Don Luca Grassi parroco moderatore dell’up Santi Crisanto e Daria

Gazzetta di Reggio

Venerdì 18 ottobre hanno l’unità pastorale “Santi Crisanto e Daria” ha accolto l’ingresso del nuovo parroco moderatore, don Luca Grassi, e del nuovo vicario parrocchiale, don Gionatan Giordani. 

Il vescovo Massimo Camisasca ha conferito a don Luca Grassi la guida dell’unità pastorale cittadina dei Santi Crisanto e Daria, che comprende le parrocchie di Sant’Agostino, Santa Teresa, Santo Stefano, San Zenone, insieme a Cattedrale e San Prospero.

Lo ha fatto venerdì sera in una straordinaria cornice di fedeli riuniti in Sant’Agostino, proprio nel giorno dell’onomastico di don Grassi, con l’invito a vedere, ascoltare e agire là dove indimenticati parroci hanno seminato con frutto. Al suo fianco ha posto don Gionatan Giordani.

La lettera del mandato vescovile, aperta da un breve curriculum del nuovo parroco (gli studi a Gerusalemme, la missione di cinque anni in Brasile) contiene varie raccomandazioni.

«Valorizzando la competenza pedagogica e l’impegno di formazione nella Caritas diocesana di don Gionatan – si legge nella lettera – sei chiamato a dare impulso alla pastorale giovanile e all’accompagnamento degli Scout Agesci che da tempo in Centro attendono energie nuove.Valorizzando la preziosa attività dell’Istituto di Musica e Liturgia “Don Luigi Guglielmi”, promuoverai una formazione assidua dei ministri istituiti, degli animatori del canto e del servizio all’altare, che già operano in queste parrocchie, per una partecipazione fruttuosa del popolo di Dio alle celebrazioni e per la cura di liturgie esemplari, accoglienti nella Cattedrale, nella Basilica del Patrono, accordandoti con monsignor Gianfrano Gazzotti, con monsignor Alberto Nicelli, con il nuovo canonico don Gianni Manfredini e tutto il Capitolo del Duomo. Valorizzando la presenza del Centro di ascolto della povertà San Giovanni Paolo II, che nelle prossime settimane troverà finalmente una nuova sede adeguata presso i locali della Mensa del Povero in Vescovado; valorizzando il ministero di diaconi permanenti e dei ministri straordinari della Santa Comunione, il volontariato associativo, promuoverai un maggior coordinamento nella pastorale degli anziani, degli ammalati, del servizio alle famiglie più bisognose, ai nuovi arrivati e nel servizio costante alla Casa della Carità cittadina. Valorizzando la presenza della Scuola dell’infanzia Santa Teresa, i diversi cammini di catechesi e formazione, di animazione dei campi estivi e dei campeggi; per il coinvolgimento delle famiglie nel compito della trasmissione della fede alle nuove generazioni e l’accompagnamento dei catechisti, potrai contare sulla collaborazione di Clara Patini e Paola Zanetti che, su segnalazione degli Uffici diocesani competenti, hanno ricevuto da me il mandato di Coordinatrici dei Catechisti; di Alessandra Marconi e Valeria Bonini che riceveranno il mandato di Coordinatrici degli educatori».

La nota si conclude con la benedizione ai due religiosi e alle loro famiglie, impartita insieme a don Guido Mortari che dopo oltre 40 anni trascorsi da parroco di Sant’Agostino, rimane quale collaboratore pastorale, ai diaconi permanenti Luciano Agosti, Enrico Grassi, Emer Lusvarghi, Cesare Pelosi, Benito Zinani, alle Suore della Cripta, alla nuova comunità e con un pensiero affettuoso all’amato predecessore monsignor Adriano Caprioli.

Giornata mondiale missionaria: così l’Amazzonia incontra il Vangelo

la Messa del Papa nella Basilica di San Pietro. «Ogni battezzata e battezzato è una missione. Chi ama si mette in movimento»

Un missionario del Cmv in Amazzonia

Un missionario del Cmv in Amazzonia

da Avvenire

La Giornata mondiale missionaria che ha per titolo il tema dell’Ottobre missionario straordinario voluto da papa Francesco: “Battezzati e inviati: la Chiesa di Cristo in missione nel mondo”. Per l’occasione il Pontefice celebrerà la Messa nella Basilica di San Pietro questa mattina alle 10. Nel Messaggio per la Giornata, Francesco ricorda il centenario della Lettera apostolica di Benedetto XV Maximun illud dedicata alle missioni. E sottolinea che «ogni battezzata e battezzato è una missione. Chi ama si mette in movimento, è spinto fuori da sé stesso, è attratto e attrae, si dona all’altro e tesse relazioni che generano vita». Poi pone l’accento sulla «provvidenziale coincidenza» di celebrare il Mese missionario straordinario in concomitanza con il Sinodo sull’Amazzonia. E sprona: «Nessuno rimanga chiuso nel proprio io». In un dossier dell’agenzia Fides reso noto ieri si fa sapere che i missionari laici nel mondo sono 355mila e, nell’arco di un anno, sono aumentati di oltre mille unità. E stanno crescendo perfino nella vecchia Europa.

Non era mai accaduto: donne e uomini di vari popoli indigeni hanno condiviso con i padri sinodali l’Aula del Sinodo. Anche a uno sguardo distratto, appare evidente la specificità dell’Assemblea in corso: il suo cuore profondamente missionario. Il Sinodo sull’Amazzonia vuole mostrare l’adesione totale a Cristo accettando la centralità dei poveri e degli ultimi così come la presenta il Vangelo.

Riconoscerli come veri costruttori del Regno e ascoltare il loro grido insieme al pianto della terra è il centro della tanto auspicata “conversione missionaria”. Tutto il popolo di Dio, con questo evento, è dunque invitato a riflettere sulla sua missione alla luce del magistero dell’Evangelii gaudiume della Laudato si’, affinché una conversione missionaria e pastorale sia realizzata dalla Chiesa nel mondo intero e affinché ovunque venga favorita un’evangelizzazione incarnata nella cultura dei popoli. Quanto di positivo c’è in queste ultime arricchisce la maniera in cui il Vangelo è annunciato, compreso e vissuto, dato che una cultura sola non è capace di mostrare tutta la ricchezza di Cristo e del suo messaggio. Al contrario, «la Chiesa, assumendo i valori delle differenti culture, diventa sponsa ornata monilibus suis, “la sposa che si adorna con i suoi gioielli” (Is 61,10)» perché il cristianesimo non dispone di un unico modello culturale dominante. Rimanendo ciò che è, nella fedeltà totale all’annuncio evangelico e alla tradizione della Chiesa, esso, al contrario, deve prendere i “volti” dei popoli che l’accolgono e fra i quali metterà radici. «La diversità culturale non minaccia l’unità della Chiesa (…) Non farebbe giustizia alla logica dell’incarnazione pensare a un cristianesimo monoculturale e monocorde» (Eg, 117).

Un pensiero sintetizzato proprio da papa Francesco nella prima Congregazione generale del Sinodo con l’invito ad avvicinarsi ai popoli amazzonici «in punta di piedi», «rispettando la storia, le culture, il loro stile di buon vivere, nel senso etimologico della parola non in quello sociale che spesso gli diamo». E ribadito dal Pontefice durante l’incontro “fuori programma” con una quarantina di rappresentanti indigeni giovedì: «I popoli ricevono l’annuncio di Gesù in base alla propria cultura». Questo Sinodo potrà, così, aiutare la Chiesa intera a calarsi in ogni realtà con uno spirito scevro da ogni ansia colonialista. Non solo nel contesto dell’Amazzonia. Nel rispetto – inteso nel senso etimologico di rendersi conto dell’altro –, nel valorizzazione della diversità e peculiarità di ciascun popolo, essa è chiamata ad assumersi la responsabilità, in una prospettiva di ecologia integrale, di prendersi cura dei poveri e della casa comune, perché tutto è insieme e interdipendente. Solo in questo modo, la Chiesa compie la sua missione universale.

In queste settimane di ascolto e riflessione, nel Sinodo, si è parlato di evitare lo spirito colonialista e ogni forma di proselitismo, di promuovere l’inculturazione, di garantire una formazione adeguata dei missionari e adeguati ministeri perché, negli immensi territori amazzonici dove ci sono pochi sacerdoti, è necessario sviluppare altre forme di ministerialità, secondo le necessità del momento. Favorendo la crescita di qualcosa già presente nella Chiesa di questi territori. E promuovendo nuovi percorsi. Come la collaborazione tra diverse congregazioni e le équipe itineranti. Il Sinodo vuole diventare, così, un faro e aprire nuovi cammini per tutta la Chiesa della regione, sia nelle città, sia nella foresta, sia per la popolazione urbana e dei migranti, sia per i popoli indigeni. Come realizzare in Amazzonia questa inculturazione non spetta a chi non vive in Amazzonia. La Chiesa della regione è chiamata a trovarla nel cammino, con e fra i popoli amazzonici. Come ha detto papa Francesco all’apertura, il 7 ottobre, «non siamo venuti qui a inventare programmi di sviluppo sociale o per la salvaguardia delle culture, tipo museo, o di azioni pastorali portate avanti con lo stesso stile non contemplativo con cui si realizzano azioni di segno contrario: deforestazione, omologogazione, sfruttamento» poiché anche chi li fa non rispetta «la poesia – mi permetto la parola – la realtà dei popoli che è sovrana». Siamo, invece – ha concluso – «venuti a contemplare, a comprendere, a servire i popoli e lo facciamo percorrendo un cammino sinodale».

Il Papa: “Superiamo il pessimismo pastorale, apriamoci alla novità gioiosa del Vangelo”

papa francesco angelus

Città del Vaticano – “Superare la tentazione di ogni chiusura autoreferenziale e ogni forma di pessimismo pastorale, per aprirci alla novità gioiosa del Vangelo”. E’ l’invito che Papa Francesco rivolge ai tanti fedeli che affollano piazza San Pietro in occasione del tradizionale Angelus domenicale.

Una preghiera che il Pontefice pronuncia al termine della Messa celebrata poco prima nella basilica vaticana in occasione della Giornata Missionaria Mondiale; un’occasione propizia, fa notare Bergoglio, “affinché ogni battezzato prenda più viva coscienza della necessità di cooperare all’annuncio del Regno di Dio mediante un impegno rinnovato”.

Il Santo Padre ricorda la Maximum illud, la lettera apostolica di Benedetto XV, pubblicata cento anni fa. Un messaggio che il Pontefice dell’epoca rivolse ai religiosi  “per dare nuovo slancio alla responsabilità missionaria di tutta la Chiesa”.

Egli avvertì la necessità di riqualificare evangelicamente la missione nel mondo, perché fosse purificata da qualsiasi incrostazione coloniale e libera dai condizionamenti delle politiche espansionistiche delle Nazioni europee.

Ad oggi, fa notare Papa Francesco, “il messaggio di Benedetto XV è ancora attuale e stimola a superare la tentazione di ogni chiusura autoreferenziale e ogni forma di pessimismo pastorale, per aprirci alla novità gioiosa del Vangelo”.

Nella nostra epoca, infatti, segnata “da una globalizzazione che dovrebbe essere solidale e rispettosa della particolarità dei popoli, e invece soffre ancora della omologazione e dei vecchi conflitti di potere che alimentano guerre e rovinano il pianeta, i credenti sono chiamati a portare ovunque, con nuovo slancio, la buona notizia che in Gesù la misericordia vince il peccato, la speranza vince la paura, la fraternità vince l’ostilità”.

Ma per vivere in pienezza la missione c’è una condizione indispensabile: “la preghiera, una preghiera fervorosa e incessante”.

Per Bergoglio, infatti, “la preghiera è la prima forza dell’annuncio! I missionari sono anzitutto uomini e donne di preghiera, che alimentano la fede nel legame costante con il Signore, per affrontare le difficoltà che l’evangelizzazione comporta”.

Ma, allo stesso tempo, “la preghiera è il primo sostegno del popolo di Dio per i missionari, ricca di affetto e di gratitudine per il loro difficile compito di annunciare e donare la luce e la grazia del Vangelo a coloro che ancora non l’hanno ricevuta”. E conclude: “Maria, Madre di tutte le genti, accompagni e protegga ogni giorno i missionari del Vangelo”.

Infine, l’immancabile salute: “A tutti auguro una buona domenica. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci”.

(Il Faro online)

Patto delle Catacombe per la Casa Comune. Per una Chiesa dal volto amazzonico, povera e serva, profetica e samaritana (traduzione italiana)

(a cura Redazione “Il sismografo”)

(Traduzione a cura di Lorenzo Tommaselli)

Noi, partecipanti al Sinodo panamazzonico, condividiamo la gioia di vivere tra numerosi popoli indigeni, quilombos, costieri, migranti, comunità alla periferia delle città di questo immenso territorio del Pianeta. Con loro abbiamo sperimentato la forza del Vangelo che agisce nei piccoli. L’incontro con queste persone ci sfida e ci invita a una vita più semplice di condivisione e di gratuità. Influenzati dall’ascolto delle loro grida e lacrime, accogliamo di cuore le parole di papa Francesco: “Molti fratelli e sorelle in Amazzonia portano pesanti croci e attendono il conforto liberatore del Vangelo, la carezza amorevole della Chiesa. Per loro, con loro camminiamo insieme”.Ricordiamo con gratitudine i vescovi che alla fine del Concilio Vaticano II nelle Catacombe di Santa Domitilla firmarono Il Patto per una Chiesa serva e povera. Ricordiamo con riverenza tutti i martiri membri delle comunità ecclesiali di base, delle comunità pastorali e dei movimenti popolari; leader indigeni, missionarie e missionari, laici, preti e vescovi, che hanno versato il loro sangue a causa di quest’opzione per i poveri, per difendere la vita e lottare per la salvaguardia della nostra Casa Comune. Al ringraziamento per il loro eroismo uniamo la nostra decisione di continuare la loro lotta con fermezza e coraggio. È un sentimento di urgenza che si impone di fronte alle aggressioni che oggi devastano il territorio amazzonico, minacciato dalla violenza di un sistema economico predatore e consumistico. Di fronte alla Santissima Trinità, le nostre Chiese particolari, le Chiese dell’America Latina e dei Caraibi e di quelle che sono solidali in Africa, Asia, Oceania, Europa e nel nord del continente americano, ai piedi degli apostoli Pietro e Paolo e della moltitudine di martiri di Roma, dell’America Latina e in particolare della nostra Amazzonia, in profonda comunione con il successore di Pietro invochiamo lo Spirito Santo e ci impegniamo personalmente e comunitariamente a quanto segue:1. Assumere, di fronte all’estrema minaccia del riscaldamento globale e dell’esaurimento delle risorse naturali, un impegno a difendere la giungla amazzonica nei nostri territori e con i nostri atteggiamenti. Da essa provengono il dono dell’acqua per gran parte del territorio sudamericano, il contributo al ciclo del carbonio e la regolazione del clima globale, una biodiversità incalcolabile e una ricca socio-diversità per l’umanità e l’intera Terra.2. Riconoscere che non siamo padroni della madre terra, ma suoi figli e figlie, formati dalla polvere della terra (Gen 2, 7-8), ospiti e pellegrini (1 Pt 1, 17b e 1 Pt 2, 11), chiamati ad essere suoi gelosi custodi (Gen 1,26). Pertanto ci impegniamo per un’ecologia integrale, in cui tutto è interconnesso, il genere umano e tutta la creazione perché tutti gli esseri sono figlie e figli della terra e su di loro aleggia lo Spirito di Dio (Gen 1,2).3. Accogliere e rinnovare ogni giorno l’alleanza di Dio con tutto il creato: “Quanto a me, ecco io stabilisco la mia alleanza con voi e con i vostri discendenti dopo di voi, con ogni essere vivente che è con voi, uccelli, bestiame e animali selvatici, con tutti gli animali che sono usciti dall’arca, con tutti gli animali della terra”. (Gen 9, 9-10; Gen 9, 12-17).4. Rinnovare nelle nostre chiese l’opzione preferenziale per i poveri, in particolare per i popoli originari, e insieme a loro garantire il diritto ad essere protagonisti nella società e nella Chiesa. Aiutarli a preservare le loro terre, culture, lingue, storie, identità e spiritualità. Crescere nella consapevolezza che devono essere rispettati a livello locale e globale e, di conseguenza, con tutti i mezzi alla nostra portata promuovere la loro accoglienza su un piano di parità nel concerto mondiale di altri popoli e culture.5. Abbandonare, di conseguenza, nelle nostre parrocchie, diocesi e gruppi ogni tipo di mentalità e posizione colonialista, accogliendo e valorizzando la diversità culturale, etnica e linguistica in un dialogo rispettoso con tutte le tradizioni spirituali.6. Denunciare tutte le forme di violenza e di aggressione contro l’autonomia e i diritti delle popolazioni indigene, la loro identità, i loro territori e i loro modi di vita.7. Annunciare la novità liberante del Vangelo di Gesù Cristo, nell’accogliere l’altro e il diverso, come accadde a Pietro nella casa di Cornelio: “Voi sapete che a un Giudeo non è lecito aver contatti o recarsi da stranieri; ma Dio mi ha mostrato che non si deve chiamare profano o impuro nessun uomo”. (At 10,28).8. Camminare ecumenicamente con altre comunità cristiane nell’annuncio inculturato e liberante del Vangelo, e con altre religioni e persone di buona volontà, in solidarietà con i popoli originari, i poveri e i piccoli, in difesa dei loro diritti e nella preservazione della Casa Comune.9. Stabilire nelle nostre chiese particolari uno stile di vita sinodale, in cui i rappresentanti dei popoli originari, i missionari, i laici, a causa del loro battesimo e in comunione con i loro pastori, abbiano voce e voto nelle assemblee diocesane, nei consigli pastorali e parrocchiali, in breve, in tutto ciò che compete loro nel governo delle comunità.10. Impegnarsi nell’urgente riconoscimento dei ministeri ecclesiali già esistenti nelle comunità, portati avanti da agenti pastorali, catechisti indigeni, ministre e ministri della Parola, valorizzando soprattutto la loro attenzione per i più vulnerabili ed esclusi.11. Rendere effettivo nelle comunità che ci hanno affidato il passaggio da una pastorale di visita a una pastorale di presenza, assicurando che il diritto alla mensa della Parola e alla mensa dell’Eucaristia diventi effettivo in tutte le comunità.12. Riconoscere i servizi e la reale diaconia della grande quantità di donne che oggi gestiscono comunità in Amazzonia e cercano di consolidarle con un adeguato ministero di donne leader di comunità.13. Cercare nuovi percorsi di azione pastorale nelle città in cui agiamo, con il protagonismo di laici e giovani, con attenzione alle loro periferie e ai migranti, ai lavoratori e disoccupati, agli studenti, agli educatori, ai ricercatori e al mondo della cultura e della comunicazione.14. Assumere contro la valanga del consumismo uno stile di vita gioiosamente sobrio, semplice e solidale con coloro che hanno poco o niente; ridurre la produzione di rifiuti e l’uso di materie plastiche, favorire la produzione e la commercializzazione di prodotti agro-ecologici e utilizzare i trasporti pubblici, se possibile.15. Porsi accanto a coloro che sono perseguitati per il servizio profetico di denuncia e di riparazione di ingiustizie, di difesa della terra e dei diritti dei piccoli, di accoglienza e sostegno dei migranti e dei rifugiati. Coltivare vere amicizie con i poveri, visitare i più semplici e i malati, esercitando il ministero dell’ascolto, della consolazione, del sostegno e dell’appoggio, cose che portano incoraggiamento e rinnovano la speranza.Consapevoli delle nostre debolezze, della nostra povertà e piccolezza di fronte a sfide così grandi e serie, ci affidiamo alla preghiera della Chiesa. Possano le nostre comunità ecclesiali, soprattutto, aiutarci con la loro intercessione, con il loro affetto nel Signore e, quando necessario, con la carità della correzione fraterna.Accogliamo con favore l’invito del cardinale Hummes a essere guidati dallo Spirito Santo in questi giorni del Sinodo e al nostro ritorno alle nostre chiese: “Lasciatevi avvolgere dal manto della Madre di Dio e della Regina dell’Amazzonia. Non lasciamo che ci vinca l’autoreferenzialità, ma la misericordia davanti al grido dei poveri e della terra. Saranno necessarie molta preghiera, meditazione e discernimento, nonché una pratica concreta di comunione ecclesiale e spirito sinodale. Questo sinodo è come una mensa che Dio ha preparato per i suoi poveri e ci chiede di essere quelli che servono alla mensa”.Celebriamo quest’Eucaristia del Patto come “un atto di amore cosmico”. “Sì, cosmico! Perché anche quando si svolge sul piccolo altare di una chiesa di un villaggio, l’Eucaristia è sempre celebrata, in un certo senso, sull’altare del mondo.” L’Eucaristia unisce cielo e terra, abbraccia e penetra tutta la creazione. Il mondo uscito dalle mani di Dio ritorna a Lui in felice e piena adorazione: nel Pane Eucaristico “la creazione tende alla divinizzazione, alle sante nozze, all’unificazione con il Creatore stesso”. Per questa ragione, l’Eucaristia è anche fonte di luce e di motivazione per le nostre preoccupazioni per il medio ambiente e ci porta a essere custodi di tutta la creazione”.Roma, 20 ottobre 2019Catacombe di Santa Domitilla________________________________________Testo pubblicato il 20.10.2019 nel sito Religión Digital(www.religiondigital.com)Traduzione a cura di Lorenzo TOMMASELLI

A Messa… il ruolo passivo dei fedeli porta al disamore

Settimana News

In un articolo pubblicato nel numero di ottobre della rivista dei gesuiti francesi Etudes, Jean-Louis Schlegel, sociologo delle religioni, cerca le cause del venir meno della pratica domenicale. Secondo lui, alcune recenti evoluzioni liturgiche allontanano i fedeli dalla messa della domenica. Riprendiamo, in nostra traduzione dal francese, un’intervista sul tema pubblicata da La Croix.

Nel suo articolo pubblicato sulla rivista Etudes, lei descrive una «risacralizzazione» della liturgia che porta sempre più cattolici ad abbandonare la pratica domenicale. Sarebbero allora cause interne e non solo le ragioni esterne, come la secolarizzazione o le attività di svago della domenica, che portano all’abbandono della pratica domenicale?

Da diversi anni dei fedeli mi confidano che alla messa «si annoiano». Questo sentimento porta spesso all’abbandono di questo appuntamento essenziale nella vita di un credente. Credo infatti che stiamo assistendo a una sacralizzazione della messa di Paolo VI, che aumenta la distanza tra il celebrante e l’assemblea.

La partecipazione di laici è sempre più ridotta, mentre i gesti e i movimenti sono carichi di solennità e quasi di compunzione. A questa sacralizzazione si aggiunge una riclericalizzazione: il prete gioca un ruolo esclusivo, distante dall’assemblea che non partecipa più ma «assiste» semplicemente alla messa. La celebrazione di fronte al popolo è diventata un face à face! Questo ruolo passivo dei fedeli porta, presto o tardi, all’abbandono.

C’è tuttavia un vero interesse per le celebrazioni nei monasteri. Queste lasciano un po’ di spazio ai fedeli ?

In una abbazia il fedele si unisce alla preghiera di una comunità monastica. Inoltre, la messa dei monaci è generalmente «bella» e questo aiuta a pregare. I monasteri hanno una lunga tradizione liturgica di bellezza, sobrietà, lontana da ogni pietà dimostrativa. Che gli ordini religiosi accolgano i fedeli è buona cosa per la vita interiore dei laici, ma quello che mi preoccupa è la diserzione del territorio parrocchiale e della messa della domenica che deve rivolgersi a tutti e a tutte le sensibilità…

I laici sono comunque sollecitati, ad esempio nel caso dell’animazione dei funerali…

Ciò avviene, a mio avviso, perché i preti non hanno più la possibilità di assicurare questo accompagnamento delle famglie nel lutto, ed esse ne sono dispiaciute. È ancora un effetto della clericalizzazione: il prete sembra più legittimo di un laico. I parrocchiani hanno dovuto accettare i funerali senza prete, quando egli, è presente ovunque nelle celebrazioni domenicali.

Nel 2035, ci saranno ancora preti, anche la domenica? Bisognerebbe riflettere fin da ora: sarebbe drammatico che i cattolici non avessero più accesso al corpo e al sangue di Cristo.

Papa Francesco non sta forse tentando di rispondere a questa sfida, inserendo nel dibattito del Sinodo Panamazzonico l’ordinazione dei viri probati, o ancora nel suo recente motu proprio Aperuit illis che apre ai laici, uomini e donne, il servizio della Parola nella celebrazione dell’Eucaristia?

Sia  per i viri probati che per l’ordinazione delle donne è ormai già troppo tardi. Sfortunatamente la Chiesa è troppo spesso paralizzata dal suo passato, e comunque molto lenta a cambiare. Bisognerebbe avere il coraggio di provare altre cose, ma le resistenze sono forti. Quanto al motu proprio, esso  riequilibra la messa, insistendo sull’importanza della Parola che è rivolta a tutti. È un modo di rispondere alla ritualizzazione eccessiva dell’Eucaristia: il Vangelo è al centro della celebrazione, e il papa lo ricorda concretamente. Sta ormai alle comunità parrocchiali di mettere in pratica questo invito e forse di ritrovare il cammino dell’incontro domenicale.

Sinodo panamazzonico: a tema la pastorale

Impressioni dal Sinodo Panamazzonico

Settimana News

Papa Francesco, oltre alla conversione all’ecologia integrale, chiede alla Chiesa una profonda conversione pastorale, ben delineata nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium.

Vescovi, operatori pastorali e rappresentanti delle popolazioni, dopo aver raccolto gli appelli dalla Regione amazzonica, stanno portanto all’assemblea sinodale le proposte di azione pastorale di una Chiesa missionaria.

Tante sono le questioni prese in considerazione. Fra di esse, il tema vastissimo sul quale tanti interventi si sono succeduti: quello dell’inculturazione del Vangelo e dell’interculturalità.

Cosa si dice? Si riconosce che l’Amazzonia è caratterizzata da una molteplicità di popoli e di culture. In esse, così come nell’intero creato, si manifesta la presenza di un Dio che si è fatto uomo assumendo una precisa cultura e una sola storia, mostrando che il cammino della salvezza percorre vie stupende e fragilmente umane.

Lo stile dei discepoli-missionari prenda perciò le forme incarnate da Gesù, autentico Figlio Dio, vero fratello di ogni essere umano: le forme dell’abbassamento, del servizio e della comunione. Solo così la Chiesa può davvero incrociare la carne dei popoli, le teologie indigene, le espressioni spirituali, le culture varie.

Come porsi di fronte a tante diverse manifestazioni? Partendo dalla coscienza che la diversità non può che rivelare la divina ricchezza e che le differenze non possono che esssere fatte per la complementarietà, non certo per le gerarchie di dignità.

Impressioni dal Sinodo panamazzonico

Gli atteggiamenti auspicati sono pertanto di rispetto e di valorizzazione delle saggezze, delle visioni cosmiche e delle esperienze spirituali che si incontrano nei miti, nelle narrazioni, nei riti, nei canti, nelle danze… dei popoli indigeni.

Ai missionari e ai diversi operatori pastorali è richiesto di convivere con i gruppi presso cui sono giunti, assimilando le loro lingue e andando incontro all’umanità più profonda, con relazioni di fiducia, senza fermarsi agli aspetti esteriori, apparentemente “folcloristici”.

Molti interventi sinodali concordano sull’importanza di instaurare un dialogo autentico fra i vari gruppi che vivono esperienze religiose molteplici, poiché l’incontro fra spiritualità e visioni diverse del mondo risulta di mutuo arricchimento e favorevole alla purificazione della peccaminosa tendenza ad escludere e/o a conquistare.

Il proselitismo non è una pratica adatta alla Chiesa poiché la fede, come ha ricordato papa Francesco nel messaggio della Giornata missionaria mondiale, non è un «prodotto da vendere», bensì è un dono da portare con la gioiosa forza di chi abbraccia e annuncia in totale gratuità. È la condizione per la quale la “fede” degli stessi missionari e delle stesse missionarie si auto-alimenta attraverso poveri gesti e parole. È la condizione della missione in cui io stesso mi ritrovo!

È opinione condivisa tra i sinodali che i veri protagonisti del processo di inculturazione della fede siano le piccole comunità locali, a partire dal loro vissuto di morte e risurrezione letto e interpretato nel mistero di Cristo. Di tale processo i missionari possono essere appena facilitatori.

La dinamica continua dell’inculturazione dalle culture locali si può sviluppare quindi in molti diversificati cammini: ad esempio, nella ricerca di una liturgia che possa esprimere la grande ricchezza di esperienze di fede e di religiosità dell’Amazzonia, valorizzando segni e simboli propri delle diverse popolazioni; oppure descrivendo percorsi di iniziazione alla vita cristiana e alla formazione adulta che considerino le specificità di vita e di tradizione locali; così come andando ad individuare ministeri più adeguati per l’animazione e la cura pastorale delle diverse piccole comunità sparse nell’immensità del territorio amazzonico.

“Preti sposati”, la spinta dei gruppi di lavoro al SinodoMa c’è chi propone un Concilio perché tema non è solo amazzonico

“Preti sposati”, la spinta dei gruppi di lavoro al Sinodo

 (askanews) – La richiesta dell’ordinazione sacerdotale di uomini sposati che, con fede provata, curino con continuità la vita delle comunità cattoliche nella sconfinata Amazzonia, dove ci sono pochi sacerdoti, dove la ‘concorrenza’ degli evangelicals, e dove è diffusa l’istanza di un cattolicesimo che archivi definitivamente le tentazioni colonialiste del passato e accolga più pienamente la cultura indigena, trova ampio sostegno in seno al Sinodo sull’Amazzonia giunto oggi ad un momento di svolta (6-27 ottobre). All’assemblea voluta da Papa Francesco, infatti, i gruppi di lavoro hanno presentato le loro relazioni conclusive, che andranno ora discusse in plenaria e convergeranno poi nel documento finale che sarà votato il pomeriggio di sabato e sarà affidato al Pontefice per una sua decisione.

I temi affrontati sono i più disparati, dall’ecologia alla giustizia sociale, ma su questo tema dirimente ben dieci su dodici relazioni, pur con accenti diversi e in modo più o meno esplicito, menzionano l’ipotesi di introdurre nella vita della Chiesa amazzonica la possibilità che le funzioni presbiteriali non siano limitate ai celibi.

‘Alcuni padri sinodali’, si legge nella relazione del primo gruppo di lingua italiana (moderatore: mons. Flavio Giovenale), ‘chiedono che in comunità cristiane con un cammino di fede consolidato siano ordinate persone mature, rispettate e riconosciute, di preferenza indigene, celibi o con una famiglia costituita e stabile, a fine di assicurare i Sacramenti che garantiscono e sostengono la vita cristiana. Il Diritto Canonico permette che si richieda alla Santa Sede la dispensa dall’impedimento al Sacramento dell’Ordine di un uomo legittimamente e validamente coniugato (CIC 1047 paragrafo 2,3). Il Diaconato permanente, ristabilito dal Vaticano II, mostra che è possibile assumere con efficacia un impegno pastorale, sacramentale e familiare nella Chiesa. La maggior parte delle chiese di rito orientale che sono parte della Chiesa Cattolica conservano il clero sposato (PO 16). Questa proposta si fonda sulla sacra Scrittura, nelle lettere apostoliche (1 Tim 3:2-3,12; Tt 1:5-6). Altri padri sinodali considerano che la proposta concerne tutti i continenti, potrebbe ridurre il valore del celibato, o far perdere lo slancio missionario a servizio delle comunità più distanti. Ritengono che, in virtù del principio teologico di sinodalità, il tema dovrebbe essere sottoposto all’opinione di tutta la Chiesa e suggeriscono, pertanto, un Sinodo universale a riguardo’, ossia un Concilio. Il gruppo propone anche ‘che (a) si conferisca il ministero del lettorato e accolitato anche a donne, religiose o laiche, adeguatamente formate e preparate; (b) secondo il motu proprio di Papa Paulo VI Ministeria Quaedam, le Conferenze Episcopali dell’Amazzonia chiedano alla Santa Sede di creare un nuovo ministero istituito, di coordinatrici / coordinatori di comunità’.

Il secondo gruppo di lingua italiana (moderatore: il prefetto della congregazione per la Dottrina della Fede Luis Ladaria Ferrer) rileva, in modo molto più sfumato, che ‘alcuni esprimono perplessità circa la mancanza di riflessione sulle cause che hanno portato alla proposta di superare in qualche forma il celibato sacerdotale come espresso dal Concilio Vaticano II (PO 16) e dal magistero successivo’. In questo contesto, peraltro, il circolo minore sottolinea che ‘ha tutto il suo valore il tema dell’inculturazione della fede ampiamente sviluppato nel nostro circolo. Proprio a partire da questo tema è stata presentata la proposta di un ‘Rito amazzonico”.

Il primo circolo in lingua portoghese (moderatore: mons. Jesus Cizaurre Berdonces) afferma che ‘oltre ai ministeri del lettore, dell’accolito, del diacono permanente, il ministero della Parola, il ministero del battesimo, tra gli altri, chiediamo al Santo Padre, che ammette per la Regione pan-amazzonica, uomini al ministero sacerdotale e donne del diaconato, preferibilmente indigeni, rispettati e riconosciuti dalla loro comunità, anche se hanno già una famiglia costituito e stabile, al fine di garantire i sacramenti che accompagnano e sostengono il Vita cristiana della comunità’.

Il secondo gruppo di lingua portoghese (moderatore: mons. Pedro Brito Guimaraes) usa il termine latino, ‘viri probati’, ossia uomini (sposati) di provata fede, per affermare che ‘è stata considerata necessaria per la Panamazzonia l’ordinazione di viri probati. Gli uomini sposati che sono candidati all’ordinazione dopo un fecondo diaconato devono rispondere seguenti criteri, tra gli altri: vita di preghiera e amore per la Parola di Dio e la Chiesa; vita Eucaristica che si riflette in una vita di donazione e servizio; esperienza comunitaria; spirito missionario. Nell’implementazione dell’ordinazione di viri probati presentiamo due percorsi per la regione panamazzonica : 1) Delegare alle Conferenze Episcopali presenti in Panamazonia l’attuazione di questo ministero 2) Affidare ai vescovi la conduzione dell’esperienza’.

Anche il terzo gruppo di lingua brasiliana (moderatore: mons. José B. Da Silva) afferma che ‘nella dimensione pastorale missionaria, sottolineiamo la necessità di conversione personale e pastorale, recuperare la centralità della Parola e dell’Eucaristia, approfondire il tema della ministerialità e le varie possibilità riguardanti diaconato, viri probati, donne, sacerdoti sposati, ruolo principale dei laici, in particolare delle donne. Sottolineiamo che è importante dare maggiore enfasi alla dimensione biblica, missionaria, pastorale e umana nella formazione di sacerdoti’.

Il quarto gruppo di lingua portoghese (moderatore: mons. Alberto Taveira Correra), ribadisce, da parte sua, ‘il valore del celibato e la necessità di un maggiore impegno nella cura pastorale. Consideriamo essenziale il potenziamento dei ministeri e delle istituzioni esistenti e l’istituzione di nuovi ministeri conformemente alle necessità. L’ascolto prima del Sinodo ha espresso il desiderio di conferire l’ordinazione ai viri probati, così come il ministero del diaconato per le donne. Questi due punti chiedere ulteriore maturazione e approfondimento’.

Il primo gruppo di lingua spagnola (moderaotre: card. Carlos Aguiar Retes), non menziona il tema, sottolineando invece la necessità che ‘la donna assuma responsabilità pastorale e di guida’ e propugnando un maggior impegno missionario per la vita consacrata nonostante il calo di vocazioni.

Il secondo gruppo di lingua spagnola (moderatore: mons. Edmundo Valenzuela Mellid), invece, scrive che nel discernimento bisogna ascoltare e ‘discernere la voce dello Spirito che ci invita ad accogliere il grido delle nostre comunità e a trovare il modo in cui si potrebbe dare una risposta corretta al modo in cui la vita sacramentale vincolata al guida della comunità da aprte dell’Ordine sacro fluisca nella crescita cristiana personale, comunitario e missionario del popolo di Dio della nostra Amazzonia. La proposta va verso la richiesta al Santo Padre di conferire il presbiterato agli uomini sposati per l’Amazzonia, in modo eccezionale, in circostanze specifiche e per alcune persone determinate, stabilendo chiaramente i motivi che lo giustificano. Non sarebbe in alcun modo di preti di seconda categoria. Si tratta di tenere in considerazione le molte voci che insistono perché questo tema sia deciso dall’Amazzonia nell’attuale assemblea sinodale. Altre voci invece, ritengono che questo tema andrebbe affrontto in una assemblea sinodale specifica’.

Il terzo gruppo di lingua spagnola (moderatore: mons. Jonny Reyes Sequera) constata che ‘molte delle comunità ecclesiali del territorio amazzonico hanno avuto enormi difficoltà ad accedere all’Eucaristia. Tuttavia, lo Spirito Santo continua agire in seno a queste comunità e distribuire doni e carismi, in modo tale che vi si incontrano uomini sposati di buona reputazione, responsabili, esempio di virtù, cittadini e buoni leader della comunità, che si sentono chiamati a servire il popolo di Dio come strumenti di santificazione del popolo di Dio. Sarà importante discernere, consultando il popolo di Dio e l’ordinario del luogo sulla convenienza di queste persone siano preparare adeguatamente e successivamente elette al servizio presbiterale. Non si tratta di a sacerdozio di terzo o quarto grado, né un semplice ricorso funzionale per la celebrazione dell’Eucaristia campana ma di vere vocazioni (chiamate) sacerdotali’.

Il quarto gruppo di lingua spagnola (moderatore: mons. Omar de Jesus Mejia Giraldo) parla dell’urgenza di attribuire a uomini e donne che abbiano ‘la maturità, la virtù e la formazione appropriata’ diversi servizi: ‘Diaconi permanenti, confessori, lettori, delegati alla parola, traduttori, catechisti, animatori di comunità, carità, ministri della comunità, esorcisti, narratori, persone che si curano degli altri, che in base ai contesti o ai bisogni sono richiesti di svolgere la funzione della missione. Facciamo una menzione speciale del riconoscimento delle donne e del loro servizio inestimabile. Ci sono esperienze di chiese ministeriali che sono e che potremmo valutare e imparare da loro, per vedere cosa possiamo fare in un modo possibile. In questo senso, affermando che il celibato è un dono per la Chiesa, si chiede che dalle comunità si promuova l’ordinazione sacerdotale di persone virtuose, presentati dalle loro stesse comunità e da loro rispettate’.

Il quinto circlo di lingua spagnola (moderatore: card. Oscar Rodriguez Maradiaga) non fa menzione del tema dell’ordinazione di uomii sposati.

L’ultimo gruppo di lingua inglese e francese (moderatore: card. Jean-CLaude Hollerich) registra, nella relazioni compilata in lingua spagnola, che c’è una ‘crisi’ di vocazioni e di conseguenza di comunità che non possono accedere regolarmente all’eucaristia, ma ‘in altri luoghi, come in Africa, il numero di sacerdoti non è mai stato sufficiente per offrire messa tutte le domeniche. La Parola di DIo è alimento come l’Eucaristia. La parola ‘sacerdote’ ha molti significati. Colui che offre il sacrificio non deve necessariamente essere il capo della comunità. Non deve necessariamente essere parroco. La storia e la teolgia hanno unito cose diverse: insegnare, santificare, governare… Dobbiamo accettare che le differenti situazioni richiedono differenti iniziative. Dio ci incontra nella vita reale’.

Afghanistan. Almeno 60 persone sono morte per una bomba

Al momento dell’esplosione nella moschea si trovano, riunite per la preghiera del venerdì circa 350 fedeli

Foto Ansa

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Avvenire

E’ di almeno 62 morti il bilancio di una esplosione avvenuta in una moschea a Haska Mina, nella provincia afghana di Nangarhar. Al momento dell’esplosione nella moschea si trovano, riunite per la preghiera del venerdì circa 350 fedeli. Nesun gruppo, tra talebani e Isis entrambi presenti nella provincia, ha rivendicato l’attentato.

L’attentato non è ancora stato rivendicato ma il New York Times fa notare che la città confine con alcuni territori controllati dallo Daesh.