Giovani. I luoghi della Gmg. Appuntamento a Casa Italia, dove ne vedremo di tutti i colori

Una ricostruzione digitale della facciata di Casa Italia a Lisbona con l'allestimento preparata dall'Accademia della Grafica di Bergamo

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Il vestito di Casa Italia è finalmente pronto. Chi passerà dalla scuola delle Dorotee di Lisbona, durante la Gmg, troverà un “quartier generale” coloratissimo, pensato per esaltare al massimo la gioia di incontrarsi nuovamente dopo i duri anni della pandemia. Idea e realizzazione sono griffati dagli studenti dell’Accademia di arti grafiche del Patronato San Vincenzo di Bergamo.

Il professor Herbert Bussini, che ha orientato la loro ispirazione, spiega: “La possibilità di potersi vedere, abbracciare e salutare dal vivo è al centro del nostro progetto. Proprio questi e altri verbi ne rappresentano i tratti distintivi, anche graficamente. Le lettere si avvicinano tra loro fino a sovrapporsi. Essendo di colori diversi, creano nuove sfumature e tonalità. Esattamente quello che accadrà durante la Gmg: conoscersi e confrontarsi darà vita a nuove idee, relazioni e amicizie”.

 

I pannelli copriranno la facciata dell’edificio delle Dorotee, ma il tocco dei ragazzi del Patronato raggiungerà anche l’interno. Il salone adibito a mensa, ad esempio, sarà impreziosito con slogan che invitano a “condividere” il pasto e il piacere di sedersi in compagnia. Cibo per il corpo, ma che possa fare bene anche allo spirito.

 

La parola d’ordine sarà “insieme”, un filo comune che unirà ogni tipo di attività e che sarà rappresentato graficamente sopra il logo Casa Italia, come un ideale srotolarsi di un gomitolo che tutto lega e unisce. Infine, nel cortile ci saranno grandi pannelli dove tutti saranno chiamati a lasciare un “segno”, scrivendo una frase o un pensiero su quello che la Gmg avrà lasciato, sugli incontri fatti, sulle suggestioni e le riflessioni ricavate dalla partecipazione al grande evento.

Non poteva mancare un riferimento alle bellezze artistiche delle città italiane, con le sagome del Duomo di Milano, del Colosseo e della Torre di Pisa ad accompagnare i passi lungo un corridoio. Da apprezzare anche l’omaggio all’Emilia Romagna ferita: “Lontan da te non si può stare….” è la citazione della celebre canzone dedicata alla regione che si sta rialzando dall’alluvione di maggio.

Altre frasi celebri, tratte dalla letteratura e dalla musica, spunteranno qua e là per condire al meglio l’esperienza culturale (e sociale) che si vivrà negli spazi di Casa Italia. “La difficoltà è stata trovare l’idea comune – spiega Egle, una dei magnifici sette creativi che hanno realizzato il progetto – ci abbiamo messo un po’ ma una volta trovata siamo partiti con convinzione e abbiamo messo a punto tutte le grafiche necessarie”. Tra poco più di un mese il “filo” passerà nelle mani dei visitatori: toccherà a loro usarlo per tessere relazioni.

«Bisogna rimettere i giovani al centro». Primi segnali da Europa e Italia

Giovani

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Dare voce ai giovani è possibile? In che modo? Se la domanda che emerge dal “Rapporto Giovani 2023” dell’Istituto Toniolo è quella di una maggiore partecipazione, allora è necessario prendere sul serio il grido d’aiuto di una generazione che si sente isolata e individuare percorsi subito.

È come se i giovani avessero difese immunitarie sociali più basse dopo la pandemia – riflette Valerio Martinelli, 29 anni, ricercatore presso la Fondazione Bruno Visentini -. La svolta potrebbe arrivare dall’attivazione di politiche a impatto generazionale. Lo ha chiesto due giorni fa, sia pure in modo non vincolante, un documento approvato dal Cese, il Comitato economico e sociale europeo, in vista anche del prossimo semestre di presidenza spagnola dell’Unione: qualsiasi legge venga varata, vanno implementati meccanismi di valutazione sugli effetti che gli interventi previsti hanno sui più giovani. Lo stesso ministro dello Sport, Andrea Abodi, ha promesso alcuni mesi fa una legge quadro per i giovani nel nostro Paese».

Lavori in corso, dunque. Sullo sfondo, c’è lo storico “divario” che gli under 30 mantengono nei confronti di genitori e nonni. In Italia, quasi un cittadino su quattro tra i 15 e i 29 anni dispone di un reddito netto al di sotto del 60% della media nazionale. Un dato rilevante, se si pensa che il gap a livello europeo si assesta soltanto intorno al 20%. Non solo: la maggior parte dei 900mila posti di lavoro persi nel 2021 a causa dell’effetto Covid, riguardava proprio i nostri 20-30enni, così come l’enorme quantità di dimissioni registrare durante l’anno successivo.

Michele Bellini ha 31 anni, ha collaborato con Enrico Letta quando l’ex segretario del Pd insegnava a Sciences Po a Parigi ed è stato successivamente capo della segreteria del Partito democratico. «Per prima cosa dobbiamo intenderci bene su cosa sono i giovani oggi – osserva Bellini -. Non si tratta di un insieme omogeneo e indistinto, ma di un universo che al proprio interno tiene dentro necessità e aspirazioni diverse tra loro, che non possono essere semplificate. Avere 18 anni o averne 30 non è la stessa cosa, così come vivere a Milano oppure in provincia. Il problema delle politiche giovanili di questi anni è stato proprio quello di disegnarle ignorando troppo spesso la complessità e l’eterogeneità di questo mondo» dice Bellini.

Sulla diagnosi l’accordo tra i ricercatori è unanime, sul percorso da fare le risposte divergono.

Secondo Martinelli, «occorrerebbe un piano nazionale per i giovani, su base quinquennale. È necessario coinvolgere soggetti cruciali come il Terzo settore, che sta portando avanti progetti molto efficaci sul territorio, il Consiglio nazionale dei giovani e l’Inapp, l’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche, che potrebbe essere valorizzato nell’analisi dell’impatto generazionale relativo agli interventi legislativi». E poi, sullo sfondo, resta il Pnrr, che «non prevede nulla in particolare per i giovani».

Secondo Bellini, invece, «mettere i giovani al centro delle politiche pubbliche non significa fare misure a favore di una “specie protetta”, ma significa fare interventi che, dando priorità alle loro difficoltà, ambiscano a correggere le storture di un intero sistema». Il ricercatore cita come «esemplificativa l’esperienza francese, dove si tentò di creare un contratto specifico per i giovani; progetto naufragato perché non serviva un contratto specifico, ma (semplicemente) occorreva che ai giovani fossero date le medesime tutele e opportunità retributive presenti in un “normale” contratto di lavoro».

Resta poi l’ultimo aspetto, che in realtà è prioritario nella vita dei ragazzi: il desiderio di felicità, la propria realizzazione personale e la partecipazione alla vita della comunità. Inutile nascondere che l’aspetto più preoccupante resta quello della salute mentale, con un disagio segnalato in crescita dal 13,8% del 2019 al 20,9% del 2021, secondo i dati elaborati da Istat: sono circa 220mila gli adolescenti che si dichiarano «insoddisfatti» della propria vita e questo è un dato che si riflette anche sull’isolamento sociale, sulla progressiva chiusura all’esterno.

È quel sentimento di rassegnazione e scoraggiamento evocato dal rapporto del Toniolo, che si riflette, dal punto di vista socio-politico, in un progressivo straniamento verso la cosa pubblica: il 42% dei giovani tra i 18 e i 34 anni non ha votato alle ultime Politiche, sei punti in più rispetto al già altissimo tasso di astensione nazionale. Per questo, occorre rimettere questo universo dimenticato al centro del villaggio: per farlo, però, deve cambiare anche l’agenda della politica.

Parco accessibile a portatori di handicap

Una iniziativa di quelle che scaldano il cuore, dove anche una sola immagine racconta tutto. Con “Un Parco per tutti” torna il progetto a favore di giovani con disabilità e le loro famiglie. Un centinaio i ragazzi coinvolti.
“È sicuramente questo uno dei progetti più coinvolgenti e dei quali siamo orgogliosi – afferma Fausto Giovanelli, presidente del Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano – perché consente a tutte le persone di potere cogliere le eccellenze di un areale unico, cerniera tra Europa e Mediterraneo, tra Toscana ed Emilia. Grazie a questo percorso, per altro, diamo attuazione anche a quanto previsto dalla legge quadro sulle aree protette, la 394 del 1991, che chiede i parchi facciano il possibile per aprirsi all’accessibilità da parte di tutti. Ringrazio tutte le persone e i volontari coinvolti”.

Si inizia il 13 giugno a Ventasso, e i giovani coinvolti potranno ammirare, sino ad agosto, Pradarena, Succiso, la Pietra di Bismantova, Monteorsaro, il Rifugio Segheria, Cerreto e il Lago Pranda. Sono già alcuni anni che il Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano collabora con l’associazione Gast onlus attraverso diversi progetti (Gastoutdoor, Skigast, Summer Camp) a favore di persone disabili e delle loro famiglie che svolgono attività all’interno del territorio di tanti Comuni del Parco e della Riserva di Biosfera Mab Appennino.
L’associazione Gast onlus è dotata di ausili che permettono la fruizione dell’ambiente a persone con disabilità motorie per attività come trekking (grazie a due particolari attrezzature Joelette Ferriol-Matrat), ma anche ski – sci alpino per la stagione invernale.

“La nostra finalità principale – spiega Giacomo Cibelli presidente dell’associazione Gast onlus – è quella di rendere l’esperienza fruibile, e un’occasione di crescita personale delle attività in ambiente naturale. Infatti quando l’esperienza è positiva e adeguata, risulta determinante per incrementare l’autostima e fiducia delle persone sia nei propri mezzi che nel benessere psico-fisico e di apprendimento. Queste attività sono importati vettori di relazioni sociali intra e extra gruppo, oltre che occasione di sensibilizzazione e cultura delle differenze per gli operatori e abitanti dei luoghi coinvolti”.

Quest’anno le iniziative si svolgeranno il martedì e i protagonisti saranno i Centri Visita del Parco, i Rifugi e le Guide ambientali escursionistiche che grazie alla loro disponibilità e collaborazione accompagneranno gratuitamente oltre 100 ragazzi con disabilità fisica, intellettiva, relazionale, comportamentale e psichica alla scoperta dell’Appennino. Otto sono, pertanto, gli appuntamenti che si svolgeranno nell’estate in Appennino tra Emilia e Toscana cui si aggiungerà una giornata al mare. Inoltre, Gast onlus propone direttamente anche altre attività in collaborazione con i diversi operatori turistici del territorio del Parco. Per partecipare è possibile contattare l’associazione Gast onlus sul sito (gastonlus.org).
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Chiesa e Università, ascoltare i giovani

Gli anni dell’Università sono un tempo decisivo, fatto di incontri, esperienze, responsabilità, scelte. Un tempo in cui prende forma la vocazione personale, l’orientamento di fondo della propria vita.

In questo contesto si è tenuto l’Incontro nazionale degli studenti e dei ricercatori universitari che l’Ufficio nazionale per l’educazione, la scuola e l’università e l’Ufficio nazionale per la pastorale delle vocazioni della Cei hanno promosso dal 10 al 12 marzo ad Assisi, sul tema “Dove lo Spirito è di casa”.

L’appuntamento ha offerto un’occasione di fraternità e di ricerca comune, in cui ascoltare la Parola, la vita, le persone. Un passo importante anche per il Cammino sinodale della Chiesa italiana. A partire dall’Incontro di Assisi, abbiamo chiesto a Ernesto Diaco, direttore dell’Ufficio nazionale per l’educazione, la scuola e l’università, quali sono le prospettive future della pastorale universitaria.

Ernesto Diaco

Perché è stato importante l’appuntamento di Assisi?

L’Incontro nazionale di Assisi è stato importante per almeno due ragioni: la prima, perché, a differenza delle iniziative promosse negli anni scorsi, non ci siamo rivolti ai responsabili diocesani o ai cappellani universitari, ma direttamente agli studenti e ai ricercatori universitari, per i quali il convegno è stato pensato e strutturato.

La seconda ragione è che l’abbiamo esplicitamente collegato al Cammino sinodale della Chiesa italiana e, in particolare, al primo dei “Cantieri di Betania”, quello “della strada e del villaggio”, che prevede l’ascolto dei “mondi vitali” e dei contesti sociali e culturali in cui i credenti operano accanto alle altre persone.

Quali sono gli obiettivi di questo rinnovato interesse per il mondo universitario?

Il primo obiettivo è lo stesso del Cammino sinodale: avere occasioni di ascolto, di dialogo e di riflessione comune per cogliere le domande e i bisogni, ma soprattutto i contributi positivi, gli apporti che arrivano dai giovani stessi e le provocazioni emergenti dall’esperienza che loro fanno nel mondo della ricerca e della cultura. Inoltre, vogliamo mandare un segnale di attenzione non solo nei confronti dell’Università come struttura, ma delle persone che la abitano e la costruiscono ogni giorno.

La pastorale universitaria non è solo rapporto fra istituzioni, ma relazioni tra giovani e adulti, consacrati e laici, credenti e non credenti. Il dialogo tra Chiesa e l’Università avviene soprattutto nei territori, dove si promuovono momenti di approfondimento, di studio, di scambio reciproco. È importante dunque conoscere e sostenere tutte quelle occasioni che vedono le comunità ecclesiali e le Università incontrarsi in vari modi.

Nel dialogo riavviato con i giovani ad Assisi quali richieste sono emerse da parte loro?

Sia il dialogo in assemblea sia i laboratori sono stati molto partecipati e vivaci. Prendendo spunto dai “Cantieri” sinodali, abbiamo chiesto quando si sentono a casa nella comunità cristiana e come l’esperienza universitaria può provocare la pastorale della Chiesa. Nelle loro risposte i giovani hanno evidenziato il bisogno di essere accolti e ascoltati senza venire prima giudicati, l’importanza di essere accompagnati e valorizzati senza essere sfruttati e anche di essere presi sul serio. In una parola, di sentirsi amati. Di percepire l’abbraccio di Dio. C’è una grande richiesta di condivisione e di comunità, a volte si sentono anonimi anche nei luoghi ecclesiali.

Molti di loro esprimono delusione per quanto offre il mondo di oggi; per questo si aspettano proposte diverse e testimoni credibili. Ci chiedono sincerità e coerenza, una Chiesa che vada al senso delle cose, calandosi nella quotidianità e dando a tutti la possibilità di esprimere il proprio pensiero. Dal loro vissuto universitario traggono la proposta di incrementare il confronto della Chiesa con la scienza, l’economia, la cultura. Occorre “parlarsi di più”, insistono molto su questo punto. Personalmente, ho raccolto un forte bisogno di speranza, insieme alla disponibilità a essere loro stessi protagonisti di questa speranza.

L’appuntamento di Assisi è stato organizzato da due Uffici Cei…

Sì, l’Incontro nazionale è stato promosso insieme dall’Ufficio nazionale per l’educazione, la scuola e l’università e dall’Ufficio nazionale per la pastorale delle vocazioni. Non possiamo più lavorare da soli. A maggior ragione nel contesto della sinodalità e dopo il Sinodo dedicato ai giovani, che ha evidenziato come ogni esperienza formativa abbia una forte valenza vocazionale e di discernimento esistenziale.

Ad Assisi abbiamo pregato nei luoghi di San Francesco e Santa Chiara e riflettuto sulle parole della “Christus vivit”, dove il Papa scrive: “Tante volte, nella vita, perdiamo tempo a domandarci: ‘Ma chi sono io?’. Tu puoi domandarti chi sei tu e fare tutta una vita cercando chi sei tu. Ma domandati: ‘Per chi sono io?’”. Rispetto a questa domanda si apre un ventaglio molto ampio di risposte, che comprende sì la strada verso il sacerdozio e la vita consacrata, ma anche quella che passa dal matrimonio, dal modo di vivere lo studio e la professione, dall’impegno nella società… Una vita donata secondo le mille forme che la realtà provoca e che lo Spirito suscita nella vita quotidiana di ciascuno.

Dopo Assisi come proseguirete il cammino?

Abbiamo davanti diversi impegni. Il primo è quello di far arrivare al Comitato nazionale del Cammino sinodale il frutto di questo ascolto e dialogo con gli studenti universitari, cosicché la loro voce possa arrivare a chi elabora gli strumenti e le proposte per il prosieguo del Cammino sinodale. Una seconda direzione di lavoro l’hanno data i ragazzi stessi al termine dell’Incontro di Assisi, con la loro proposta di creare un’équipe nazionale per la pastorale universitaria che comprenda anche studenti universitari. Esiste già una Consulta nazionale che però non si dedica solo alla pastorale universitaria perché comprende tutto il mondo dell’educazione e della scuola. L’invito che ci viene dai ragazzi ci spinge a studiare le forme attraverso le quali, oltre a quanto già esiste, si possa realizzare un coinvolgimento diretto degli universitari anche a livello nazionale. Una terza linea da approfondire è quella di proseguire nella collaborazione tra i nostri due Uffici, in tutte le occasioni possibili, in modo che dall’Incontro di Assisi possa emergere qualcosa di nuovo sia per noi sia per le diocesi.

Come la Chiesa italiana può essere vicina gli universitari?

La Chiesa può essere vicina alle persone mettendo a loro disposizione altre persone. I nostri luoghi e ambienti, come possono essere le cappellanie, i collegi universitari e i centri pastorali diocesani, esistono per educare e accompagnare, ossia generare relazioni e momenti di incontro. Non è scontato far sì che, attraverso questi spazi e strumenti, i giovani possano incontrare adulti o altri giovani come loro con cui entrare in dialogo, instaurare amicizie significative e con cui condividere esperienze di formazione, di spiritualità e di condivisione, di riflessione sulle sfide culturali che l’esperienza in Università provoca nel mondo di oggi e in ciascuno di loro.

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Domenica 2 aprile, dalle ore 15.30, alcuni giovani di tutta la diocesi pronunceranno la Professione di Fede alla presenza del vescovo Giacomo in Cattedrale

Sarà un’occasione per ciascuno di noi di fare memoria della nostra storia personale e cercare in essa le occasioni, gli eventi, le parole, gli incontri e i testimoni attraverso cui Dio ci ha mostrato la sua cura e la sua presenza, riconoscendolo come Signore della nostra vita. Questo appuntamento, ormai diventato tradizione decennale per la nostra Chiesa diocesana, quest’anno si arricchisce dell’icona della Visitazione di Maria ad Elisabetta, scelta da Papa Francesco come tema della GMG. In quest’ottica, la Professione di Fede diventerà quindi l’occasione per scrivere e cantare insieme il nostro Magnificat sulla via verso Lisbona, scoprendo che la storia di ciascuno di noi, per quanto piccola, è dentro ad una più grande storia di salvezza.

Il tema scelto per quest’anno riprende il percorso di preparazione alla Giornata Mondiale dei Giovani: “Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente“. L’incontro è aperto a tutti i giovani dai 14 anni in su.

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In 1.800 verso Lisbona dalla diocesi di Reggio Emilia

Siamo milleottocento. Risale a pochi giorni fa la notizia aggiornata sul numero di iscrizioni alla Giornata Mondiale della Gioventù giunte nella nostra diocesi, e il numero è ancora in crescita verso i 1.900. Una cifra altissima e inaspettata, tra le più alte di tutta Italia, che non può non provocare un brivido di vertigine al pensiero di quando saremo tutti riuniti davanti al Santo Padre a Lisbona.

Concretezza, ascolto, credibilità: sono le richieste dei giovani alla Chiesa

Concretezza, ascolto, credibilità: sono queste le richieste principali emerse dai giovani nel dialogo dello scorso 4 febbraio con il vescovo Erio Castellucci, vicepresidente della Conferenza episcopale italiana, e Paola Bignardi, già coordinatrice dell’Osservatorio giovani del Centro Toniolo. Tre ore intense di confronto online, promosso dal ciclo di licenza della Facoltà teologica del Triveneto, sul tema «Serve la Chiesa?».

La voce delle giovani generazioni
Un gruppo di sei giovani – di età compresa fra 25 e 35 anni, provenienti dal Triveneto e dall’Emilia-Romagna – hanno riportato le domande elaborate nei focus group che hanno preceduto l’incontro. E sulle quali hanno sollecitato ripetutamente i relatori in un esercizio di teologia che ha voluto avviare un corso nuovo nell’approccio alle questioni.

Ministeri reali nei quali coinvolgere i laici; linguaggi adeguati al nostro tempo per comunicare il messaggio del vangelo; assenza dei giovani dalla vita della Chiesa; autenticità dell’annuncio; credibilità nelle parole e nei gesti concreti; attualità dei gesti del rito e della liturgia…

Le questioni, enormi, sollevate dai giovani non si sono potute contenere nello spazio di una mattinata, ma certamente hanno ottenuto il risultato di far comprendere alle istituzioni della Chiesa (accademiche e non) che non è più differibile l’ascolto di generazioni che cercano una Chiesa con il coraggio di esporsi sulle questioni che interpellano il mondo d’oggi, dall’omosessualità alla questione ecologica, tanto per citarne un paio.

I relatori hanno legato con alcuni fili le domande, provando a offrire un quadro di riferimento e alcune chiavi di lettura. In una Chiesa dove non si possono negare reti di abuso coperte e gestioni economiche sconsiderate, mons. Castellucci ha richiamato il punto chiave del rapporto fra identità cristiana e vocazione al dialogo, assieme al cardine della relazione: la pastorale più adeguata per la Chiesa è una rete di incontri.

Allacciandosi alla chiave della relazione, con cui molti giovani affermano di avere sostituito Dio e la Chiesa, Paola Bignardi ha esplorato la loro ricerca esistenziale e spirituale, fra una grande solitudine e un’inquieta ricerca del proprio io più profondo. Il viaggio verso Dio è originale, talvolta stravagante, certo non canonico, cioè basato su quanto ricevuto da catechisti ed educatori che avrebbero bisogno, a loro volta, di essere ri-formati. È forte e chiara la necessità di un passaggio da una formazione sostanzialmente trasmissiva a un’idea generativa della formazione.

Se la realtà è più importante dell’idea – ha ripreso Castellucci citando papa Francesco –, allora dobbiamo fare nostra un’ermeneutica pellegrina e un pensiero incompleto, concedendo il primato alla relazione sull’organizzazione, all’incontro sul programma, al volto sul comandamento.

La fatica della relazione chiede di rinunciare alle comodità del rigorismo e del relativismo: «Prendiamo ad esempio il caso dell’omosessualità. Fra la condanna e l’estrema libertà c’è la via, forse scomoda ma necessaria, dell’ascoltare e del camminare con le persone che vivono questa condizione, con le loro famiglie e chi li accompagna. Questo atteggiamento aiuterà ad approfondire anche la dottrina, per arrivare a una nuova sintesi».

Il ministero dell’ascolto
Il ministero dell’ascolto, aggiunge Bignardi, è una delle esperienze che potrebbero vedere il protagonismo e la creatività del mondo laicale, che ne fa già tanta pratica nella propria quotidianità.

Certo appare che il cambiamento difficilmente potrà venire dalle strutture gerarchiche della Chiesa, prosegue Bignardi. Verosimilmente si svilupperà piuttosto a partire da esperienze marginali ma vive che, moltiplicandosi, riusciranno a dare risposte vere ai problemi reali. E magari a esercitare una pressione sui livelli più alti, così da generare cambiamenti «normativi» per tutti.

Nuovi accessi alla fede e accompagnamento sono i termini inderogabili se si vuole contrastare il processo di allontanamento dei giovani, sempre più massiccio e accelerato. «Occorre studiare i fenomeni, ma anche accettare di stare dentro la provvisorietà e avere il coraggio di navigare a vista nell’attivare processi pur senza avere ben chiaro del tutto dove arriveremo. Anche questa è fede».

Ripartire dalle riflessioni maturate e riascoltare le domande dei giovani è la consegna che il dialogo ha lasciato ai partecipanti. La Facoltà intende ora proseguire il lavoro avviato, per andare più in profondità nella ricerca di mettere a fuoco l’idea di Chiesa dentro la quale le giovani generazioni desiderano stare.
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