GREGORETTI, SALVINI PORTA CONTE IN TRIBUNALE IL 20 NOVEMBRE

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IL GUP ASCOLTERÀ ANCHE DI MAIO, LAMORGESE, TONINELLI E TRENTA Salvini porta Conte in Tribunale per difendersi dalle accuse sulla vicenda della nave Gregoretti. Su richiesta degli avvocati del leader della Lega, il gup di Catania Sarpietro ha chiesto di sentire il premier il 20 novembre, i ministri Lamorgese e Di Maio il 4 dicembre e gli ex ministri Trenta e Toninelli. Salvini commenta: ‘Sono soddisfatto, non ho agito da solo. Ma Conte e i ministri sono innocenti come me’. ‘Certo che andrò dal giudice. Se la magistratura chiama, un responsabile politico risponde. Riferirò tutte quello che so, in piena trasparenza come sempre ho fatto e sempre farò’, risponde Conte.

DOMANI RIAPRONO LE SCUOLE.AZZOLINA, NON SARA’ PIU’ COME PRIMA. OGGI IL MESSAGGIO DI CONTE. PAPA, SENSO DI RESPONSABILITA’

Domani riapriranno le scuole in quasi tutte le regioni d’Italia. “È un anno straordinario, ma la scuola degli anni passati non era perfetta. Non nego criticità, ma le stiamo risolvendo’, le parole della ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina. Il premier Giuseppe Conte oggi rivolgerà un messaggio a studenti, genitori, insegnanti, dirigenti e personale scolastico. Ieri sera anche il messaggio di papa Francesco: “La ripresa con senso di responsabilità”. Intanto con la riapertura si stima che l’indice di diffusione del Covid 19 potrebbe salire di circa lo 0,4.

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LA CONFERMA DI CONTE, ‘LA SCUOLA RIPARTE REGOLARMENTE IL 14’. ‘È UNA SFIDA PER TUTTO IL SISTEMA ITALIA’. ‘NIENTE RIMPASTO’

La scuola riparte regolarmente il 14 settembre. Conte conferma la data del ritorno in classe dopo 6 mesi a causa dell’emergenza sanitaria. ‘La riapertura è una sfida per il sistema Italia. Il rientro in sicurezza è il faro del governo. Abbiamo fatto il massimo per dare il meglio ai ragazzi’, dice il premier in una conferenza stampa a Palazzo Chigi con i ministri Azzolina, Speranza e De Micheli. Il governo annuncia nuovi investimenti e lo stop alle classi pollaio. ‘Grazie ai giovani, hanno pagato il prezzo più alto’, dice Conte che, rispondendo a una domanda, esclude il rimpasto a metà settembre.

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VIA LIBERA CDM A NUOVO SCOSTAMENTO DI BILANCIO DA 25 MILIARDI

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GOVERNO: PROROGARE CIG,FINANZIARE SCUOLA E RIDURRE DEBITO/PIL Via libera del Cdm al nuovo scostamento di bilancio da 25 miliardi. Il Governo vuole prorogare la cig, finanziare la ripartenza della scuola, riprogrammare le scadenze fiscali e dare sostegno agli enti locali. Catalfo parla in particolare di “incentivi per le nuove assunzioni e potenziamento del fondo nuove competenze”. Il Governo conferma l’obiettivo di ricondurre verso la media Euro il rapporto debito/pil. L’accordo sul Recovery fund è stata una vittoria di tutto il Paese, dice Conte

CONTE DA MATTARELLA AL COLLE, ‘IL GOVERNO ORA È PIÙ FORTE’

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DI MAIO, ‘UE È CAMBIATA’ SALVINI PARLA DI ‘GROSSA FREGATURA’ ‘Il governo italiano è forte: la verità è che l’approvazione di questo piano rafforza l’azione del governo’, dice il premier Conte che, tornato in Italia dopo l’intesa sul Recovery Fund al vertice di Bruxelles, è stato ricevuto al Quirinale dal presidente della Repubblica Mattarella, che ha espresso ‘apprezzamento e soddisfazione’ per l’intesa, che crea ‘condizioni proficue’ per un ‘efficace programma di interventi’. Conte incassa il successo e ringrazia la sua squadra e ‘le forze di opposizione, soprattutto alcuni esponenti che, pur tra legittime critiche, hanno ben compreso l’importanza storica della posta in gioco’. Tra queste non c’è la Lega che, con Salvini, parla di ‘una fregatura grossa come una casa’. ‘L’Europa ha dimostrato di essere cambiata’, dice Di Maio.

Politica e potere nell’Antico Testamento

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Il titolo provocatorio – Non date a Cesare quel che è di Dio – fa già intuire la critica che l’Antico Testamento fa al potere politico, nonostante il fatto che nell’immaginario dei cristiani ci sia la forte convinzione che il potere viene direttamente da Dio e che la Bibbia nel suo insieme lo veda favorevolmente. Si è proceduti per secoli con una lettura fondamentalista o letterale della Bibbia. Con danni enormi. Su questo si è impostato l’esercizio del potere nel mondo moderno. Provenienza da Dio, non dai diritti dell’uomo… Solo il 7 ottobre 1793 a Reims fu rotta l’ampolla dell’olio con cui venivano unti i re di Francia, olio che rimandava a quello usato da Samuele per ungere Davide come re (1Sam 16,13).

Claudio Balzaretti – dottore in Scienze Bibliche al PIB, laureato in lettere classiche, esperto di Islamistica e di Ebraistica, docente il liceo classico e linguistico Carlo Alberto di Novara – smonta la prospettiva favorevole con la quale normalmente si guarda alla regalità di Davide e di Salomone, per fare un discorso più generale sul potere.

Dall’uscita dall’Eden l’uomo è scivolato sempre più verso forme di potere di sopraffazione che hanno toccato i rapporti tra uomo e donna e l’assetto del popolo di Israele nella sua lunga storia che, da un solo uomo, portò alla nascita di una nazione e di uno Stato. La lotta per il potere fa uccidere fra fratelli.

Dopo il periodo della guida estemporanea e occasionale fornita dai Giudici – epoca in cui “ognuno faceva quello che era giusto/hayyāšār per lui” (non “bene”/CEI 2008; cf. p. 31 r 1) –, Dio concede controvoglia la regalità a Israele dietro insistenza del popolo che voleva essere come gli altri popoli.

Il libro delle Cronache idealizza Davide come cantore e compositore di salmi e Salomone come detentore di un’immensa sapienza. Le vicende più concrete narrate dai libri storici rivelano invece delle persone che cercano il potere, sfruttano il popolo, ingannano i loro ufficiali, si prendono le loro mogli dopo averli fatti uccidere proditoriamente con inganno, cercano l’ammasso di oro e non disdegnano perfino il lavoro forzato imposto ai loro sudditi.

La storia del Regno del Nord, come quello di Giuda al Sud, finirà nell’annientamento e nell’esilio. Mentre gran parte del popolo resta in diaspora in Babilonia e in Egitto e solo una parte ritorna. Esdra e Neemia cercano una negoziazione sociale dell’esercizio del potere, pur perseguendo l’idea di un popolo unito e puro grazie a matrimoni endogamici. I cinque figli maccabei finiscono tutti malamente, mente i sette ragazzi che contestano apertamente il potere muoiono martiri. Sono loro i veri “maccabei”. Il martirio è la contestazione totale del potere costituito.

Le donne sono sfruttate dal potere ben saldo in mano maschile, ma talvolta si fanno corresponsabili del suo esercizio malvagio (Gezabele, Atalia). Alcune donne sono eroine (Ester, Giuditta), che dissimulano per poi ottenere salvezza al proprio popolo o seducono con arte femminile per uccidere il potente nemico. Altre donne sfidano la sapienza del re – che non si mostra né sapiente né deciso: le due prostitute che si disputano un bambino e la donna di Tekòa che chiede a Davide di far tornare a corte Assalonne.

Sono donne che, con astuzia, si sottomettono al potere, cercano di conviverci senza troppi danni. Povere donne, alla fin fine. Tamar deve sedurre il suocero Giuda travestita da prostituta per avere la discendenza promessa. Tace, si sottomette e resta dalla parte del vincitore. Un’altra Tamar, figlia di Davide e di Maaca, viene stuprata dal fratellastro Amnon, primogenito di Davide nato da Achinoam. Tamar denuncia pubblicamente la violenza subìta, ma per questo rimarrà per sempre tristemente emarginata.

I re di Israele non leggono ogni giorno la Torah come imponeva loro il Deuteronomio, ma seguono “la legge del re” prevista dal libro nei suoi aspetti più brutali di sottomissione e sfruttamento dei ragazzi, delle giovani, delle terre e dei loro prodotti.

Si può vivere con un riferimento alla Torah anche fuori dei confini della terra vista come promessa. Tobi e Daniele vivono fedeli a YHWH in diaspora, pregano in direzione del tempio, ma non hanno alcuna intenzione di tornare a Gerusalemme…

Domanda forte quella di Balzaretti: «Il mito politico della regalità davidica si era coniugato con il mito della terra promessa; ma dove si parla di terra, territorio, suolo si finisce per porre confini, recinzioni, limiti. […] “Questo è mio” segnò l’inizio della civiltà fondata sulla disuguaglianza. La terra promessa non è uno Stato né un luogo ideale, perché essa viene dopo una colpa ed è al di fuori del paradiso terrestre. Solo il ritorno nel “giardino” di Dio, dove l’uomo era prima ospite non padrone, eliminerà ogni divisione e diseguaglianza. Ma nel frattempo?» (p. 87).

Cristo Gesù, discendente davidico, dimostra infine una regalità diversa, quella del Crocifisso.

Nel frattempo ora domina l’empio e il potere del Maligno – afferma l’autore con un rimando a 2Ts 2,8 e a 1Gv 5,19) –. Ci sarà chi/ciò che “trattiene” e, quando questi sarà eliminato, nello stesso istante sarà distrutto dalla spada della Parola anche il Maligno.

Il potere lusinga, manipola, soggioga con dolcezza, ricerca il consenso e non la verità, tende a perpetuare se stesso non secondo una vera contrattazione sociale ma per lignaggio, geneticità, gruppi di pressione associati.

Non svendiamo a Cesare – chiede Balzaretti – il potere dai molteplici volti – oggi quello dei tecnocrati, gli scienziati spregiudicati, degli oscuri manovratori del mondo della finanza – quello che è di Dio, la pienezza del volto dell’uomo chiamato a vivere in fraternità e nella gratuità.

Un libretto piacevole, dal linguaggio piano, tono “leggero”, senza discussioni filologiche. L’autore invoglia a leggere personalmente i racconti dell’AT, ricchi di sapienza e di enorme attualità.

Alcune annotazioni. A p. 24 r. 2 Lot non è “fratello” di Abramo ma suo nipote, essendo figlio del fratello di Abramo, Aran, morto in precedenza (cf. Gen 11,28.31). Questo anche se, quando Abramo si separa da lui, afferma: «Non vi sia discordia fra me e te [… ] perché siamo fratelli/’aḥîm ’ănāḥnû» (Gen 13,8). A p. 34 r. 16 elimina “che”.

Claudio BalzarettiNon date a Cesare quel che è di Dio. Politica e potere nell’Antico Testamento, Città Nuova, Roma 2020, pp. 96, € 16,00.

settimananews.it

Il cristiano e la città. Essere donne oggi

Edward Hopper, «Intermission» (1963, particolare)

osservatoreromano.va

«Qual è l’immagine tipica della donna in una città? Cosa salta subito agli occhi di chi cammina frettolosamente per andare al lavoro o di chi attende ancora assonnato il semaforo verde? Che donne sono quelle che affollano la metro e gli autobus di prima mattina e dove vanno? Un sano esercizio per superare la propria smania di protagonismo o staccarsi dai problemi che ci amareggiano è guardare gli altri e cercare di vedere oltre l’apparenza».

Si è fatto quasi profetico in questo tempo di pandemia l’invito concreto che Caterina Ciriello rivolge al lettore in Essere donna nella città attuale (Padova, Edizioni Messaggero, 2020, pagine 120, euro 12), nuovo volume della fortunata collana Percorsi di teologia urbana, diretta da Armando Matteo. «Sarebbe utile osservare le donne — prosegue Ciriello — i loro volti, il loro corpi, “il potere simbolico” che ne traspare. Il corpo delle donne parla, ma i mass media ne stravolgono il linguaggio trasformando ciò che è buono e naturale, ciò che è sensibile, materno, coraggioso (…) in cibo per gli appetiti sessuali di maschi giovani e adulti. Sono ormai pochi quelli che riescono a leggere questo potente linguaggio e molti coloro che tentano di svilirlo, trasformando le donne in corpi privi di anima e intelligenza».

Nella sua riflessione sulla presenza femminile nel contesto urbano attuale Ciriello inizia giustamente da lontano, o meglio dall’origine. Docente di teologia spirituale presso la Pontificia Università Urbaniana a Roma e autrice di numerose ricerche sulla storia della Chiesa e sulla storia delle donne, l’autrice parte infatti dal racconto della creazione, perché è da lì «che nascono tutte le relazioni».

Ma perché se Dio ha creato l’uomo e la donna con uguale dignità, affinché insieme si prendessero cura della creazione, gli stessi cristiani hanno dimenticato ciò che Dio ha voluto? Perché nella società e nell’ambiente ecclesiale la donna vive una grave sottomissione psicologica e materiale? Chi e cosa ha permesso una reinterpretazione indebitamente maschilista della Parola? Se violenze sessuali, femminicidi e spose bambine sono la triste realtà, quel che Ciriello invita a fare non è solo di riflettere partendo da un’analisi della realtà ma di farlo appoggiandosi al magistero pontificio. E, in particolare, alla Evangelii gaudium in cui Papa Francesco riconosce «l’insostituibile contributo di unicità che la specificità femminile apporta al genere umano».

In linea con lo spirito della collana ideata e diretta da Matteo, anche il libro in esame intende dunque ripensare l’annuncio del cristianesimo nelle città a partire dalle provocazioni dell’Evangelii gaudium, avanzando proposte concrete per metterla in pratica. Rispondendo così alla chiara e limpida indicazione di Papa Francesco secondo cui «è necessario arrivare là dove si formano i nuovi racconti e paradigmi, raggiungere con la Parola di Gesù i nuclei più profondi dell’anima delle città». E che quella che stiamo vivendo sia, più che un’epoca di cambiamento, un vero e proprio cambiamento d’epoca diventa di un’attualità sconcertante alla luce di ciò che da mesi il mondo intero sta vivendo.

Nessun dubbio, dunque, su come la città contemporanea sia lo scenario privilegiato per l’annuncio del Vangelo. Una città segnata da misoginia, violenze sessuali, mercificazione del corpo femminile, soprusi e prevaricazioni innanzitutto tra le pareti domestiche. Dove infatti secondo Francesco — come ricorda Ciriello — la donna rientra nella categoria che il Papa definisce i «non cittadini», i «cittadini a metà» o gli «avanzi urbani».

Come è tristemente noto, e come Ciriello riflette in un percorso che è insieme teologico, storico e biografico, la posizione della donna nella città attuale non è facile, come non lo è stato in passato. Ma se è vero che i passi avanti compiuti a livello sociale non sono stati una marcia vittoriosa e se, quindi, molto resta ancora da fare, l’autrice rende però merito alla Chiesa di ciò che è stato comunque raggiunto.

Il punto di svolta è stato il concilio Vaticano II, suffragato poi dal pontificato di Giovanni Paolo II che ha rimesso la questione femminile al centro della scena, in chiave antropologica, sociologica e teologica. Un percorso proseguito con Benedetto XVI e quindi con Papa Bergoglio, che l’ha ancora più radicato nell’attualità del mondo e della Chiesa (se è l’icona della Vergine «quella che aiuta a crescere la Chiesa», ne deriva che «non si può capire una Chiesa senza donne»).

Per uscire da quello che ancora non va, Caterina Ciriello auspica — inserendosi nel solco di una tradizione ricca e nutrita — una nuova alleanza. Edificabile solo — ricorda giustamente l’autrice — attraverso nuovi percorsi di istruzione e formazione. In famiglia, nella scuola, nei seminari.

In un discorso che riguarda sia la società che la Chiesa, è soprattutto a quest’ultima che Ciriello si rivolge. In risposta alla donna «che, aggrappata a un ramo, cerca di sfuggire alla corrente per non finire nel nulla dell’indifferenza», occorre superare perduranti «luoghi comuni e offensivi», interpretazioni bibliche «misogine» per riscoprire una Parola vera, giusta e sacra.

Anche perché «non può vivere secondo natura e secondo il Vangelo — chiosa Ciriello — una società dove le donne sono considerate “scarti”, merce da usare e gettare. E Papa Francesco lo ha sempre detto sin dall’inizio del suo pontificato: no alle donne schiavizzate, sfruttate, private della loro dignità. E non può che “sopravvivere” una chiesa dove prevale il maschilismo, il clericalismo, e l’idea che la donna sia stata creata per “servire e riverire” l’uomo».

di Silvia Gusmano

2 giugno: Mattarella, momento particolarmente difficile

“Nella prima fase dell’emergenza, voi Prefetti siete stati fortemente impegnati a garantire da un lato l’attuazione delle misure di contenimento del contagio, dall’altro la continuità delle filiere produttive e dei servizi essenziali nonché, più in generale, la tenuta sociale ed economica dei territori. Affiancando e sostenendo, con generosità e abnegazione, l’azione dei Sindaci, delle Autorità sanitarie e di tutte le componenti del sistema di Protezione Civile, siete stati un sicuro punto di riferimento per le Istituzioni locali e i singoli Cittadini”. Lo scrive il presidente Sergio Mattarella in un messaggio ai prefetti d’Italia sottolineando che “la ricorrenza del 2 giugno coincide quest’anno con un momento particolarmente difficile per il Paese, che si avvia alla ripresa dopo la fase più drammatica dell’emergenza sanitaria da Covid-19”.

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