Questo il secondo articolo sulle ipotesi affinché le nostre liturgie siano più vivibili


Questo il secondo articolo sulle ipotesi affinché le nostre liturgie siano più vivibili.

Omelia. Il caso di don Marco Pozza è assai conosciuto. Ma in molte chiese ormai comincia ad essere utilizzata non solo la parola, ma anche l’immagine e il video, riconoscendo che se l’omelia deve risvegliare la fede dei partecipanti, una delle forme migliori per farlo è la presentazione di testimonianze concrete (brevi) che incarnano la Parola di quella liturgia. L’omelia deve rispondere ad alcune parole chiave: brevità, chiarezza concettuale, essenzialità delle idee, ma soprattutto calore emotivo e concretezza! Può un prete da solo essere capace di tutto questo?

Don Bosco faceva leggere le sue omelie a sua madre, prima di pronunciarle… Un giovane prete siciliano sta sperimentando una cosa interessante. Attraverso un social, nella settimana precedente la domenica, si fa arrivare brevi messaggi (max. 150 caratteri) dai parrocchiani che hanno aderito all’idea, di commento alla Parola della domenica successiva, che poi lui utilizza per “costruire” la sua omelia. Per ora una ventina di parrocchiani sono abbastanza fedeli, ma soprattutto danno a lui chiavi di lettura che arricchiscono molto il commento alla Parola. Forse che i fedeli non possono avere possibilità di aiutare il sacerdote nella costruzione dell’omelia? E quando i preti saranno solo di passaggio per celebrare e a fungere da riferimento per la vita della comunità dovrà essere un laico? Potrebbe fare lui l’omelia?

Preghiera dei fedeli. C’è stato un furto, di cui non abbiamo preso consapevolezza: le preghiere sono dei fedeli!!! Non di coloro che redigono e stampano per tutta Italia il foglietto “La domenica”. Questi hanno rubato alle parrocchie lo spazio affinché i fedeli davvero possano esprimere le loro intenzioni e unirle a quelle della Chiesa. Dobbiamo riconsegnare ai fedeli il modo di esprimere le proprie preghiere. Può essere depositando in un urna le preghiere o facendole arrivare via social nella mezz’ora precedente la messa. Non è necessario che a leggerle pubblicamente sia chi le esprime, ma basta un minimo di organizzazione. Non importa se sono in un italiano scadente o se teologicamente lasciano dei dubbi (pure quelle prestampate hanno problemi!); non è una gara linguistica o delle belle idee sulla fede! È solo che la vita deve entrare nella liturgia!!!

Silenzio. Il caro amico Fabio Colagrande, coordinatore della “Rete sulla via del silenzio”, già da tempo mi segnalava la necessità di lasciare spazi di silenzio anche durante la celebrazione eucaristica. Ad esempio, possiamo pensare che si possa esporre in “adorazione” l’ostia appena consacrata, con anche il sacerdote che, rimettendosi dalla parte dei fedeli, si inginocchia come loro? Basterebbero tre minuti di orologio! In silenzio… Oppure, più verso la meditazione, tre minuti di silenzio al termine dell’omelia o dopo la comunione, mentre su uno schermo appare la frase chiave delle letture… sperimentiamo e vediamo. Di certo le messe piene di parole e fatte di corsa, in cui i canti devono solo riempire i buchi, non aiutano la preghiera.

Preghiera eucaristica. Oggi abbiamo dieci preghiere eucaristiche a disposizione, sei delle quali sono state pensate per tematiche specifiche. Da quando c’è questa possibilità, le messe a cui partecipo viaggiano sempre tra il canone romano, la seconda preghiera, alcune volte la terza, raramente la prima sulla riconciliazione. Mai ho sentito pregare una delle quattro cosiddette “svizzere”. E non lo sottolineo tanto per amore di novità o cambiamento, ma perché lo specifico di ogni domenica può e deve vedersi non solo nelle letture, ma anche nella preghiera eucaristica. Perciò andrebbe davvero conosciuta tutta questa ricchezza e vissuta meglio.

Comunione. Nelle mani, in bocca, anche il vino, o senza distribuzione da parte del prete… quante discussioni pazzesche ed inutili sulle modalità con cui ricevere la comunione! Gesù Cristo ha spezzato il pane e lo ha distribuito senza tante preoccupazioni, così pure il vino. Le “precauzioni” non fanno altro che testimoniare come nelle nostre comunità il senso del valore dell’amore di Cristo per noi sia poco percepito. Altrimenti nessuno si permetterebbe di ricevere Cristo senza farci attenzione. Ma costruire delle regole affinché l’attenzione ci sia, non significa automaticamente educare al senso del valore dell’amore di Cristo per noi! Perciò semplicità, buon senso (merce rara oggi!), concretezza (il vino a tutti è impensabile!) e un minimo di organizzazione. Però intanto lavoriamo per rieducare alla presenza di Cristo.

Congedo. Nell’arco di quasi due anni, ogni tanto sono andato a messa presso una parrocchia della “bassa” Romagna (il versante verso Ferrara). Lì, ogni volta che sono andato, al congedo veniva indicato un gesto specifico per quella settimana, o domenica, a cui tutta la comunità veniva invitata a partecipare. Raccolte fondi, sottoscrizioni, partecipazioni a incontri, impegni caritativi verso situazioni di emergenza, locali e non, impegni di preghiera, ecc.. Nelle imminenze delle feste importanti poi, la comunità veniva sollecitata ad anticipare le letture della domenica della festa, in modo che ci fosse già un minimo di “riflessione” nelle persone.

Piccole tracce, piccole possibilità… criticabili, migliorabili, completabili… ma insomma da qualche parte dovremo pure iniziare.

vinonuovo.it