Maltempo: freddo, neve e vento forte da Nord a Sud

(ANSA) – ROMA, 25 FEB – Freddo, neve e vento forte dal Nord al Sud dell’Italia. Il Dipartimento della Protezione Civile ha emesso un ulteriore avviso di condizioni meteorologiche avverse che prevede da stanotte nevicate al di sopra dei 300-500 metri, con locali sconfinamenti fino a quote di pianura, sulla Campania e sulla Puglia, e poi in estensione a Basilicata e Calabria.

Da domani pomeriggio si prevedono il persistere di nevicate fino a quote di pianura, sull’Abruzzo e sul Molise, con apporti al suolo da deboli a moderati e, dalla tarda mattinata, venti settentrionali da forti a burrasca sulla Sicilia e sulla Calabria, con possibili mareggiate lungo le coste esposte.

Per domani è stata valutata allerta gialla sull’Emilia Romagna, sull’Abruzzo e sul Molise.

Permane inoltre l’allerta gialla per rischio idrogeologico localizzato sul Veneto, bacino dell’Alto Piave, a causa della frana della Busa del Cristo, nel Comune di Perarolo di Cadore (Belluno), sulla quale è in corso un continuo e attento monitoraggio. (ANSA).

Papa all’Angelus: la trasfigurazione ci fa capire la Pasqua di Gesù

La trasfigurazione di Gesù davanti ai discepoli è “un’apparizione pasquale anticipata” che aiuta loro e noi a capire che la passione di Cristo è un mistero di sofferenza, ma è soprattutto un dono di amore infinito da parte di Gesù. Così Papa Francesco parla all’Angelus dell’episodio raccontato da Marco nel Vangelo di questa seconda domenica d’avvento.

Non un Messia potente, ma un umile servo di Dio

Racconta che Pietro e i discepoli erano stati messi in crisi dall’annuncio della passione e risurrezione da parte di Cristo stesso. Loro infatti respingevano “l’idea che Gesù venisse rifiutato dai capi del popolo e ucciso”. Infatti “attendevano un Messia potente e dominatore, invece Gesù si presenta come umile e mite servo di Dio e degli uomini, che dovrà donare la sua vita in sacrificio, passando attraverso la via della persecuzione, della sofferenza e della morte”.

Come poter seguire un Maestro e Messia la cui vicenda terrena si sarebbe conclusa in quel modo? La risposta arriva proprio dalla trasfigurazione: un’apparizione pasquale anticipata.

Così Gesù prende con sé Pietro, Giacomo e Giovanni, e su un alto monte mostra loro la sua gloria, Gloria di Figlio di Dio. Così permette ai discepoli di non esser travolti dall’evento della passione di Gesù. “Lo hanno visto come sarà dopo la passione: glorioso. E così Gesù li prepara alla prova”.

La trasfigurazione aiuta i discepoli, e anche noi, a capire che la passione di Cristo è un mistero di sofferenza, ma è soprattutto un dono di amore infinito da parte di Gesù. L’evento di Gesù che si trasfigura sul monte ci fa comprendere meglio anche la sua risurrezione.

La Croce non è solo mistero di sofferenza

Così è chiaro che la passione è un dono d’amore

Senza la trasfigurazione e la dichiarazione di Dio “Questi è il Figlio mio, l’amato” chiarisce il Papa, la risurrezione e il mistero pasquale di Gesù non sarebbero stati facilmente compresi. Così invece i discepoli sanno che Colui che soffre e poi è glorificato è il Figlio di Dio, non soltanto un uomo.

I discepoli, conclude Francesco “sono chiamati a seguire il Maestro con fiducia e speranza, nonostante la sua morte”, perché la divinità di Gesù deve manifestarsi proprio sulla croce, proprio nel suo morire “in quel modo”. Affidiamoci fiduciosi al materno aiuto di Maria, la creatura umana trasfigurata interiormente dalla grazia di Cristo, per proseguire con fede e generosità il cammino della Quaresima.

radio vaticana

Terremoti: serie di scosse in Friuli

(ANSA) – TRIESTE, 25 FEB – Una serie di scosse ravvicinate si stanno registrando questa mattina in Friuli, intorno all’area di Forni di Sotto (Udine). La prima, di magnitudo 3.9, è stata registrata dal Centro di Ricerche sismologiche alle 9:16. A questa ne sono seguite altre due di magnitudo 1.1 e 2.4 nei minuti successivi. Il sisma è stato avvertito distintamente in un’area molto estesa, fino in Veneto. Al momento non si registrano né danni, né feriti, ma le scosse hanno causato paura nella popolazione, anche in considerazione del terremoto del 1976, che devastò il Friuli. Decine sono state le telefonate giunte ai centralini delle Forze dell’ordine e dei centri di soccorso. La scossa è stata avvertita distintamente nel capoluogo del Friuli, Udine, dove non si segnalano però momenti di panico. Accertamenti Sono in corso nell’area più vicina all’epicentro da parte dei vigili del fuoco e dei carabinieri di Tolmezzo; anche in questo caso, non si registrano né danni né feriti. Indagini in tal senso continuano nelle frazioni più isolate.

Col nuovo decreto fine ai «trucchi in etichetta». Ora anche nel biologico

I prodotti biologici d’ora in avanti saranno ancora più controllati. È una di quelle notizie che deve far piacere a tutti. E che conta molto almeno sotto due punti di vista: quello del consumatore e quello economico (e quindi anche per i produttori).
Controlli, dunque, per dare più sicurezza e trasparenza e quindi informazioni migliori e cioè maggiore libertà di scelta. Tutto è contenuto in un decreto legislativo che il Governo ha appena approvato e che ha l’obiettivo di armonizzare e semplificare le regole del settore, che in effetti erano ferme al 1995. Più in dettaglio gli obiettivi – ha spiegato una nota del Ministro per le Politiche agricole –, sono garantire una maggiore tutela del consumatore, assicurare una maggiore tutela del commercio e della concorrenza, semplificare e unificare in un solo testo di legge la materia dei controlli, rendere il sistema dei controlli più efficace anche sotto il profilo della repressione. Detto questo, sono importanti alcuni passaggi. Come quello legato al conflitto di interessi fra controllori e controllati (che viene una volta per tutte reso impossibile), oppure la creazione di una «banca dati delle transazioni bio», utile per reprimere le frodi.
Più di tutto, comunque conta la trasparenza. Non per nulla – probabilmente -, il via libera al decreto è arrivato durante il Festival del giornalismo alimentare che a Torino ha impegnato per tre giorni personaggi della comunicazione e della tecnica agroalimentare (oltre che della trasformazione e del commercio), di fatto attorno ad un solo tema: come fare per rendere l’alimentazione e tutto ciò che vi ruota attorno più limpidi e affidabili. E non è un caso che proprio da Torino sia arrivata la richiesta di finirla una volta per tutte con i «trucchi in etichetta» per andare diritti ad «un’informazione chiara, rigorosa e scientifica sul cibo». Nelle produzione biologiche, anche questo traguardo è negli obiettivi del nuovo provvedimento del Governo.
Cosa non da poco come si è detto, visto che il settore delle produzioni agroalimentari biologiche vale – stando a Coldiretti –, qualcosa come quasi 1,8 milioni di ettari, circa 72mila operatori e un fatturato al consumo che supera i 2,5 miliardi di euro. Settore delicato e alla moda oltre che in crescita, quello del biologico. E quindi necessitante di grandi attenzioni che trovano d’altra parte d’accordo i produttori agricoli. Il mercato lo merita. Sempre secondo i coltivatori diretti, sei italiani su dieci nel 2017 hanno acquistato almeno qualche volta questi prodotti. Mentre proprio la crescita della domanda ha spinto le produzioni, soprattutto di ortaggi, cereali, vite e olivo con Sicilia, Puglia e Calabria ai primi posti.

da Avvenire

La Via Crucis delle guerre dimenticate

È una giornata speciale questo venerdì 23 febbraio della Quaresima 2018. Papa Francesco ci ha infatti chiamati a vivere questa giornata all’insegna del digiuno e della preghiera per invocare la pace in tutto il mondo, ma con uno sguardo particolare alla Repubblica democratica del Congo e al Sud Sudan, due Paesi sfiniti da altrettanti conflitti dimenticati.

È con questa intenzione che vivremo questa settimana la nostra Via Crucis, partendo dalle realtà indicate da Francesco, ma abbracciando idealmente tutti e 40 i conflitti armati che oggi attraversano il mondo senza che nemmeno lo sappiamo. Ricorderemo brevemente sette di queste guerre che affliggono l’Africa, l’Asia e l’America Latina nel nostro cammino lungo il Calvario. E a ogni stazione pregheremo facendo nostra una preghiera per la pace composta dai cristiani di quel continente.

 

 

I STAZIONE: GESU’ È CONDANNATO A MORTE

PREGHIAMO CON IL SUD SUDAN

Ti adoriamo o Cristo e ti benediciamo

Perché con la Tua santa Croce hai redento il mondo

 

Di nuovo il sommo sacerdote lo interrogò dicendogli: “Sei tu il Cristo, il Figlio di Dio benedetto?”. Gesù rispose: “Io lo sono! E vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra della Potenza e venire con le nubi del cielo”. Allora il sommo sacerdote, stracciandosi le vesti, disse: “Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? Avete udito la bestemmia: che ve ne pare?”. Tutti sentenziarono che era reo di morte. (Marco 14, 61-64)

 

Nel 2011, dopo oltre 20 anni di guerriglia e un referendum, le popolazioni dei territori del Sudan meridionale ottennero l’indipendenza e nacque il più giovane Stato al mondo: la Repubblica del Sud Sudan. Fu subito chiaro che il processo di pace non sarebbe stato facile, vista la disomogeneità di questa terra dove convivono più di 60 etnie diverse e ci sono da sempre grandi interessi che ruotano intorno a un sottosuolo ricco di risorse, come il petrolio. Dal 2013 le tensioni interne sono sfociate in una guerra civile tra le truppe del presidente Salva Kiir e quelle dell’ex vicepresidente Riek Machar, strumentalizzando le divisioni tra i Dinka e i Nuer e alimentando rivendicazioni storiche. Nell’agosto 2015 fu siglato un accordo di pace che non è mai rispettato. E dall’anno scorso ad aggiungere sofferenze alla popolazione civile è arrivata anche la carestia, con milioni di persone che hanno bisogno di assistenza umanitaria.

Per saperne di più leggi questa scheda di Caritas Italiana 

 

Preghiamo:

Senza di te, Signore, vana sarebbe la nostra preghiera,
e illusoria la nostra speranza di pace.
Ma Tu sei vivo e operi per noi e con noi, Tu, nostra pace!
Il Signore Risorto abbatta i muri dell’inimicizia che oggi dividono i fratelli,
specialmente nel Sud Sudan e nella Repubblica Democratica del Congo.
Soccorra le donne vittime di violenza nelle zone di guerra e in ogni parte del mondo.
Salvi i bambini che soffrono a causa di conflitti a cui sono estranei,
ma che rubano loro l’infanzia e a volte anche la vita.
Quanta ipocrisia nel tacere o negare le stragi di donne e bambini!
Qui la guerra mostra il suo volto più orribile.
Il Signore aiuti tutti i piccoli e i poveri del mondo
a continuare a credere e sperare
che il Regno di Dio è vicino,
è in mezzo a noi,
ed è «giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo» (Rm 14,17).
Sostenga tutti coloro che, giorno per giorno,
si sforzano di combattere il male col bene,
con gesti e parole di fraternità,
di rispetto, di incontro, di solidarietà.
Il Signore rafforzi nei governanti
e in tutti i responsabili
uno spirito nobile, retto, fermo e coraggioso
nella ricerca della pace, tramite il dialogo e il negoziato.
Il Signore conceda a tutti noi di essere
artigiani di pace lì dove siamo,
in famiglia, a scuola, al lavoro,
nelle comunità, in ogni ambiente;
“lavandoci i piedi” gli uni gli altri,
ad immagine del nostro Maestro e Signore.
A Lui la gloria e la lode,
oggi e nei secoli. Amen.

Papa Francesco, Preghiera in San Pietro, 23 novembre 2017

 

 

II STAZIONE: GESU’ È CARICATO DELLA CROCE

PREGHIAMO CON LA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO

 

Ti adoriamo o Cristo e ti benediciamo

Perché con la Tua santa Croce hai redento il mondo

 

«Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la coorte. Spogliatolo, gli misero addosso un manto scarlatto e, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo, con una canna nella destra; poi mentre gli si inginocchiavano davanti, lo schernivano: “Salve, re dei Giudei!”. E sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo. Dopo averlo così schernito, lo spogliarono del mantello, gli fecero indossare i suoi vestiti e lo portarono via per crocifiggerlo». (Matteo 27,27-31)

 

Nella Repubblica Democratica del Congo, i continui rinvii della tenuta delle elezioni presidenziali sono una delle maggiori cause delle attuali violenze. Le autorità hanno recentemente posto il 23 dicembre 2018 come data delle votazioni. Ma è da fine 2016 che il leader congolese, Joseph Kabila, 46 anni, dimostra di voler ritardare il più possibile l’inizio del processo elettorale e mantenersi al potere quando la Costituzione del Paese gli impedisce di candidarsi per un terzo mandato. Le attuali ostilità hanno provocato circa 4 milioni di sfollati in tutto il Paese. Nel nord-est del territorio, soprattutto nella regione del Kivu, la popolazione è infatti vittima di numerosi gruppi armati, spesso finanziati da uomini d’affari e politici con l’obiettivo di sfruttare le preziose risorse del sotto suolo. Nella provincia centrale del Kasai, invece, sono più di 3.300 i civili rimasti uccisi nell’ultimo anno di combattimenti in oltre 40 fosse comuni scoperti. Dalle miniere alla telecomunicazione, dall’energia alle banche, la leadership politica, con a capo diversi membri della famiglia Kabila, sta facendo di tutto per mantenere il controllo di tutti i settori dell’economia congolese.

Per saperne di più guarda il sito della Rete pace per il Congo

Preghiamo:

Signore Gesù, che hai detto ai tuoi apostoli
“Vi lascio la pace, vi do la mia pace”
Donaci il coraggio di affrontare gli artefici della violenza
per cambiare il loro comportamento.
Aiutaci a dedicare tutta la nostra vita
i nostri pensieri e le nostre energie
all’impegno di costruire la pace.
Preghiamo per una nuova Africa,
nella quale la paura e i pensieri e le azioni violente non possano più esistere
e dove l’egoismo non guidi i popoli a commettere ingiustizie nei confronti degli altri.
Per i popoli di ogni lingua ed etnia dell’Africa
venga il tuo Regno:
il tuo Regno di giustizia, di pace e di amore.
Possa prevalere la pace in Africa
Possa prevalere la pace sulla Terra.
Amen

Consiglio ecumenico delle Chiese

 

 

III STAZIONE: GESU’ CADE SULLA VIA DEL CALVARIO

PREGHIAMO CON I ROHINGYA E LE ALTRE MINORANZE PERSEGUITATE DELL’ASIA

 

Ti adoriamo o Cristo e ti benediciamo

Perché con la Tua santa Croce hai redento il mondo

 

Disprezzato e reietto dagli uomini,
uomo dei dolori che ben conosce il patire,
come uno davanti al quale ci si copre la faccia;
era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima. (Isaia 53, 3)

 

Dallo scorso mese di agosto in Myanmar è riesplosa la guerra tra l’esercito birmano e la minoranza musulmana dei Rohingya. Un’offensiva degli indipendentisti islamici è diventata in fretta l’occasione per una repressione durissima che ha colpito la popolazione civile facendo nuove centinaia di migliaia di profughi. Proprio ieri da uno dei campi di fortuna allestiti oltre il confine con il Bangladesh – icona delle sofferenze anche di tante altre minoranze perseguitate in Asia – è giunta una notizia sconvolgente: quella della morte di due bambini schiacciati nella loro tenda da un elefante che dalla vicina foresta era entrato nel campo e non trovava più la strada per uscire. Buttati a terra dal peso di una guerra dimenticata e lì uccisi da un pachiderma, come morti collaterali.

 

Preghiamo:

O Signore ti preghiamo
per i cristiani
e per tutte le altre minoranze
che in molte parti dell’Asia
e in tutto il mondo sperimentano
la violenza e l’emarginazione
a causa della crescita
del fondamentalismo religioso.

Fa che tutti
nel contesto pluriculturale dell’Asia
possano vivere
con un senso di profondo
rispetto per le diversità di ciascuno.

Assisti le iniziative delle Chiese
che in diverse parti dell’Asia
promuovono la pace e la riconciliazione.
Fa che i governi ascoltino
il grido della gente
che vuole la pace e non la guerra.
Amen

Consiglio ecumenico delle Chiese

 

 

IV STAZIONE: GESU’ INCONTRA LE DONNE SULLA VIA DELLA CROCE

PREGHIAMO CON LA NIGERIA

 

Ti adoriamo o Cristo e ti benediciamo

Perché con la Tua santa Croce hai redento il mondo

Lo seguiva una grande moltitudine di popolo e di donne, che si battevamo il petto e facevano lamenti su di lui. Ma Gesù, voltandosi verso di loro, disse: “Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli. Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: ‘Beate le sterili, i grembi che non hanno generato e i seni che non hanno allattato’. Allora cominceranno a dire ai monti: ‘Cadete su di noi’, e alle colline: ‘Copriteci’. Perché se si tratta così il legno verde, che avverrà del legno secco? (Luca 23, 27-31)

 

Ce la dimentichiamo sempre in fretta la Nigeria alle prese con l’incubo di Boko Haram, il movimento islamista che nella sua follia ha nel mirino in maniera particolare proprio le scuole e le chiese. Ma a ricordarcelo – di tanto in tanto – arrivano le azioni più eclatanti di questo gruppo. Che spesso hanno come vittime le donne, che non mancano mai sui Calvari di oggi. La Nigeria è il Paese delle bambine trasformate forzatamente in kamikaze per spargere il terrore nei mercati delle città dello Stato di Borno. Ma in queste ore è stata anche il teatro di un nuovo attacco a una scuola femminile con la presa di ostaggi che sta facendo rivivere l’incubo del rapimento delle ragazze di Chibok.

Preghiamo:

Signore Gesù Cristo, entrando nel mondo
hai proclamato la pace
e hai voluto essere chiamato Principe della Pace.
Tu conosci l’odio e la discordia tra fratelli
che affligge la nostra Nigeria,
specialemte i cristiani e i musulmani.
Tu sai quanto privi d’amore e scontenti
siamo gli uni verso gli altri,
quanto le lotte, le inimicizie,
la discordia e l’odio regnino in mezzo a noi
in questa nostra vita così triste.
Da chi andremo se non da Te, o Gesù amante della pace?
Tu hai riunito quelli che erano divisi,
riconciliato i nemici e donato pace alle anime affrante.
Donaci, ti supplichiamo, il regalo prezioso della tua pace.
Vieni in nostro aiuto,
fa che tutte le passioni malvage
siano placate
e che la pace e l’armonia
possano tornare nella nostra Nigeria.
Eterno Padre, questo ti chiediamo,
ma sia fatta la Tua volontà nel nostro Paese
per Cristo Nostro Signore.
Amen 

Felicia Okocha, Nigeria 

V STAZIONE: GESU’ È INCHIODATO ALLA CROCE

PREGHIAMO CON LA REPUBBLICA CENTRAFRICANA

Ti adoriamo o Cristo e ti benediciamo

Perché con la Tua santa Croce hai redento il mondo

Ho presentato il mio dorso ai flagellatori,
le mie guance a coloro che mi strappavano la barba;
non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi.
Il Signore Dio mi assiste,
per questo non resto svergognato,
per questo rendo la mia faccia dura come pietra,
sapendo di non restare confuso. 
(Isaia 50, 6-7)

 

Poco più di due anni fa il Giubileo della misericordia papa Francesco aveva voluto aprirlo a Bangui, nella Repubblica Centrafricana insanguinata dalla guerra. Allora lo salutammo tutti come un segno importante di pace, un seme di riconciliazione per un Paese ferito. Ma le violenze non sono ugualmente finite: le intese tra le milizie sono rimaste solo sulla carta e nelle scorse settimane nel nord-est del Paese si è ricominciato a combattere, con migliaia di persone che si sono riversate in fuga verso il Ciad. Come sempre dietro al paravento delle divisioni etniche e religiose anche nella Repubblica Centrafricana si scorgono chiari gi interessi economici in una terra dal sottosuolo ricchissimo ma che resta uno dei Paesi più poveri del mondo.

Preghiamo:

O Dio misericordioso,
a Te veniamo in preghiera:
rendici strumenti della tua pace.
Dove c’è ignoranza e superstizione
porta luce e conoscenza.
Dove c’è pregiudizio e odio
fa che ci sia accettazione dell’altro e amore.
Dove c’è paura e sospetto
fa che ci sia speranza e fiducia.
Dove c’è tirannia porta libertà.
Dove c’è povertà ricchezza.
Dove c’è discordia armonia.
Tre cose sole ci sostengano:
la giustizia, la verità e la pace.
Amen

Preghiera sudafricana per la pace universale

 

VI STAZIONE: GESU’ MUORE IN CROCE

PREGHIAMO CON LA SIRIA

Ti adoriamo o Cristo e ti benediciamo

Perché con la Tua santa Croce hai redento il mondo

Era già verso mezzogiorno e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio, perché il sole si era eclissato. Il velo del tempio si squarciò a metà. Gesù, gridando a gran voce, disse: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”. Detto questo, spirò. Visto ciò che era accaduto, il centurione dava gloria a Dio dicendo: “Veramente quest’uomo era giusto”. Così pure tutta la folla che era venuta a vedere questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornava battendosi il petto. Tutti i suoi conoscenti, e le donne che lo avevano seguito fin dalla Galilea, stavano da lontano a guardare tutto questo. (Luca: 23, 44-49)

Come diventa “dimenticata” una guerra? Non necessariamente perché i giornali e i notiziari non ne parlano più. Può diventare dimenticata anche perché semplicemente siamo noi a essere stufi, a non volerne più sentir parlare. Esattamente come sta accadendo per la guerra in Siria. A quasi sette anni ormai dal suo inizio sono tornate a essere giornate particolarmente cruente a Damasco: nel quartiere della Ghouta Orientale martellato dall’aviazione di Assad, ma anche nelle scuole cristiane colpite dai razzi sparati proprio dalla Ghouta si continua a morire. Senza dimenticare i combattimenti al nord, nella zona di Afrin, dove la Turchia di Erdogan sta cercando di regolare i suoi conti in sospeso con i curdi. Tutti contro tutti sulle spoglie della Siria, in un Calvario apparentemente senza fine.

Preghiamo:

Colui che disse ad Adamo “Dove sei?”,
è sceso agli inferi dietro a lui,
l’ha trovato,
l’ha chiamato e gli ha detto:
“Vieni, tu che sei a mia immagine
e somiglianza!
Io sono disceso
dove tu sei per riportarti
alla tua terra promessa!”

Sant’Efrem il siro, padre della Chiesa

 

VII STAZIONE: GESU’ È DEPOSTO NEL SEPOLCRO

PREGHIAMO CON LA COLOMBIA

 

Ti adoriamo o Cristo e ti benediciamo

Perché con la Tua santa Croce hai redento il mondo

 

«Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora posto. Là dunque, poiché era il giorno della Parasceve dei Giudei e dato che il sepolcro era vicino, posero Gesù» (Giovanni 19,41-42)

Quanto è difficile deporre un conflitto nel sepolcro, archiviarlo davvero come una pagina dolorosa della propria storia. Lo stiamo vedendo proprio in queste settimane in Colombia, nel mezzo del cammino per uscire dalla guerra civile. Mentre il Paese si prepara al passaggio delicatissimo delle elezioni presidenziali di maggio, banco di prova anche per gli accordi con il movimento guerrigliero delle Farc, rischia di saltare già l’altra intesa, quella con l’Eln, l’altro principale fronte di miliziani: proprio in questi giorni i contatti sono stati interrotti e vi sono stati nuovi scontri. Sullo sfondo resta la sfida delle alternative per chi smobilita dalla guerra, unico percorso credibile per una resurrezione.

Preghiamo:

Dio della speranza
che consoli il nostro dolore,
abbiamo visto e udito la testimonianza
di milioni di persone sfollate e profughe;
donne, bambini, uomini
indigeni e popolazioni afro che portano
nel proprio corpo segni di morte e terrore.
Dio della giustizia
che cammini con noi,
la nostra fede e la nostra sequela di Gesù
ci ha portato alla solidarietà e all’esilio.
I nostri corpi portano le cicatrici della paura,
della violenza, della povertà, del rigetto,
queste sono le nostre croci.
Dio della vita che operi tra noi la tua pace
distruggi le armi della guerra
e gli accordi commerciali
che deturpano e distruggono la tua creazione.
Siamo il tuo popolo
che anela al ritorno nella nostra terra
e, come Gesù, alla resurrezione.
Amen

Milton Mejia, pastore presbiteriano colombiano, scrisse questa preghiera in esilio

Per i meriti della Sua Passione e Croce
il Signore ci benedica e ci custodisca.
Amen

La Pastorale giovanile è anzitutto «con» i giovani

Don Federico Battaglia è un giovane sacerdote della diocesi di Napoli. Nato a Torre del Greco, opera a Trecase del Vesuvio, un ambiente che fonde agio e disagio e si presenta per lo più cementificato, ma ha una grande area verde da valorizzare.

Ho avuto il piacere di conoscere don Federico l’anno scorso, a Molfetta, durante un incontro diocesano per giovani e a distanza di tempo ho voluto ricontattarlo, per conoscerlo meglio, per approfondire il suo modo di far pastorale che già mi aveva incuriosito.

Don Federico ha una formazione tecnico-scientifica, è musicista e si è laureato in Ingegneria delle comunicazioni, si è pagato gli studi suonando (ovunque: nei club, in chiesa, alla Reggia di Caserta) e poi si è accostato alla fede. Man mano che faceva discernimento, dovette interrompere una lunga relazione sentimentale, per poter abbandonarsi ad un amore ancora più grande e incondizionato. Una delle capacità che lo caratterizzano dal percorso in seminario è riuscire ad aggregare persone, giovani in particolare, attraverso la musica.

Oggi collabora anche con la Pastorale giovanile. Il suo obiettivo è «intessere relazioni con la musica». Insieme ad un professore di italiano, è riuscito a metter su una band di italo-migranti. Giovani autoctoni e stranieri che stanno insieme grazie allo sport e alla musica, perché «sono linguaggi che non hanno bisogno di traduzioni». Don Federico, insieme ad altri volontari, sta incontrando le scuole di ogni ordine. Al di là dell’accoglienza, prova a favorire l’integrazione, nonostante difficoltà burocratiche, e attivare relazioni virtuose. «Occorre ascoltare il territorio, promuovere gli oratori, fare in modo che i giovani evangelizzino altri giovani, sensibilizzare per una coscienza ecologica e magari avviare una cooperativa tra giovani del posto e migranti, ciascuno con le proprie competenze».

Don Federico ha una vera e propria passione per i giovani, li supporta e li coinvolge come meglio può. Anzitutto rivolge loro inviti a stare, a passare del tempo insieme, a dare una mano per distribuire un panino ai senzatetto. Con un pullmino regalato da papa Benedetto XVI durante la Giornata diocesana dei Giovani nel 2007, la Pastorale Giovanile si prende cura almeno una volta a settimana di chi non ha famiglia, vive per strada, è solo. Magari non tutti i giovani vanno a messa, ma non si sottraggono a essere utili, anche senza costanza, però fa la differenza il contatto, la vicinanza.

«La mia realtà periferica può diventare un pezzo di Paradiso» mi ha detto questo giovane sacerdote. Il territorio in cui agisce è un meltin’pot: «arrivano migranti e poi ci sono i giovani autoctoni che se ne vogliono andare. Chi ha voglia di fare, parte. L’unica istituzione che viene percepita è la Chiesa che sta accanto. Anche il mondo della scuola è disponibile».

C’è molto da lavorare, da costruire, da tentare. «Noi non abbiamo delle soluzioni, ma proviamo ad avviare percorsi» perché «la mia voce funziona solo se sta in un coro. Senza contesto attorno, poi divento un solista».

Ecco allora che la Pastorale giovanile diventa efficace se alle parole si accompagnano azioni, gesti, interventi, tentativi; se i giovani sono protagonisti e destinatari di progetti di solidarietà, di apertura, di scambio interculturale e umano. Una Pastorale per giovani può funzionare se sa arrivare al bisogno di relazione di ogni giovane, indistintamente; se non lo giudica perché non è capace di credere completamente all’amore di Dio, ma lascia aperte porte e spazi; se sa trasmettere la bellezza della vita, nonostante la povertà di prospettive attorno.

Sarebbe bello quindi parlare meno di Dio e provare a farlo conoscere (o riconoscere) di più attraverso le esperienze di ogni giorno.

in vinonuovo.it

Il Vangelo della domenica. Questi è il Figlio mio, l’amato (Mc 9,2-10)

(a cura Redazione “Il sismografo”)
“In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli.
Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro. Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.” Parola del Signore
Commento di mons. Pierbattista Pizzaballa
L’episodio della Trasfigurazione fa parte del cammino di formazione alla comprensione della vera missione messianica che Gesù sta portando avanti con i suoi discepoli. Gesù, diremmo oggi, fa ai discepoli una catechesi sulla sua messianicità e sulla Pasqua. Proprio sei giorni prima (Mc 9,2), infatti, Gesù aveva parlato loro, per la prima volta, della morte in croce che avrebbe subito a Gerusalemme (Mc 8,31). In seguito, aveva anche chiarito quali dovessero essere le condizioni che rendono adatto un discepolo alla sequela di Gesù: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua” (Mc 8,34).
Ma non parla loro solo della croce: la formazione, così, sarebbe incompleta. Sul Tabor, trasfigurato e risplendente di gloria, Gesù parla ai discepoli anche della risurrezione, e annuncia loro, non a parole ma con un evento di luce, che la croce ha come suo esito ultimo non il fallimento definitivo, ma il passaggio alla gloria, alla vita del Padre. Nell’imminenza della passione, Gesù prepara i discepoli, e lo fa mostrando loro un anticipo di gloria, perché dalla croce non rimangano scandalizzati.
Ma è solo questo? Questa catechesi di Gesù sulla Pasqua ha davvero come esito una maggiore comprensione da parte dei discepoli? Evita loro lo scandalo, il tradimento, il rinnegamento, la fuga, la vergogna? Il ricordo dell’esperienza del Tabor li custodirà dalla paura? Effettivamente no.
La trasfigurazione, come l’annuncio della passione, non serve ad evitare ai discepoli lo scandalo della croce, non è un’esperienza così forte da renderli capaci di stare con Gesù fino alla fine. Nonostante i tre annunci della passione, nonostante la trasfigurazione, tutti i discepoli misurano, sotto la croce, la loro incapacità a seguire il loro Maestro, il loro non essere discepoli che sanno rinnegare se stessi. Tradiscono (Mc 14,43), fuggono (Mc 14,50) e perfino rinnegano (Mc 14,72), come sappiamo.
Ciò ci apre a due ulteriori comprensioni.
La prima è che in realtà, come non avevano compreso l’annuncio della passione, così ora i discepoli non capiscono quasi nulla dell’esperienza della trasfigurazione (Mc 9, 6.10). E questo non perché siano particolarmente ottusi, ma perché al cuore della fede in cui i discepoli stanno camminando c’è qualcosa che non si può comprendere con le sole capacità umane, che va oltre le categorie umane che i discepoli posseggono per leggere la vita. Non possiamo comprendere la croce, la Pasqua, attraverso un insegnamento come se fosse qualcosa da sapere, quasi fosse una informazione da ascoltare qualche volta per recepirla. Per comprendere fino in fondo la Pasqua, i discepoli dovranno invece sperimentare il proprio fallimento, la propria incomprensione, nonostante durante il suo ministero fossero stati in qualche modo preparati dai discorsi di Gesù. Solo dopo avere preso coscienza del loro fallimento e del loro tradimento, potranno rileggere il cammino fatto con Gesù e ricordare tutto con una memoria nuova, che cambia la vita, che dona la chiave degli avvenimenti.
Ma solo lo Spirito Santo potrà compiere nei discepoli questo passaggio (Gv 14,26), fino a incidere nel loro cuore il vero Volto del Signore, quello crocifisso e risorto.
La seconda comprensione è che la trasfigurazione – che non è servita a sostenere la fedeltà dei discepoli – è un momento assolutamente gratuito della vita di Gesù e della sua relazione con i suoi: Gesù mostra loro semplicemente la Vita, mostra che la vita vera è un’umanità rivestita di gloria, abitata da Dio. Questa Vita è generata e donata dal Padre.
E’ il Padre che interviene dentro questo momento, sul Tabor, per mettere il suo sigillo, per dire che questa vita piena e bella viene solo da Lui. Non c’è trasfigurazione senza il Padre, perché la vita nuova che risplende in Gesù è la vita dei figli: “Questi è il Figlio mio, l’amato” (Mc 9,7).
La notte di Pasqua, la Chiesa battezzerà diversi bambini e adulti, genererà a vita nuova dei nuovi figli: darà loro questa vita, quella che oggi vediamo risplendere in Gesù: quella che la Chiesa stessa ha ricevuto dal costato trafitto del Signore, quella dei figli che sanno perdere se stessi nell’amore. E questi nuovi figli saranno rivestiti di una veste bianca, proprio come Gesù sul Tabor.
Pietro, di quanto sta accadendo sotto i suoi occhi, capisce bene solo questo: che è bello (Mc 9,5) e sorge perciò il desiderio di stare lì, di fermarsi lì.
La via per rimanere lì, però, non è fare tre tende. La via è indicata dal Padre: “Ascoltatelo” (Mc 9,7).
“A lui darete ascolto” è la profezia che prometteva a Israele un nuovo Mosè (Dt 18,5). Ascoltare Lui solo (Mc 9,8), il Signore, è la via della nuova liberazione, della nuova e definitiva Pasqua.

+Pierbattista

VITA PASTORALE Anniversario Papa Francesco: don Ciotti, “un progetto di rinnovamento spirituale, dottrinale e, in senso lato, politico”

Quello di Papa Francesco è “un progetto di rinnovamento che, su un piano di forte concretezza, è al tempo stesso spirituale, dottrinale e, in senso lato, politico”. Lo scrive il fondatore del Gruppo Abele e di Libera, don Luigi Ciotti, nello speciale di Vita Pastorale dedicato ai cinque anni di pontificato di Papa Francesco. “C’è chi ha parlato di ‘rivoluzione’ – spiega -. Ma la parola si presta a facili equivoci e banalizzazioni di vario genere, meglio dunque parlare di ‘riconversione’: il senso profondo delle parole, dei segni e dei gesti di Francesco è quello di un ritorno al Vangelo, inteso e soprattutto vissuto in tutta la sua radicalità”. A suo avviso, il “perno” di questo “ritorno alla parola di Dio, nella sua nuda e impegnativa essenza, credo sia l’attenzione e la cura dei poveri”. Una tesi avvalorata con una citazione dell’Evangelii Gaudium, dove “il Papa sottolinea che i poveri sono i nostri maestri” e che “l’attenzione della Chiesa nei loro riguardi è una categoria teologica, cioè la radice, l’essenza, la sostanza stessa della fede cristiana”. Due le conseguenze di ciò evidenziate dal Papa e rimarcate da don Ciotti: per parlare credibilmente dei poveri, la Chiesa deve essere essa stessa povera; l’attenzione ai poveri deve procedere di pari passo con la denuncia delle cause politiche ed economiche della povertà, nonché con l’impegno per rimuoverle. “Questo è il punto nevralgico, l’aspetto davvero scomodo, di questo papato, la ragione per cui incontra non poche resistenze fuori ma anche dentro la Chiesa – afferma -. Un papato amato dai poveri, e dai tanti che vi percepiscono un cristianesimo forte nella sua capacità di accogliere. Ma, al tempo stesso, un papato inviso o tollerato dai potenti e da tutti coloro che hanno i mezzi per cambiare le cose ma non lo fanno, lo fanno poco o solo per quel tanto che gli torna comodo”.

agensir