Il catechista. Chi custodisce e alimenta la memoria di Dio. Sartor: è chiamato a essere veicolo di misericordia

Avvenire
(Gianni Cardinale)  «Il catechista è colui che custodisce e alimenta la memoria di Dio; la custodisce in se stesso e la sa risvegliare negli altri». È nella scia di queste parole di papa Francesco che si è aperto ieri a Roma il Convegno nazionale dei direttori e collaboratori degli Uffici catechistici diocesani. Una tre giorni di confronti sui temi dell’ iniziazione cristiana che culminerà domani con la partecipazione alla Messa in piazza san Pietro per il Giubileo dei catechisti. L’ evento è stato introdotto da monsignor Paolo Sartor, direttore dell’ Ufficio catechistico nazionale (Ucn) che ha sottolineato come al popolo dei circa 130mila catechisti che animano le 26mila parrocchie italiane sia richiesta «una catechesi che sia veicolo di misericordia». «Speriamo di aver appreso anche grazie alla testimonianza del Santo Padre – ha aggiunto – l’ idea della misericordia e quindi l’ augurio ai catechisti è che sappiano sempre proporre una catechesi che sia veicolo di misericordia ». La relazione di apertura del Convegno, che vede la presenza di 300 rappresentanti degli Uffici catechistici nazionali, è stata tenuta dal cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del pontificio Consiglio della cultura. Il porporato – presentato da don Dionisio Candido, responsabile del settore Apostolato biblico dell’ Ucn – ha parlato su ‘Narrazione della Scrittura e generazione alla fede’. Quattro i ‘punti cardinali’ sviluppati. La ‘narrazione archetipica cosmica’ che invita a ritornare alla contemplazione del creato. La ‘narrazione storica’, la più importante, che si esprime nella stessa struttura dei libri storici e profetici e nei Vangeli. La ‘narrazione simbolica’, caratteristica del linguaggio teologico biblico per cui simbolo e messaggio sono tra loro compatti e non scindibili. Infine la ‘narrazione dialogica’, strumento fondamentale della comunicazione degli uomini e delle donne tra loro e con Dio. In pratica, ha spiegato a margine il porporato, «si tratta di essere capaci di unire due componenti che sono fondamentali per chi deve comunicare. Prima di tutto il linguaggio: è importante essere capaci di raccontare, non soltanto di ragionare, e di fare come faceva Gesù che usava le parabole, partiva dalla realtà della gente e saliva verso il Regno di Dio. Non è facile comunicare con un linguaggio che coinvolga i giovani perché vuol dire conoscerli bene e conoscere bene la loro grammatica». E poi «bisogna saper individuare i veri contenuti, non accontentarsi dei luoghi comuni, anche religiosi, ma essere capaci di unire i grandi problemi di oggi (la crisi economica, le dipendenze…) con le grandi domande sul senso della vita, della morte, di Dio, l’ amore, la verità, la giustizia». La prima giornata di lavori è iniziata con un momento di preghiera. Dopo la relazione del cardinale Ravasi si sono riuniti quattro gruppi di lavoro per aree coordinate dal vescovo di Alghero-Bosa Mauro Maria Morfino, da Franca Feliziani Kannheiser, da Enzo Biemmi e da Pierpaolo Triani. Le conclusioni sono state tirate da don Salvatore Soreca, aiutante di studio dell’ Ucn. Oggi i lavori si aprono con la Messa presieduta dal vescovo di Brescia Luciano Monari, presidente della Commissione episcopale per la dottrina della fede, l’ annuncio e la catechesi. Tra le relazioni previste quella dell’ arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice.