Antonio Rosmini: libri, filosofia e tanta santità

“Al vederlo celebrar la Messa è un santo”… Con questa espressione san Giovanni Bosco descriveva il sacrificio eucaristico celebrato a Torino dal sacerdote Antonio Serbati Rosmini.

Il beato (1797-1855) nasce a Rovereto in una famiglia della buona borghesia veneta. Fin da piccolo mostrò una particolare propensione per gli studi e la letteratura oltre che ad un’inclinazione per la vita di preghiera. Per tale ragione all’età di 16 anni comprese che il Signore lo attirava alla sua sequela e così decise di intraprendere gli studi ecclesiastici che lo condussero al sacerdozio il 21 aprile 1821.

Negli anni successivi, oltre ad un breve incarico presso la parrocchia di Rovereto, si laureò a Padova in Teologia, Filosofia e Diritto Canonico e Civile. Ovviamente erano altri tempi ed i corsi universitari erano per lo più unificati e con materie comune comunque ciò la dice lunga sulle particolari doti intelletuali del giovanissimo sacerdote. Tanta applicazione allo studio fu notata anche dal pontefice di allora Pio VII che lo incitò a dedicarsi allo studio come forma di apostolato. E cosi fece. Però l’applicazione allo studio non lo tenne indenne dal comprendere le necessità dello spirito tanto che si ritirò in un eremo in preghiera e solitudine per decidere cosa fare della propria esistenza.

In questo ritiro presso il Sacro Monte Calvario di Domodossola comprese essenzialmente due cose:la prima che Dio lo chiamava a farsi santo;la seconda che doveva fondare un istituto religioso ovvero l’Istituto della carità (detti anche Rosminiani dal nome del proprio fondatore) il cui scopo era la santificazione dei propri membri. Già questo lo scopo essenziale della sua missione nella Chiesa educare a diventar santi tutti gli uomini,soprattutto i membri del proprio istituto religioso. Il nascente gruppo era composto di sacerdoti, suore, ed infine ascritti laici cioè uomini che vivevano nel mondo con la specificità dell’istituto .

Fu diplomatico presso la Santa Sede, multiforme uomo di grandi talenti, celebre e fecondo scrittore (compose più di 100 opere di filosofia,diritto,teologia e scritti ascetici) ma di più fu uomo che seppe comprendere le necessità del proprio fratello. Questo ci è testimoniato da ciò che di lui ci lasciò scritto chi lo conobbe: financo dedito allo studio era sempre pronto a lasciar stare tutto pur di ascoltare le necessità di chi gli chiedeva un consiglio.

Questi era il Rosmini: un uomo di Dio.

Tra le tante opere che ha composto forse quella che più raccoglie la propria spiritualità sono le “Massime di perfezione cristiana”.I n esse il beato insegna il metodo non solo per diventare buoni cristiani ma per ascendere alla santità. Ma di più aiuta l’uomo a riflettere sul senso autentico dell’esistenza nei propri doveri quotidiani.

Di lui è bellissimo ciò che scrisse il poeta Clemente Rebora, anch’esso rosminiano, ovvero che il Rosmini fu “quel gran genio che s’annientò nel Cristo…” e forse è inutile commentare tale frase se non per ringraziare Dio per il dono di questo beato alla sua Chiesa.

Dopo una lunga trafila in relazione alla propria causa di beatificazione il 18 novembre del 2007 Papa Benedetto XVI ha con gioia acconsentito alla beatificazione di questo grande uomo caro a Dio ed indispensabile all’uomo di oggi.