Blog di notizie varie (a cura redazione Chiesa S. Stefano – Reggio Emilia)
Un bambino su quattro seguito dal servizio offerto dalle parrocchie proviene da una famiglia che si è rivolta ai centri di ascolto della Caritas per problemi economici e di lavoro, quasi un bambino su due (il 47%) ha uno dei due genitori che nell’ultimo anno ha perso il lavoro o ha gravi difficoltà economiche. Elevata la presenza di alunni stranieri: sono il 48% degli utenti a fronte di una percentuale di iscritti nelle scuole lombarde che si attesta al 13% (anno scolastico 2011-2012). Elevata anche la presenza di studenti con difficoltà di apprendimento riconosciute (12%). Tra le materie più ostiche al primo posto per gli stranieri c’è l’italiano, per i bambini italiani invece la matematica.
«I dati della ricerca evidenziano che c’è una forte connessione tra il disagio scolastico e quello delle famiglie – commenta il direttore di Caritas Ambrosiana don Roberto Davanzo –. Siamo di fronte ad una situazione allarmante, la crisi si sta avvitando su se stessa, impoverendo le famiglie e creando le condizioni perché domani siano più vulnerabili anche i loro figli. Serve una risposta istituzionale, la scuola non può essere lasciata da sola ad affrontare questi problemi».
La salute dell’economia italiana è giudicata negativamente dall’87% degli intervistati. Il 36% la ritiene inadeguata, mentre il 51%, la maggioranza, addirittura pessima. A promuoverla solo il 13%, che la segnala come discreta (11%, in aumento del 3% sullo scorso anno) o buona (2%, in calo dell’1%). Anche sulle prospettive si registra una grave sfiducia. Solo il 16% degli intervistati vede una svolta (lo scorso anno erano esattamente il doppio (32%). Ad avere una visione più positiva sono i giovani sotto i 24 anni (22,9% di ottimisti) e chi vive nelle Isole (22,2%). Il 40% degli italiani ritiene invece che la situazione resterà la stessa del 2012: anche in questo caso, i valori massimi si registrano nella fascia d’età tra 18 e 24 anni, dove si registra un picco del 42,9%. Se per l’Italia ci si aspetta un ulteriore peggioramento, le prospettive per la propria famiglia e la situazione personale sono solo un po’ meno negative. L’84% degli intervistati non crede in un miglioramento. Il 52% ritiene che la situazione rimarrà la stessa, in aumento del 5% sullo scorso anno. Calano gli ottimisti, che passano dal 17 al 14 per cento, così come i pessimisti, che scendono al 34% dal 36% dello scorso anno. Per il 2013, la maggioranza degli italiani (il 59%) vuole far leva sul nuovo esecutivo per porre alla sua attenzione l’emergenza lavoro, scelta dal 31% degli intervistati a causa del forte sentimento d’insicurezza sul futuro. Ô significativo che, subito dopo, gli italiani chiedano di abbassare le tasse e di ridurre i costi della politica (il 23% del campione in entrambi i casi). Ovvero meno spese e meno sprechi per liberare risorse utili a tagliare l’insostenibile pressione fiscale. L’accento posto sulla questione lavoro nasce dalla crescente difficoltà degli italiani ad arrivare alla fine del mese con i loro guadagni. Nel 2012 il 41% degli interpellati dichiara di non riuscirci, né con il proprio reddito né con quello familiare. E se nel 2010 circa il 72% del campione riusciva a far fronte alle spese della famiglia per tutto il mese, quest’anno la percentuale cala bruscamente al 59%.
ansa
di Paolo Pecorari Due sono le principali teorie finanziarie che oggi si fronteggiano e alle quali ci si riferisce nel tentativo di trovare vie d’uscita alla crisi economica: quella della finanza neutrale (riddure al massimo l’intervento dello Stato) e quella della finanza funzionale (legittimare l’intervento dello Stato). Entrambe sono unilaterali, perché non tengono sufficientemente conto della complessità del reale: è questo il rilievo critico di maggior peso che viene rivolto loro dalla cultura economica di orientamento cattolico. In particolare si osserva che l’economia classica (e con essa la finanza neutrale), dopo aver faticosamente scoperto il valore della storia, cerca di sottrarsi alla storicità, per accreditarsi come scienza immutabile. Tale pretesa immutabilità finisce col capovolgere il naturale rapporto tra politica ed economia, e tra politica e società, sino a sfociare nella teorizzazione del primato dell’economia sulla politica e della politica sulla società. Il che confligge con i fondamenti del cattolicesimo sociale che si apre a una concezione di democrazia in cui non lo Stato è anteposto alla società, bensì la società allo Stato. In tale logica la categoria del dovere diventa un punto di forza importante almeno quanto l’idea del diritto. Ne consegue che, mentre il liberalismo privilegia la difesa di diritti e libertà, il cattolicesimo sociale, insistendo sull’idea di dovere, riconosce i diritti, ma li ordina secondo una gerarchia di valori. Inoltre, parlando di diritti, chiama in causa non solo quelli negativi, ma anche quelli positivi. Ciò significa accettazione della storicità, ma facendo dell’uomo il protagonista di essa.
Il superamento dell’accennata antinomia (neutralità o funzionalità della finanza?) e il reperimento di efficaci soluzioni alle crisi sembrano possibili se si entra nell’orizzonte della sussidiarietà, che, applicata alla società, comporta l’intervento compensativo e ausiliario degli organismi sociali più grandi in favore dei singoli e dei gruppi sociali più piccoli. Come insegna Pio XI e ribadisce Pio XII, l’intervento sussidiario, se da un lato tutela l’autonomia e la vita del singolo, dall’altro lato è sinonimo di aiuto dall’alto. Siffatto modo di intendere la sussidiarietà è largamente attestato anche nella cultura del movimento cattolico italiano ed europeo del secolo XIX.
Entrare nella logica volontaristica significa infine concorrere all’edificazione di un capitalismo dal volto umano: il medesimo che la Centesimus annus chiama “economia d’impresa”, “economia di mercato” o anche “economia libera”, con la precisazione che la libertà economica cui si riferisce venga posta “al servizio della libertà umana integrale” e rechi in sé i principi etici fondamentali. Come dire che senza una visione ampia e coraggiosa delle riforme economiche e sociali, senza alti valori di riferimento, il ricorso a rapsodici provvedimenti, per quanto rigorosi, ben congegnati e utili, può non essere sufficiente.
(©L’Osservatore Romano 22 settembre 2012)
Basta con i proclami sulla fine della crisi. È l’invito di mons. Francesco Moraglia, patriarca di Venezia, intervenuto al Festival della dottrina sociale della Chiesa, in corso da venerdì a Verona. Moraglia invita a “lasciarci alle spalle le ripetute dichiarazioni d’intenti con cui, di volta in volta, siamo avvisati che “la prossima settimana sarà decisiva per la crisi in corso”. “Tali proclami – afferma – risultano particolarmente difficili da riceversi sia perchè alle parole non seguono i fatti sia, soprattutto, quando provengono da chi – prima e durante la crisi – è stato in posizioni di responsabilità in ambito finanziario, economico e politico”.
Dopo aver osservato che, dopo la crisi, dovranno cambiare gli stili di vita, il patriarca pone la prospettiva dello sviluppo sostenibile con al centro la persona e la famiglia, non senza dimenticare “la responsabilità di chi a livello politico avrebbe dovuto garantire o favorire scelte etiche in rapporto al bene comune, al reddito equamente diviso, a uno sviluppo sostenibile e che, invece, ha abbassato la guardia o ha contribuito ad abbassarla”. E cosa dire – si chiede il patriarca – “di una società incapace di garantire il lavoro alle differenti fasce attive della popolazione e, ancora, di una politica che ha le soluzioni pronte ad ogni problema, quando è all’opposizione, ma, se è chiamata a governare, balbetta e va in confusione su ogni questione, anche di
piccola entità? Si pensi, soprattutto, ai frequenti proclami circa una distribuzione arbitraria e ingiusta della ricchezza e del reddito”.
Soffermandosi sulla questione dell’etica, il patriarca ha poi aggiunto che “sarebbe inaccettabile che la finanza, l’economia, il profitto – ossia quelle attività umane che si collegano al lavoro, uno dei beni essenziali nella vita delle persone, delle famiglie e della società – non avessero a che fare con l’etica”. Per Moraglia non ci sono dubbi: “L’uomo viene sempre prima e va oltre la sfera economica, viene sempre prima e va oltre il profitto, viene sempre prima e va oltre il reddito, viene sempre prima e va oltre il Pil. L’uomo, insomma, mai può ridursi a realtà economica o tecnica (homo oeconomicus o tecnocraticus)”.
Il patriarca di Venezia ha concluso osservando che “il lavoro va tutelato e sostenuto nelle differenti fasi che lo caratterizzano e tutti dobbiamo fare il possibile per sostenere quelle scelte che a vario livello (personale e sociale, privato e pubblico) sono decisive per una politica che ponga al centro il lavoro in tutte le sue
componenti partendo, sempre, dalle persone”.
Nel corso della giornata, numerosi sono i convegni e i relatori: nel pomeriggio è atteso il ministro del Lavoro Elsa Fornero. Domenica la conclusione.
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