BIBBIA E LITURGIA Chi guarda chi?

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Le letture di questa domenica sembrano proporci quasi il gioco del “chi guarda chi”. È infatti possibile, a mio avviso, chiedersi di ogni personaggio presente in questi testi chi e che cosa stia guardando e anche il perché.

Cominciando da Abramo nella Prima Lettura, sicuramente possiamo dire che il suo sguardo è rivolto ai tre uomini che vede comparire davanti all’ingresso della sua tenda; certamente li vede come ospiti e non ci è dato sapere dal testo se li veda già come inviati dal Signore per Lui, come poi si capirà. Stranamente però, oltre a guardarli per offrire loro una curatissima ospitalità, di cui si fa egli stesso carico, assieme a Sara e ad un domestico, Abramo continuerà a “guardarli” anche quando essi mangiano e sta “in piedi presso di loro sotto l’albero”, come dice il testo. Non parla più Abramo qui, ha parlato solo per accogliere ed invitare, secondo l’uso del suo tempo, ora semplicemente “sta”, creando quello spazio di accoglienza e ascolto che dopo il suo dono a loro, farà spazio al grande dono di Dio per lui portato da quei messaggeri: un figlio nel grembo di Sara, il più grande dei suoi sogni e il più ardito dei suoi desideri.

Abramo ci appare quindi, a mio avviso, un po’ Marta e un po’ Maria, anticipando così il brano del Vangelo che segue, e che sembra dolcemente continuare questa prima lettura così densa e pregna di accoglienza data e ricevuta… Infatti è certamente maestro nel dare nella sua generosa ospitalità, ma è soprattutto l’uomo umile che vive in quello che è anche un bisogno profondo, quello di un maschio ebreo senza discendenza, il quale viene ora visitato da Dio e ascoltato nella sua più grande preghiera. Vive nel bisogno, ma sa trasformarlo nell’atteggiamento umile del desiderio, che attende e accoglie a tempo debito.  Viene da chiederci se anche noi sappiamo trasformare i nostri bisogni urgenti in desideri che ci aprono alla libertà dell’attesa.

Ugualmente nel Vangelo, se rimaniamo nel gioco di capire quali sguardi abbiano i vari personaggi, leggendo tra bisogno e desiderio, non possiamo non vedere come il primo e uniformante sguardo sia quello di Gesù che continua ad essere in cammino. Il contesto del brano ci dice infatti che Gesù coi suoi discepoli prosegue il suo viaggio verso Gerusalemme. Gesù infatti continua a guardare Gerusalemme, concentrato sul compimento del Mistero Pasquale, e in questo suo sguardo vengono significati tutti gli incontri che fa, come con queste due sorelle, nella cui casa entra quale ospite.

Marta, che in aramaico significa “signora, padrona della casa”, svolge un ruolo tutto in linea con il destino di una donna ebraica del suo tempo: serve come una schiava, sfaccenda, prepara, guarda il suo ospite da lontano e guarda soprattutto male la sorella, fondamentalmente vede solo se stessa: “Non ti importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille che mi aiuti…”. Mentre Maria ha occhi solo per Gesù, potremmo dire, e si prende una libertà “da uomo”, che solo sta vicino e fa compagnia all’ospite; soprattutto, occupandosi di Gesù, si occupa del divino, compito tutto maschile per la cultura ebraica.

Maria inoltre sembra non essere presa dal bisogno di fare o dimostrare qualcosa, ma è tutta nel desiderio di ascoltare la parola del Signore, di stare vicino al suo cuore, espresso dal gesto fisico di stare seduta ai suoi piedi. È libera, Maria, in questa posizione che va oltre il suo dovere di donna e oltre il bisogno di apparire: per lei conta solo quell’attimo di contatto unico con l’amore più grande che riesce a concepire.

Per questo si è scelta la parte migliore, come dice Gesù: perché è quella di direzionare lo sguardo su ciò che ci rende liberi dal nostro incalzante bisogno come dal pesante giudizio degli altri. E noi in che posizione riusciamo a trovarci di fronte al Signore? Tra bisogno di apparire e desiderio di amare dove ci collochiamo? Marta non ha scelto una parte “peggiore” o sbagliata, solo non conosce ancora la libertà da se stessa che le fa posizionare lo sguardo come Maria.

Ed è lo stesso sguardo di Abramo all’inizio della prima lettura, quando alza gli occhi e vede tre uomini in piedi presso di lui, nell’ora più calda del giorno… forse l’ora, anche metaforica, in cui i bisogni premono e spesso ci schiavizzano! Potremmo chiederci se anche noi sappiamo aprirci al desiderio che accoglie l’altro senza un secondo fine, solo per lo stesso valore di farlo. Il bisogno ci chiude, il desiderio ci apre: solo il desiderio ci dona ciò che non potrà mai esserci tolto, quel vedere Dio per il semplice gusto di “stare con Lui”, mentre con gli altri discepoli si continua a camminare verso Gerusalemme dentro al Mistero della Pasqua.