Così l’ultima «Meditatio ante Missam» quaresimale a Reggio Emilia

Tratto da La Libertà n. 9
6 marzo 2024
10 marzo 2024 – ore 17.45
Meditatio in Passione Domini
Cattedrale di Reggio Emilia

Popule meus – Giovanni Pierluigi da Palestrina (1525-1594)
Una Hora – Orlando Di Lasso (1532-1594)
Tenebre facte sunt – Tomas Luis da Victoria (1548-1611)
And the mother did weep – Karl Jankins (1944-viv.)

Con l’ultima meditatio del tempo di Quaresima e dopo aver contemplato la grazia del giovedì santo, siamo ora davanti alla Passione Domini. Le musiche della tradizione, unite a sonorità più contemporanee a noi, accompagneranno questa meditazione che parte dalle parole cariche di significato del Popule meus, secondo la realizzazione di Giovanni Pierluigi da Palestrina (cfr. mercoledì delle Ceneri). Pur essendo previsto per il giovedì Santo, il clima tragico che lo contraddistingue, ci fa immedesimare in quelle ore inoltrate quando, uscito dalla stanza posta al piano superiore, Gesù si incammina verso il Getsemani. Nello specifico, il brano proposto, fa parte di quei testi liturgici denominati “improperi”, nei quali si immagina un dialogo fra Gesù e il popolo nel cui inizio si pone una simbolica domanda all’umanità: “Popolo mio che cosa ti ho fatto? O in che modo ti ho rattristato? Rispondimi”. Quasi come se fosse un pianto, questa musica ha la capacità di muovere la nostra interiorità, permettendoci di rimenare intimamente uniti, nella commemorazione, alla Passione di Gesù.

Dal cosiddetto Ufficio delle Tenebre viene estrapolato il brano di Orlando di Lasso Una Hora. Dopo aver musicato le parole tratte dalle Lamentazioni di Geremia (cfr. eventi della caduta di Gerusalemme e successiva deportazione a Babilonia), parte della struttura in cui si articola l’ufficio, il compositore si sofferma anche sul dialogo di Gesù rivolto ai discepoli nella notte tra il giovedì e il venerdì. L’umanità intera e di tutte le epoche è ora interpellata da queste parole. Composizione, questa, molto suggestiva, se si pensa a come veniva svolto l’ufficio delle tenebre. La particolarità di questa celebrazione consisteva nella suggestiva pratica di spegnere progressivamente 15 candele, poste su un candeliere triangolare, al canto di ciascun salmo: le candele rappresentavano idealmente le figure di Gesù Cristo, degli apostoli (senza Giuda Iscariota) e delle tre Marie; al termine del Benedictus l’ultima candela non veniva spenta ma era celata dietro l’altare, ad indicare così l’arresto di Gesù, in modo tale che la chiesa rimanesse nella quasi totale oscurità – le Tenebre, per l’appunto.

Con il Tenebrae factae sunt (T. L. da Victoria), pur rimanendo in un’atmosfera di oscurità, ci si trova nel momento della morte di Gesù in croce: “Si fece buio, quando i Giudei crocifissero Gesù e verso le tre del pomeriggio Gesù gridò a gran voce…”. Particolarmente toccante è il crescendo che accompagna l’esclamazione di Gesù: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”, lasciato quasi in sospeso in quanto sappiamo che a quella domanda non corrisponderà subito una risposta. Ritornando ad un clima più confidenziale, vengono poi esposte le parole di affidamento: “Padre, nelle tue mani affido il mio Spirito”, per poi chiudersi nel momento in cui, “chinato il capo, spirò”.

Con Karl Jenkins, compositore inglese vivente, si arriva all’ultimo ascolto di questa sezione nella quale ci troviamo a contemplare ancora la Vergine Maria: And the mother did weep (E la Madre pianse), sempre nel contesto dello Stabat Mater. La composizione comprende una singola linea melodica, cantata nelle lingue inglese, latino, greco, aramaico ed ebraico. Tradizionalmente gli “Stabat Mater” si concentrano sulla sofferenza della Madonna al momento della crocifissione di Gesù, ma a differenza della maggior parte degli adattamenti del testo, Jenkins usa anche lingue diverse dal latino, inserendo le lingue principali dell’epoca e persino l’inglese per rendere la comprensione internazionale e poter “parlare” ad ogni cuore.
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