La diocesi mette in vendita tre edifici in centro storico e altre novità, accoglienza a ragazze madri

REGGIO EMILIA. La diocesi reggiana cerca di snellire la propria organizzazione e, su mandato del vescovo Massimo Camisasca, mette in vendita tre importanti edifici collocati in pieno centro storico. La decisione è dettata dal desiderio di evitare alla Chiesa problemi di gestione e amministrazione liberandola dalla conduzione di beni che non sono funzionali per la pratica religiosa. In effetti si tratta di immobili non strategici per la diocesi che possono invece attrarre chi voglia utilizzarli con finalità diverse.

Complessivamente sono 2.700 metri quadrati suddivisi in tre immobili, tutti disponibili da terra a tetto. Un palazzo si trova in via Squadroni e misura 700 metri quadrati; l’altro è in via Prevostura 4 con affaccio anche su via Guidelli 11(1.000 mq); il terzo (identica misura) è infine in via Toschi all’angolo con vicolo Arcipretura. Chi è interessato può dunque farsi subito avanti con concrete proposte economiche di acquisto; da parte della Curia c’è l’intenzione di formalizzare la cessione e il passaggio della proprietà entro la fine del 2018.

È una delle novità di maggior rilievo emerse durante l’incontro per lo scambio degli auguri di Natale che si è svolto ieri mattina nella sala conferenze del Museo diocesano. Camisasca ha utilizzato la seduta per informare i responsabili degli uffici diocesani più significativi dei risultati raggiunti sul fronte della gestione economico-finanziaria. Ha accennato alla necessità di razionalizzare le spese correnti e di arrivare ad un progressivo contenimento dei costi: indicazioni che risentono indubbiamente delle direttive suggerite da Papa Francesco. Per finire appunto con le decisioni orientate al bilancio del prossimo anno. Fortunatamente nel 2016 era già stata avviata una razionalizzazione delle spese per cui la perdita della gestione ordinaria era stata ridotta a circa 300 mila euro (nel 2015 il passivo ammontava a 600 mila). Il 2017 sembra confermare questo indirizzo con la prospettiva – e la speranza del Vescovo – di arrivare all’ambizioso traguardo dei conti in pareggio nel 2020.

Ma non è l’unica novità.

L’anno prossimo verrà infatti attivato anche lo spostamento di tutto il personale degli uffici diocesani in ambienti vicini alla Curia in via Vittorio Veneto: in questo caso si sommano ragioni economiche e pastorali. Il provvedimento interessa una cinquantina di persone che oggi sono sparse in varie sedi sul territorio cittadino. Dal prossimo settembre saranno tutti più vicini completando la razionalizzazione avviata nel 2015 quando vennero spostati il Centro comunicazioni sociali e il settimanale diocesano “La Libertà”. Ciò fra l’altro contribuirà a valorizzare il palazzo di Curia nel quale verrà presto avviato il restauro delle facciate a cominciare dall’ingresso.

Ma ci sono altri importanti provvedimenti. Come la recente approvazione del progetto di restauro dell’ex negozio del “Coltellino” in via Vescovado e la ristrutturazione di appartamenti collocati in piazza Prampolini dove saranno ospitate giovani ragazze madri. A coordinare le due iniziative sarà compito la Caritas reggiano-guastallese.

Il vescovo Camisasca ha infine reso noto che in occasione del prossimo Festival della Fotografia Europea e grazie all’aiuto della Fondazione Manodori, dal 17 aprile verranno aperti al pubblico lo scalone del Vescovado, la manica lunga del piano nobile e il Salone degli armigeri che ospiteranno le fotografie di Elio Ciol. Sono spazi poco conosciuti dai reggiani che contribuiranno a rendere Reggio ancora più bella e degna di essere visitata. (l.v.)

Gazzetta di Reggio

Commento Natale 2017

commento audio e riflessione sul Natale

Natale del Signore. In quel neonato la voce potente di Dio

Una promessa che si realizza: Dio che si china sull’umanità e cammina assieme ad essa. La solennità di oggi custodisce una profezia potente, che trasforma la storia e la riempie di senso. Dio, che è il principio del tempo, entra nello scorrere dei secoli e indica la strada che porta al compimento di tutta la vicenda umana: l’incontro con lui. È il più grande mistero, una verità inesauribile, e tutto è contenuto nella più semplice delle immagini: un bimbo fra le braccia di sua madre. Un neonato inerme, venuto al mondo in mezzo agli ultimi, nel buio della notte è il segno più grande dell’amore di Dio. La “pedagogia divina” ci insegna così a guardare con occhi nuovi quello che appare debole, fragile, delicato: dietro a tutto ciò si cela la potente voce del Creatore. Un Dio che quando parla chiede una sola cosa: camminare assieme a lui.

Altri santi. Sant’ Anastasia di Sirmio, martire (II-III sec.); san Pietro il Venerabile, abate (1094-1156).

Letture. Is 9,1-6; Sal 95; Tt 2,11-14; Lc 2,1-14.

Ambrosiano. Is 8,23b-9, 6a; Sal 95 (96); Eb 1,1-8a; Lc 2,1-14.

da Avvenire

Commento Vangelo Domenica 24 Dicembre 2017 IV Avvento

IV Domenica di Avvento
Anno B 24 Dicembre 2017

In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine» (….). Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

Con il movimento tipico di una cinepresa, il racconto del Vangelo parte dall’infinito del cielo e restringe progressivamente il campo, come in una lunga carrellata, fino a mettere a fuoco un villaggio, una casa, una ragazza. In mezzo, sette nomi propri: Gabriele, Dio, Galilea, Nazaret, Giuseppe, Davide, Maria. Il numero 7 indica la totalità della vita, il brulichio instancabile della vita, ed è lì che Dio viene. In un sesto mese segnato sul calendario della vita, il sesto mese di una vita nuova dentro Elisabetta.
Il cristianesimo non inizia nel tempio ma in una casa. Alla grande città Dio preferisce un polveroso villaggio mai nominato prima nella Bibbia, alle liturgie solenni dei sacerdoti preferisce il quotidiano di una ragazzina adolescente. Dio entra nel mondo dal basso e sceglie la via della periferia. Un giorno qualunque, in un luogo qualunque, una giovane donna qualunque: il primo annuncio di grazia del Vangelo è consegnato nella normalità di una casa. Qualcosa di colossale accade nel quotidiano, senza testimoni, lontano dalle luci e dalle liturgie solenni del tempio.
Nel dialogo, l’angelo parla per tre volte, con tre parole assolute: “rallegrati”, “non temere”, “verrà la Vita”. Parole che raggiungono le profondità di ogni esistenza umana. Maria risponde consegnandoci l’arte dell’ascolto, dello stupore colmo di domande, e dell’accoglienza.
Gioia è la prima parola. E non un saluto rispettoso, ma quasi un ordine, un imperativo: «rallegrati, esulta, sii felice». Parola in cui vibra un profumo, un sapore buono e raro che tutti, tutti i giorni, cerchiamo: la gioia. L’angelo non dice: prega, inginocchiati, fa’ questo o quello. Ma semplicemente: apriti alla gioia, come una porta si apre al sole. Dio si avvicina e porta una carezza, Dio viene e stringe in un abbraccio, viene e porta una promessa di felicità.
Sei piena di grazia. Sei riempita di Dio, Dio si è chinato su di te, si è innamorato di te, si è dato a te e ti ha riempita di luce. Ora hai un nome nuovo: Amata-per-sempre. Teneramente, liberamente, senza rimpianti amata.
Quel suo nome è anche il nostro: buoni e meno buoni, ognuno amato per sempre. Piccoli o grandi, ognuno riempito di cielo. Come Maria, che è “piena di grazia” non perché ha risposto “sì” a Dio, ma perché Dio per primo le ha detto “sì”. E dice “sì” a ciascuno di noi, prima di qualsiasi nostra risposta. Perché la grazia sia grazia e non merito o calcolo. Dio non si merita, si accoglie.
Dio cerca madri, e noi, come madri amorevoli, come frammenti di cosmo ospitali, aiuteremo il Signore ad incarnarsi e ad abitare questo mondo, prendendoci cura della sua parola, dei suoi sogni, del suo vangelo fra noi.
(Letture: 2 Samuele 7,1-5.8-12.14.16; Salmo 88; Romani 16,25-27; Luca 1,26-38).

di Ermes Ronchi – Avvenire

Natale / L’Incarnazione è la prova che l’uomo non ha prezzo. Non potrà essere comprato o venduto; ingannato o barattato. Vale più di tutto l’universo. Nel bimbo Gesù, Dio annulla le distanze tra cielo e terra

L’uomo non si è mai accontentato di ciò che mangia, da sempre ha dentro una voragine che lo attrae, lo ammalia, gli fa male e che lui, tenta di colmare. Che gli fa guardare al futuro con una sorta di paura, di angoscia, di apprensione. E poi quelle domande che ci martellano in testa e ci svegliano nel cuore della notte: ma, poi, davvero finisce tutto? E se ci fosse un Oltre? Che so, una sorte di secondo parto? E la mente che si arrovella a pensare all’origine della vita.

Tutti, credenti, agnostici, atei, non possono non avvertire le vertigini quando si mettono a indagare. Ma da dove è sbucato il sole? E quell’ immenso, sterminato oceano di stelle? E la mia, la tua vita? Da impazzire. La nostra mente non regge. Tutto è così strano, così folle, così vero. Tutto è così bello. Siamo avvolti nel mistero.

Questa vita, bella o brutta, ricca o povera, è nostra, ci appartiene. E noi la stiamo attraversando. Questo è il nostro tempo, un altro non ci sarà dato. Lo dobbiamo assaporare a piccoli sorsi, come si fa con il vino buono. La vita è nostra ma non ne siamo i padroni.

Dio, poi, che dire? Nessuno lo ha mai visto. C’era il rischio che gli uomini si sbagliassero su di lui. Che lo immaginassero collerico e dispotico. Prepotente e vendicativo. Non doveva accadere. Assolutamente. Sbagliandosi su Dio l’uomo avrebbe sbagliato su tutto il resto. Perciò venne in mezzo a noi, si fece uomo come noi.

L’Incarnazione è la prova che l’uomo non ha prezzo. Non potrà essere comprato o venduto; ingannato o barattato. Vale più di tutto l’universo messo insieme. Nel bimbo di nome Gesù, Dio annulla le distanze tra il cielo e la terra. Ci dice chi siamo, di che cosa abbiamo bisogno. Ci fa la diagnosi e ci dona la terapia.

Dal giorno in cui venne ad abitare in mezzo a noi tutti possono gustare, se vogliono, la felicità. Chiunque può raggiungere la vetta della sua stessa umanità e di là contemplare il Vero, il Bello, il Buono. Gesù di Nazareth ci mette in guardia da noi stessi; dai rischi e dai pericoli che ci insidiano. Non solo ci indica la via, ma Egli stesso si fa via. «Per questo t’ amo. Altri mi indicavano la meta. Tu mi hai rifatto la strada sotto i passi…” canta don Giuseppe Centore, prete e poeta campano. Ci fa toccar con mano la bellezza e la fragilità della nostra vita e ci invita a dissetarci alla pienezza della Sua.

Ci implora: « Venite alla sorgente. Non si paga niente. Venite. Comprate senza denaro vino e latte…». Tutto è dono. Tutto è grazia. Suo Padre è anche mio padre. Dal giorno in cui l’ Emmanuele fece il suo ingresso nella storia, il mondo non è più lo stesso. Dio ama abitare e riposare in mezzo a noi.

Da quando il vagito del bambino Gesù scaldò la gelida notte di Betlemme la speranza non è più una parola vuota. Dio si è fatto uomo per stare accanto all’uomo. Meglio, per fondersi con l’uomo. Incredibile. Stupendo. Gesù, vero Dio e vero uomo, ci dice che ogni uomo gli appartiene. E di te è geloso. Uomo per te Dio è nato, per te Dio è morto. A te Dio si dona. E riterrà fatto a sé tutto il bene che qualcuno avrà fatto a te. Che tu avrai fatto a tuo fratello. Asciuga, dunque, le sue lacrime, dagli da mangiare, sorreggilo quando vacilla. Ti assicuro: niente andrà perduto. Anzi, per l’eternità – ritornano le vertigini! – sarai ringraziato e ricompensato.

Punta al Verità. Bussa. Cerca. Indaga. Ne hai il diritto. Fallo, prima che questo breve giorno lentamente ti consegni all’ombra della sera. Fidati delle istanze più profonde del tuo cuore. In questo dolcissimo e misterioso giorno di Natale, arrenditi. Inginocchiati davanti alla Grotta e, se ne hai voglia, piangi. Non ne provar vergogna. Poi getta sul Bambino il peso che ti opprime e lasciati cullare. Non resterai deluso. Passerai di luce in luce. Di gloria in gloria. Buon Natale, sorelle e fratelli carissimi, buon Natale.