Vaticano L’anniversario. La strada aperta da Ratzinger (poco compresa)

(Angelo Scelzo – Il Mattino) Alla Chiesa si rimprovera spesso di rincorrere i tempi, e di farlo con affanno. Quel giorno fu la storia a restarle dietro.
Lei per prima, la storia, presa da stupore per quel passo che, a un tratto, sovrastava e sfidava i secoli; e quasi li chiamava a raccolta per un inatteso e imprevedibile nuovo inizio. «Ingravescente aetate…». Una lingua sottratta alla sua lenta e inesorabile agonia e quasi riportata in vita, a motivo del suo vocabolario più affinato al cospetto della storia, per comunicare il tempo inedito che la Chiesa apriva all’improvviso per sé e il mondo. Accadeva esattamente dieci anni fa, lunedì 11 febbraio. Alla seconda Loggia del palazzo apostolico il foglio di udienza della giornata del Papa prevedeva un Concistoro ordinario per la proclamazione di nuovi santi. Semplice routine, seppure nella solennità di ogni evento nel palazzo apostolico. Ma quando Papa Benedetto, conclusa la lettura dei decreti cominciò ad annunciare ai cardinali presenti che non solo per quell’evento erano stati convocati, l’attenzione si fece più viva. Eppure, per alcuni di essi, proprio il latino fu il diaframma che li tenne per qualche attimo lontani dalla storia che passava così vicino e in modo tanto impetuoso. Correva certo più veloce per il mondo, quella notizia, un flash “Papa lascia pontificato dal 28/2”, scritta in lettere maiuscole, che dall’Ansa invase e straripò da tutti i bacini della vecchia e nuova comunicazione. Papa Benedetto XVI rinunciava al pontificato. “Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino”. Pronunciato in latino l’annuncio lasciò solo un piccolo respiro all’incertezza, prima di farsi largo come la notizia che tutto a un tratto varcava secoli e secoli di storia. Fino a quel momento, di rinuncia del Papa si era parlato solo come esercitazione di scuola.
È mancato poco, però, che da Papa emerito Benedetto potesse vivere la ricorrenza di questo decennio, un tempo più lungo del suo stesso pontificato durato esattamente sette anni, dieci mesi e nove giorni. E un tempo, tuttavia, non ancora sufficiente per sciogliere tutti i nodi di una rinuncia spiegata mille volte e certo resa plausibile, ma non di più, dal declino delle forze fisiche. Si sono aggiunti, in occasione delle commemorazioni per la morte, nuovi e significativi particolari su questo versante, come il ferimento per una caduta durante il viaggio in Messico, e il vero e proprio tormento, fino allo sfinimento fisico, causato dall’insonnia. (E allo stesso tempo si è anche appreso che non erano in pochi ad essere al corrente dell’intenzione di lasciare il pontificato). Ma resterà sempre difficile diradare l’aura del mistero di fronte a un gesto così sconvolgente e inatteso, destinato a segnare tutto il corso e anche il ricordo storico del pontificato. Non è possibile dimenticare i tanti passaggi difficili e spesso drammatici di un pontificato passato dai veleni di “Vatileaks”, al caso del vescovo negazionista Williamson, riabilitato per errore (poi riparato), fino al grave fraintendimento della “lezione di Ratisbona”, un testo magistrale scambiato per un atto di accusa contro i mussulmani. Oggettivamente si è trattato di altrettanti freni a un pontificato che si è trovato poi a pagare il prezzo di una vasta incomprensione anche in ordine ai suoi aspetti – neppure pochi – più importanti e significativi. E perfino più innovativi, come davanti a una valutazione più serena e distaccata è stato possibile riscontrare.
È anche per questo che l’appuntamento del primo decennio, appena un soffio nella storia del pontificato come istituzione, impone ora di andare oltre l’inestinguibile ricerca dei motivi della rinuncia; come pure dell’insistito raffronto sui rapporti, in questo lungo tempo di “coabitazione” in Vaticano, tra Francesco e il papa emerito. Sull’aereo di ritorno dal Sud Sudan, papa Bergoglio ha rivendicato quasi con puntiglio la profondità del loro rapporto, usando parole forti (“persone di partito e non di chiesa, gente senza etica”) nei confronti di coloro che avevano seminato dubbi. Davanti, in una visione più larga, si spalanca il campo di ciò che quella rinuncia ha prodotto: un pontificato, quello di Francesco, di segno apparentemente tutto diverso eppure forse inconcepibile senza la spinta del coraggio e dell’audacia che da quell’atto si è trasmesso a tutta la Chiesa. Già prima di esprimersi sul terreno, con la sua pastorale aperta e innovativa, il pontificato di Bergoglio si è caratterizzato per una quasi ininterrotta sequela di “prime volte” seguita al momento stesso dell’insediamento: mai prima d’allora un papa sudamericano, e mai nessuno con il nome di Francesco. E prima volta anche per un gesuita sul soglio di Pietro. Poi la serie di innovazioni più propriamente vaticane, come la rinuncia a vivere nel Palazzo apostolico e l’eliminazione o il ridimensionamento di simboli comunque associati al magistero pontificio. La Chiesa si è trovata così a vivere, in questo passaggio così inedito e inatteso, una forma di progressiva e visibile trasformazione. Si è fatta strada, sotto gli occhi di tutti, la linea di una naturale continuità, molto più concreta e sostanziale del semplice raffronto tra due stili e personalità necessariamente diversi. Non è a dire che la spinta propulsiva, e a suo modo rivoluzionaria, dell’atto della rinuncia, possa esaurirsi nel pontificato di Francesco. È la storia stessa dell’istituzione e quella più generale della Chiesa a doversi confrontare, con quell’annuncio “Dio mi chiama a salire sul monte” – con il quale papa Benedetto scelse di restare in modo diverso nel “recinto di Pietro”. In questo primo tratto la “rinuncia” si pone non più come ipotesi di scuola, ma come opzione diventata concreta; e tuttavia estrema e lontana dall’orizzonte di Francesco, non a caso interpellato più volte, in maniera diretta, tanto più alla morte di Benedetto. Ma i nuovi scenari aperti da quell’atto vanno ben oltre gli aspetti normativi. Del “nuovo inizio” che egli stesso ha aperto dieci anni fa, papa Benedetto, nel ritiro del Monastero, è stato in un certo senso anche il custode mite e silenzioso. Ha accompagnato i primi passi del suo successore. Ma, guardando oltre, anche quelli di una Chiesa segnata a fondo dal suo coraggio e dalla sua testimonianza.
(Il Mattino, 11 febbraio 2023)