Storie di madri e di vite carcerate

Il carcere apre le sue porte al cinema per raccontare, fra tanto dolore, anche la speranza, che sia la luce portata dalla nascita di un figlio, l’amicizia con un volontario, il rispetto umano fra una guardia e un condannato. Tutto questo si vede in questi giorni al Lido fra le pieghe più scintillanti del glamour che circonda la 78ª Mostra del Cinema di Venezia. Ad aprire la carrellata è stato ieri 107 madri, fortissimo docufilm del regista ungherese Peter Kerekes girato in presa diretta in un carcere femminile di Odessa in Ucraina. Centosette sono le madri carcerate che Kerekes ha intervistato e immortalato in un film che sembra un album fotografico, nitido, vero e umanissimo. Un film verità in cui donne che hanno commesso anche delitti atroci, raccontano le loro paure, il loro pentimento o la loro durezza, trovando un momento di riscatto e di libertà interiore nelle poche ore quotidiane concesse per stare con i loro bambini. Si segue in particolare la storia vera di Lesya (l’unico ruolo interpretato da un’attrice) condannata a 7 anni per aver ucciso il marito per gelosia. Ha appena partorito il suo primo figlio in carcere, e ora sta entrando un mondo popolato solo da donne: detenute, infermiere e guardiane, donne incinte e donne con bambini.

«La prima idea era quella di seguire la vita di una guardia carceraria – spiega il regista – . Poi ci siamo ritrovati ad incontrare centinaia di mamme e bambini, seguendo le loro giornate. Quest’esperienza mi ha cambiato la vita, non sono più lo stesso». Lo sguardo del film è quello di Irina che lavora come direttrice del carcere femminile. Lei è un guardiano, confidente, e amico, ma anche pubblico ufficiale incaricato di amministrare la pena. «Dall’altra parte di questo microcosmo vivono le madri e i loro figli – aggiunge Kerekes – . Le loro vite sono state distrutte. Hanno destini diversi e futuri incerti, ma l’unica cosa tenerle a galla sono le loro relazioni con i loro figli, qualche ora di beatitudine autorizzata ogni giorno. Ma c’è anche il dramma di cosa succederà a questi bambini quando avranno compiuto 3 anni, destinati in molti all’orfanotrofio. Abbiamo trascorso diversi anni con loro cercando di filmarle non come oggetti passivi, ma piuttosto come soggetti partecipanti».

Le guardie carcerarie sono anche al centro di Ariaferma di Leonardo Di Costanzo, girato nel carcere dismesso San Sebastiano di Sassari, che verrà presentato domani Fuori concorso e sarà nelle sale dal 14 ottobre. Un vecchio carcere ottocentesco è in dismissione. Per problemi burocratici i trasferimenti si bloccano e una dozzina di detenuti rimane, con pochi agenti, in attesa di nuove destinazioni. Toni Servillo è l’ispettore di Polizia Penitenziaria Gaetano Gargiulo, accanto a lui Silvio Orlando (i due attori recitano assieme per la prima volta). In un’atmosfera sospe- sa, le regole di separazione si allentano e tra gli uomini rimasti si intravedono nuove forme di relazioni. Come scrive il regista Di Costanzo questo è «un luogo immaginario, costruito dopo aver visitato molte carceri. Quasi ovunque abbiamo trovato grande disponibilità a parlare, a raccontarsi insieme agenti, direzione e qualche detenuto. Poi, tutti rientravano nei loro ruoli e gli uomini in divisa, chiavi in mano, riaccompagnavano nelle celle gli altri, i detenuti. Di fronte a questo drastico ritorno alla realtà, noi esterni avvertivamo spaesamento. Ariaferma è forse un film sull’assurdità del carcere ». L’umanità emerge anche in Rebibbia Lockdown nato da un’idea di Paola Severino con la regia di Fabio Cavalli che verrà presentato all’interno di Venice Production Bridge. Quattro universitari sono incaricati dalla Luiss Guido Carli di seguire i detenuti-studenti del carcere romano nel percorso universitario verso la laurea in Giurisprudenza. Il virus all’improvviso blocca ogni incontro. Nasce un fitto rapporto epistolare. Per mesi i ragazzi e i carcerati si svelano gli uni agli altri per i tortuosi sentieri del dolore, fra paure e speranze. Si incontreranno, infine, ragazzi e carcerati, nel luogo del sapere: l’aula universitaria di Rebibbia. La realtà del carcere di San Vittore a Milano sarà invece al centro di Exit, il docufilm diretto da Stefano Sgarella con Loris Fabiani, Daria Bignardi e Alessandro Castellucci che racconta le realtà del reparto La Nave di San Vittore e del Refettorio Ambrosiano di Milano. L’impegno del volontariato, la cultura, la musica e la bellezza come “chiave” per la libertà, il blocco traumatico causato dal Covid, la fiducia e la volontà della ripresa. Il tutto attraverso lo sguardo di Alex, un ragazzo che ha perso il fratello per una storia di droga e che al recupero di chi ha sbagliato non crede affatto, almeno all’inizio. Exit sarà presentato in anteprima a Venezia alle 11 del 9 settembre 2021, presso la sede della Fondazione Ente dello Spettacolo. Parteciperà in diretta streaming il ministro della Giustizia, Marta Cartabia.

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Dopo l’intenso docufilm “107 madri” dell’ungherese Kerekes, al Lido sbarcano altre pellicole ambientate nei penitenziari: da “Ariaferma” a “Rebibbia Lockdown”, fino al San Vittore di “Exit”

Una scena del film di fantascienza “Dune” diretto da Denis Villeneuve

Nella foto il docufilm “107 madri” del regista ungherese Peter Kerekes, presentato ieri alla Mostra di Venezia

“Hallelujah”, lo spirito di Cohen

Inviata a Venezia

Hallelujah del cantautore canadese di origini ebraiche Leonard Cohen (scomparso il 7 novembre 2016 ad 82 anni), è uno dei brani che vanta più cover al mondo, basti solo pensare a quelle di Bob Dylan e Jeff Buckley. E pensare che quando uscì nel 1984 nell’album Various positions non ebbe alcun successo, anzi, la casa discografica nemmeno voleva pubblicarlo. I retroscena della sua pubblicazione sono al centro del ricco documentario Hallelujah: Leonard Cohen, A Journey, A Song di Daniel Geller e Dayna Goldfine. L’idea alla base del film era quella «di ricostruire la genesi di questo pezzo, lavorando sui tanti materiali dell’epoca» per «evidenziare gli aspetti più profondi di Hallelujah, un brano così spirituale e carnale al tempo stesso».

Così la regista Dayna Goldfine a Venezia racconta alla mostra di Venezia l’origine della pellicola, presentata ieri nella sezione Fuori Concorso che racconta il percorso umano e artistico del cantautore, proprio attraverso il brano cult Hallelujah.

Oltre trecento ore di materiale, molto del quale mai mostrato prima, in un documentario che intreccia tre filoni creativi, il cantautore e la sua epoca, il percorso drammatico del pezzo, dal rifiuto da parte dell’etichetta discografica alla vetta delle classifiche le testimonianze toccanti di grandi artisti. «Questo progetto è un’indagine sul successo e l’impatto internazionale di Hallelujah diventato colonna sonora di momenti importanti della vita, come matrimoni e funerali sino alle commemorazioni delle vittime del Covid e la cerimonia di insediamento del Presidente Usa nel gennaio 2021» spiega la regista. Un brano che unisce riferimenti biblici a Davide, Betsabea, Sansone e Dalila, ma anche un racconto di laica sensualità. «Il documentario sulla canzone fa riferimento alle domande più profonde sulla fede, lo scetticismo, il credere e il pensiero laico» aggiunge la regista. Approvato per la produzione da Leonard Cohen poco prima del suo ottantesimo compleanno nel 2014, il film passa in rassegna un vasto repertorio di materiale d’archivio inedito proveniente dal Cohen Trust, inclusi gli appunti personali, i giornali e le fotografie del cantautore canadese unitamente a filmati di sue esibizioni, nonché preziose registrazioni audio e interviste. Testimonianze come quelle della cantante Judy Collins, che ha dato a Cohen la sua prima opportunità di esibirsi dal vivo, e John Lissauer, che ha prodotto e arrangiato molte delle canzoni di Cohen, inclusa la versione originale di Hallelujah.

Angela Calvini

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Evitata l’iscrizione di Venezia tra i siti Unesco in pericolo

 

“Scongi © ANSAurata l’iscrizione di Venezia nella lista del patrimonio dell’umanità in pericolo. Grazie alle decisioni del Governo sul blocco del passaggio delle grandi navi davanti a San Marco e al canale della Giudecca si è raggiunto un primo, importante risultato.

Adesso, l’attenzione mondiale su Venezia deve rimanere alta ed è dovere di tutti lavorare per la protezione della laguna e individuare un percorso di sviluppo sostenibile per questa realtà unica, in cui la cultura e l’industria creativa sono chiamate a giocare un ruolo da protagoniste”. Così il ministro della cultura, Dario Franceschini, commenta la decisione del Comitato del Patrimonio Mondiale Unesco, presa in seno alla 44° sessione in corso in modalità remota a Fuzhou (Repubblica Popolare Cinese), di non iscrivere la città di Venezia e la sua laguna nella lista dei patrimoni dell’umanità in pericolo. (ANSA).

Mose: acqua alta, ma Piazza San Marco all’asciutto

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(ANSA) – VENEZIA, 03 OTT – Piazza San Marco è al’asciutto: l’entrata in funzione del Mose ha permesso al salotto di Venezia di evitare il fenomeno dell’acqua alta, che invece si è misurato in mare,. IIl Mose è chiuso, e dentro la Laguna di Venezia la marea non sta crescendo Lo comunica il Centro maree del Comune. Mentre alla Diga Sud del Lido si misuravano 119 centimetri, a Punta Salute, in città, il livello sul medio mare era di 69. (ANSA).

CINEMA, OGGI A VENEZIA È IL GIORNO DI GUADAGNINO

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SANREMO, AMADEUS:COL PUBBLICO O NULLA. CAMPIELLO,VINCE RAPINO Alla Mostra del Cinema di Venezia arrivano oggi Luca Guadagnino col corto ‘Fiori, fiori fiori!’ e il documentario ‘Shoemaker of dreams’ dedicato a Ferragamo. In gara ‘The world to come’ di Mona Fastvold e ‘Khorshid’di Majid Majidi. Sanremo “o si fa col pubblico o nulla”, afferma intanto Amadeus. Il premio Campiello: vince Rapino con ‘Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio’.

Festival di Venezia. Cinema, il regista Rau: «La Passione con i migranti»

Il regista svizzero presenta “Il Nuovo Vangelo”: «Quando Matera mi ha chiesto qualcosa per la città ho pensato a un film su Gesù che coinvolgesse gli esclusi dalla società»
Una sequenza del film di Milo Rau "Il Nuovo Vangelo", girato a Matera

Una sequenza del film di Milo Rau “Il Nuovo Vangelo”, girato a Matera – .

Che cosa predicherebbe Gesù oggi? Chi sarebbero i suoi discepoli? Cos’è rimasto del messaggio di salvezza di Gesù nell’epoca dello sfruttamento globale? Ambientato nella città di Matera, dove Pier Paolo Pasolini e Mel Gibson hanno girato i loro capolavori sulla vita di Cristo, il regista e drammaturgo svizzero Milo Rau, uno dei più importanti artisti del teatro internazionale, è tornato alle origini del Vangelo e ne ha reso protagonisti i rifugiati sfruttati nelle campagne del Sud. Sono loro gli apostoli del film Il Nuovo Vangelo, che ha per la prima volta per protagonista un Gesù nero, l’attivista e scrittore camerunense Yvan Sagnet.

Il film verrà presentato domenica come Evento Speciale alle Giornate degli Autori al Lido e uscirà nelle sale il 24 dicembre. Il lavoro sposa il Nuovo Testamento e la crisi dei rifugiati in Europa, mostrando l’eterna attualità della figura del Cristo. I passi della Bibbia, narrati dalla voce evocativa di Vinicio Capossela che cura anche i brani del film, si alternano alle immagini di cronaca della Rivolta della Dignità, una vera campagna politica per i diritti dei migranti giunti in Europa avvenuta nel 2019 nel materano. Milo Rau ha filmato le dignitose proteste dei rifugiati costretti a lavorare come schiavi nei campi di pomodori della Basilicata e a dormire in condizioni disumane nei ghetti e ne ha fatto i protagonisti, con i loro volti vissuti e bellissimi, di una “sacra rappresentazione” capace di toccare i cuori.

Il nuovo progetto nasce grazie a Matera Capitale della Cultura 2019, come spiega il regista in anteprima ad “Avvenire”. «È da 20 anni che mi occupo delle contraddizioni dell’economia globale – spiega Rau –. Quando da Matera mi è stato chiesto di mettere in scena qualcosa per la città ho pensato a un nuovo film su Gesù con l’obiettivo di preservare lo spirito originario della storia rappresentata dalla Passione coinvolgendo gli esclusi dalla società, i poveri, i disoccupati, i reietti, i rifugiati. La nostra Maddalena è una vera prostituta».

Protagonista il primo Gesù nero del cinema europeo, il carismatico Yvan Sagnet che nel 2011 ha guidato il primo sciopero dei braccianti agricoli migranti nell’Italia meridionale. «Proprio come Gesù, “pescatore di uomini”, così Yvan è andato in cerca del suo gruppo di apostoli nei più grandi campi profughi italiani ed è lì che ha trovato i suoi discepoli», aggiunge il regista. Il quale nelle immagini mette in parallelo la figura del sindacalista che manifesta in piazza a un Gesù “rivoluzionario”, capace di dare una speranza agli oppressi che lo seguono. Nelle scene in abiti storici fra i Sassi, recitano fianco a fianco i migranti, i piccoli agricoltori in fallimento a causa delle multinazionali e i cittadini di Matera entusiasti (lo stesso sindaco, Raffaello De Ruggieri, veste i panni del Cireneo).

La chicca sono gli attori: oltre a Marcello Fonte nel ruolo di Pilato, appaiono Enrique Irazoqui, il celebre Gesù del Vangelo secondo Matteo di Pasolini che interpreta Giovanni Battista, e Maia Morgenstern, la Maria della Passione di Mel Gibson, nel ruolo della Madonna. «È fondamentale la scena dove il primo Gesù, lo spagnolo Irazoqui, battezza il primo Gesù nero – aggiunge il regista –. E quando Gesù viene frustato, è il corpo dei neri di oggi ad essere torturato».

«Chiunque lotti per la propria dignità e benessere, lotta per la dignità e il benessere di tutti gli esseri umani. E questo è un modo per comprendere i Vangeli anche sul piano religioso – aggiunge il protagonista Sagnet –. Con Il Nuovo Vangelo torniamo alle origini storiche della figura di Gesù: qualcuno che sosteneva la sua gente, che agiva contro l’ingiustizia. È il nostro modo per essere cristiani oggi, per rendere davvero concrete le parole di Gesù. E questo è per me, come cristiano, particolarmente importante per unire la mia fede con il mio profondo credo politico». Ma un riscatto e una “resurrezione” sono possibili. «Come si vede alla fine del film, è stata fondata la prima “Casa della Dignità” nei dintorni di Matera: un luogo dove alcuni protagonisti del film possono adesso vivere con dignità e nell’autodeterminazione. E tutto questo col sostegno della Chiesa cattolica» aggiunge il regista che ringrazia anche l’arcivescovo Giuseppe Caiazzo e don Antonio per il sostegno al film. Il 22 gennaio scorso, infatti, a Serra Marina di Bernalda, l’arcidiocesi di Matera-Irsina e la Caritas diocesana hanno inaugurato Casa Betania, la Casa della Dignità, struttura acquistata dall’arcidiocesi grazie ai finanziamenti 8xmille concessi dalla Cei e dalla Caritas italiana. Rau considera il suo film «un manifesto per le vittime della cosiddetta “economia di libero scambio”, quella stessa economia “che uccide” come ha scritto papa Francesco. Gli abbiamo mandato una copia del film, e sarei veramente felice di sapere cosa ne pensa».

Avvenire

CINEMA: VENEZIA, OGGI ‘MISS MARX’ DELLA NICCHIARELLI

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IN GARA SECONDO FILM ITALIANO. FUORI CONCORSO DOCU SU GRETA Alla Mostra del Cinema di Venezia scende oggi in campo il secondo dei quattro film italiani in gara, ‘Miss Marx’ di Susanna Nicchiarelli. In gara per il Leone d’oro anche ‘Pieces of woman’di Kornel Mundruczo. Tra i protagonisti della giornata poi Abel Ferrara, che presenta ‘Sportin life’. Fuori concorso ci sarà ‘Greta’, docu di Nathan Grossman sulla teenager simbolo della lotta per l’ambiente.

MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA, IN GIURIA ANCHE LAGIOIA

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CON BLANCHETT PRESIDENTE, ANCHE FRANZ, HOGG, PUIU, SAGNIE Definite le composizioni delle quattro Giurie internazionali della 77/ma Mostra del cinema di Venezia in programma dal 2 al 12 settembre: Venezia 77, Orizzonti, Premio Venezia Opera Prima Luigi De Laurentiis, Venice Virtual Reality. Nella Giuria del Concorso di Venezia 77, oltre a Cate Blanchett già indicata come presidente, ci saranno: Veronika Franz, Joanna Hogg, Nicola Lagioia, Christian Petzold, Cristi Puiu, Ludivine Sagnie. (ANSA).