Il segretario della Cei nelle zone colpite. Servono serietà decisione e risorse

L’Osservatore Romano

foto: Sir

(Paolo Giovannelli) Ormai per raggiungere Amatrice, dopo l’ultima scossa che ha lesionato il ponte a tre occhi, si fa un giro di circa cinquanta chilometri, passando per le frazioni di Scai, Torrita e il lago di Campotosto.
Un lungo e tortuoso giro che questa mattina è toccato anche al segretario generale della Conferenza episcopale italiana, il vescovo Nunzio Galantino. «Ho incontrato — ha dichiarato all’Osservatore Romano — i parenti delle vittime e tantissime persone che si stanno dando veramente da fare, sia delle istituzioni nazionali, sia delle realtà locali. È una grande fatica quella che tutti stanno facendo. C’è una grande solidarietà. Sono venuto qui, a nome della presidenza della Cei, per far sentire la presenza dei vescovi italiani, per stare vicino al vescovo di Rieti, monsignor Domenico Pompili, alla Chiesa locale e alla popolazione e per assicurare la nostra preghiera».
Monsignor Galantino ha assicurato che la Chiesa farà tutto il necessario per quanto la riguarda, d’intesa con le istituzioni, per aiutare la popolazione, in modo che la preghiera e la vicinanza si facciano concretezza. «Si vigilerà tutti, questo è un compito che spetta a ogni cittadino e alle istituzioni — ha sottolineato — per evitare errori che probabilmente sono stati commessi nel passato, affinché le persone non vengano derubate due volte della loro speranza; la prima dall’evento sismico, la seconda a causa di meccanismi che potrebbero non funzionare bene». Inoltre, il segretario generale della Cei ha affermato: «Credo comunque che, in questa situazione specifica, ci sia la disponibilità da parte di ognuno a non strumentalizzare questo drammatico momento, proprio quando servono serietà, decisione e risorse».
Nelle tendopoli allestite in Umbria, Lazio e Marche sono accolti oltre 2100 terremotati. Il numero degli sfollati è comunque più alto: c’è chi possiede una seconda casa altrove e si è già allontanato o è stato ospitato da parenti; altri dormono in auto o in tende private, piazzate nei pressi delle abitazioni lesionate.
Il direttore della Caritas italiana, don Francesco Soddu, anch’egli presente a Rieti e Amatrice, ha detto all’Osservatore Romano: «Ci siamo messi al servizio della struttura ecclesiale per cogliere le esigenze immediate e quelle future della gente. Stiamo già cercando le persone adatte per affiancare i direttori diocesani, per meglio interpretare quelle che saranno le esigenze reali della popolazione». E ha assicurato: «Com’è nel nostro stile dedicheremo la massima attenzione alla comunità affinché la stessa, in questa prova durissima, non si disgreghi. Le persone devono avere il sostegno più importante».
Monsignor Domenico Pompili è il vescovo di Rieti: «Le persone colpite sono purtroppo tante, un numero esorbitante poiché il sisma si è verificato nella settimana centrale delle ferie estive, che sarebbe culminata nella sagra dell’amatriciana, manifestazione simbolo di questa terra di pastori che, fra gli anni cinquanta e sessanta, emigrarono, soprattutto verso Roma. La cifra di oltre 250 morti sta a significare una presenza che si era triplicata, in un’area normalmente popolata da circa 2600 persone. Anche Accumoli, un centro minore ma con le stesse caratteristiche di Amatrice, è stato colpito al cuore. Un dolore indescrivibile per un’enorme massa di persone che ha un legame molto marcato con questi luoghi. Due sono le cose da fare in questo momento: la prima è stare accanto alle persone, in particolare a quelli che restano, per lo più anziani: a essi sarà garantita vicinanza e presenza. Il retropensiero che sta nelle teste di tutti è cosa succederà dopo questo primo comprensibile momento di emozione collettiva. Occorrerà essere presenti soprattutto quando l’autunno e l’inverno inizieranno “a mordere” a circa mille metri di altitudine».