La lezione di don Milani «al servizio degli ultimi»

Chi è don Lorenzo Milani, priore di Barbiana, la sua storia in dieci punti  - Famiglia Cristiana

Un messaggio universale. Quello dell’umiltà e della povertà liberamente assunte, come è stato nella vita di don Lorenzo Milani. Lo ha ricordato ieri il Papa, citando il suo motto I Care. « Non è un generico “mi importa” – ha spiegato -, ma un accorato “m’importa di voi”, una dichiarazione esplicita d’amore per la sua piccola comunità; e nello stesso tempo è il messaggio che ha consegnato ai suoi scolari, e che diventa un insegnamento universale». Per questo quel motto «ci invita a non rimanere indifferenti, a interpretare la realtà, a identificare i nuovi poveri e le nuove povertà, ad avvicinarci a tutti gli esclusi e prenderli a cuore. Ogni cristiano dovrebbe fare in questo la sua parte».

Francesco ha ricevuto in udienza i membri del Comitato nazionale per il centenario della nascita del priore di Barbiana, presieduto da Rosy Bindi E all’udienza era presente il cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, che ha sottolineato: «Accogliamo l’invito del Papa a non restare indifferenti e ad accogliere ogni povertà». «Don Lorenzo ha vissuto fino in fondo le Beatitudini evangeliche della povertà e dell’umiltà – ha sottolineato il Pontefice nel suo discorso -, lasciando i suoi privilegi borghesi, la sua ricchezza, le sue comodità, la sua cultura elitaria per farsi povero fra i poveri. E da questa scelta non si è mai sentito sminuito, perché sapeva che quella era la sua missione, Barbiana era il suo posto».

Dunque la sua attualità è evidente anche in un’epoca diversa da quella in cui don Milani si trovò ad operare. «Mettere la conoscenza a servizio di quelli che sono gli ultimi per gli altri, i primi per il Vangelo e per lui», ha riassunto il Papa. «Con mente illuminata e cuore aperto Don Lorenzo – ha proseguito papa Francesco – comprende che anche la scuola pubblica in quel contesto era discriminante per i suoi ragazzi, perché mortificava ed escludeva chi partiva svantaggiato e contribuiva nel tempo a radicare le disuguaglianze. Non era un luogo di promozione sociale, ma di selezione, e non era funzionale all’evangelizzazione, perché l’ingiustizia allontanava i poveri dalla Parola, dal Vangelo, allontanava contadini e operai dalla fede e dalla Chiesa». In questo senso, sono ancora le parole del Pontefice, «la scuola è stato l’ambiente in cui operare per un fine grande, uno scopo che andava oltre: restituire la dignità agli ultimi, il rispetto, la titolarità di diritti e cittadinanza, ma soprattutto il riconoscimento della figliolanza di Dio, che tutti ci comprende ». In questo senso don Milani ha anche messo in atto la beatitudine evangelica «Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia». Perciò il Pontefice ha auspicato che l’impegno di diffusione capillare del suo messaggio, che il Comitato per il centenario della nascita sta mettendo in campo, faccia sì che la testimonianza di questo sacerdote arrivi a tutti.