Inizio del Testamento olografo di Don Fabrizio Crotti

Reggio Emilia, 27 gennaio 2002

Ringrazio Dio per il dono della fede,
per avermi voluto presbitero se pur indegnamente.
Ringrazio quanti hanno contribuito
alla mia formazione cristiana e sacerdotale:
Dio li ricompenserà come solo Lui sa fare.
Chiedo perdono a quanti avessi offeso, volontariamente o non,
e a quanti non abbia saputo dar buon esempio!
Ciò che sono riuscito a fare, poco,
l’ho fatto di cuore e spinto dall’amore di Dio.
I mei affetti più cari, papà e mamma, mi attendono in cielo
come mi hanno atteso per la nascita umana;
unito a loro pregherò e veglierò su quanti ho amato in terra;
ora potrò amarli con “amore puro”.

Seguono le disposizioni testamentarie

Saluto di Antonio Monticelli a nome di tutta la comunità parrocchiale di Santo Stefano e San Zenone al funerale di don Fabrizio

Saluto di Antonio Monticelli
A nome di tutta la comunità parrocchiale di Santo Stefano e San Zenone vogliamo ringraziare il Signore per averci donato come parroco il nostro caro amico Don Fabrizio.
San Paolo nella prima lettera ai Corinzi ci dice “Morte dov’è la tua vittoria?” Questa è la certezza della nostra fede, la morte viene sconfitta mediante la morte e Risurrezione di Nostro Signore
Gesù Cristo.
Ma oggi vi è un’altra sconfitta per la morte, e sono i bei ricordi e i buoni esempi che ci ha lasciato Don Fabrizio, che rimarranno sempre nei nostri cuori e nelle nostre vite, e che la morte non potrà mai strapparci.
Non potremo mai dimenticare il suo amore per la Parola di Dio, che sapeva dipanare così bene nelle sue omelie sempre curate. La cura dei gruppi di vangelo nelle case e la preparazione dei laici
che dovevano guidarli. La lectio Divina segno di comunione della comunità parrocchiale.
La catechesi e la preparazione dei catechisti. Un riguardo speciale per i parrocchiani più anziani che tutte le sere partecipavano alla messa feriale vespertina.
La sua smisurata generosità per tutti quelli che avevano bisogno nelle varie vicissitudini della vita quotidiana.
L’umiltà nel rapportarsi con gli altri, i non voler mai far prevaricare il suo ruolo.
Il non avere mai pregiudizi per nessuno, la parrocchia per lui era una casa per tutti e di tutti.
La morte non avrà dunque la sua vittoria sui tanti bei ricordi, di amicizia, di affetto, e soprattutto la
sua simpatia, aveva sempre una battuta per ogni occasione.
La sua serenità e il suo sorriso anche nei momenti più difficili.
In una recente conversazione avuta con lui sul tema del peccato e del sacramento della riconciliazione Don Fabrizio concluse con una frase di Sant’Agostino. “Ama e fa’ ciò che vuoi.”
Credo che sia questo quello che vorrebbe da tutti noi Don Fabrizio. Ed è quello che ci ha comandato il Signore: “amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi.” (Gv 15,12 ).
Così Sia. Amen.

BIMBO PRODIGIO, A 12 ANNI AMMESSO ALLA FACOLTÀ DI FISICA IN MESSICO

Carlos Antonio Santamaría Díaz (foto da Università nazionale autonoma del Messico Unam) (ANSA)

Ha appena 12 anni, ma invece di essere appassionato di videogiochi come molti dei suoi coetanei, ha sviluppato una passione intensa, viscerale, per le scienze. E’ per questo che il bambino Carlos Antonio Santamaría Díaz ha chiesto di poter sostenere un test universitario presso l’Università nazionale autonoma del Messico (Unam), la più grande dell’America latina, superandolo senza problemi.
E così questo ‘enfant prodige’, piccolo di statura ma con occhi grandi e sorridenti, arteciperà alle lezioni per la laurea in Fisica biomedica.
A nove anni, scrive il quotidiano Proceso di Città del Messico, ‘Carlitos’ aveva ottenuto nella stessa Unam un diploma per aver seguito i tre moduli del corso di ‘Spettroscopia infrarossa, di Risonanza magnetica nucleare (Rmn) e spettroscopia di masse’. Negli ultimi tre anni ha seguito lezioni, e fatto pratica, nella Facoltà di chimica, nel Centro di scienze genomiche (studio della terra e dei suoi rapporti con gli altri corpi dell’universo) e nell’Istituto di indagini sui materiali.
Responsabili della Unam hanno reso noto che il bambino ha ottenuto l’autorizzazione a frequentare i corsi di Fisica biomedica dopo aver ottenuto 105 risposte positive nel test di accesso (il minimo era 103) “senza concessioni né favori”.
“Non sarà – hanno assicurato – un bambino in terra di giganti, né un adulto di fatto caratterizzato bambino. E’ uno studente di alta capacità cognitiva, giocherellone, che arrossisce, che ha sfidato il tempo e le convenzioni amministrative”. Ai giornalisti che lo hanno assediato Carlos ha raccontato che “quando abbiamo saputo che i risultati del test erano stati pubblicati, volevamo collegarci con il sito dell’Università, ma non potevamo perché la notte precedente aveva piovuto ed eravamo senza luce. Allora – ha rivelato – il mio papà ha collegato il computer alla batteria dell’automobile e così abbiamo visto che ce l’avevo fatta”.   Assumendo un tono serio ha poi detto che “è stata dura.     C’erano molti calcoli e non me la sono cavata molto bene con gli integrali, che sicuramente erano la parte delle 15 risposte sbagliate”. Adesso, ha proseguito, “chiedo solo di poter continuare a studiare, e se mi si chiudessero delle porte, non esiterei ad entrare dalle finestre”. Ed ha concluso: “Voglio davvero cominciare. Faccio sul serio anche se non voglio suscitare aspettative perché nella realtà quasi sempre le cose sono differenti, e mi è già successo”.

ansa

Omelia del vescovo Daniele per il funerale di don Fabrizio Crotti

Pubblichiamo l’omelia pronunciata da monsignor Daniele Gianotti durante il funerale di don Fabrizio Crotti mercoledì 1° agosto in Cattedrale a Reggio Emilia (tratto da La Libertà)

L’incontro con Dio e con il mistero del suo regno si lascia dire nell’immagine della grande gioia di chi ha trovato un tesoro nel campo, e per farlo suo non ha esitato a rinunciare a tutti i suoi averi; e anche nell’immagine della perla preziosa, per la quale si può rinunciare, come il mercante avveduto, a tutto il resto. Ma Dio per l’uomo non è solo il tesoro inestimabile, la perla di grande valore. Il profeta Geremia ha il coraggio di dire a Dio, come abbiamo sentito: «Tu sei diventato per me un torrente infìdo, dalle acque incostanti» (Ger 15, 18).

Chi è dunque Dio, per il profeta, per il credente, o per un prete come don Fabrizio? Il tesoro, la perla, la ricchezza inestimabile e incomparabile, alla quale si può decidere di dedicare tutta la propria vita, o Qualcuno che può sembrare inaffidabile, pericoloso, come quei wadi del deserto dove vai a cercare acqua e trovi tutto secco, ma che in altri momenti si trasformano in un torrente impetuoso, che spazza via tutto?

Immagino che don Fabrizio, nella sua vita di credente che ci sembra forse conclusa troppo prematuramente, e negli oltre quarant’anni del suo ministero di prete, abbia provato l’una e l’altra cosa. Per quanto ha vissuto e sperimentato nelle diverse situazioni del suo ministero, e anche per lo spazio che ha potuto dedicare allo studio, alla riflessione, alla predicazione e all’insegnamento, aveva compreso, credo, che il mistero di Dio non si lascia rinchiudere in una formula facile, e neppure in una sola immagine, per quanto significativa. E penso che anche le difficoltà di salute, che lo hanno accompagnato piuttosto a lungo nella sua vita, fino alla malattia che due giorni fa ha chiuso il tempo del suo pellegrinaggio terreno, lo abbiano aiutato a entrare sempre più profondamente nel mistero di Dio, al quale si è donato nella fede e nel ministero sacerdotale, e che ora gli si dischiude – ne abbiamo piena fiducia – in tutta la sua pienezza.

Al profeta Geremia, che osa dire a Dio quel che abbiamo sentito, perché vive un momento di grande travaglio nella sua missione, Dio risponde senza troppi sconti: rinnova l’arduo impegno della sua vocazione, ma gli consegna anche questa certezza: «Io sarò con te per salvarti e per liberarti» (v. 20). Come capiranno sempre meglio i credenti in Cristo, si tratta di una certezza che è resa possibile dal dono dello Spirito, ma che matura anche attraverso il discernimento: «Se saprai distinguere ciò che è prezioso da ciò che è vile, sarai come la mia bocca» (v. 19).

Questa frase ci consegna una bella chiave di lettura anche per questo nostro ultimo saluto che, nella fede e nella speranza cristiana, diamo a don Fabrizio. Mi sembra che, con il passare degli anni, egli avesse affinato proprio questa capacità di «distinguere ciò che è prezioso da ciò che è vile». Lo si vedeva, a un livello che può sembrare superficiale, per il fatto che aveva «gusto», don Fabrizio: sapeva scegliere le cose, che si trattasse ad esempio di mettere a tavola degli ospiti, o di curare la bellezza e la proprietà della chiesa e degli altri spazi della comunità parrocchiale. Ma la cosa andava molto più in profondità, e penso proprio che questa capacità di distinguere ciò che è prezioso da ciò che è vile gli avesse permesso di scoprire sempre meglio, in Gesù Cristo e nel suo vangelo, il grande tesoro e la perla preziosa, senza accontentarsi di contraffazioni o di imitazioni.

Tralasciando tanti aspetti della sua vita di prete, che meglio di me potrebbero illustrare soprattutto quelli che l’hanno conosciuto nei suoi vari campi di ministero – dalle parrocchie alla Caritas, dall’Ufficio catechistico agli insegnanti di religione, dalla Curia agli studenti dell’Istituto di scienze religiose… – vorrei ricordare, tra le cose particolarmente «preziose», che don Fabrizio aveva saputo scegliere e custodire, il suo forte senso di ospitalità e di amicizia.

Lo posso dire personalmente, per l’amicizia che in modi diversi abbiamo vissuto, nonostante la differenza d’età, e che risale a quando conobbi don Fabrizio, cinquant’anni fa, quando lui incominciava gli studi di teologia e io ero un ragazzino al primo anno di seminario. Come me e più di me, senz’altro, lo possono dire tanti altri, che hanno sperimentato nell’amicizia che egli offriva e cercava un segno, un sacramento, quasi, dell’amicizia con il Signore che è il cuore della nostra vita di credenti.

E i tanti con i quali egli amava condividere la tavola, spesso cucinando personalmente ciò che poi aveva la gioia di offrire agli ospiti, hanno sperimentato intorno alla mensa, forse senza neppure accorgersene, l’anticipazione di quella comunione di vita per sempre e di speranza piena di immortalità, che ora chiediamo a Dio per don Fabrizio: quella comunione che volentieri la Scrittura preannuncia proprio attraverso l’immagine del banchetto, della tavola imbandita, che Dio prepara per i suoi, e intorno alla quale ci sarà dato di assaporare il pieno compimento dell’amicizia e della fraternità in Cristo.

Nella fede noi abbiamo la convinzione che lo stesso Signore Gesù Cristo, nel quale egli ha creduto e al quale si è donato nel ministero presbiterale, fa entrare ora don Fabrizio nella sala del banchetto, lo accoglie alla sua mensa, si stringe le vesti ai fianchi, lo fa mettere a tavola e passa a servirlo (cf. Lc 12, 37).

+ Daniele Gianotti

Per ricordare solennemente il 40° della morte del beato Paolo VI (6 agosto 1978) in cattedrale a Reggio Emilia celebrazione eucaristica nella Cripta il lunedì 6 agosto 2018 alle 10.30

Per ricordare solennemente il 40° della morte del beato Paolo VI (6 agosto 1978) e in preparazione alla sua canonizzazione a Roma nel prossimo 14 ottobre, la Cattedrale di Reggio Emilia invita i sacerdoti, i diaconi, i religiosi, le religiose, le persone di vita consacrata, i fedeli laici, le associazioni, a partecipare alla celebrazione eucaristica nella Cripta il lunedì 6 agosto 2018, festa della Trasfigurazione del Signore, alle 10.30.

Presiederà l’Eucaristia mons. Adriano Caprioli, che ormai sessant’anni fa fu ordinato dal Card. Giovanni Battista Montini nel Duomo di Milano e che in occasione della beatificazione di Paolo VI (2014) ha scritto il libro Montini alla scuola di Agostino e Ambrogio: chiamati alla santità.

I sacerdoti e i diaconi che desiderano concelebrare sono invitati a portare con sé camice e stola bianca.

don Daniele Casini

>>> scarica la locandina dell’evento in file pdf  >>> >>>  Loc6ago18 

Nuovi itinerari in Terra Santa e uno scalo internazionale per il Negev

Percorsi dedicati a Maria e alle donne della Bibbia visitando la città di Magdala in Galilea; Acri, l’ultimo avamposto dei crociati, città di incontro, di dialogo e di spiritualità; il Gospel Trail in Galilea; Zippori con le sue influenze assire, ellenistiche, giudee, babilonesi, romane, bizantine, islamiche, crociate, arabe e ottomane; Haifa, culla dei Baha’i, con il monastero carmelitano di Stella Maris, il convento cattolico costruito sul Monte Carmelo che la tradizione narra fondato su una grotta dove abitò il profeta Elia; i percorsi di spiritualità nel deserto del Negev, quelli a piedi, sulla via di Francesco, alla scoperta dei luoghi che furono percorsi dal santo di Assisi, ricordando l’anniversario degli 800 anni della presenza francescana in Terra Santa; i nuovi percorsi archeologici di Gerusalemme con le scoperte portate alla luce dal paziente lavoro realizzato dalla Israel Anquities Authority. E ancora. Cesarea e Masada.

Sono queste le novità e le proposte inedite presentate a Roma durante l’incontro dedicato alla Terra Santa. E’ stato un importante momento di approfondimento dedicato al pellegrinaggio e al Turismo religioso in Israele promosso dal Ministero del Turismo israeliano in Italia con il patrocinio dell’Ufficio Cei Tempo libero, turismo e sport diretto da don Gionatan De Marco. All’incontro, tenutosi presso l’Istituto delle Suore Orsoline di San Carlo a Roma e realizzato anche grazie al supporto organizzativo del Tour Operator di Roma Istituti Religiosi, ha partecipato anche l’ambasciatore israeliano presso la Santa Sede, Oren David che ha ricordato il significato del turismo religioso e del pellegrinaggio come momento di dialogo e di reciproca conoscenza.

Sulle tradizioni comuni delle civiltà che si affacciano sul Mediterraneo e su come queste possano rafforzare gli scambi culturali tra popoli ha posto l’accento don Gionatan de Marco, direttore dell’ufficio Cei turismo, pellegrinaggio, tempo libero e sport. Il Mediterraneo quindi come ponte tra le tradizioni dove la Terra Santa è l’apice della ricerca della propria spiritualità: «Chi va in Terra Santa parte come cercatore, si scopre pescatore e ritorna come trovatore». Per il turismo religioso, gli operatori di settore prevedono una crescita del 20 per cento. Un dato questo che, «confidiamo, contribuirà a mantenere il flusso di crescita raggiunto fino a questo momento», ha detto Avital Kotzer Adari, direttrice dell’Ufficio nazionale israeliano del turismo.

Oltre agli 80 voli settimanali che ogni giorno collegano l’Italia con Israele, la Adari ha ricordato infatti gli eccezionali numeri di crescita verso Israele: «Nel periodo gennaio-maggio 2018 si è registrato un aumento complessivo del 41 per cento di turisti rispetto al 2017, fattore che ha contribuito in maniera più che positiva all’economia dell’intera nazione». E non solo. Oltre ai nuovi percorsi di spiritualità, l’ente israeliano ha in serbo delle grandi novità per mostrare il cuore del Paese: il deserto del Negev, la distesa di sabbia e roccia, dune e pietraie, oasi e crateri, che occupa il 60 per cento del territorio di Israele. «Da quest’anno abbiamo iniziato a promuovere il deserto del Negev, un deserto unico al mondo per la sua geologia, la sua storia e la sua archeologia: per il Negev passa la via dell’incenso (patrimonio Unesco) e ci sono poi le chiese bizantine. Una campagna è prevista per la fine dell’anno per l’inverno ma già da qualche mese abbiamo iniziato a lavorare su questa destinazione. Gli italiani adorano il deserto con i suoi paesaggi unici al mondo: non ci sono le classiche dune ma è un deserto scolpito dal vento e dall’acqua, con 48 parchi nazionali, antiche chiese bizantine e insediamenti monastici dei padri della Chiesa».

E per raggiungere questo, ancora in parte, inedito paradiso dello spirito verrà aperto alla fine di quest’anno un nuovo scalo, l’aeroporto Ramon. Al momento nel deserto è in funzione il piccolo aeroporto di Ovda con due voli a settimana dal nord Italia.

viaggi.ilmessaggero.it

Fare rete sul Turismo Religioso

Il messaggio lanciato da Antonio Troisi sulla Gazzetta del Mezzogiorno del 13 luglio scorso agli Enti locali a “fare squadra” sul turismo religioso in Puglia, va condiviso e fortemente sostenuto. Il prof. Troisi ricorda che sin dal 2013 i Comuni di Bari, San Giovanni Rotondo e Monte Sant’Angelo gettarono le prime basi progettuali per la realizzazione di un piano riguardante il turismo culturale e religioso nel territorio pugliese. Al progetto si unì il Comune di Canosa di Puglia. I tre Comuni si impegnarono a promuovere iniziative congiunte tese a valorizzare le tradizioni religiose, culturali e storiche dei rispettivi territori, e programmare interventi con finanziamenti europei attraverso progetti mirati che potessero interessare anche le attività economiche connesse ai pellegrinaggi dei fedeli.
Solo il Comune di Foggia, successivamente, avanzò una richiesta-protesta per aver escluso dall’iniziativa il Santuario dell’Incoronata, meta di migliaia di pellegrini che, attraverso una devozione antichissima, raggiungono il Santuario per rinnovare i tradizionali sentimenti di fede.
E il Comune di Lucera?! Sembra che non sia stata presa alcuna iniziativa concreta al riguardo.
STRABISMO CULTURALE – Bisogna riconoscere che si è fatto poco o niente in questo particolare settore, che potrebbe essere la principale fonte reddituale per la nostra disastrata economia. Si tratta di vero “strabismo culturale” che non può indurre alla rassegnazione.
Occorre anche ammettere che per realizzare un valido piano progettuale, che dia la possibilità a tanta gente di visitare le bellezze artistiche e monumentali di cui la nostra terra è ricca, necessitano mezzi e strumenti, ma soprattutto uomini capaci, sorretti da una concreta volontà politica.
FARE RETE – Sul turismo religioso in Puglia e nella Daunia in particolare, tuttora le iniziative tendono a muoversi in ordine sparso, sebbene sia il Comune di San Giovanni Rotondo,  per la rilevante notorietà di San Pio da Pietrelcina, a dare un forte impulso e fare da capofila,  unitamente al Comune di Monte Sant’Angelo, per il Santuario di San Michele. Tuttavia le aspettative sono alquanto deludenti, come è stato riportato sulla Gazzetta del 16 luglio dagli operatori del settore della città dell’Arcangelo.
Bisogna quindi “fare rete” e coinvolgere anche quelle Istituzioni ed Enti che hanno tutto l’interesse per la tutela e la promozione di attività legate alla valorizzazione delle bellezze culturali e storiche dei loro territori.
E’ necessario  costruire ponti… come ripete Papa Francesco! In primis la città di Lucera, che primeggia per le sue bellezze artistiche e monumentali, finora rimasta fuori da ogni fattiva iniziativa, dovrebbe scuotersi! Infatti, la città federiciana non può rimanere nell’ombra con  le sue antiche chiese in stile barocco, la sua Cattedrale (1300- 1311) di architettura gotico-angioina, la Basilica Santuario di San Francesco (1301) di stile gotico-romanico. Lucera, oltre ad essere “Città d’Arte” per i suoi stupendi palazzi gentilizi, le sue piazze tra cui primeggia Piazza Duomo con  il Palazzo Vescovile e  l’annesso ricco Museo diocesano, la fortezza Svevo-Angioina (1200), l’Anfiteatro romano ( I sec. a.C.), il meraviglioso Teatro Garibaldi, etc., può essere considerata anche “Città dei Santi” per aver dato i natali a San Francesco Antonio Fasani (1681-1742), canonizzato da Papa Giovanni Paolo II nel 1986; a Genoveffa De Troia – Venerabile, al Servo di Dio don Alessandro De Troia, alla Serva di Dio Rosa Lamparelli.
Inoltre, a Lucera giacciono le spoglie dell’indimenticabile Padre Angelo Cuomo – Servo di Dio – per il quale è in corso la causa di beatificazione, del Beato Fra’ Giovanni da Stroncone (1350-1418) sepolto nella Chiesa di San Salvatore.e del Beato Agostino Casotti, croato, che fu Vescovo della città nel XIV secolo. Fa piacere che il nostro vescovo Mons. Giuseppe Giuliano abbia intitolato la “Scuola delle Cattedrali” al Beato Casotti: un chiaro messaggio per la cultura lucerina per lungo tempo in letargo!
Come ha recentemente affermato il ministro dell’Agricoltura e del Turismo Gian Marco Centinaio, “Il turismo è il petrolio dell’Italia…”.
Per il nostro territorio il turismo è ancora più importante in quanto, mai come ora, necessita di nuovi investimenti e posti di lavoro. E’ ora che la Politica faccia davvero la sua parte nell’interesse di questa terra, per lungo tempo rimasta orfana, senza cioè aver avuto una minima tutela necessaria per lo sviluppo delle infrastrutture e per l’incremento occupazionale. Anzi continua a subire scelte irrazionali, come è successo con la soppressione del Tribunale ed il notevole ridimensionamento dell’Ospedale.

Nicola Chiechi
Già Direttore del Centro Culturale Cattolica
Diocesi Lucera – Troia 

(Luceraweb – Riproduzione riservata)

L’Emilia-Romagna investe ancora sul turismo religioso

Messi in sicurezza e ripristinati tre importanti cammini religiosi. Salgono a 14 le vie di pellegrinaggio in regione per un totale di 2mila chilometri di percorso

Con l’ulteriore stanziamento di 93 mila euro per la messa in sicurezza e la riqualificazione di tre percorsi religiosi, la rete regionale dei cammini dell’Emilia-Romagna sale a 2mila chilometri percorribili in 14 cammini e vie di pellegrinaggio, interessando 100 Comuni da Piacenza a Rimini.

Le nuove riqualificazioni riguardano la via Romea germanica a Forlì-Cesena, il cammino di San Vicinio nel territorio tra la medesima provincia e il riminese e la via degli Abati in provincia di Parma. Sulle prime due insistono 90mila euro che serviranno alla sistemazione di diversi tratti dei sentieri, alla ripulitura e messa in sicurezza di argini, all’allargamento delle banchine stradali per consentire il passaggio sicuro dei pedoni e al miglioramento della segnaletica. Gli interventi saranno coordinati dall’Unione dei Comuni della Valle del Savio.
I rimanenti 3mila euro, gestiti dal Comune di Bardi, consentiranno la messa in sicurezza del ponte sul rio Chiastroni sulla via degli Abati.

Questa particolare nicchia del mercato turistico è molto importante per la Regione Emilia-Romagna. Sul circuito regionale, promosso dall’Apt, l’Agenzia di promozione turistica dell’Emilia-Romagna, esercitano 24 operatori turistici specializzati nell’offerta di 34 pacchetti a tema: escursioni giornaliere a piedi o in bicicletta, soggiorni nella natura, luoghi di culto e antiche pievi e borghi storici. Su questo tema è di recente avvio il progetto Lover, in collaborazione con la Lombardia e il Veneto, che si basa sul turismo esperienziale e ha lo scopo di valorizzare e recuperare gli antichi tracciati devozionali delle tre regioni, per incrementare l’accoglienza e promuovere iniziative culturali e turistiche.

Inoltre l’Emilia partecipa con altre sei regioni – capofila la Toscana, poi Lombardia, Piemonte, Liguria, Lazio e Valle d’Aosta – alla candidatura della più famosa tra le vie dei pellegrini, la Via Francigena, a Patrimonio Unesco (World Heritage List). Il protocollo tra le sette regioni è stato siglato nel marzo 2017. Attualmente (luglio 2018) è in corso una specifica attività tecnico-scientifica finalizzata all’inserimento del tratto italiano della Via Francigena nella cosiddetta Tentative list UNESCO presso il MiBACT.

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