I poveri sono i nostri amici Natale reggiano della Comunità di Sant’Egidio

La Comunità di Sant’Egidio compie 50 anni. Una storia cominciata il 7 febbraio 1968, all’indomani del Concilio Vaticano II a Roma da Andrea Riccardi con un piccolo gruppo di liceali che volevano cambiare il mondo. Oggi Sant’Egidio, che Papa Francesco ha ribattezzato “la Comunità delle 3 P” (Preghiera, Poveri, Pace), continua a nutrire lo stesso sogno con tanti amici che lo condividono. Con gli anni è divenuta una rete di comunità che, in più di 70 paesi del mondo, con una particolare attenzione alle periferie e ai periferici, raccoglie uomini e donne di ogni età e condizione, uniti da un legame di fraternità nell’ascolto del Vangelo e nell’impegno volontario e gratuito per i poveri e per la pace.

Preghiera, poveri e pace sono i suoi riferimenti fondamentali. La preghiera, basata sull’ascolto della Parola di Dio, è la prima opera della Comunità, ne accompagna e orienta la vita. A Roma e in ogni parte del mondo, è anche luogo di incontro e di accoglienza per chi voglia ascoltare la Parola di Dio e rivolgere la propria invocazione al Signore. I poveri sono i fratelli e gli amici della Comunità. L’amicizia con chiunque si trovi nel bisogno – anziani, senza dimora, migranti, disabili, detenuti, bambini di strada e delle periferie – è tratto caratteristico della vita di chi partecipa a Sant’Egidio nei diversi continenti.

Leggi tutto l’articolo di Mariangela Adduci su La Libertà del 9 gennaio

Domenica 23 dicembre, a venti anni dalla morte LA PARROCCHIA DI SANTO STEFANO HA RICORDATO IL PARROCO DON BRUNO MORINI

I 55 anni del generoso e prezioso ministero sacerdotale di don Bruno Morini, spentosi il 15 dicembre 1998 a 78 anni, e i vari incarichi da lui ricoperti sono stati ripercorsi domenica 23 dicembre da mons. Emilio Landini nell’omelia della Messa presieduta in Santo Stefano dal parroco don Daniele Casini nel ventesimo della morte del sacerdote.

Per ben ventidue anni, dal 1951 al 1973, don Morini guidò la parrocchia cittadina di Santo Stefano lasciando una profonda impronta e promuovendo iniziative che ancora continuano: ritrovo parrocchiale; F.A.C. – Fraterno Aiuto Cristiano, anticipatore della Caritas per dare a chi è in situazione di difficoltà e per ascoltarne le necessità -; consacrazione delle famiglie alla Madonna l’8 dicembre; fondazione del “Diario” il bollettino parrocchiale inviato a tutte le famiglie della parrocchia. Don Bruno si distinse nell’applicazione della riforma liturgica voluta dal Concilio; nella valorizzazione piena dei laici nella vita della comunità e  nel rilievo dato al Consiglio Pastorale Parrocchiale; è stato guida spirituale per tanti giovani. Ha saputo fare di Santo Stefano una parrocchia all’avanguardia, ha rimarcato mons. Landini.

Prima di diventare parroco in città, don Bruno, nato a Montecchio il 2 ottobre 1920 e ordinato sacerdote il 27 giugno 1943, ha svolto il suo ministero per otto anni – di cui tre mentre infuriava la guerra – in montagna a Pianzo e Poiano.

Mons. Landini ha altresì sottolineato la profonda vocazione contemplativa-monastica di don Bruno che a 53 anni si ritirò a Rossena e Canossa per dare maggiore spazio alla meditazione; ha lasciato due preziose pubblicazioni: “Se lo vedessi” e “Se lo sentissi”, titoli di chiara ispirazione manzoniana. Poi nel 1978 il vescovo Gilberto Baroni lo chiamava ad assumere il ruolo di Segretario del Sinodo diocesano, incarico mantenuto sino alla conclusione dell’assise.

Don Bruno aveva una spiccata vena poetica: lo dimostrano due raccolte di componimenti: “Voglio svegliare l’aurora” e “Svegliatevi arpa e cetra”.

Profonda spiritualità, intensa vita di preghiera, lettura e meditazione costante della Parola di Dio, attenzione all’ascolto e al dialogo, contatto continuo con i parrocchiani soprattutto con i giovani, accoglienza e sorriso, capacità di consigliare, senso dell’amicizia sono state le doti che hanno sempre contraddistinto don Bruno, a cui tanti gli sono ancora debitori per la loro formazione umana e cristiana.

Don Morini aveva notevoli interessi culturali; è stato tra i soci fondatori della Società Reggiana di Archeologia e durante io suo parroccato ha promosso accurate indagini sull’architettura di Santo Stefano, riscoprendo preziosi tracce dell’antica chiesa.

In occasione del ventennale della morte è stato edito un numero speciale commemorativo del “Diario”, ricco di testimonianze di parrocchiani, corredate da fotografie; alla celebrazione eucaristica hanno partecipato “giovani” formatisi e cresciuti in Santo Stefano sotto la guida di don Bruno.

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Nella foto: mons. Emilio Landini pronuncia l’omelia

Nella foto: i “giovani” di Don Bruno

Santo Stefano Primo martire 26 dicembre

† Gerusalemme, 33 o 34 ca

Primo martire cristiano, e proprio per questo viene celebrato subito dopo la nascita di Gesù. Fu arrestato nel periodo dopo la Pentecoste, e morì lapidato. In lui si realizza in modo esemplare la figura del martire come imitatore di Cristo; egli contempla la gloria del Risorto, ne proclama la divinità, gli affida il suo spirito, perdona ai suoi uccisori. Saulo testimone della sua lapidazione ne raccoglierà l’eredità spirituale diventando Apostolo delle genti. (Mess. Rom.)

Patronato: Diaconi, Fornaciai, Mal di testa

Etimologia: Stefano = corona, incoronato, dal greco

Emblema: Palma, Pietre
Martirologio Romano: Festa di santo Stefano, protomartire, uomo pieno di fede e di Spirito Santo, che, primo dei sette diaconi scelti dagli Apostoli come loro collaboratori nel ministero, fu anche il primo tra i discepoli del Signore a versare il suo sangue a Gerusalemme, dove, lapidato mentre pregava per i suoi persecutori, rese la sua testimonianza di fede in Cristo Gesù, affermando di vederlo seduto nella gloria alla destra del Padre.

La celebrazione liturgica di s. Stefano è stata da sempre fissata al 26 dicembre, subito dopo il Natale, perché nei giorni seguenti alla manifestazione del Figlio di Dio, furono posti i “comites Christi”, cioè i più vicini nel suo percorso terreno e primi a renderne testimonianza con il martirio.
Così al 26 dicembre c’è s. Stefano primo martire della cristianità, segue al 27 s. Giovanni Evangelista, il prediletto da Gesù, autore del Vangelo dell’amore, poi il 28 i ss. Innocenti, bambini uccisi da Erode con la speranza di eliminare anche il Bambino di Betlemme; secoli addietro anche la celebrazione di s. Pietro e s. Paolo apostoli, capitava nella settimana dopo il Natale, venendo poi trasferita al 29 giugno.
Del grande e veneratissimo martire s. Stefano, si ignora la provenienza, si suppone che fosse greco, in quel tempo Gerusalemme era un crocevia di tante popolazioni, con lingue, costumi e religioni diverse; il nome Stefano in greco ha il significato di “coronato”.
Si è pensato anche che fosse un ebreo educato nella cultura ellenistica; certamente fu uno dei primi giudei a diventare cristiani e che prese a seguire gli Apostoli e visto la sua cultura, saggezza e fede genuina, divenne anche il primo dei diaconi di Gerusalemme.
Gli Atti degli Apostoli, ai capitoli 6 e 7 narrano gli ultimi suoi giorni; qualche tempo dopo la Pentecoste, il numero dei discepoli andò sempre più aumentando e sorsero anche dei dissidi fra gli ebrei di lingua greca e quelli di lingua ebraica, perché secondo i primi, nell’assistenza quotidiana, le loro vedove venivano trascurate.
Allora i dodici Apostoli, riunirono i discepoli dicendo loro che non era giusto che essi disperdessero il loro tempo nel “servizio delle mense”, trascurando così la predicazione della Parola di Dio e la preghiera, pertanto questo compito doveva essere affidato ad un gruppo di sette di loro, così gli Apostoli potevano dedicarsi di più alla preghiera e al ministero.
La proposta fu accettata e vennero eletti, Stefano uomo pieno di fede e Spirito Santo, Filippo, Procoro, Nicanore, Timone, Parmenas, Nicola di Antiochia; a tutti, gli Apostoli imposero le mani; la Chiesa ha visto in questo atto l’istituzione del ministero diaconale.
Nell’espletamento di questo compito, Stefano pieno di grazie e di fortezza, compiva grandi prodigi tra il popolo, non limitandosi al lavoro amministrativo ma attivo anche nella predicazione, soprattutto fra gli ebrei della diaspora, che passavano per la città santa di Gerusalemme e che egli convertiva alla fede in Gesù crocifisso e risorto.
Nel 33 o 34 ca., gli ebrei ellenistici vedendo il gran numero di convertiti, sobillarono il popolo e accusarono Stefano di “pronunziare espressioni blasfeme contro Mosè e contro Dio”.
Gli anziani e gli scribi lo catturarono trascinandolo davanti al Sinedrio e con falsi testimoni fu accusato: “Costui non cessa di proferire parole contro questo luogo sacro e contro la legge. Lo abbiamo udito dichiarare che Gesù il Nazareno, distruggerà questo luogo e cambierà le usanze che Mosè ci ha tramandato”.
E alla domanda del Sommo Sacerdote “Le cose stanno proprio così?”, il diacono Stefano pronunziò un lungo discorso, il più lungo degli ‘Atti degli Apostoli’, in cui ripercorse la Sacra Scrittura dove si testimoniava che il Signore aveva preparato per mezzo dei patriarchi e profeti, l’avvento del Giusto, ma gli Ebrei avevano risposto sempre con durezza di cuore.
Rivolto direttamente ai sacerdoti del Sinedrio concluse: “O gente testarda e pagana nel cuore e negli orecchi, voi sempre opponete resistenza allo Spirito Santo; come i vostri padri, così anche voi. Quale dei profeti i vostri padri non hanno perseguitato? Essi uccisero quelli che preannunciavano la venuta del Giusto, del quale voi ora siete divenuti traditori e uccisori; voi che avete ricevuto la Legge per mano degli angeli e non l’avete osservata”.
Mentre l’odio e il rancore dei presenti aumentava contro di lui, Stefano ispirato dallo Spirito, alzò gli occhi al cielo e disse: “Ecco, io contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo, che sta alla destra di Dio”.
Fu il colmo, elevando grida altissime e turandosi gli orecchi, i presenti si scagliarono su di lui e a strattoni lo trascinarono fuori dalle mura della città e presero a lapidarlo con pietre, i loro mantelli furono deposti ai piedi di un giovane di nome Saulo (il futuro Apostolo delle Genti, s. Paolo), che assisteva all’esecuzione.
In realtà non fu un’esecuzione, in quanto il Sinedrio non aveva la facoltà di emettere condanne a morte, ma non fu in grado nemmeno di emettere una sentenza in quanto Stefano fu trascinato fuori dal furore del popolo, quindi si trattò di un linciaggio incontrollato.
Mentre il giovane diacono protomartire crollava insanguinato sotto i colpi degli sfrenati aguzzini, pregava e diceva: “Signore Gesù, accogli il mio spirito”, “Signore non imputare loro questo peccato”.
Gli Atti degli Apostoli dicono che persone pie lo seppellirono, non lasciandolo in preda alle bestie selvagge, com’era consuetudine allora; mentre nella città di Gerusalemme si scatenò una violenta persecuzione contro i cristiani, comandata da Saulo.
Tra la nascente Chiesa e la sinagoga ebraica, il distacco si fece sempre più evidente fino alla definitiva separazione; la Sinagoga si chiudeva in se stessa per difendere e portare avanti i propri valori tradizionali; la Chiesa, sempre più inserita nel mondo greco-romano, si espandeva iniziando la straordinaria opera di inculturazione del Vangelo.
Dopo la morte di Stefano, la storia delle sue reliquie entrò nella leggenda; il 3 dicembre 415 un sacerdote di nome Luciano di Kefar-Gamba, ebbe in sogno l’apparizione di un venerabile vecchio in abiti liturgici, con una lunga barba bianca e con in mano una bacchetta d’oro con la quale lo toccò chiamandolo tre volte per nome.
Gli svelò che lui e i suoi compagni erano dispiaciuti perché sepolti senza onore, che volevano essere sistemati in un luogo più decoroso e dato un culto alle loro reliquie e certamente Dio avrebbe salvato il mondo destinato alla distruzione per i troppi peccati commessi dagli uomini.
Il prete Luciano domandò chi fosse e il vecchio rispose di essere il dotto Gamaliele che istruì s. Paolo, i compagni erano il protomartire s. Stefano che lui aveva seppellito nel suo giardino, san Nicodemo suo discepolo, seppellito accanto a s. Stefano e s. Abiba suo figlio seppellito vicino a Nicodemo; anche lui si trovava seppellito nel giardino vicino ai tre santi, come da suo desiderio testamentario.
Infine indicò il luogo della sepoltura collettiva; con l’accordo del vescovo di Gerusalemme, si iniziò lo scavo con il ritrovamento delle reliquie. La notizia destò stupore nel mondo cristiano, ormai in piena affermazione, dopo la libertà di culto sancita dall’imperatore Costantino un secolo prima.
Da qui iniziò la diffusione delle reliquie di s. Stefano per il mondo conosciuto di allora, una piccola parte fu lasciata al prete Luciano, che a sua volta le regalò a vari amici, il resto fu traslato il 26 dicembre 415 nella chiesa di Sion a Gerusalemme.
Molti miracoli avvennero con il solo toccarle, addirittura con la polvere della sua tomba; poi la maggior parte delle reliquie furono razziate dai crociati nel XIII secolo, cosicché ne arrivarono effettivamente parecchie in Europa, sebbene non si sia riusciti a identificarle dai tanti falsi proliferati nel tempo, a Venezia, Costantinopoli, Napoli, Besançon, Ancona, Ravenna, ma soprattutto a Roma, dove si pensi, nel XVIII secolo si veneravano il cranio nella Basilica di S. Paolo fuori le Mura, un braccio a S. Ivo alla Sapienza, un secondo braccio a S. Luigi dei Francesi, un terzo braccio a Santa Cecilia; inoltre quasi un corpo intero nella basilica di S. Lorenzo fuori le Mura.
La proliferazione delle reliquie, testimonia il grande culto tributato in tutta la cristianità al protomartire santo Stefano, già veneratissimo prima ancora del ritrovamento delle reliquie nel 415.
Chiese, basiliche e cappelle in suo onore sorsero dappertutto, solo a Roma se ne contavano una trentina, delle quali la più celebre è quella di S. Stefano Rotondo al Celio, costruita nel V secolo da papa Simplicio.
Ancora oggi in Italia vi sono ben 14 Comuni che portano il suo nome; nell’arte è stato sempre raffigurato indossando la ‘dalmatica’ la veste liturgica dei diaconi; suo attributo sono le pietre della lapidazione, per questo è invocato contro il mal di pietra, cioè i calcoli ed è il patrono dei tagliapietre e muratori.


Autore:
Antonio Borrelli in Santi e Beati

Vacanza per famiglie 2018 Hotel Martellerhof – Val Martello 1 – 8 Luglio 2017

Quest’anno la vacanza per famiglie si svolgerà nella settimana che va dal 1 all’8 luglio 2017 (da domenica a domenica)

Il posto è l’hotel Martellerhof che si trova in Val Martello (nord nord).

I costi  sono in linea con quelli degli anni passati.

Per prenotare inviare richiesta via mail al diacono  Enrico Grassi (enricoroberta87@alice.it ) , con n° partecipanti, entro la prima settimana di Gennaio 2018

Per eventuali chiarimenti e maggiori dettagli potete fare riferimento al Diacono Enrico via mail, oppure a Messa..
(segnalazione tratta da una mail di Paolo)

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Hotel su Booking.com >>> http://www.booking.com/searchresults.it.html?aid=374962

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Situato nel cuore della Val Martello, famosa per lo sci di fondo, l’Hotel Martellerhof sorge all’interno del Parco Nazionale dello Stelvio e offre un ristorante di cucina locale e internazionale.

Tutte accoglienti e spaziose, le camere sono dotate di moquette, TV satellitare e bagno privato, mentre alcune vantano un balcone.

Ogni mattina vi attende una ricca colazione a buffet internazionale. Inoltre, il ristorante alla carta allestisce un buffet di insalate e serve pietanze prive di glutine. Troverete a disposizione anche un giardino attrezzato per il barbecue e uno snack bar.

Nelle vicinanze usufruirete di tariffe scontate presso il maneggio Rona Ranch, mentre in loco è presente una zona adibita a deposito per sci.

Il Martellerhof Hotel si trova sul Monte Cevedale, in un’ottima posizione per escursioni e trekking e a 10 km dalla Stazione Ferroviaria di Laces, la più vicina.

Alcune immagini  della Val Martello e dell’Hotel:

 

Concerto in S. Stefano Venerdì 21 Ottobre 2016 in occasione del 40esimo anniversario di Ordinazione Sacerdotale di Don Fabrizio Crotti

Concerto in S. Stefano Venerdì 21 ottobre 2016 ore 21 – Soli Deo Gloria

Chiesa di Santo Stefano  Via Emilia Santo Stefano 32

In occasione del 40° di sacerdozio di Don Fabrizio Crotti

Le offerte saranno devolute per il restauro del tetto della chiesa di Santo Stefano

Il programma

Coro Canossa

Monte Pasubio (B. De Marzi)

Montenero (Arm. Coro Grigna)

Ricordi quel treno? (M. Maiero)

Sui Monti Scarpazi (A. Pedrotti)

E’ morto un Alpin (N. Taddei) (Elab. G. P. Capacchi)

Dove (M. Maiero)

L’ultimo pastore (A. Saielli)

Schola Cantorum

Panis Angelicus (C. Casciolini)

Lucis Creator (Gregoriano e Polifonia a 3 v. di G. Ett)

Coro misto

Restèna (B. De Marzi)

Fiore di Manuela (B. De Marzi)

Cercheremo (M. Maiero)

Mani di luna (M. Maiero)

Fiori (M. Maiero)

Carezze (M. Maiero)

In S. Stefano Reggio Emilia Festa della Madonna del Carmelo 2016 / Programma Celebrazioni

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PROGRAMMA CELEBRAZIONI

scarica la lettera invito in pdf >>>MadonnadelCamelo_2016.invito

Da giovedì 7 luglio a venerdì 15 Luglio: Novena di preparazione con la recita del Rosario alle 18.30  e, alle 19, la santa Eucaristia. Per chi non può partecipare, potrà celebrare la Novena in casa, secondo lo schema qui allegato.

Sabato 16 luglio

S. Messe ore 10, ore 11.30, al termine di ognuna delle quali si reciterà l’Atto di consacrazione alla Madonna.

Alle 18.45 recita dell’inno Acatistos

e, alle 19, Solenne Concelebrazione in cui festeggeremo i 100 anni

della Maestra Anna Maria Lindner, nostra Consorella e animatrice

Nel giorno della festa e nel pomeriggio della Vigilia si può acquistare l’indulgenza plenaria alle solite condizioni: visita alla chiesa di S. Stefano, recita del Padre nostro, del Credo e di una preghiera secondo le intenzioni del Papa, Confessione e Comunione negli otto giorni precedenti o seguenti. L’indulgenza si può acquisire una sola volta ed è applicabile ai defunti.

Maria, Regina del Carmelo e Madre di misericordia, interceda per le nostre famiglie e la nostra Unità pastorale.

Il Parroco

don Daniele Casini