Dal voto anticipato alla nuova maggioranza, come può evolversi la crisi governo

Matteo Salvini, Mario Draghi e Giuseppe Conte

Matteo Salvini, Mario Draghi e Giuseppe Conte – Ansa

Mario Draghi oggi è lontano da Roma: il premier, in visita ad Algeri per un vertice intergovernativo con il governo locale, rientrerà in serata portando come dote i nuovi accordi sul gas decisivi per affrancarsi dal metano russo. Potrebbe essere – il condizionale è d’obbligo – l’ultima missione internazionale del presidente del Consiglio. Ed esprime in qualche modo anche uno stacco, uno iato, tra le urgenze del Paese – mettersi al riparo da un autunno e da un inverno “freddo” a causa della crisi energetica – e la crisi di governo in corso.

Non sarà dunque Mario Draghi il protagonista diretto di questa giornata, che segna il “meno due” dalla verifica parlamentare prevista mercoledì alla Camera e al Senato. Stamattina sono convocate le riunioni dei capigruppo per decidere i modi e i tempi della “verifica”: ancora non è chiaro se il premier terrà solo una informativa o se invece saranno previsti dei voti sulle dichiarazioni del presidente del Consiglio.

​LE POSIZIONI DEI PARTITI


Al centro della scena, invece, i partiti, le cui posizioni sembrano essersi cristallizzate. I fari principali sono puntati sul Movimento cinque stelle e su Giuseppe Conte. I pentastellati vivono un momento decisivo, segnato da tensioni estreme: sono ore, giorni che il Consiglio nazionale M5s è riunito. Sedute fiume, dai toni accesissimi, si alternano a lunghe pausa in cui il leader sente invece i gruppi parlamentari di Camera e Senato. La battaglia tra chi vorrebbe restare nel governo e in maggioranza, e chi invece, vuole stare all’opposizione, è durissima. Nemmeno l’ipotesi di un voto on line sulla posizione da assumere verso Draghi potrebbe essere sufficiente a evitare una nuova pesante scissione interna. La stessa posizione da leader di Giuseppe Conte è in bilico, nel momento in cui la “linea dura” fosse sconfessata dai gruppi. E mentre per i governisti c’è il richiamo di Luigi Di Maio e di Enrico Letta, pronti ad accoglierli per non indebolire l’asse “progressista” delle larghe intese, agli “ortodossi” arrivano i messaggi in codice, dalla Russia, dove si trova per un reportage giornalistico, di Alessandro Di Battista.

Per quanto riguarda Fi e Lega, la linea sembra essersi assestata: o un nuovo governo e una nuova maggioranza senza M5s, o il voto. Il Pd, in questo scenario, fa da ago che cuce: mentre continua ad appellarsi a “tutto” M5s e allo stesso Conte per uno scatto di responsabilità, ha ormai digerito l’idea che a sostenere l’esecutivo Draghi possa anche essere una “parte” di pentastellati, quasi auspicando una nuova scissioni nel caso prevalesse la linea dell’opposizione al governo.

​VOTO, NUOVA MAGGIORANZA O “TREGUA”: I TRE SCENARI

Gli scenari della crisi, quindi, restano sostanzialmente tre, in ordine di “realismo”:

1 – il presidente del Consiglio Mario Draghi, dopo le dichiarazioni alle Camere, constatato che non vi è un rientro di M5s nei ranghi della maggioranza, conferma le proprie dimissioni e le mette nelle mani del capo dello Stato Sergio Mattarella. Negli ultimi giorni, dal Colle sono arrivati segnali chiari: in questo caso, con Draghi indisponibile a continuare, si procederebbe allo scioglimento delle Camere e alle elezioni anticipate tra fine settembre e inizio ottobre. Draghi, che non è stato sfiduciato dalle aule, resterebbe in carica per gli affari correnti: potrebbe, in teoria, emanare decreti urgenti e anche continuare nell’attuazione delle riforme, ma il cammino in un Parlamento balcanizzato sarebbe complesso.

2 – M5s vive una profonda scissione interna, tale da poter essere interpretata, politicamente, come la “sconfitta” della linea di Conte e dei barricaderi. In tal caso, tali valutazioni politiche potrebbero spingere Mario Draghi ad andare avanti con una maggioranza formata da Lega, Fi, Iv, centristi, Pd, Ipf ed ex 5s, che andrebbero a distribuirsi tra Ipf, Misto e anche Pd, ancora in funzione di “riequilibrio” rispetto alla forza del centrodestra di governo. In questo scenario, inizierebbe una partita nella partita relativa al futuro di M5s e della leadership di Conte. Se accettasse questa opzione, Draghi dopo il confronto alle Camere ritirerebbe le dimissioni, procederebbe a un rimpasto per sostituire i ministri che scegliessero l’opposizione e si ripresenterebbe alle Camere per una nuova fiducia.

3 – l’ultima ipotesi, la meno realistica, è un ritorno “pieno” di M5s in maggioranza e nel governo, alla luce di quanto dirà Draghi mercoledì alle Camere. A quel punto, però, andrà valutato quale sarà la posizione di Lega e Fi, che nelle ultime ore sono state nette: o maggioranza senza pentastellati o voto.

Avvenire