Emergenza. Bloccati all’estero 500 bimbi italiani adottati

Sos delle famiglie Viaggi bloccati causa Covid dalla Cina, ma anche da Filippine, Colombia, Russia e da altri Paesi. Si sta pensando a un intervento europeo. Ma i tempi s’allungano

Sono 37 le famiglie italiane in attesa di abbracciare il figlio adottato in Cina

Sono 37 le famiglie italiane in attesa di abbracciare il figlio adottato in Cina – .

Ci sono 500 bambini italiani che attendono di sbarcare nel nostro Paese per abbracciare le loro nuove famiglie. Il viaggio dall’Asia, dall’Africa o dall’America latina in questo tempo di pandemia non è dei più agevoli. Ma questi piccoli, italiani a tutti gli effetti perché le pratiche adottive sono concluse per la maggior parte di loro, hanno il diritto di essere aiutati insieme ai loro genitori. Va premiato il coraggio di tante madri e tanti padri disposti ad affrontare costi e sacrifici che non è mai semplice quantificare. Va riconosciuto il valore civile e sociale di un gesto che va ben oltre l’ambito familiare.

Va sostenuta la volontà di queste famiglie di aiutare bambini problematici, special needs secondo la definizione tecnica, come capita sempre più spesso nell’adozione internazionale, non con qualche sostegno episodico, ma aprendo per sempre le porte di casa, la scelta più impegnativa, dove risuona un ‘per sempre’ che oggi fa tanta paura. «Siamo in attesa ormai da settimane, ma sembra che non ci siano segnali incoraggianti», spiega Valeria R. che con il marito Giorgio ha già adottato sette anni fa in Cina un bambino che oggi ha 9 anni. A gennaio 2020 la Cai (Commissione adozioni internazionali) ha comunicato loro l’abbinamento con un bambino di 2 anni e mezzo. Per completare l’adozione sarebbe stato necessario raggiungere la Cina. Poi l’emergenza Covid ha fatto saltare ogni progetto.

Nelle stesse condizioni ci sono altre 36 famiglie, tutte con un nuovo figlio cinese. E altre decine attendono di poter partire per Filippine, Colombia, India, Russia e verso altri Paesi dove ci sono bambini italiani – circa 500 secondo una stima che arriva dagli enti autorizzati – che per le famiglie adottive sono già figli a tutti gli effetti, perché a lungo cercati, attesi, voluti. Non poche famiglie hanno avviato le pratiche adottive 5 o 6 anni fa e versato cifre che vanno dai 15 ai 30mila euro.

Chi tutela queste fatiche e queste speranze sospese? Gli enti autorizzati per le adozioni internazionali – nel nostro Paese sono 47 – si dichiarano impotenti. La Cai ha pubblicato sul proprio sito un comunicato in cui si spiega di aver avviato «contatti con le principali Autorità centrali europee che hanno espresso analoghe difficoltà in materia di visti e voli» e si sta valutando la possibilità di avviare «una interlocuzione unica».


I numeri che segnano le tappe del declino

969
Adozioni concluse in Italia nel 2019 Per la prima volta da oltre 20 anni sotto quota mille

262
Adozioni concluse in Italia da vari Paesi esteri tra gennaio e giugno di quest’anno

700
Il numero di adozioni previste per il 2020 (se i piccoli in attesa riusciranno ad arrivare in Italia)


Ma quanto tempo sarà necessario? Quando la politica parla di ‘valutare le possibilità’ vuol dire solitamente – è il timore delle famiglie – mesi e mesi. Quindi poche informazioni, a volte in contrasto le une con le altre. Secondo le procedure ordinarie per completare la pratica adottiva in Cina servirebbe una permanenza di tre settimane. Ma, visto che sarebbe necessaria la quarantena, bisogna metterne in preventivo altre due. Costi previsti per due persone circa 20mila euro. Ed è indispensabile un permesso di soggiorno che in questo periodo le autorità cinesi – come quelle di tanti altri Paesi – non sono disposte a rilasciare. Per sbloccare la situazione servirebbe un accordo bilaterale tra ministeri degli Esteri con la volontà di rivedere le procedure, sveltire le pratiche, magari risolvere tutto on line. Se ci fosse questo impegno si potrebbero coalizzare le forze e organizzare un unico viaggio per tutti i bambini. Nel maggio 2014 il governo Renzi mandò l’allora ministro Maria Elena Boschi in Congo per accompagnare nel nostro Paese 31 bambini diventati italiani grazie all’adozione. Perché non tentare viaggi analoghi, pur tenendo conto delle accresciute difficoltà determinate dal Covid? La ragione sembra purtroppo evidente.

Oggi l’interesse della politica per l’adozione internazionale, al di là delle dichiarazioni ufficiali, sembra ai minimi termini. La Cai non ha ancora un vicepresidente operativo – la presidenza è formalmente in mano al ministro Elena Bonetti – e neppure un direttore generale, dopo la scelta dei rispettivi titolari di andare in pensione. Lo si sapeva da tempo, eppure nessuno si è preoccupato di accelerare la sostituzione. Per la vicepresidenza c’è stata ad agosto la nomina di Vincenzo Starita, magistrato di lungo corso, apprezzato per la sua competenza nell’ambito minori. Ma si attende ancora il via libera del Csm e, nel frattempo, la commissione che negli ultimi tre anni è stata affidate alla professionalità di Laura Laera – rimarrà nella commissione come ‘esperta’ – è stata costretta a rallentare tutto.

Avvenire

Africa. Liberati in Mali padre Pierluigi Maccalli e Nicola Chiacchio

Il missionario, rapito in Niger 2 anni fa, è stato rilasciato con il turista italiano e altri due ostaggi. Con loro sono tornati liberi anche una cooperante francese e un ex ministro del Mali.
Liberati in Mali padre Pierluigi Maccalli e Nicola Chiacchio

Padre Pierluigi Maccalli è stato liberato. A due anni esatti dal suo rapimento in Niger, il missionario italiano è ora libero, insieme con il turista italiano Nicola Chiacchio e altri due ostaggi, la cooperante francese Sophie Pétronin e un ex ministro del Mali, Soumaila Cisse. Lo ha annunciato la presidenza del Mali, dove è avvenuta la liberazione dei quattro ostaggi caduti in mano a terroristi fondamentalisti.

Il rientro dei due italiani in patria dovrebbe avvenire domani pomeriggio.

Padre Maccalli, della Società delle Missioni Africane (SMA), attivo nella diocesi di Niamey in Niger, era stato nella notte tra il 17 e il 18 settembre 2018. Jihadisti forse provenienti dal Mali o dal Burkina Faso i suoi rapitori, ma sulla loro identità e scopi una cappa di dubbi e silenzio.

Originario della diocesi di Crema, dove è nato nel 1961 e dove è stato ordinato sacerdote nel 1985, già missionario in Costa d’Avorio per vari anni, padre Maccalli, nato nel 1961, prestava la sua opera nella parrocchia di Bomoanga. Dedito all’evangelizzazione e alla promozione umana, si era speso anche per contrastare le pratiche cruente legate alle culture tradizionali, come la circoncisione e l’escissione delle donne. In Niger è arrivato nel 2007, e si è sempre dedicato all’opera missionaria presso il popolo gurmancé, nell’annuncio del vangelo, nell’organizzazione delle piccole comunità cristiane, nella costruzione di scuole rurali e ambulatori medici, nella promozione femminile e nello scavo di pozzi nei villaggi disseminati sul territorio della parrocchia di Bomoanga.

Il sequestro avvenne una settimana dopo il suo rientro da un periodo di vacanze in Italia.

La Missione di Bomoanga è presente dagli anni ’90 con un impegno di promozione e sviluppo attraverso le sue “cellule di base” o CSD (Comité de Solidarité et Developpement) nei villaggi vicini, afflitti da povertà endemica, problemi di salute e igiene, analfabetismo diffuso e carenza di strutture.

Dal 18 settembre 2018, oltre alle indagini si erano succedute le preghiere pubbliche promosse dalla SMA spesso su base interreligiosa, cui hanno partecipato anche fedeli musulmani a testimonianza del generale apprezzamento per l’opera di padre Maccalli.

Secondo il missionario padre Mauro Armanino, che svolge il suo servizio a Niamey, il Niger soffre di un “effetto contagio” dal Mali e dalle attività nigeriane di Boko Haram. Un clima di maggiore instabilità fomentato dall’aggravamento della situazione economica del Paese, che ha colpito agricoltori e allevatori mettendo a dura prova equilibri etnici e sociali.

Un video di soli 24 secondi, arrivata indirettamente ad Avvenire nell’aprile 2020, dava prova che il missionario era ancora vivo. Il gruppo jihadista che ha contattato indirettamente il nostro quotidiano non si era però identificato. Assieme a padre Maccalli nel video c’era anche Nicola Chiacchio, un altro connazionale che stava attraversando la zona per motivi turistici e di cui si erano perse le tracce. i due ostaggi nel filmato erano seduti uno di fianco all’altro. Maccalli si trovava a sinistra con gli occhiali scuri, la sua abituale barba bianca e folta, e un vestito tradizionale. Chiacchio era anche lui vestito tradizionalmente e con la barba lunga. Entrambi apparivano dimagriti. Il gruppo jihadista, che aveva contattato indirettamente Avvenire, non si era identificato.

Il lavoro dell’Intelligence italiana. L’intervento che ha portato alla liberazione dei due italiani, condotto con successo dal personale dell’Aise (Agenzia informazioni e sicurezza esterna) con la preziosa collaborazione delle autorità e dei servizi maliani, si è concluso dopo intense attività di intelligence realizzate in contesti territoriali caratterizzati da estrema complessità e pericolosità. Lo afferma la Farnesina che sottolinea come “il buon esito dell’operazione, oltre a mettere in luce la professionalità, le capacità operative e di relazione dell’intelligence, ha evidenziato anche l’eccellente opera investigativa dell’Autorità giudiziaria italiana ed il prezioso lavoro svolto dalle donne e degli uomini del ministero degli Affari Esteri e dell’intera Unità di Crisi della Farnesina”.

Il governo maliano non ha fornito informazioni sulle dinamiche della liberazione. Una fonte anonima ha riferito alla France Presse che la liberazione degli ostaggi è stata una contropartita per il “rilascio di terroristi” e che la trattativa con i jihadisti “non è stata semplice”.

Gli altri due rapiti. La cooperante francese Sophie Petronin e il politico maliano Soumaila Cissè sono stati liberati dalla prigionia dei jihadisti nella stessa operazione che ha portato alla liberazione di due ostaggi italiani. Lo riferisce il profilo Twitter del governo di Bamako. Il presidente francese Emmanuel Macron ha espresso “enorme sollievo” per la notizia. Petronin era stata rapita il Natale 2016 nella città di Gao. Cissè, 70 anni, ministro delle Finanze dal 1993 al 2000, era stato invece rapito il 26 maggio scorso. Voci sull’imminente liberazione di Petronin e Cissè erano state diffuse dai media nei giorni scorsi.

Avvenire

Covid: Garante detenuti, non si degeneri in isolamento totale

“Dobbiamo prestare attenzione per fare in modo che il virus non entri nelle carceri ma, nelle stesso tempo, non possiamo degenerare in un isolamento totale. Lo ha detto Mauro Palma, Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà, intervenendo in video-conferenza all’incontro dal titolo “Il carcere e la prevenzione del contagio: proseguire in sicurezza” nell’ambito del Forum Mediterraneo e Sanità organizzato nella Fiera del Levante di Bari. “Le carceri sono oggi il luogo della doppia ansia – ha detto Palma – , quella per i posti angusti e quella per ciò che potrebbe avvenire. La vita del carcere non può essere vuota me dobbiamo fare in modo che il tempo abbia significato”. (ANSA).

 

PG AL CSM, ‘PALAMARA SIA MESSO FUORI DALLA MAGISTRATURA’

PROCESSO DISCIPLINARE, LA PROCURA PER LA MASSIMA SANZIONE Condannare Luca Palamara alla sanzione massima prevista, la rimozione dall’ordine giudiziario. È la richiesta della procura generale della Cassazione al processo davanti alla Sezione disciplinare del Csm in cui il pm romano, già sospeso dalle funzioni e dallo stipendio e imputato per corruzione a Perugia, deve rispondere di comportamenti gravemente scorretti verso i colleghi che concorrevano per il posto di procuratore di Roma e di una strategia di discredito nei confronti del procuratore aggiunto della capitale Paolo Ielo. Al centro dell’accusa c’è soprattutto la vicenda della riunione notturna all’hotel Champagne di Roma del 9 maggio del 2019.(ANSA).