Il Vescovo in dialogo con i giovani. Venerdì 22 febbraio, ore 20.45, 1° incontro in Cattedrale

Che a un vescovo stiano a cuore i suoi giovani non è una notizia sconvolgente. Suona, al contrario, piuttosto ovvia. Neppure stupisce che voglia incontrarli e parlare loro di Gesù. E tuttavia abbiamo percepito qualcosa di nuovo nell’entusiasmo con cui, appena messo piede in terra reggiana, il vescovo Massimo ha lanciato ai giovani questo invito.
Forse mai come oggi il tema dei giovani va di moda. Incontri, conferenze, dibattiti, analisi e previsioni vengono profuse a piene mani dagli esperti che indagano questa nuova generazione dai contorni nebulosi e dalle identità virtuali. Adulti che parlano con altri adulti di giovani che non ci sono. E se ci sono, come negli incontri a scuola, sonnecchiano, sbiascicando la gomma e navigando con i loro cellulari. Sempre connessi, ma con un altro mondo.
Invece il vescovo Massimo ha chiesto fin dall’inizio di poterli incontrare direttamente. Cosciente di aver l’età dei loro nonni e una congenita avversità all’universo digitale. Chiede di poter dialogare con loro, di avere uno spazio in cui proporre un nuova visione dell’esistenza: quella che nasce dall’incontro con Gesù.
È una mossa ardita. Non basta più sfondare il muro della distanza generazionale con un’energica spallata. Niente muri, oggi, tra adulti e giovani. Piuttosto una nube, inconsistente e caliginosa, che tutti avvolge, confondendo i contorni. Avventurarsi nella nube obbliga a rischiare l’insignificanza: il potente schermo protettivo che i ragazzi usano per difendersi da una realtà che – lo sanno bene – può rivelarsi dolorosa. Nella nube dell’insignificanza le parole sapienti suonano come vuote vibrazioni e le molteplici sensazioni si affastellano annullandosi a vicenda.
La parola del Vangelo è capace di penetrare la nube con un raggio di luce? È possibile narrare gli incontri di Gesù con i suoi contemporanei, facendoli rivivere nell’incontro di oggi con il Risorto? È questa la sfida che il vescovo Massimo ha deciso di affrontare in prima persona. È il dono – l’unico – di cui un pastore si sente debitore ai suoi giovani: accompagnarli all’incontro con Cristo.
Le strategie comunicative e le alchimie espressive cedono il passo. Solo la luce dell’incontro penetra la nube dell’insignificanza e la illumina di nuovi orizzonti. Il futuro allora non è soltanto l’attesa di una soluzione politico-strutturale ai problemi della disoccupazione, dell’integrazione, della giustizia sociale. Il futuro è una chiamata, una voce, una Parola che libera dalle spire del vuoto e apre all’avventura di una vita evangelica. I giovani reggiani hanno la possibilità di sentirla vibrare nel loro cuore e rispondere con generosità.
don Giordano Goccini – diocesi.re.it