Liturgia VI DOMENICA DI PASQUA (ANNO B) 5 Maggio 2024

Grado della Celebrazione: DOMENICA
Colore liturgico: Bianco

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Durante la lettura del Vangelo, nel corso della celebrazione liturgica, è il Signore Gesù Cristo che parla ai suoi discepoli. Oggi ci dice che siamo tutti suoi amici, che gli apparteniamo attraverso la fede e attraverso il battesimo. Egli l’ha provato rivelandoci il suo segreto e la sua missione di Figlio di Dio. Ci ha detto che Dio, nella sua onnipotenza divina, ci ama tutti. Per mezzo di suo Figlio Gesù Cristo, ci ha fatto entrare nella comunione di amore che esiste fin dall’eternità tra lui e suo Figlio. “Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi”. È una parola di verità potente e divina.
Per tutti quelli che hanno preso coscienza dell’importanza di questo dono divino, conta una sola cosa: mostrarsi degni dell’amore che ci viene nell’amicizia del Figlio di Dio. “Rimanete nel mio amore”.
Per Gesù Cristo, ciò che è importante innanzitutto è che tutti i suoi amici si amino gli uni gli altri come egli stesso ha amato i suoi discepoli nel corso della sua vita terrena. La più viva espressione di questo amore è stata la sua morte sulla croce per i peccatori (cf. Gv 1,36; 19,34-37). L’amore perfetto del Padre celeste è la felicità e la gioia di suo Figlio. E questa gioia, il Figlio risuscitato la trasmette ai suoi amici nel giorno di Pasqua. “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi!”. Ricevete lo Spirito Santo!” (Gv 20,21-22). Egli offre senza sosta la gioia a tutti quelli che credono nella sua parola e per mezzo del battesimo si uniscono a lui e alla sua cerchia di amici, la Chiesa. Chi entra nell’amore di Dio per mezzo di suo Figlio ha ormai una ragione essenziale per essere sempre felice.

Il viaggio della Madonna della Ghiara da Reggio a Fivizzano. In una mostra

La Madonna di Reggio in un bassorileivo a Fivizzano centro sec. XVIII

Oltre quattro secoli fa, negli ultimi giorni di aprile del 1596, la fede nel potere miracoloso della Madonna della Ghiara (che aveva risanato Marchino) ha attraversato l’Appennino e l’immagine sacra, apparsa a Fivizzano cinque giorni dopo, ha compiuto un altro miracolo.

Da allora la stessa devozione verso la Madonna della Ghiara accomuna i due luoghi e a Fivizzano la Madonna della Ghiara è venerata come la Madonna di Reggio. Questo itinerario transappenninico, che gli uomini hanno percorso per secoli in entrambe le direzioni, porta i “segni” di questa devozione mariana, tanto che viene a configurarsi quasi come un cammino di fede.

La mostra che proponiamo va alla ricerca di questi “segni”: così la Madonna che adora il bambino che ha generato – unica e ben riconoscibile tra le tante iconografie mariane – accompagna noi, pellegrini di oggi, lungo un percorso racchiuso fra due santuari: da un lato la basilica reggiana dove l’immagine è nata dalla mano felice di Lelio Orsi (e da allora è adorata sull’altare a lei dedicato), dall’altro la Chiesa prepositurale dei Servi nella piazza medicea di Fivizzano, dove la “vera effige” miracolosa è custodita in una teca lignea sull’altare maggiore ma è anche scolpita nel bassorilievo marmoreo della lunetta del portale.

Casa colonica a Villa D’Este

Tra questi due poli si snoda il nostro itinerario: prima dentro la città di Reggio nelle vie e nelle piazze (piazza Brolo, via Cantarana) ma soprattutto lungo il tracciato che segue il letto “ghiaioso” del Crostolo (che ha dato il nome alla Madonna e alla chiesa) che portava fuori le mura, nella direzione dell’Appennino: qui troviamo ricorrenti formelle di terracotta o di ceramica e piccole nicchie collocate accanto ai portali delle case che si affacciano sull’antico corso del torrente (oggi corso Garibaldi) molte delle quali nate alla fine della guerra (1945), quasi per grazia ricevuta: una sorta di devozione domestica e discreta offerta allo sguardo di tutti e alla venerazione pubblica e quotidiana di chi camminava per le vie – a piedi .

Fuori dalle mura lungo l’antica strada ducale che saliva al Valico le espressioni della devozione cambiano: sono piccole cappelle ai lati della strada, in sequenza quasi ravvicinata (Nebbiara, Puianello…) o immagini grandi in facciata di grandi case coloniche in luoghi di passaggio (Rivalta) come fossero punti di sosta pensati per chi deve affrontare un viaggio più lungo – verso il crinale appunto.

E quando l’antico tracciato ducale sale a Ovest del Crostolo, le testimonianze della Madonna della Ghiara dobbiamo cercarle lì, perché lì passavano gli itinerari dei viaggiatori, dei pellegrini, dei mercanti: le troviamo nella corte signorile di Monchio dei Ferri o lungo la strada al crocicchio di Migliara, in una piccola edicola di latta appesa al muro di una vecchia casa in cui abita una nuova famiglia georgiana che se ne prende cura. Ma sono presenti anche nelle chiese parrocchiali, negli oratori e nei santuari del nostro Appennino: a volte sono grandi pale – per lo più settecentesche – come a Gatta, a San Biagio, a Carpineti; a volte sono testimonianze che affiorano dai restauri dopo anni di silenzio, come a Villa Berza dove è venuto alla luce un affresco, probabilmente un ex voto, lasciato da una donna del luogo “vedova e sola”, che porta la data del 1601, solo due anni dopo il miracolo di Marchino.

Una volta arrivati nell’alto Appennino, nelle terre di Valico dell’uno e dell’altro versante, anche la fisionomia delle maestà cambia: tornano i pilastrini e le edicole di pietra semplici e povere della devozione popolare (come a Miscoso nella valle dei Cavalieri, vicino al Lagastrello o lungo la strada del Passo del Cerreto) con le formelle bianche di marmo che sono arrivate qui nelle bisacce dei pastori al ritorno della transumanza, incorniciate con la pietra grigia della Liocca o di Sassalbo.

Dal Passo del Cerreto il nostro percorso – che per ora è solo l’abbozzo di un percorso -“scollina” in Lunigiana, la terra delle maestà: tante e tante maestà in marmo apuano spesso nate nelle botteghe di Carrara; le più antiche hanno anche trecento anni e sono diffuse ovunque nel paesaggio, nelle campagne, a segnare i crocicchi e i confini, lungo le mulattiere e per le strade dei borghi. Numerosissime soprattutto a Fivizzano, la terra dell’altro miracolo: 5 maggio 1596. Una devozione mariana che ha radici antiche e che non ha eguali in altri luoghi dell’Appennino.

Clementina Santi in laliberta.info

Campagnola, sempre più persone unite «In-Coro»

Dopo il grande successo della serata del 27 febbraio, martedì 9 aprile si è tenuto il secondo incontro di “In-Coro”, organizzato dal coro Bruno Massari presso la parrocchia dei Santi Gervasio e Protasio di Campagnola Emilia.

È stata registrata una presenza ancora più ampia rispetto al primo incontro: hanno partecipato oltre 160 persone appartenenti a diversi cori del territorio. Ospite d’eccezione è stato Paolo Iotti, il quale con le sue parole di esperienza e di riflessione ha coinvolto piacevolmente i partecipanti, guidandoli verso una dimensione estesa d’amore di Dio con la musica e con i canti.

Ancora una volta la serata è stata un susseguirsi di canti emozionanti, musica, preghiere, riflessioni, condivisione di pensieri, sorrisi e tanto altro.
Altri interventi hanno caratterizzato la serata, tra cui quello di Samuele Gozzi, che avendo partecipato alla Giornata Mondiale della Gioventù in qualità di direttore musicale, ha riportato la sua testimonianza nell’aver visto e vissuto la grande bellezza del far parte di un Coro fatto di centinaia di persone che si incontravano per la prima volta e sperimentavano insieme il “sentirsi parte di un solo corpo”.

Il Coro Bruno Massari riprogrammerà sicuramente un terzo incontro di “In-Coro”, accogliendo con contagioso entusiasmo le numerose richieste pervenute ed estendendo allo stesso modo l’invito per ricevere nuove adesioni corali.

Coro Bruno Massari

laliberta.info

Scienza e fede. La potenza della preghiera secondo Guglielmo Marconi

Lo scienziato italiano inventore della radio e premio Nobel era dichiaratamente credente. Scriveva: «Sarebbe una grande tragedia se gli uomini perdessero la loro fede nella preghiera»

Guglielmo Marconi

Guglielmo Marconi

avvenire.it

Guglielmo Marconi ha donato al mondo il modo di parlarsi a distanze impensate e impensabili. Il paradosso della sua esistenza è che fu uomo di poche parole, a cui preferiva i fatti.

Con l’aprirsi dei festeggiamenti per i 150 anni dalla sua nascita – tema del quale Avvenire in questi giorni ha ampiamente trattato – molto si è scritto e molto si scriverà. Vorrei qui dare un minimo contributo soffermandomi su un tratto particolare della sua esistenza, a partire da una sua espressione quanto mai preziosa in questo tempo di accelerazioni tecnologiche e di ansie macchiniche: «Credo nella potenza della preghiera come cristiano e come scienziato».

Marconi era dichiaratamente credente, ma questo non lo rende immediatamente uno scienziato migliore, così come l’essere un grande scienziato non ne fa un credente migliore secondo una legge di proporzionalità apologetica a cui credo poco. Tuttavia il nostro premio Nobel può essere un testimone luminoso per quanti cercano sentieri promettenti.

Durante il discorso tenuto al primo congresso della Radio Industria italiana a Bologna nel maggio del 1934 disse: «Sono orgoglioso di essere cristiano. Credo non solo come cristiano, ma anche come scienziato. Come un dispositivo senza fili, nella preghiera lo spirito umano è in grado di inviare onde invisibili per l’eternità, onde che raggiungono il loro obiettivo di fronte a Dio».

Tra i suoi scritti troviamo anche queste parole: «Credo che sarebbe una grande tragedia se gli uomini perdessero la loro fede nella preghiera. Senza l’aiuto della preghiera forse avrebbero fallito dove sono invece riusciti. Questo mi ha permesso di raggiungere quello che ho fatto, Dio ha fatto di me un semplice strumento della Sua volontà, per la rivelazione del suo potere divino». L’uomo che ci ha consegnato un nuovo modo di condividere le parole era un uomo dedito a una Parola, la sola che salva, la sola che accorcia quella distanza infinita che nessuna tecnica potrà mai colmare: l’assoluta alterità tra umano e divino che una Parola, fatta carne, ha definitivamente annullato.

Pregare e agire, perdere apparentemente tempo per annullare il tempo. L’invenzione della radio è frutto dello Spirito Santo? Sarebbe una affermazione indimostrabile, storicamente e teologicamente. Ma è invece possibile dire che l’essere umano diventa capace di dare il nome alle cose con pienezza quando fa alleanza con lo Spirito che lo conduce al suo compimento. Le metamorfosi sociali e antropologiche che stiamo vivendo, figlie del web, del digitale e della potenza di calcolo, sono tutte nipoti delle scoperte e delle invenzioni di Marconi. Come orientare al bello, al vero, al giusto quanto viviamo? Marconi mostra ai credenti una strada feconda.

La preghiera è una buona risposta, non da imbelli ma da persone che sanno che il futuro esige parole che non sono immediate, che non possono essere consunte, che debbono essere dense. Fermare il tempo in preghiera significa trovare nell’Eterno quanto ci è necessario nella storia. La preghiera rallenta il battito del nostro cuore e lo rende armonico con l’unico cuore che davvero è capace di un amore che guarisce e orienta, sazia e definisce. La preghiera sconfigge l’orgoglio allergico a limiti che sono custodia ed educa a superare limiti che sono peccato. La preghiera trasforma l’asserzione in dialogo, il silenzio in grembo, la teoria in semenza.

«La scienza – diceva ancora Marconi – da sola non è in grado di spiegare molte cose, e soprattutto il più grande dei misteri: il mistero della nostra esistenza». Quel mistero è svelato da una Parola che possiamo ascoltare, quell’esistenza diventa operosa in un silenzio che sigilla una alleanza.

Vangelo e società. Pier Giorgio Frassati santo, si guarda al 2025

Durante la preghiera all’Assemblea nazionale dell’Azione Cattolica, il cardinale Semeraro ha detto che la canonizzazione del giovane «si profila per il prossimo anno giubilare»
Pier Giorgio Frassati

Pier Giorgio Frassati – Dal Web

Piergiorgio Frassati, il ragazzo che amava portare i suoi amici in montagna per spingere il loro sguardo «verso l’Alto», sarà dichiarato santo il prossimo anno. Il giovane beato torinese, amante di Dio e degli uomini, sarà canonizzato durante il Giubileo del 2025.

A dare il grande annuncio nel pomeriggio di oggi è stato il prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi, il cardinale Marcello Semeraro, intervenuto durante la XVIII Assemblea nazionale dell’Azione Cattolica Italiana, a Sacrofano. «Vorrei dirvi che la canonizzazione del beato Piergiorgio Frassati è ormai chiara all’orizzonte e si profila per il prossimo anno giubilare», ha detto il cardinale, il cui intervento è stato interrotto da un lungo applauso da parte dei mille soci di Ac presenti.

«Nell’omelia per il rito della sua beatificazione, – ha aggiunto il prefetto, citando Frassati tra le più luminose figure di santi cresciuti nell’Ac – avvenuta il 20 maggio 1990, san Giovanni Paolo II lo chiamò uomo delle Beatitudini; disse pure che “nell’Azione Cattolica egli visse la vocazione cristiana con letizia e fierezza e s’impegnò ad amare Gesù e a scorgere in lui i fratelli che incontrava nel suo sentiero”». Frassati, nato a Torino nel 1901 e morto a soli 24 anni, fu un «meraviglioso modello di vita cristiana», ha sottolineato ancora Semeraro, che visse la sua giovinezza, citando Giovanni Paolo II, «tutta immersa nel mistero di Dio e dedita al costante servizio del prossimo».

Il giovane beato torinese, figlio di Alfredo Frassati, storico direttore de La Stampa di Torino, si impegnò sin da ragazzo nel laicato attivo, e in particolare nell’Azione Cattolica e nella Fuci, crescendo nella fede cristiana e nel desiderio del servizio ai più poveri. È considerato uno dei “santi sociali” torinesi, come don Giovanni Bosco e don Giuseppe Cottolengo, anche senza essere formalmente ancora santo, per la sua vita dedicata ai più fragili e agli emarginati. «Nella santità di Piergiorgio – ha continuato Semeraro – c’è un valore di continuità con la tradizione della sua terra: egli, infatti, si è innestato nel lavoro di difesa della fede, attraverso la carità profusa nel campo dell’emarginazione». A 19 anni Frassati era entrato a far parte delle Conferenze di San Vincenzo de’ Paoli, per l’aiuto ai più bisognosi e a 21 divenne terziario domenicano.

«Siamo felici per una notizia che giunge come un dono prezioso per l’Associazione, mentre celebriamo la nostra Assemblea nazionale – ha dichiarato il presidente dell’Ac, Giuseppe Notarstefano -. L’Azione cattolica italiana è stata storicamente, ed è ancora oggi, una intuizione e una passione dei giovani come Piergiorgio Frassati. Una esperienza di Chiesa dove impastare giorno per giorno la fede con la vita, un luogo dove poter vivere in pienezza l’amicizia con il Signore che non di rado diventa un luminoso esempio per tutti come per Alberto Marvelli, Gino Pistoni, Armida Barelli e appunto Piergiorgio Frassati». Persone come lui, ha aggiunto, «hanno saputo fare della propria vita un dono, un segno per i loro tempi e per tutti i tempi».

Il beato fu un giovane tra i giovani, amico di tutti, amante dello sport, della poesia e dell’alpinismo. «C’è pure, tuttavia, un elemento di novità – ha concluso il prefetto – ed è il fatto di avere cercato di confrontare il valore della fede con tutto l’arco dell’esperienza umana, operando caritatevolmente in ogni ambito: negli ambienti dell’università, del lavoro, della stampa (Pier Giorgio raccoglieva abbonamenti non per il quotidiano di suo padre, ma per quello cattolico), dell’impegno politico e partitico, e dovunque era necessario difendere le libertà sociali, cercando sempre di concepire e fomentare l’associazionismo, come amicizia cristiana destinata alla nascita di un cattolicesimo sociale».

Lo scorso giovedì 25 aprile, nell’udienza in piazza san Pietro con l’Ac, Papa Francesco ha sottolineato, ha aggiunto Semeraro, che «la vita associativa trova il denominatore comune proprio nell’abbraccio della carità». E non è stata così la vita terrena di Piergiorgio?

avvenire.it

Il progetto. Caccamo: “Diamo la parola ai giovani del mondo sul futuro”

Il cantautore ha presentato all’Onu la versione internazionale del “Manifesto per il cambiamento” che raccoglie le idee dei ragazzi dalle università di Usa, Giappone, Brasile, Messico ed Europa”

Caccamo: "Diamo la parola ai giovani del mondo sul futuro"

Marco Anelli © 2022 IG: @marco_anelli_studio WEB: www.marcoanelli.com

Le parole dei giovani possono cambiare il mondo. Ne è convinto Giovanni Caccamo, cantautore raffinato con la vocazione dell’operatore culturale, che ha visto crescere il suo progetto Parola ai giovani tanto da esportarlo oggi in tutto il mondo. L’artista ha stato presentato il 5 aprile al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite, presso l’Economic and Social Council, il Manifesto for change – Youth and future, la declinazione internazionale del progetto Parola ai giovani, insieme a padre Antonio Spadaro, Jesse Paris Smith, Rebecca Foon, Alessia Zanelli e con una speciale video performance di Patti Smith. Si tratta di un concorso di idee, rivolto ai giovani di tutto il mondo, di ogni religione, identità di genere ed estrazione sociale, per creare insieme un manifesto culturale di cambiamento in occasione del forum internazionale dei giovani “Change the World Model Un” in collaborazione con Diplomatic Ong.

«Presentare questo progetto nato in Italia all’Onu di fronte a 5000 giovani provenienti da 142 paesi è stato incredibile» racconta ad Avvenire Giovanni Caccamo. «Sono appena rientrato da un giro di tavole rotonde con gli studenti delle più prestigiose università americane, Yale University, Harvard University, Berklee College of Music, Wellesley College negli Stati Uniti; poi a settembre sarò presso UNAM in Messico, UANIL in Brasile, Università di Tokyo in Giappone e la Sorbonne Université a Parigi».

“Cosa cambieresti della società in cui vivi e in che modo? Qual è la tua parola di cambiamento?”. Queste le due domande poste da Caccamo a cui i ragazzi sono chiamati a rispondere per iscritto. «I migliori testi selezionati tra quelli ricevuti, saranno raccolti, come accaduto in Italia, in un libro intitolato Manifesto for change. Il volume sarà impreziosito da un dialogo intergenerazionale con alcune delle figure culturali di riferimento più ispirate al mondo» aggiunge il cantautore. Una piccola selezione di testi sarà stampata su fogli di carta cotone con caratteri tipografici in piombo e consegnata ad alcuni dei più importanti artisti internazionali contemporanei che ne trarranno ispirazione per un’inedita opera d’arte, come già successo in l’Italia con artisti come Maurizio Cattelan, Michelangelo Pistoletto, Arnaldo Pomodoro, Mimmo Paladino. Il ricavato della vendita del libro e delle opere sarà devoluto alla Andrea Bocelli Foundation a sostegno di progetti rivolti alla formazione e alla valorizzazione delle nuove generazioni e a Pathway to Paris, a supporto di soluzioni innovative per combattere il cambiamento climatico globale.

Anche di questo parlerà oggi Caccamo in piazza San Pietro di fronte ai 70mila giovani attesi per “A braccia aperte”, l’Incontro nazionale dell’Azione Cattolica con Papa Francesco (diretta su Rai1 a partire dalle 9.30 circa). «Verso mezzogiorno per una mezz’ora canterò alcuni brani e parlerò dell’impegno dei giovani per il futuro» aggiunge. Un’ulteriore occasione di confronto con il cantautore su questi temi sarà il 2 luglio a Grado (Gorizia) dove Caccamo sarà protagonista dell’incontro pubblico “Le parole che ci cambiano” nell’ambito della Festa di Avvenire (ore 21.00 in Campo Patriarca Elia, la piazza antistante la Basilica di Sant’Eufemia). Inoltre il 16 maggio Giovanni Caccamo al Duomo di Milano presterà la voce alla Messa Arcaica per soli, coro e orchestra di Franco Battiato (suo mentore) a trent’anni dalla sua prima pubblicazione discografica. Ad eseguirla il Coro da Camera di Torino diretto dal maestro Dario Tabbia e l’Orchestra da Camera Canova sotto la guida del maestro Antonio Ballista, con Lorna Windsor, mezzosoprano, e Giovanni Caccamo nel ruolo che fu dello stesso Battiato. «Sarà un grande momento di preghiera e meditazione collettiva».

«Con Youth and future vorrei farmi portavoce della mia generazione – aggiunge l’artista 34enne -, consapevole del dovere dei giovani di creare un nuovo orizzonte in questo momento storico di grave crisi, conflitti e disgregazione». Il progetto è realizzato con il supporto di Banca Ifis, Pulsee Luce e Gas e la filantropa Alessia Zanelli. Lanciato originariamente in Italia nel 2022 con grande successo e pubblicato lo scorso 13 maggio da Treccani, con una straordinaria prefazione di Papa Francesco, il Manifesto per il cambiamento, nasce dal desiderio di Caccamo di contrastare il nichilismoche minaccia la società odierna. «Tutto nasce dal mio ultimo disco Parola che rilancia l’appello di Andrea Camilleri ai giovani di rimettere al centro delle nostre vite l’importanza della “Parola” e provare a far sorgere una piccola luce di un nuovo umanesimo – aggiunge Caccamo -. Per il disco ispirato ad alcune pagine della letteratura italiana, ho avuto la fortuna di avere compagni di viaggio come Patty Smith, Liliana Segre, Willem Dafoe. Ho pensato poi che servisse la risposta di migliaia di giovani, così ho lanciato un concorso di idee rivolto a tutti ragazzi italiani under 35, raccogliendo attraverso tavole rotonde nelle università, nelle carceri e nei centri di accoglienza italiani i testi che hanno dato vita al primo libro. Il Papa è stato straordinario nello scrivere una lettera indirizzata a tutti dove ha detto “Siate giovani in grado di cambiare il modo di cambiare”».

Cosa ha detto Caccamo all’Onu per convincere i ragazzi? «Troppo spesso ci arrendiamo di fronte alle nostre fragilità, sopraffatti da un mondo virtuale che mette in onda vite perfette facendoci sentire inadeguati e mai all’altezza, ho detto nel mio discorso – spiega -. Bach scrisse la sua “Toccata e Fuga in Re Minore” a 20 anni. Michelangelo scolpì la Pietà a 23 anni e iniziò a dipingere la volta della Cappella Sistina a 33. È nostro dovere rimboccarci le maniche e chiederci quali possano essere i cambiamenti più urgenti e necessari nel nostro presente”. Come agire? “Ogni sera, prima di addormentarci, sforziamoci di trovare almeno una decina di piccole, grandi cose che hanno reso la nostra giornata speciale e per cui imparare a dire “grazie”. Credere nella pace, ad esempio, significa imparare a sciogliere i conflitti della nostra vita; sforzarci di perdonare e chiedere scusa mettendo in circolo nuove dosi d’amore e gentilezza».

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Il caso. I medici inglesi stavolta cedono: neonato verso il “Bambino Gesù”

Nato in Inghilterra da padre italiano e madre nigeriana, gravemente malato, si vedeva negata l’operazione per la quale a Roma invece era tutto pronto. L’intervento del governo e dell’Aeronautica

L'ambulanza sale sul C-130 dell'Aeronautica italiana

L’ambulanza sale sul C-130 dell’Aeronautica italiana – –

avvenire.it

Poteva diventare una vicenda come quelle di Charlie Gard, Alfie Evans e Indi Gregory, morti per il distacco dei supporti vitali su richiesta dei medici e per ordine della magistratura. Invece stavolta è finita bene grazie all’ormai consueta disponibilità dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma e alla mobilitazione efficace di una rete diplomatica che ha prevenuto l’insabbiarsi della vicenda nelle aule giudiziarie. I dati di cronaca, emersi a cose fatte, parlano di un neonato di un mese – sono note solo le iniziali: D.M. – venuto alla luce in Inghilterra da padre italiano e madre nigeriana, affetto da «una gravissima malformazione cardiaca», come informa l’ospedale romano, e ricoverato al Bristol Royal Hospital for Children.

«Il piccolo aveva bisogno di un intervento chirurgico ma i protocolli locali rischiavano di escluderlo – spiega l’avvocato Simone Pillon, che si è preso cura giuridica del caso come già di Indi –. Allora il padre si è rivolto alle realtà italiane dedite alla cura dei minori e al mio studio legale». Famiglia e ospedale erano prossimi a dar vita a un nuovo braccio di ferro giudiziario attorno al capezzale del neonato, cittadino inglese e italiano. Con la prima udienza già fissata per lunedì alla Family Court di Londra, è però arrivata la proposta italiana di un protocollo di trasferimento: un’équipe pronta al Bambino Gesù per tentare subito un delicatissimo intervento chirurgico che l’ospedale inglese non sembrava intenzionato a eseguire e la disponibilità di un C-130 della 46esima Brigata aerea della nostra Aeronautica militare attrezzato per trasporti sanitari di emergenza.

L’ospedale di Bristol ha deciso di rinunciare alle vie legali, dando il via libera alla partenza del neonato a bordo di un’ambulanza caricata nella pancia dell’aereo militare, operazione curata dalle nostre autorità diplomatiche in Inghilterra e seguita dalla Presidenza del Consiglio. Dopo l’atterraggio a Ciampino il ricovero al Bambino Gesù presso l’Unità operativa di Anestesia e Rianimazione con «un primo intervento combinato di cardiologia interventistica e cardiochirurgia – fa sapere l’ospedale – per aumentare le chance di sopravvivenza del bambino e migliorare la sua qualità di vita».

L'aero militare italiano in partenza dall'Inghilterra

L’aero militare italiano in partenza dall’Inghilterra – –

«Sia mia moglie che io abbiamo il cuore che trabocca di gioia per quanto sta accadendo», dice il papà, che ringrazia Giorgia Meloni, Alfredo Mantovano, la nostra diplomazia, l’Aeronautica militare. E anche i medici inglesi, «per aver seguito nostro figlio e aver autorizzato il trasferimento senza frapporre ostacoli». È solo la prima parte della battaglia di D.M.: ma pare quasi un miracolo.

Domenica a Milano. Una terna arbitrale di sole donne per Inter-Torino

È la prima volta in Serie A. Direttrice di gara sarà Maria Sole Ferrieri Caputi, coadiuvata da Francesca Di Monte e Tiziana Trasciatti. Dopo la partita la festa scudetto nerazzurra

Maria Sole Ferrieri Caputi

Maria Sole Ferrieri Caputi – Reuters

Domenica prossima San Siro non ospiterà solo la festa dell’Inter che celebra il suo freschissimo scudetto ma anche un inno al calcio vissuto interamente al femminile. Inter-Torino in programma alle 12.30 sarà infatti la prima partita della serie A diretta da una terna arbitrale composta da sole donne. A dirigere la gara è stata chiamata infatti Maria Sole Ferrieri Caputi coadiuvata dalle giudici di linea Francesca Di Monte e Tiziana Trasciatti. Ferrieri Caputi, 33enne livornese di origini pugliesi, dopo la laurea triennale in scienze politiche a Pisa, ha conseguito la magistrale in sociologia a Firenze. Attualmente lavora in un centro privato come ricercatrice di studi internazionali sul lavoro. In una recente intervista, parlando di come combatte la tensione pre partita Ferrieri Caputi aveva detto che si impegna a non lasciare nulla al caso, «studiando le squadre, la loro tattica, le caratteristiche dei giocatori» pur nella consapevolezza che l’errore prima o poi potrà verificarsi e confidando dunque nel suppporto psicologico del Var (strumentazione elettronica che permette di dipanare molti dubbi). Ha diretto la sua prima partita di Serie A il 2 ottobre 2022: un Sassuolo-Salernitana finita 5 a 0 per i padroni di casa, assegnando un calcio di rigore e comminando due ammonizioni, una per parte. Tra i suoi record anche l’aver diretto una partita maschile tra nazionali, per la precisione il 25 marzo 2023 l’amichevole Germania-Perù.

Due mesi prima, il 17 gennaio Ferrieri Caputi aveva guidato una terna tutta femminile nella partita valida per gli ottavi di Coppa Italia: Napoli-Cremonese. Con lei Francesca Di Monte e Tiziana Trasciatti cioè le stesse collaboratrici di domenica prossima. In particolare, Di Monte, 40enne abruzzese è laureata in Giurisprudenza e lavora come consulente aziendale. Trasciatti, 38 anni, umbra di Foligno, svolge invece la professione di avvocata.

Sarà dunque il triplice fischio finale di Ferrieri Caputi domenica a far scattare la festa interista che poi, con i giocatori a bordo di un pullman scoperto, colorerà di nerazzurro le vie del centro di Milano.

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