre persone dell’unità pastorale ci invieranno una piccola riflessione sul Vangelo del giorno.
Approfittiamone per rivedere i nostri stili di vita: convertitevi perché il Regno di Dio è vicino.

Se ci sono anziani che non potranno fare la spesa passiamoci parola per vedere se è possibile dare un aiuto. Ora i nostri giovani sono a casa e d Gionatan mi riferisce che forse ci potrà essere bisogno nelle mense caritas senza entrare in contatto con persone.
Stiamo con il cuore vigile, stando attenti a non arrecare danni ai nostri fratelli seppur mossi da buone intenzioni.

Il Signore cammina con noi, non siamo soli! Che il Signore vegli sulla nostra città e Maria la protegga!

Ricordiamoci di tutti coloro che in questi giorni moriranno e soffriranno, non solo per causa del corona virus.

Vi vogliamo bene!
d Luca d Gionatan

Lettera pastorale del Vescovo dedicata alla Liturgia

Si intitola “La Liturgia. Dialogo salvifico tra Dio e l’uomo nell’eterno e nel tempo” la terza Lettera pastorale del vescovo Massimo Camisasca.

Il documento è datato 25 dicembre e la versione digitale del testo si può scaricare da qui.
Copie in formato cartaceo saranno disponibili dopo Natale presso la Segreteria della Curia.

“La Libertà” dedicherà alla Lettera un approfondimento su una delle prossime uscite.

Il testo, dedicato alla Liturgia, è composto da cinque parti:

  1. Radici e significato dell’evento liturgico
  2. Le dimensioni della liturgia e il cammino dell’uomo
  3. La celebrazione dell’Eucarestia
  4. Il canto
  5. Partecipazione attiva.

Ricordiamo che monsignor Camisasca ha pubblicato altre due Lettere pastorali: Il dono del diaconato permanente (2014) e Vieni e vedrai (2016), quest’ultima sul tema della vocazione.

Scarica il testo integrale della lettera (.pdf 500 kb) 


laliberta.info

Natale, Zuppi: «Sia all’insegna della fiducia negli altri». Il cardinale: «La candidatura dei Portici un‘attenzione all’incontro»

«Spero che sia un Natale all’insegna della fiducia e della speranza, soprattutto in questi periodi di poca fiducia e poca speranza. Bisogna imparare a fidarsi degli altri, di chi abbiamo vicino e sconfiggere le nostre paure». È il messaggio che ha lanciato il vescovo di Bologna, il cardinale Matteo Zuppi, nell’incontro con la stampa per gli auguri di Natale. Per Bologna, secondo Zuppi, è stato un anno di «scoperte e riscoperte», con particolare riferimento alla questione dei portici, che il Comune candida a patrimonio dell’Unesco. «L’attenzione per i portici – ha detto – è attenzione all’incontro, alla cura delle cose comuni, ci aiuta a vivere con maggiore consapevolezza». Per Zuppi è anche il primo Natale da cardinale. «Non cambia nulla – ha detto – è una responsabilità in più che condivido con tutta la comunità».

corriere.it

Il Gloria e la colletta: dal canto al sacro silenzio

Adorazione dei magi

Don Ubaldo è perplesso: lui conosce il Gloria della Missa de Angelis, ma don Asdrubale gli ha detto che non lo canta nessuno: ha trovato un canto carino che tutti possono cantare, con un bel ritornello che richiama il Gloria. I bambini possono scandire il tempo battendo le mani e tutto diventa più festoso e gioioso. «Mah!» borbotta don Ubaldo e lascia fare un po’ sconsolato.

In effetti, i riti di introduzione terminano con il canto del Gloria e l’orazione colletta.

«Il Gloria è un inno antichissimo e venerabile con il quale la Chiesa, radunata nello Spirito Santo, glorifica e supplica Dio Padre e l’Agnello. Il testo di questo inno non può essere sostituito con un altro» precisano le norme del Messale Romano (PNMR 53).

Don Ubaldo ha ragione ad essere perplesso. Lo si canta nelle domeniche fuori del tempo di Avvento e di Quaresima; e, inoltre, nelle solennità e nelle feste, e in celebrazioni di particolare solennità. Questo è un canto fra i più antichi di tutta la liturgia e nasce come inno per la liturgia delle ore. Entra nella liturgia eucaristica perché riecheggia il canto degli angeli narrato dal Vangelo di Luca per la nascita del Salvatore (cf. Lc 2,14).

È un canto di lode, non una riflessione teologica. È un inno trinitario che loda il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Non ha altri grandi valori se non quello di rendere più solenne, festosa, gioiosa la liturgia. Proprio perché nasce come inno, la sua natura richiede il canto: al canto degli angeli si unisce il canto della Chiesa. Privato della musica e del canto, il Gloria perde il suo significato. Infatti, questo canto non accompagna un rito, ma è rito a se stante: è un momento di lode. Quindi anche don Asdrubale ha ragione a voler far cantare tutti. Ma bisogna trovare una musica che mantenga la solennità e non svilisca o intacchi il testo in un vocio stralunato pieno di confusione.

La colletta conclude i riti introduttivi che, abbiamo visto, servono per condurci da una situazione ad un’altra, per generarci come Chiesa che celebra il suo Signore.

La conclusione è affidata ad un momento di sacro silenzio. Ricordiamo che solo alla parola silenzio viene dato questo aggettivo: è solo il silenzio che è sacro. In un’epoca verbosa come la nostra, è importante sottolineare questo aspetto.

Il Messale prescrive: «Il sacerdote invita il popolo a pregare e tutti insieme con lui stanno per qualche momento in silenzio, per prendere coscienza di essere alla presenza di Dio e poter formulare nel cuore le proprie intenzioni di preghiera» (PNMR 54).

È questo il momento vero della colletta: non soltanto quando il sacerdote pronuncia le parole presidenziali per cui: «Il popolo, unendosi alla preghiera, fa propria l’orazione con l’acclamazione Amen», ma quando tutti insieme veniamo raccolti dal silenzio della preghiera. Infatti, il termine “colletta” deriva dal verbo colligere, che vuol dire raccogliere, quindi raccogliere la preghiera. In quel momento di silenzio avviene la raccolta della preghiera. Quindi la colletta si realizza in quel silenzio dell’assemblea. Paolo dice che: «Non sappiamo che cosa sia conveniente domandare» (Rm 8,26). In quel silenzio non chiediamo nulla, non diciamo nulla: sappiamo soltanto che il nostro spirito geme e grida: «Abbà-Padre!».

Questo deve avvenire realmente e ritualmente. La Chiesa ci dona il silenzio nella liturgia perché questo avvenga. Il presbitero dice: «Preghiamo», e deve esserci silenzio, un vero e palpabile silenzio, che scuota i presenti; dove anche i bambini, che sono sempre agitati, si placano perché percepiscono qualcosa di importante, di grande e sconvolgente. Tutto tace.

La partecipazione attiva dei bambini avviene facendo loro percepire in modo pre-razionale l’esperienza della preghiera della Chiesa.

San Giovanni Crisostomo, commentando la colletta, dice: «… e si fece un grande silenzio». Mi viene in mente quello che succede all’apertura del settimo sigillo nell’Apocalisse: «Quando l’Agnello aprì il settimo sigillo, si fece silenzio in cielo per circa mezz’ora» (Ap 8,1).

Quel raccogliersi degli spiriti celesti nell’adorazione e nell’attesa, in uno dei momenti più decisivi della storia del regno di Dio, deve insegnare a noi, creature così agitate, così facilmente distratte, il raccoglimento in presenza delle rivelazioni di Dio per meditarle; il raccoglimento in presenza delle opere di Dio nella natura e nella storia per adorare il loro Autore; il raccoglimento in presenza delle vie di Dio riguardo a noi stessi. Non per nulla Dio ci dà la calma della sera e il silenzio delle notti, il riposo santo della domenica e i tempi della prova in cui ci chiama a rientrare in noi stessi e ci parla, nel raccoglimento dell’anima, a tu per tu.

È un silenzio che riusciamo ad avere qualche volta al racconto dell’istituzione, ma che raramente troviamo in questo punto così importante dell’inizio generante della liturgia.

Dopo il movimento, il passaggio, il canto della lode, veniamo generati dal sacro silenzio: l’orazione di colletta raccoglie, nel mistero che celebriamo, tutti i sussulti della nostra anima e della nostra vita.

da Settimana News

“Una scuola di persone competenti 2020: accompagnare, discernere, valutare”

Si impernia su questi tre verbi il percorso di formazione 2019/20 per gli insegnanti di religione della diocesi di Novara. “L’itinerario – spiega una nota a firma di don Alberto Agnesina, direttore dell’Ufficio Scuola diocesano – intende mettere a disposizioni dei docenti una serie di conoscenze e di attenzioni centrate sulla realtà della valutazione, come atteggiamento di accompagnamento da avere nei confronti delle nuove generazioni, aiutandole a operare un discernimento critico sulla realtà culturale e del vissuto personale e sociale, anche in ottica di autovalutazione. L’itinerario intenderà sviluppare gli aspetti educativi e relativi alla strumentazione per una valutazione specifica dei percorsi didattici e della loro ricaduta sugli alunni”.
Il calendario vedrà momenti in plenaria tra i due Ordini di scuole e laboratori zonali divisi tra Infanzia/Primaria e Secondaria per un approfondimento più particolareggiato.

agensir