La mostra. Cristiani pionieri di pace nel mondo arabo

Un’immagine di Gesù che guarisce il paralitico dipinta nel III secolo a Dura-Europos, in Siria, nella più anticadomus ecclesiae giunta fino a noi. Il preziosissimo manoscritto miniato dei Vangeli Rabbula, trascritti in siriaco nel monastero di Bet Zagba nel VI secolo e poi portati a Firenze dal patriarca maronita nel Rinascimento. Ma anche una mappa interattiva con i luoghi della vita di Gesù e le prime strade percorse dall’annuncio cristiano; un’installazione sonora per ascoltare gli inni delle liturgie dell’Oriente; i primi libri liturgici stampati con caratteri arabi all’inizio del XVII secolo. Sono solo alcuni dei pezzi forti della grande mostra che l’“Institut du Monde Arabe” di Parigi dedica alla presenza cristiana in Medio Oriente. «Cristiani d’Oriente. 2000 anni di storia» resterà aperta fino al 14 gennaio 2018 nella sede di questa prestigiosa istituzione culturale in rue des Fossés Saint-Bernard. Ed è un tentativo del tutto inedito di proporre in un unico sguardo la ricchezza di storie, riti e tradizioni diverse che contraddistinguono fin dalle origini la presenza delle Chiese in quello che oggi chiamiamo il mondo arabo.

Realizzata in collaborazione con l’Oeuvre d’Orient – lo storico sodalizio francese che dal 1856 sostiene concretamente la vita delle comunità cristiane in Medio Oriente – la mostra è un percorso che tiene insieme la storia e l’attualità di questa presenza. Assumendo un significato del tutto particolare nel contesto delle durissime prove che – dalla Siria fino all’Egitto – queste Chiese hanno vissuto negli ultimi anni.
Nell’era di un fondamentalismo jihadista che pretenderebbe di relegare al rango di una presenza straniera le comunità cristiane del Medio Oriente, il messaggio veicolato dall’iniziativa dell’Institut du Monde Arabe è infattila riscoperta del ruolo giocato dalle comunità cristiane nella storia della regione. E non solo nei primi secoli, ma anche nell’incontro tra il mondo arabo e la modernità. «Youssef Chahine, Edward Said, Albert Cossery, suor Marie Keyrouz, Khalil Gibran… Sono tutti arabi. E sono tutti cristiani – scrive presentando l’iniziativa Jack Lang, a lungo ministro della cultura in Francia e oggi presidente dell’Institut du Monde Arabe a Parigi -. A loro abbiamo dedicato conferenze, spettacoli, mostre, pubblicazioni… Stavolta però ci siamo riproposti una sfida mai raccolta finora da nessuna grande istituzione culturale e cioè presentare in un’unica mostra il cristianesimo d’Oriente da ogni prospettiva: storica, religiosa e culturale. Una rappresentazione che, dichiaratamente, si limita al mondo arabo (che pure è un campo immenso) – Terra Santa, Egitto, Libano, Siria, Giordania, Iraq -. E si sforza di presentare i cristiani d’Oriente nel loro pluralismo e in tutta la complessità dei loro duemila anni di storia».

Tante le opere arrivate appositamente a Parigi dal Medio Oriente e dai più importanti musei di tutto il mondo. Dai Musei Vaticani, per esempio, un frammento di una raffigurazione siriaca dell’Annunciazione realizzata tra l’VIII e il IX secolo; dalla Custodia di Terra Santa uno dei mosaici del Monte Nebo in Giordania, ma anche un firmano del 1397 con il quale il sultano mamelucco al-Malik al-Zaher Barquq permetteva ai frati di rifabbricare una parte crollata del complesso del Santo Sepolcro; dall’Egitto alcune testimonianze straordinarie sulla storia dei monaci del deserto; dal Libano alcune delle icone della Collezione Abou Adal, espressione del rinnovamento di questa forma d’arte sacra in era ottomana nel contesto delle nuove relazioni con l’Occidente.

Quattro le sezioni nelle quali è suddiviso il percorso: la prima è dedicata all’avvento e allo sviluppo del cristianesimo in Oriente: la predicazione di Gesù, la nascita delle Chiese, i grandi Concili dell’antichità. Nella seconda si indaga la vita delle comunità cristiane dopo la conquista musulmana, alla scoperta delle modalità attraverso cui i diversi riti cristiani sono sopravvissuti, ma anche delle interazioni avvenute col mondo musulmano. La terza sezione è dedicata al periodo tra il XV e il XX secolo, con le Chiese del mondo arabo come ponte tra l’Oriente e l’Occidente anche attraverso il loro grande contributo alla nascita di un nazionalismo arabo. Infine, nella quarta sezione, lo sguardo sul presente dei cristiani d’Oriente, con le loro sofferenze ma anche la loro vita quotidiana: a chiudere il percorso è lo sguardo di alcuni fotografi che in sei diversi Paesi arabi li hanno ritratti nei loro diversi volti, dalla vita nel salotto di casa alla devastazione lasciata dietro di sé dai jihadisti a Maalula in Siria, dai matrimoni ai militari che combattono il Daesh. «La presenza di tante opere magnifiche ci fa viaggiare attraverso la storia – conclude Jack Lang -. Ma la presenza di queste ultime testimonianze commoventi ci ricorda che la storia è carne e sangue. E non dobbiamo dimenticarcelo».

avvenire

Martirio e persecuzione: le storie raccontate dal cinema

Le storie di martirio e persecuzione anticristiana hanno spesso catturato l’attenzione del Cinema, nonostante siano soggetti complessi e dalle diverse sfaccettature. L’ultima grande pellicola su questo tema, che uscirà nelle sale italiane il 12 gennaio prossimo, è “Silence” di Martin Scorsese sui martiri giapponesi del XVII secolo. Per approfondire il rapporto fra il Cinema e i temi del martirio e della persecuzione, il servizio di Debora Donnini con gli interventi diSergio Perugini, esperto di cinema, che lavora presso la Commissione Nazionale Valutazione Film e l’Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali della Conferenza episcopale italiana

Parlare del martirio cristiano è parlare di una storia di amore, non di eroismo, un amore così forte per cui si è disposti anche a dare la propria vita. Uno dei film sulla persecuzione, che recentemente ha colpito molto anche il mondo laico, è stato “Uomini di Dio” del 2010. E’ la storia dei monaci trappisti di Tibhirine, in Algeria: una vita vissuta in una profonda armonia con la popolazione musulmana locale, deturpata però dall’insorgere del fondamentalismo. Un film dunque di straordinaria attualità, ci conferma Sergio Perugini:

“’Uomini di Dio’ è un film importante, che racconta l’uccisone di questi monaci in Algeria, figure straordinarie che hanno costruito un ponte di dialogo con l’Islam, una religione che conoscevano profondamente. Il film è soprattutto un atto d’amore e di pace perché, come ricorda Papa Francesco, non c’è violenza nella religione: è l’uomo che a volte sporca il senso della religione”.

Ci sono anche film dove centrale è la storia personale del martire, come quello sulla vita di Santa Teresa Benedetta della Croce, al secolo Edith Stein. “La settima stanza”, pellicola del 1994, racconta la sua vicenda: filosofa, allieva di Husserl, ebrea, si converte al cristianesimo. Si fa poi carmelitana e alla fine viene uccisa nelle camere a gas di Auschwitz. La sua storia è ripercorsa attraverso il suo pensiero e la vita spirituale: le sette stanze che l’anima attraversa per arrivare all’unione d’amore con Dio, tratte da Santa Teresa d’Avila. Quindi una visione cinematografica quasi mistica, che ha sullo sfondo un dramma che ha segnato la storia recente dell’Europa. Qual è la forza di questo film nel parlare del martirio?

“Il film ‘La Settima stanza’, del 1994, di Márta Mészáros, è un importante documento che racconta la storia di Edith Stein ma al tempo stesso è un film che offre il ritratto di una vita spesa per l’altro, di un cristiano che si è abbandonato all’abbraccio del Padre attraverso questo cammino sofferto. Nel percorso delle sette stanze, è molto interessante il ruolo della soglia: ogni volta che Edith fa un passo, un cambiamento nella propria vita – l’uscita da casa, l’allontanamento dall’Università, il portone del Carmelo, il vagone che la conduce ad Aushwitz – sono tutte porte che si chiudono alle spalle di Edith per sottolineare questo percorso di passaggio, fino all’ultimo momento in cui si lascia andare verso la camera a gas, a questa luce abbagliante. Ad un certo punto dice: ‘Ho paura, mamma’. Invoca la mamma, quella figura a lei molto cara con la quale si era creato inizialmente uno strappo per la rinuncia alla religione ebraica. Si tratta quindi dell’abbraccio di riconciliazione. È un film molto luminoso che, come ricorda mons. Dario Edoardo Viganò, ha anche un richiamo di tipo parabolico, un film che richiama anche la figura di Cristo”.

Da non dimenticare anche il film di Zanussi su San Massimiliano Kolbe, anche lui martire:

“Vita per la vita. Maximilian Kolbe” è una delle opere che tra l’altro verranno programmate nel 2017 da Tv2000, l’emittente della Conferenza episcopale italiana. La direzione di Paolo Ruffini ha voluto imprimere una crescita all’emittente potenziando la programmazione di film e di fiction, che affrontassero i temi sociale, ma anche le figure della Chiesa, che si sono spese per il Vangelo. Quindi penso a ‘Uomini di Dio’, a ‘Un Dios prohibido’, che sarà un’importante anteprima di Tv2000 con l’anno nuovo, ‘Maria Goretti’, fino anche a ‘Cristiada’ o ‘Per amore del mio popolo’ sulla vita di don Peppe Diana …”.

Ci sono poi film che mettono in rilievo l’impegno sociale: l’amore per Dio e le istanze di libertà si intrecciano inscindibilmente nella difesa dei più deboli che siano gli operai di Solidarnosc, nella vita del prete polacco, il martire, Jerzy Popielusko, o i bambini di Brancaccio da sottrarre alle grinfie della mafia, con il Beato don Pino Puglisi, fino ai poveri contadini oppressi dalla dittatura militare in Salvador e difesi dal Beato mons. Oscar Romero. Anche in queste storie di stampo più sociale si evidenzia la centralità dell’amore di Dio come fonte delle opere da loro compiute:

“Indubbiamente. Le opere citate sono racconti sociali dove spicca forte e luminosa la figura di un sacerdote che offre la propria vita, la propria carne per i poveri, per gli ultimi, per gli emarginati. È stato citato Popieluszko, sacerdote che scese in campo insieme ai lavoratori, agli emarginati, al movimento Solidarnosc. Lui stesso nei suoi scritti più volte ha detto: ‘Sto combattendo il male, non le vittime del male’, perché comunque non dimentica le parole di Gesù, e cioè l’invito a pregare sempre per i propri nemici. Penso anche a don Pino Puglisi, con il film di Roberto Faenza, ‘Alla Luce del sole’ del 2004, interpretato da Luca Zingaretti, che racconta la parabola di questo sacerdote che scende nelle vie di Brancaccio per sottrarre i bambini alla mafia e dare loro speranza. Ultimo ritratto è quello del vescovo Oscar Romero”.

Ci sono poi film in cui si narrano le persecuzioni di forte stampo anticlericale nel XX secolo, come “Un Dios prohibido” sui 51 clarettiani martiri, che furono uccisi durante la guerra civile spagnola. Forte, poi, l’interesse del Cinema anche per figure come Santa Giovanna d’Arco. Basti pensare che la Pulzella d’Orleans è stata protagonista di almeno 6 lungometraggi. Ma a conquistare il grande pubblico sono stati anche film del passato, che raccontano le prime persecuzioni della Roma imperiale, anche se con una sensibilità diversa, come il kolossal Quo Vadis, del 1951. E ancora si contano, tra gli altri, documentari come quello su Charles de Foucault e i Piccoli Fratelli di Liliana Cavani o il più recente Nassarah di Riccardo Bicicchi sul massacro dei cristiani in Medio Oriente. La settima arte non ha quindi snobbato soggetti a volte anche scomodi, anzi continua a interrogarsi sul sangue innocente versato nel martirio dove, come dice Papa Francesco, “la violenza è vinta dall’amore, la morte dalla vita”.

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Cristiani e musulmani in cammino

Domenica 31 luglio a Santa Croce, Pratofontana, Guastalla, Novellara e Scandiano gruppi di islamici hanno partecipato alle sante Messe delle comunità parrocchiali

Il Papa rifiuta l’equazione Islam uguale violenza e terrorismo. E per questo, nelle sue reazioni di condanna degli attentati non fa riferimento ai musulmani. “In ogni religione – afferma – ci sono piccoli gruppi fondamentalisti, ma non si può affermare che l’Islam nel suo complesso sia terrorista”.
Francesco ne ha parlato domenica 31 luglio con i giornalisti nella consueta conferenza stampa sul volo di ritorno a Roma dalla Polonia. Lo stesso giorno in cui in Francia e in Italia migliaia di musulmani hanno espresso la loro vicinanza ai cristiani partecipando alle Messe domenicali.

A pochi giorni dall’efferato omicidio di Rouen, nel quale ha perso la vita padre Jaques Hamel, il Consiglio francese del Culto musulmano ha invitato i responsabili delle moschee, gli imam e i fedeli islamici ad unirsi in preghiera con i “fratelli cristiani” nelle Messe domenicali. La stessa iniziativa è stata rilanciata in Italia da Ucoii (Unione delle Comunità Islamiche d’Italia) e Coreis (Comunità religiosa islamica italiana) e messa in atto in molte città italiane. La scorsa domenica gruppi di musulmani si sono uniti alla preghiera domenicale delle comunità di Santa Croce in città, Pratofontana, Guastalla, Novellara e Scandiano, anche se in diocesi non tutti i parroci hanno apprezzato l’iniziativa islamica.

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Fermare la Guerra. Leader religiosi cristiani, musulmani, yazidi e sabei hanno partecipato oggi pomeriggio alla preghiera per la pace

Nella Baghdad in cui, anche oggi,  tre esplosioni hanno causato  almeno 24  morti e decine di feriti, si è pregato per la pace. Lo hanno fatto, insieme, cristiani, musulmani e yazidi, chiamati dal patriarca caldeo Louis Raphael Sako  a unire i cuori e le voci per una preghiera interconfessionale nella chiesa dedicata alla Regina del Rosario a Baghdad. Parlando al sitoBaghdadhope, il patriarca della Chiesa ha spiegato che l’incontro di  “preghiera di pace per l’Iraq, la Siria e l’intera regione mediorientale” è stato un tentativo di muoversi in direzione “della pace per il nostro martoriato Paese”. La preghiera è diventata l’arma dei pacifici da contrapporre alla “cultura del settarismo” che si è diffusa in Iraq dopo la caduta di Saddam Hussein, con lo scontro fra sciiti e sunniti e l’irrompere sulla scena del terrorismo fanatico dell’Isis.  Proprio in queste ore l’esercito iracheno ha annunciato di essere entrato a Falluja, la città roccaforte dei militanti del califfato.

L’Anno giubilare della Misericordia e il Ramadan, il mese sacro di digiuno e preghiera islamico, sono “una opportunità per correggere le percezioni reciproche” e per “scegliere la via che conduce alla pace, alla riconciliazione” e a un “clima di fiducia”. È uno dei passaggi del messaggio lanciato dal Patriarca Caldeo Louis Rapahel Sako. Nel messaggio, divulgato da AsiaNews, Sako ha esortato i leader religiosi a unire gli sforzi per diffondere “la cultura della tolleranza”, rafforzare “i valori di appartenenza” alla nazione e “mettere al bando ogni forma di estremismo”.

Alla preghiera sono stati invitati i capi religiosi e alcuni diplomatici, ma – per motivi di sicurezza – non c’erano politici e uomini di Governo perché, ha spiegato il Patriarca, “sono sempre accompagnati da guardie  e soldati”.  Chi non ha potuto partecipare alla preghiera è comunque invitato a unirsi alla cerimonia, recitando questo testo redatto per l’occasione: “Signore, ne abbiamo avuto abbastanza di guerre, conflitti e distruzioni che ci hanno fatto orrore, ci hanno fatto apparire orribili ed hanno distrutto il nostro mondo. Uccidere non è altro che una deviazione dal Tuo piano divino perché l’uomo goda di una vita felice! Ti preghiamo Signore di illuminare i nostri leader politici, rinnovare i loro cuori in modo che possano superare le loro dispute ed i propri interessi, possano sostenere la bontà e l’amore ed essere strumenti di pace di cui abbiamo bisogno più di ogni altra cosa, specialmente in Iraq, in Siria e nella regione. Vogliamo vivere come fratelli e sorelle una vita felice e gioiosa dove non sia ingiustizia o guerra, morti o feriti, sfollati o migranti, senza casa o affamati. Madre Maria, sommergi i nostri cuori di pace e amore”.

Famiglia Cristiana

Papa: lo Spirito Santo ci fa cristiani “reali”, non “virtuali”

Lo Spirito Santo muove la Chiesa, ma per molti cristiani oggi è uno sconosciuto o perfino “un prigioniero di lusso”. E’ il monito lanciato da Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta. Il Pontefice ha sottolineato che lo Spirito Santo ci fa cristiani “reali” non “virtuali” e ha esortato i fedeli a lasciarsi spingere da Lui che ci insegna la strada della libertà. Durante la Messa, il Papa ha rivolto un pensiero speciale alle Suore vincenziane che lavorano a Casa Santa Marta, nel giorno della festa della loro fondatrice, Santa Luisa di Marillac. Il servizio di Alessandro Gisotti DALLA Radio Vaticana

“Non abbiamo nemmeno sentito che esiste uno Spirito Santo”. Papa Francesco ha preso spunto dal dialogo tra i primi discepoli ad Efeso e San Paolo per soffermarsi sulla presenza dello Spirito Santo nella vita dei cristiani. Anche oggi, ha rilevato, accade come a quei discepoli che, pur credendo in Gesù, non sapevano chi fosse lo Spirito Santo.

Lo Spirito Santo muove la Chiesa e ci fa testimoniare Gesù
Molti, ha detto, dicono di avere “imparato nel Catechismo” che lo Spirito Santo è “nella Trinità”, ma poi non sanno “più di questo sullo Spirito Santo” e si chiedono cosa faccia:

“Lo Spirito Santo è quello che muove la Chiesa, è quello che lavora nella Chiesa, nei nostri cuori, è quello che fa di ogni cristiano una persona diversa dall’altra, ma da tutti insieme fa l’unità. E’ quello che porta avanti, spalanca le porte e ti invia a dare testimonianza di Gesù. Abbiamo sentito all’inizio della Messa: ‘Riceverete lo Spirito Santo e mi sarete testimoni in tutto il mondo’. Lo Spirito Santo è quello ci muove a lodare Dio, ci muove a pregare: ‘Prega, in noi’. Lo Spirito Santo è quello che è in noi e ci insegna a guardare il Padre e a dirgli: ‘Padre’. Ci libera da questa condizione di orfano nella quale lo spirito del mondo vuole portarci”.

Lo Spirito Santo, ha proseguito, è “il protagonista della Chiesa viva: è quello che lavora nella Chiesa”. Il pericolo, ha avvertito, “è che quando non viviamo questo, quando non siamo all’altezza di questa missione dello Spirito Santo” riduciamo “la fede a una morale, a una etica”. Non bisogna fermarsi al compiere i Comandamenti e “niente di più”: “Questo si può fare, questo non si può fare; fino a qui sì, fino là no! E da lì alla casistica e ad una morale fredda”.

Non rendere lo Spirito Santo un “prigioniero di lusso”
La vita cristiana, ha ribadito Francesco, “non è una etica: è un incontro con Gesù Cristo”. Ed è proprio lo Spirito Santo che “mi porta a questo incontro con Gesù Cristo”:

“Ma noi, nella nostra vita, abbiamo nel nostro cuore lo Spirito Santo come un ‘prigioniero di lusso’: non lasciamo che ci spinga, non lasciamo che ci muova. Fa tutto, sa tutto, sa ricordarci cosa ha detto Gesù, sa spiegarci le cose di Gesù. Soltanto – lo Spirito Santo – non sa fare una cosa: cristiani da salotto. Questo non lo sa fare! Non sa fare ‘cristiani virtuali’ ma non virtuosi. Lui fa cristiani reali, Lui prende la vita reale così com’è, con la profezia del leggere i segni dei tempi e ci porta avanti così. E’ il grande prigioniero del nostro cuore. Diciamo: ‘E’ la terza Persona della Trinità’ e finiamo lì…”.

Riflettere su cosa fa lo Spirito Santo nella nostra vita
Questa settimana, ha soggiunto, “ci farà bene riflettere su cosa fa lo Spirito Santo nella mia vita” e chiedersi se ci “ha insegnato la strada della libertà”. Lo Spirito Santo, che è in me, ha aggiunto, “mi spinge ad andare fuori: ho paura? Come è il mio coraggio, quello che mi dà lo Spirito Santo, per uscire da me stesso, per testimoniare Gesù?”. E ancora, “Come va la mia pazienza nelle prove? Perché anche la pazienza la dà lo Spirito Santo”:

“In questa settimana di preparazione alla Festa di Pentecoste, pensiamo: ‘Davvero io ci credo o è una parola, per me, lo Spirito Santo?’. E cerchiamo di parlare con Lui e dire: ‘Io so che Tu sei nel mio cuore, che Tu sei nel cuore della Chiesa, che Tu porti avanti la Chiesa, che Tu fai l’unità fra tutti noi, ma diversi tutti noi, nella diversità di tutti noi’… Dirgli tutte queste cose e chiedere la grazia di imparare – ma praticamente, nella mia vita – cosa fa Lui. E’ la grazia della docilità a Lui: essere docile allo Spirito Santo. Questa settimana facciamo questo: pensiamo allo Spirito e parliamo con Lui”.

La visita a Lesbo. La preghiera: liberaci dall’indifferenza

Dio di misericordia,
Ti preghiamo per tutti gli uomini, le donne e i bambini, che sono morti dopo aver lasciato le loro terre in cerca di una vita migliore.
Benché molte delle loro tombe non abbiano nome, da Te ognuno è conosciuto, amato e prediletto.
Che mai siano da noi dimenticati, ma che possiamo onorare il loro sacrificio con le opere più che con le parole.
Ti affidiamo tutti coloro che hanno compiuto questo viaggio, sopportando paura, incertezza e umiliazione, al fine di raggiungere un luogo di sicurezza e di speranza.
Come Tu non hai abbandonato il tuo Figlio quando fu condotto in un luogo sicuro da Maria e Giuseppe, così ora sii vicino a questi tuoi figli e figlieattraverso la nostra tenerezza e protezione.
Fa’ che, prendendoci cura di loro, possiamo promuovere un mondo dove nessuno sia costretto a lasciare la propria casa e dove tutti possano vivere in libertà, dignità e pace.
Dio di misericordia e Padre di tutti, destaci dal sonno dell’indifferenza,apri i nostri occhi alle loro sofferenze e liberaci dall’insensibilità, frutto del benessere mondano e del ripiegamento su sé stessi.
Ispira tutti noi, nazioni, comunità e singoli individui, a riconoscere che quanti raggiungono le nostre coste sono nostri fratelli e sorelle.
Aiutaci a condividere con loro le benedizioni che abbiamo ricevuto dalle tue mani e riconoscere che insieme, come un’unica famiglia umana,siamo tutti migranti, viaggiatori di speranza verso di Te, che sei la nostra vera casa, là dove ogni lacrima sarà tersa, dove saremo nella pace, al sicuro nel tuo abbraccio.

da Avvenire

Siria: a Sadad tornano i cristiani espatriati in Europa

Nella città siriana di Sadad si registrano i primi ritorni di famiglie cristiane che erano espatriare in Eutropa per sfuggire alle violenze del conflitto. Lo riferisce ai media russi Suleiman al Khalil, sindaco della città situata nella provincia di Homs. “I cristiani che avevano lasciato la Siria per l’Europa cominciano a tornare a Sadad e anche in altre città” riferisce Khalil, aggiungendo che i ritorni sono favoriti dalla fiducia suscitata dal successo delle operazioni militari sostenute dalla Russia e dalla perdurante tenuta del cessate il fuoco concordato a Monaco di Baviera il 12 febbraio.

A Sadad compiuti massacri. Trovate fosse comuni
Sadad prima del conflitto era una città di circa 12mila abitanti, perlopiù cristiani assiri e siro ortodossi. Negli anni di guerra, almeno mille di loro erano fuggiti fuori dalla Siria, compreso l’arcivescovo Selwanos Boutros Alnemeh, metropolita siro-ortodosso di Homs e Hama. Secondo fonti ecclesiastiche locali, nell’ottobre 2013 durante la temporanea conquista della città da parte dei jihadisti di al Nusra, sarebbero stati compiuti massacri sulla popolazione civile, confermati dal ritrovamento di una fossa comune con almeno 30 cadaveri. Lo scorso novembre, anche i jihadisti del sedicente Stato Islamico (Daesh) avevano provato a riconquistare la città, attaccando i posti di blocco dell’esercito siriano.

Il rientro dei cristiani
Negli ultimi tre mesi – riferisce il sindaco Suleiman al Khalil – almeno cento cristiani di Sadad fuggiti fuori dalla Siria hanno fatto ritorno alle proprie case, e si attende presto il rientro di altri duecento. La città si trova a 14 chilometri dalla strada che unisce Damasco a Homs, ed è disseminata di ben 15 chiese. (G.V.)

Radio Vaticana