Tre direzioni per proseguire il cammino del sinodo

Sinodo, lettera al popolo di Dio: “la Chiesa ha bisogno di ascoltare tutti”  - DiocesidiCremona.it

La prima fase del sinodo sulla sinodalità si conclude domenica 29 con la celebrazione presieduta da Papa Francesco in Basilica di San Pietro. I lavori erano iniziati lo scorso 4 ottobre. Tra i padri sinodali anche il  vescovo di Novara Franco Giulio Brambilla. Di seguito il testo integrale del suo intervento durante l’assise, che immagina tre direzioni da seguire nel tempo che ci separa dalla seconda fase, in programma tra un anno.

Intervento del vescovo Franco Giulio al sinodo 2023

Per immaginare il percorso da fare tra la prima e la seconda sessione del Sinodo ho trovato ispirazione nella lettera che il card. Martini ha scritto nel 1995 come Prefazione del Libro sinodale della Chiesa di Milano. Egli parlava di una Chiesa che si fa illuminare dal volto di Gesù crocifisso. Ascoltiamolo:

«È il volto dell’umile, che accetta di essere consegnato alla morte per amor nostro. È il volto di Colui che ci ha amato e vive in noi: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20). In Lui, misericordia fatta carne, siamo chiamati a essere la Chiesa della misericordia; in Lui, povero per scelta, la Chiesa povera e amica dei più poveri; in Lui, appassionato per la comunione del regno, la Chiesa dell’unità intorno ai pastori da Lui voluti per noi, nell’attesa fiduciosa e orante del dono della piena comunione tra tutte le Chiese cristiane; in Lui, ebreo osservante, la Chiesa che ama i suoi fratelli maggiori e si nutre sulla santa radice, Israele; in Lui, Servo umile e consegnato per amore al dolore e alla morte, la Chiesa che accetta di farsi consegnare dal Padre alla via dolorosa per amore del suo popolo, fino alla fine».

Il volto umile di Cristo dovrà accompagnare il cammino delle Chiese in questo tempo intermedio perché possiamo pregare, approfondire e confrontarci almeno su tre direzioni:

1. La prima riprende il tema principale risuonato in questa sessione del Sinodo: la chiesa deve essere sinodale per essere missionaria, ma può vivere il primato dell’evangelizzazione solo con uno stile sinodale. Con la forza della Parola e con l’eloquenza dei gesti il Vangelo annuncia il Crocifisso risorto, che è la più grande mutazione, perché è la vita nuova del credente e della Chiesa. Su questo il Sinodo ha detto parole belle e decisive. Porto a casa una domanda che voglio condividere con voi: il Vangelo può essere annunciato senza tener conto del grande cambiamento del destinatario, che non è più il non credente, il mal credente o l’ateo, in ogni caso una persona in ricerca, ma l’uomo o la donna indifferente, inappetente, immerso nell’immediato e senza orizzonte futuro, che non si fa più neppure domande sul senso della vita? Come si fa ad annunciare il Vangelo a questo interlocutore, a cui basta l’armonia del sé e qualche buona esperienza di vita? Qui non sono necessari solo i ministri ordinati, ma anche tanti uomini e donne, con la loro dote di umanità per far sognare cos’è la vita nuova del Vangelo mediante l’ascolto, la testimonianza di fede, il contagio, lo scambio tra il dono di Dio e la vita degli uomini.


2. La seconda direzione potrà raccogliere il molto e il buono che è emerso nell’aula sinodale per quanto riguarda la forma ecclesiae. Il volto della Chiesa ha bisogno di prendere i tratti del Cristo umile, che supera la contrapposizione clero-laici, riscopre il valore della vita consacrata e presenta lo stile di una Chiesa capace di tradursi e gesti e opere sinodali. Si tratta di ricuperare l’immagine della Chiesa del primo millennio, con una pluralità di volti e figure, di carismi e missioni, di ministeri e servizi. Papa Francesco ci ha parlato in apertura del Sinodo di una Chiesa sinfonica. Anche qui porto con me una domanda cruciale: quali scelte coraggiose sono necessarie per restituire un’immagine di chiesa dove ciascuno suona il suo strumento a servizio della sinfonia di tutta l’orchestra. Il bisogno di spiritualità, segnalato da molte inchieste sulla società secolarizzata, non ha bisogno di comunità credibili, dove si è accolti, si prega, si celebra, crescono buoni legami e si fanno opere di carità e missione? Non da soli o per gruppi, ma in modo veramente corale?

3. La terza direzione, infine, dovrà soffermarsi sui modi di presenza al mondo della Chiesa e del cristiano. L’amore ai poveri e agli ultimi, l’impegno sociale e politico del credente deve aver chiaro fin dall’inizio una cosa e una cosa sola: ciò che è proprio del cristiano non è solo la risposta al bisogno, ma la liberazione dal bisogno, l’affrancamento da ogni dipendenza. La nostra carità e il nostro servizio sono come l’opera della levatrice, che ha raggiunto il suo scopo quando diventa inutile, perché ha fatto nascere una vita che procede con la propria forza e autonomia. Noi aiutiamo il povero perché diventi un fratello libero e responsabile e possa sedersi insieme al banchetto della vita.
Non sono almeno queste le traiettorie su cui immaginare il futuro della fede e della Chiesa?

+Franco Giulio Brambilla

diocesinovara.it