MALTEMPO: STOP ALL’AFA, TEMPERATURE IN CALO OVUNQUE

ansa

COLONNINA MERCURIO POTRÀ RISALIRE SOLO DAL 13 SETTEMBRE L’Italia chiude con l’afa estiva. Tre distinte perturbazioni – la prima in arrivo tra oggi e venerdì, la seconda domenica e la terza tra martedì e mercoledì prossimi – porteranno maltempo e un abbassamento delle temperature fino a 7-8 gradi. Da venerdì 13 settembre le temperature potranno risalire nella media, con massime di 28-30 gradi

Sabato 21 settembre – Chiesa dei Cappuccini Messa per Madre Giovanna Ferrari “Venerabile”

Il 19 marzo scorso Papa Francesco autorizzava la promulgazione del decreto di riconoscimento delle virtù eroiche di Madre Giovanna Francesca dello Spirito Santo, fondatrice delle Missionarie Francescane dello Spirito Santo.

Sabato 21 settembre nella chiesa cittadina dei Padri Cappuccini in via Ferrari Bonini sarà celebrata alle ore 18.30 una Santa Messa di ringraziamento per madre Giovanna dichiarata “Venerabile”.

La celebrazione eucaristica, promossa dalle suore del Verbo Incarnato, sarà presieduta da don Alessandro Ravazzini, vicario episcopale per la vita consacrata e rettore del Seminario.

Madre Giovanna era nata a Reggio Emilia 131 anni or sono, il 14 settembre 1888 e fu battezzata con il nome di Luisa. Nel 1907 conseguì il diploma di abilitazione all’insegnamento elementare; frequentò corsi di perfezionamento nel campo educativo e corsi di musica e lingua straniera e, successivamente, ottenne il diploma di maestra giardiniera. Fece alcune supplenze come maestra elementare, poi si impegnò attivamente presso la Colonia-Scuola “A. Marro” di Reggio Emilia per bambini e ragazzi con disturbi psichiatrici, e nell’Istituto Ciechi. Si dedicò alla formazione morale-cristiana di giovani operaie, con conferenze ed altre iniziative; all’assistenza ai figli dei richiamati alle armi nel periodo bellico; a molteplici attività educative e di carità, sempre dando in tutto testimonianza di grande dedizione e sacrificio. Entrata a far parte del Terz’Ordine Francescano, ne divenne prima segretaria, poi ministra provinciale.

Animata da profonda fede e dal desiderio di consacrarsi a Dio, nel 1920 emetteva i voti privati di castità, povertà, obbedienza nelle mani del suo direttore spirituale il cappuccini padre Davide da Savignano. Due anni dopo, assieme a Margherita Bertolotti dava inizio a Roma alle “Poverelle del deserto” Nel 1929 nell’Oratorio delle “Otto facce” di Reggio Emilia, alla presenza del cappuccini padre Daniele da Torricella, avvenne il primo raduno e la consacrazione-offerta delle prime sette “Spose del Verbo”. Il 10 dicembre dell’anno seguente veniva aperta la prima casa a Motta Filocastro (ora provincia di Vibo Valenza). Nel 1932 a Sabbione si ebbe l’apertura della casa che sarà per diversi anni la Casa Madre e la sede della formazione iniziale; nel 1933, dopo la morte della madre, madre Giovanna faceva il suo ingresso nella comunità di Motta Filocastro. In seguito alla richiesta del vescovo di Guastalla, monsignor Giacomo Zaffrani, venne aperta la casa di Villarotta di Luzzara. Nel 1944 a motivo della guerra la Madre dovette sfollare in Valtellina, a Sant’Antonio Morignone, dove venne trasferito anche il noviziato. Tre anni dopo l’Istituto delle Missionarie Francescane del Verbo Incarnato –di cui continuava ad essere la superiora generale – riceveva l’approvazione diocesana, per poi diventare di diritto pontificio. La Madre era animata da un forte spirito missionario; nel 1948 partirono le prime quattro missionarie per l’America Latina e l’anno dopo madre Giovanna trasferiva la Casa Madre e il Noviziato a Fiesole, che divenne sede del governo generale dell’Istituto. Nel 1952 madre Giovanna faceva visita alle prime comunità dell’Uruguay. La religiosa si spense il 21 dicembre 1984 a Casa Madonna di Fiesole e il 23 dicembre si celebrarono i solenni funerali nella cattedrale di Fiesole; il giorno successivo la salma fu trasportata ad Assisi dove la serva di Dio madre Giovanna venne tumulata presso la cappella della Casa del Noviziato.

Una “passerella” di fede per la Basilica della Ghiara

laliberta.info

Il 5, 6 e 7 settembre tre grandi eventi: la mostra dei paramenti restaurati, la conferenza con la riproduzione di due pale d’altare opera di Lionello Spada e di Palma il Giovane e la presentazione dei Cammini della Fede

Prosegue il cammino celebrativo – iniziato il 29 aprile scorso e che si concluderà a fine anno – per i400 anni della Basilica della Ghiara di Reggio Emilia, l’inaugurazione del Tempio, la consacrazione e l’apertura al Culto, che coincise con la traslazione al suo interno dell’immagine miracolosa, con tre grandi eventi volti ad unire e porre in risalto, accanto all’aspetto religioso, quelli storico, artistico e di valorizzazione per una sua maggiore conoscenza in ambito regionale e nazionale. La Basilica è da quattro secoli vivace luogo di fede e capolavoro d’arte, sintesi del Seicento emiliano.

Si parte il 5 settembre alle ore 21,00 con l’apertura della Mostra dei Paramenti restaurati nei locali del Museo della Ghiara. Si tratta di tesori di inestimabile valore, meno conosciuti, ma non per questo non di minor valore, che sono conservati negli stupendi armadi della Sacrestia della Basilica e che costituiscono un patrimonio tessile di grande interesse storico-artistico. Il “tesoro” è composto da una serie numerosa di tessuti, composti da piviali, casule, dalmatiche e mitrie risalenti al XVI, XVII, XVIII e XIX secolo, donati dai fedeli a testimonianza del culto cittadino per la Madonna della Ghiara.

Il Consiglio della Fabbriceria Laica, in occasione delle Celebrazioni dei 400 anni della Traslazione dell’Immagine della Beata Vergine, ha ritenuto importante procedere al restauro di alcuni di questi paramenti e farne oggetto di una mostra. Grazie alla perizia delle restauratrici del laboratorio R.T. di Albinea, altamente specializzato nella cura e nel recupero del patrimonio tessile antico e moderno, sono stati restaurati ed esposti in Mostra.

Alle spese di restauro hanno contribuito alcuni Club Service della Città, Soroptimist, Le Fornelle, Insieme per i Musei e privati cittadini attraverso una raccolta fondi popolare, laGiarèda 2018, che ha registrato una grande adesione popolare. La Diocesi di Reggio Emilia ha donato al Museo della Ghiara gli espositori. L’allestimento della mostra è a cura della dott.ssaElisa Bellesia, della dott.ssaAnnalisa Biselli ed all’arch.Maicher Biagini e gode del Patrocinio della Presidenza della Regione Emilia-Romagna.

La mostra verrà inaugurata il giorno 5 settembre alle ore 21,00 e sarà presentata con la presenza diMons. Alberto Nicelli, Vicario Generale e Moderatore di Curia della Diocesi di Reggio Emilia e Guastalla, e del dottor Giammaria Manghi, Sottosegretario alla Presidenza della Regione Emilia-Romagna. Seguirà la visita della mostra guidata dalla curatrice dott.ssa Elisa Bellesia.

Il 06 settembre alle ore 21,00 ci sarà una Conferenza in Basilica con la riproduzione in HD di duepale d’altare opera di Lionello Spada e di Palma il Giovane ricollocate sui loro altari originari. Il riallestimento di due immagini delle pale a grandezza al vero sui rispettivi altari, realizzato con la collaborazione dello staff dei Musei Civici di Reggio Emilia con la collaborazione del fotografo Carlo Vannini, consente di ammirare la Basilica nel suo aspetto iconografico originario. La Direttrice dei Musei Civici, dott.ssa Elisabetta Farioli, e lo storico prof. Alberto Cadoppi introdurranno commenti culturali e storici legati alle opere originarie oggi custodite nella Biblioteca Estense di Modena. L’allestimento fruisce della donazione Art Bonus di Banca Credit Agricole Cariparma con la collaborazione del Rotary Club Val di Secchia di Reggio Emilia.

Il 07 settembre alle ore 12,00 è previsto un raduno dei partecipanti ai Cammini della Fede. In una Conferenza nella Sala dei Padri del Chiostro Minore si parlerà della ricerca di percorsi alternativi rispetto alle destinazioni di massa, che riscoprono la bellezza del locale praticando un’esperienza di viaggio, responsabile e sostenibile, da fruire con lentezza, a piedi o in bicicletta, a contatto con la natura e il paesaggio, l’arte e la storia, la cultura e la spiritualità dei luoghi, secondo tracciati che ripercorrono le antiche Vie dei pellegrini. Sarà presentato un itinerario culturale che si inserisce lungo il cammino di pellegrinaggio della Via Matildica del Volto Santo. Interverranno: Roberta Grassi, responsabile della Delegazione del Fondo Ambiente Italiano di Reggio Emilia; Giuliano Cervi, Presidente del Comitato Scientifico del Club Alpino Italiano; Padre Cesare Antonelli, Priore della Comunità dei Servi di Maria di Reggio Emilia; Carlo Possa, Presidente della Sezione di Reggio Emilia del Club Alpino Italiano; e Angelo Dallasta, Direttore dell’Ufficio Beni Culturali e Nuova Edilizia Culto della Diocesi di Reggio Emilia.

In prima mattinata alle ore 8.30 si svolgeranno due cammini escursionistici a cura delle sezioni CAI di Reggio Emilia e Novellara.

Proclamati i vincitori di TuttixTutti, il concorso nazionale Cei rivolto alle parrocchie

laliberta.info

1° premio alla parrocchia SS. Annunziata di Caccamo (Pa), 2° premio alla parrocchia Sant’Ippazio di Tiggiano (Le), 3° premio alla parrocchia Santa Elisabetta Anna Seton di Livorno.

Sono stati proclamati i 10 vincitori di TuttixTutti, il concorso che premia i progetti di utilità sociale delle parrocchie coniugando solidarietà e formazione.

394 parrocchie candidate valutate in base all’utilità sociale del progetto, alla possibilità di risolvere problematiche presenti nel tessuto sociale, alla capacità di dare risposta a bisogni della comunità di riferimento e l’eventuale creazione di nuovi posti di lavoro.

Un “Bio Pollaio Solidale” per assistere famiglie e persone in difficoltà economiche: questo il progetto presentato dalla parrocchia SS. Annunziata di Caccamo (Pa) che ha conquistato il 1° premio da € 15.000 della  edizione del concorso. Con il contributo assegnato sarà realizzata una “fattoria sociale” dove la forza lavoro sarà assicurata da un team di volontari. Nello specifico le uova prodotte dalle 100 galline ovaiole, saranno in parte vendute per sostenere le spese vive del mangime per gli animali ed in parte donate alle famiglie sostenute costantemente dalla parrocchia.

Caccamo, parrocchia ss Annunziata, 1° premio TuttixTutti2019

Sempre nel campo agricolo l’avviamento di una cooperativa per la coltivazione della carota viola, proposto dalla parrocchia Sant’Ippazio di Tiggiano (Le), sarà reso possibile grazie al premio da € 12.000 vinto per il progetto “Sulle orme del Santo, per una cultura conviviale”, mentre la parrocchia Santa Elisabetta Anna Seton di Livorno, con il 3° premio da € 10.000, potrà realizzare una “Casa di Accoglienza”, destinata ai familiari dei pazienti del vicino Ospedale civile con difficoltà di tipo socio-assistenziale.

Il recupero dei farmaci inutilizzati e l’offerta di servizi sanitari gratuiti da parte di professionisti volontari saranno al centro del progetto “Scar-Tiamo…dallo scarto nasce amore” della parrocchia Immacolata Concezione di San Vito Chietino (Ch) che ha vinto il 4° premio da € 8.000, mentre la parrocchia Sacro Cuore di Gesù di Marigliano (Na), con  il 5° premio da € 6.000, darà il via a “Il pane è per tutti!”, un progetto che intende creare un percorso laboratoriale per panettieri e pizzaioli per promuovere percorsi di speranza e lotta alla criminalità nonché di induzione al lavoro.

Parrocchia Sant’Ippazio Tiggiano

Da un incontro tra il parroco e una storica famiglia di artigiani tessitori, presente nel territorio da quattro generazioni, nasce il progetto“Artigiani della Carità”grazie al quale la parrocchia Immacolata Concezione di Seminara (Rc) si è aggiudicata il 6° premio da € 5.000, un’iniziativa che intende creare nuova occupazione attraverso la trasmissione di un know how di qualità.

Nella logica dell’assistenza si colloca il progetto “Pane quotidiano”, un servizio di recupero della merce invenduta da panifici e ristoratori per una redistribuzione a famiglie in stato di disagio, che diverrà realtà grazie al 7° premio da € 4.000 assegnato alla parrocchia Sant’Alberto di Trapani.

Parrocchia Santa Elisabetta Anna Seton_Livorno

Percorsi educativi ed inclusione sono il comune denominatore degli ultimi tre progetti vincenti. “Catechismo per tutti”, un’iniziativa, candidata dalla parrocchia SS. Nazaro e Celso di Bresso (MI) che ha ottenuto l’8° premio da € 3.000, che intende rispondere al bisogno delle famiglie con bambini con disabilità aiutandoli nell’inserimento nel catechismo con un percorso pedagogico e spirituale personalizzato, mentre “Insieme si può”, proposto dalla parrocchia SS. Salvatore di Villaggio Aldisio a Messina,  che ha vinto il  premio da € 2.000, è un progetto di un doposcuola rivolto a bambini con disturbi di apprendimento che necessitano di un percorso educativo speciale.

L’ultimo premio, il 10° da € 1.000, è andato alla parrocchia San Bonifacio di San Bonifacio (Vr) per “Come matite nelle tue mani”, una proposta che prevede la riqualificazione degli spazi esterni dell’oratorio grazie ad un concorso di graffiti e street art.

“TuttixTutti rappresenta una grande opportunità per le parrocchieIl nostro concorso nazionale ha contribuito, in otto anni di storia, alla realizzazione di moltissime proposte che offrono risposte concrete ai bisogni delle famiglie, dei giovani e degli anziani afferma Matteo Calabresi, Responsabile del Servizio Promozione Sostegno Economico della Chiesa cattolica.

Sensazionalismo e vocazioni

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“Bella, talentuosa, sicura di sé, 26 anni… lascia tutto per il convento” è il titolo di un articolo pubblicato su un noto sito cattolico alcuni anni fa, ma riproposto ancora oggi tra i più letti, al settimo posto della sua top ten. Si tratta della storia di una ragazza francese, giovane insegnante, che ha lasciato tutto per entrare in un convento di monache benedettine.

Niente da dire sull’articolo, tuttavia la notizia qual è? La maggior parte delle storie di vocazioni alla vita religiosa degli ultimi trent’anni/quarant’anni hanno più o meno le stesse caratteristiche, considerato che non si entra più in convento in età infantile destinate dalle famiglie come la celebre monaca manzoniana. Dal titolo sembra che la novità stia nel fatto che qui si parli di una ragazza dal bell’aspetto, ricca di doti, con delle idee chiare, quasi sia strano che avvenga o che possa avvenire una tale scelta con queste caratteristiche. Passa così l’idea che normalmente diventino suore le ragazze non belle, senza talento, insicure, non più in età da marito, dunque quando accade il contrario è una notizia da top ten!

I titoli spesso (e anche in questo caso) non rispecchiano gli articoli per tanti motivi, tuttavia non si capisce perché si cerchi un certo sensazionalismo anche qui. Se fossi una suora o una monaca, mi darebbe fastidio la scelta di far passare un’idea di questo tipo, considerato che vincola persino la chiamata di Dio, quasi facesse Lui distinzioni o prevedesse una sorta di “dress code vocazionale”. Allora immaginiamo una campagna per le vocazioni di questo genere: “Se i ragazzi non ti filano, se lo specchio si rompe quando lo guardi, se a scuola hai una sfilza di insufficienze e l’università è un miraggio, se non sai che fare nella vita, scegli la vita consacrata, un rifugio per i tuoi problemi”. Insomma, un ripiego. Ma stiamo scherzando?

Noi sì, ma il titolo (a quanto pare molto cliccato) è come se affermasse quella assurda campagna mostrando come eccezione che Dio chiami una giovane di tal sorta, magari così: “Cercasi ragazza bella, talentuosa, sicura di sé, per vita claustrale, vitto e alloggio compreso, automunita, Paradiso garantito”.

Problematico e fuorviante, infine, è pure il concetto espresso del “lascia tutto per il convento”; cosa lascia? La bellezza esteriore? No, perché per quanto abito e velo (dove indossato) nascano con l’intento di proteggere e coprire, non si indossa mica una maschera di ferro sul viso. Cosa lascia? Il talento? No, che piaccia o no, la cantante e ballerina Suor Cristina dimostra che i suoi “talenti mondani” li valorizza, ma ci sono suore talentuose in vari altri campi che non sono certo costrette a nascondere tutto sottoterra. Cosa lascia? L’essere sicura di sé? Se fosse stata tanto sicura di sé, probabilmente non avrebbe cambiato vita e poi chi può dirsi totalmente sicuro di sé? Cosa lascia? I 26 anni? No, poiché l’essere monaca non t’invecchia certo prima del tempo, quindi vive la chiamata di Dio nella pienezza di quell’età e in quel convento. Chiediamo ad una suora o ad una monaca se “ha lasciato tutto”: ci risponderà che “ha guadagnato tutto”!

Fanno rumore, si annoiano, distraggono l’assemblea… Eppure qualche sforzo in più da parte della comunità per educare i più piccoli al sacro potrebbe giovare anche a noi “grandi”

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Ma esiste ancora la “Messa dei Fanciulli”? Ricordo il grande lavorio, il dispendio di energie e anche l’interesse che questo rito aveva suscitato negli anni Settanta al suo apparire: addirittura tre preghiere eucaristiche e un lezionario apposito per introdurre i bambini alla celebrazione, secondo il loro grado di comprensione e di crescita!

Ebbene, dov’è finito tutto quel materiale? C’è ancora qualcuno da qualche parte in Italia che celebra la “Messa dei fanciulli”? Tutto sorpassato, tutto da buttar via? Va bene che si trattava di un’iniziativa “ad experimentum”, ma non ho nemmeno notizia di una successiva decadenza né di un divieto, e comunque quei testi – se non altro – avevano il merito di porsi un problema e di cercare soluzioni; le quali, del resto, potrebbero servire anche agli adulti per comprendere meglio la “loro” messa…

(Altro cospicuo desaparecido anni Settanta è il Catechismo dei giovani, monumentale e impegnativo volume che – senza che ciò costituisca un giudizio di merito – misura l’enorme differenza tra le generazioni “in ricerca” di allora e quelle di oggi… Ma ne riparleremo semmai. Nda).

Tornando alla Messa dei Fanciulli: ci pensavo partecipando alla liturgia domenicale della mia parrocchia, dove un gruppetto di bambini anche molto piccoli ha ormai colonizzato con i suoi giochi una cappella laterale. Intendiamoci: non mi dà per nulla fastidio il loro chiasso di sottofondo, anzi fosse per me (e la mia concezione di messa come rito anzitutto “umano”, familiare, e non ieratica disciplina pseudo-sacrale) darei loro spazio anche davanti all’altare. Al contrario, mi sembra però un’occasione sprecata.

Ho nella mente ad esempio una messa nel Nord Europa, nella quale alll’offertorio alcune mamme o giovani catechiste hanno radunato i piccoli presenti in chiesa e li hanno accompagnati quasi in processione nei locali della sacrestia, dove li hanno intrattenuti non “a caso” ma con attività di introduzione al sacro e al culto, attività naturalmente piacevoli e adatte all’età: una sorta di pre-catechismo, insomma. Poi li hanno riaccompagnati nell’assemblea al momento della comunione (o subito dopo, non ricordo).

Non è l’antica modalità riservata ai catecumeni, che al momento dei “misteri” si ritiravano dall’aula comunitaria non avendo ancora ricevuto il battesimo? Non sarebbe una bella proposta anche per noi, utile ai bambini e probabilmente gradita alle loro famiglie: non per “togliersi dai piedi” i piccoli disturbatori, quanto per introdurli al sacro attraverso la pedagogia della scoperta graduale, dunque della meraviglia verso il mistero? E – forse soprattutto – non sarebbe uno spunto anche per noi adulti, per la comunità intera: a curarsi dei piccoli, a introdurre una vera educazione liturgica, a ripensare certe modalità di catechesi, a considerare la messa in modo diverso?

E’ solo un’idea, naturalmente. Un’altra potrebbe essere la riproposizione, almeno periodica, delle suddette “Messe dei fanciulli”. Quello che mi sembra imprescindibile è come sempre una questione di metodo: ovvero applicare il pensiero e la creatività affinché la liturgia non venga subìta come una stanca ripetizione settimanale, ma mostri nei gesti tutto il suo senso, la sua forza.

 

Comunione ed evoluzione

Casistiche. Equilibrismi. Aspetto di leggerne il testo per intero (sono poche pagine, ma non le ho trovate su Internet), però a un primo approccio questo annunciato sussidio della Conferenza episcopale marchigiana per “spiegare” a fedeli e sacerdoti le nuove tendenze della pastorale verso i divorziati risposati, secondo le direttive di Amoris laetitia, mi lascia perplesso e diffidente. Non per le indicazioni in esso contenute – con le quali concordo – ma per l’approccio: che mi appare il solito “dentro e fuori” del clericalismo, il barcamenarsi tra le parole per non dire chiaro e netto di aver cambiato idea.

Secondo le sintesi finora disponibili, infatti, il documento nel concreto sostiene che nelle coppie di credenti divorziati e risposati «possono esistere fattori che limitano la capacità di decisione» di lasciarsi oppure di convivere senza avere rapporti intimi («come fratelli e sorelle», si diceva per definire le caratteristiche finora indicate come indispensabili per ricevere l’eucaristia), per cui resta loro «aperta la possibilità di accedere al sacramento della Riconciliazione»; e quindi alla comunione. E quali sono questi fattori? Sempre dal documento: «I figli da educare o altre importanti ragioni», come l’impossibilità di rispettare l’impegno a vivere la continenza reciproca, per esempio «per la mancata collaborazione dell’altro» o comunque «per il grave danno che deriverebbero ad alcuni beni, quale quello dei figli».

Ma – cari fratelli miei vescovi – secondo voi, quale delle coppie di credenti risposati e sinceramente desiderosi di ricevere la comunione non corrisponderebbe a tali requisiti di massima? A vostro parere i coniugi che conservano l’anelito spirituale, spesso pressante, ad accostarsi all’eucaristia, non possederebbero già di per sé lo scrupolo morale necessario per esaminarsi profondamente sulla loro motivazione, chiedere perdono per la loro condizione, affidarsi insomma con tutta sincerità alla comprensione e alla misericordia del Padre?!? In sostanza: non era meglio dire bello chiaro che la decisione viene lasciata alla coscienza «rettamente formata», certo, ma anche e alla fine insindacabile, dei singoli – o magari in questo caso delle coppie??

No, istintivamente non mi piace questo cambiare prassi facendo però finta che tutto resti uguale a prima; meglio e più onesto, a mio parere, ammettere che si è mutato orientamento, che le nuove condizioni sociali e una diversa prospettiva pastorale hanno indotto a pratiche differenti rispetto al passato (che non si rinnega, perché comunque va compreso nelle caratteristiche dell’epoca), che insomma l’applicazione del Vangelo non solo permette ma richiede nel tempo affinamenti possibili e persino necessari.

E invece no, si preferiscono equilibrismi logici e verbali per non ammettere una cosa semplice: la Chiesa non è quel tutto monolitico e immutabile che ci hanno insegnato a pensare, dal dogma della Trinità al colore delle vesti dei chierichetti; la Chiesa può cambiare idea – e in effetti l’ha fatto infinite volte nella sua storia. Pur benintenzionati (la solita giustificazione di “non scandalizzare i buoni fedeli”, che altrimenti “non capirebbero” l’evoluzione), documenti del genere perpetuano invece un’idea molto clericale della comunità cristiana, nella quale sono i vertici a stabilire di volta in volta cosa “va bene” e cosa no, senza che i credenti stessi alla fine capiscano quanto sta avvenendo e col pericolo che davvero restino disorientati.

Comodo avere qualcuno che dall’alto faccia credere che le cose stanno in un certo modo, fisse per sempre, immutabili, “sicure”. Ma meglio, molto meglio, mettere le carte in tavola ed educare al senso critico e alle conseguenti scelte responsabili e autonome. Per esempio, e per tornare al caso in questione, facendo capire come forse l’eucaristia non è tanto o solo o soprattutto quell’inarrivabile e purissima realtà che meritano soltanto i “degni”, così come una lettura assai storicamente determinata dal concilio di Trento in poi ci ha subdolamente instillato, ma un pane del cammino da assumere per fare comunione tra fratelli. Così come siamo.

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Riaprire le porte delle chiese

In un tempo in cui i sacerdoti vanno diminuendo e in cui da decenni si parla di «corresponsabilità» dei laici, quale passaggio simbolico ma reale sarebbe distribuire le chiavi della chiesa a un numero maggiore di fedeli?

fonte: vinonuovo.it

Quest’estate sono stato in tre regioni italiane: una al Sud (Sicilia), una al centro (Umbria) e una al Nord-Est (Friuli).

In tutti e tre i casi mi è capitato di cercare, durante un giorno feriale, una chiesa aperta: un po’ per desiderio di pregare, un po’ perché mi piace visitare la chiesa di un paese in cui passo, avendo un poco di tempo. E spesso mi soffermo a guardare anche la bacheca di una comunità, per capire che iniziative si fanno, su cosa si punta, come è portata avanti la testimonianza cristiana nei vari contesti.

Bene: eccezion fatta per Assisi e altri luoghi della spiritualità francescana (Assisi è veramente ‘un mondo a sé’), delle varie cattedrali e chiese scrigno di arte, spesso luoghi di attrazione per turisti (e non raramente a pagamento), e delle chiese in alcune località di mare che, in occasione di qualche festa, erano aperte e ben illuminate, ho sempre trovato chiusa la porta della chiesa. Chiusa a metà mattina, chiusa a metà pomeriggio, chiusa la sera. Laddove non c’è la Messa, la chiesa era chiusa. E in molti piccoli paesi la Messa è solo domenicale, per ragioni di numero dei sacerdoti.

Il 6 agosto ho poi sperimentato anche la fallacia comunicativa delle nostre comunità. Volevo partecipare alla Messa della Trasfigurazione, ero in diocesi di Udine. I siti web di ben tre parrocchie prevedevano delle Messe nel tardo pomeriggio: 18, 18.30, 19. Peccato che ogni volta mi sia trovato la chiesa chiusa. Chiedendo a qualche passante, la risposta è stata: il parroco è in ferie, la Messa non c’è.

Non metto in discussione il diritto legittimo dei sacerdoti di godere di un periodo di riposo: quello che mi lascia perplesso è perché non si proceda a un aggiornamento frequente dei siti delle parrocchie. Sappiamo bene quanto oggi le persone vivono in Internet: perché non curare meglio questo canale comunicativo?

Avanzo una proposta: in un tempo in cui i sacerdoti vanno diminuendo e in cui da decenni si parla di «corresponsabilità» dei laici, quale passaggio simbolico ma reale sarebbe distribuire le chiavi della chiesa a un numero maggiore di fedeli, evitando che siano solo dominio del parroco, del sacrestano e forse delle volontarie e dei volontari della pulizie? Si potrebbe pensare di fare dei turni di apertura e chiusura della Chiesa, affidare un giorno a ogni famiglia? Probabilmente abbiamo una trentina di famiglie in ogni comunità, o anche meno, da coinvolgere e responsabilizzare in questo semplice compito: tenere aperta la chiesa, renderla accessibile a tutti. Sarebbe un gesto dal grande significato.

Oso di più: in un contesto italiano sempre più post-industriale, gli orari devono necessariamente slegarsi dall’orologio agricolo. È un questione su cui si ragiona da tempo, anche sulla scorta di Evangelii Gaudium(«Sogno una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale, diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione», 27). Ci sono iniziative meritevoli, ma estemporanee, come le “Notti bianche delle Chiese”. Perché invece non pensare, almeno un paio di giorni alla settimana, a tenere aperte le Chiese fino alle 22? E magari seguire, laddove il sacerdote sia presente, la prassi di una Messa feriale successiva all’orario di cena? Magari alle 21, o 21.30?

Ho avanzato questa proposta a qualche prete; la risposta è stata: “tanto la gente non viene comunque”. Può essere. Ma noi, come comunità, non frapponiamo anche ostacoli di ordine pratico e concreto al fine di rendere più ‘fruibile’, più ‘facile’ la partecipazione alla liturgia, alla preghiera?

Da ultimo: e se almeno una volta alla settimana, di sera, ci fosse una ‘messa del silenzio’? L’uomo oggi sente tante parole, ogni giorno. Ma una celebrazione eucaristica serale in cui si senta solo la Parola di Dio, senza introduzioni, omelie, commenti vari e avvisi, quanto sarebbe utile? Un momento in cui si faccia silenzio per porgere orecchio all’essenziale, non gioverebbe a molti?

È forse un’immagine romantica: ma pensare a chiese aperte di sera dove qualche giovane, qualche adulto, qualche anziano possano sostare in preghiera, possano ascoltare la Parola e nutrirsi dell’Eucarestia… mi dà speranza.

Inizia il nuovo anno pastorale: sarebbe bello che le comunità si interrogassero sui propri orari, su come rendere agevole ai fedeli la preghiera e la liturgia. E su come sia necessario ‘passare le chiavi’: temo che questo, in fin dei conti, costi più di tutto.