Coronavirus, in provincia di Reggio Emilia 776 studenti e 47 classi in quarantena

REGGIO EMILIA. Quasi 800 bambini e adolescenti in quarantena, una cinquantina di classi rimandate a casa, accertamenti in corso su un altro centinaio di sezioni. L’aumento dei positivi e dei focolai si ripercuote, inevitabilmente, anche negli istituti scolastici di città e provincia.

Tanto che il tono di Emanuela Bedeschi, direttrice del dipartimento di Sanità pubblica dell’Ausl di Reggio Emilia, ieri tradiva una certa e non più di tanto mascherata preoccupazione. «I casi soni in aumento significativo – esordisce la dottoressa nel corso della conferenza stampa settimanale organizzata dall’azienda sanitaria reggiana –. In questi giorni è cresciuto in modo considerevole il numero di tamponi che stiamo eseguendo ma le percentuali di positività sono più che raddoppiate rispetto ad appena due settimane fa. E con l’aumento dei casi stiamo assistendo anche a un parallelo aumento importante nelle scuole».

Con una crescita, in questo caso, ancora più repentina. In appena una settimana, infatti, «i dati sono cambiati e ad oggi abbiamo più del doppio di studenti in quarantena. Si tratta di 776 fra studenti e alunni reggiani (sette giorni fa erano 370, ndr) oltre a 11 persone fra i docenti e collaboratori scolastici».

Crescita anche nei focolai attivi, che in una settimana sono passati da 20 a 39, mentre le classi in quarantena sono 47 contro le 38 della settimana precedente. Ma, come ribadisce spesso la Bedeschi, questo è un dato molto fluido, capace di cambiare di ora in ora a seconda dei risultati dei tamponi. E la prospettiva è allarmante: «Stiamo eseguendo accertamenti su altre 94 classi – prosegue la direttrice – in cui c’è stato almeno un positivo o dei contatti stretti».

Il diffondersi del Covid fra i banchi è eterogeneo: riguarda tutti i distretti della nostra provincia, dalla Bassa all’Appennino, e le sezioni di ogni ordine e grado. Spesso poi «abbiamo registrato importanti focolai che si intrecciano con le attività sportive pomeridiane o quelle extrascolastiche». La crescita di casi ha inoltre avuto conseguenze dirette nella pressione esercitata sugli operatori sanitari incaricati di gestire questo aspetto della pandemia. In settimana, prosegue la Bedeschi, «ci sono state giornate in cui abbiamo avuto difficoltà nel garantire tamponi rapidi per tutti, giornate con oltre 700 test da effettuare nelle classi».

Il protocollo infatti prevede che in caso di positività in una classe sia l’Ausl a dover programmare a tutti gli studenti interessati un tampone molecolare entro cinque giorni. Fattore, questo, «spesso fonte di discussione con i genitori, che invece vorrebbero anticiparlo e farlo privatamente. Ma la valutazione deve essere complessiva, i ragazzi devono rimanere a casa fino a che non abbiamo una lettura complessiva della situazione. Senza contare che i tamponi eseguiti in farmacia, in questi casi, non hanno valore anche se negativi».

Visto lo scoppio del bubbone scuola, ad andare in apnea è stato tutto il sistema del tracciamento. È capitato diverse volte, ammette la direttrice, «che ci siano stati ritardi nelle nostre telefonate rispetto alla tempestività che abbiamo sempre garantito. Ma vorrei ricordare che ormai da novembre del 2020 il cittadino positivo riceve direttamente la comunicazione sul telefono, oltre al certificato di isolamento che arriva anche al medico curante e tutte le indicazioni da seguire».

Anche i test «vengono fatti in base a tempistiche già definite e con l’arrivo del primo messaggio c’è già in automatico la richiesta per il tampone successivo. Chiediamo ai cittadini di avere pazienza, seguire le indicazioni e indicare i contatti stretti nei documenti. Non sommergete i nostri centralini per chiedere informazioni che sono già contenute nei documenti che avete».

Gazzetta di Reggio