Celebrazioni. Perdonanza celestiniana, l’Aquila città di misericordia

Ieri sera l’accensione del bracere davanti alla Basilica di Collemaggio. Il 28 l’apertura della Porta Santa con Bertello. La bolla del 1294
Processione della Perdonanza celestiniana in immagine d'archivio

Processione della Perdonanza celestiniana in immagine d’archivio

da Avvenire

Il capoluogo d’Abruzzo, da più di settecento anni, celebra annualmente l’indulgenza della “Perdonanza celestiniana”, eredità lasciata dal santo pontefice Celestino V che, con la bolla Inter sanctorum solemnia, indisse quella che, a buon diritto, è considerata la vera anticipazione del primo Giubileo della storia del 1300. Ieri sera, con l’accensione del grande braciere dinanzi la Basilica di santa Maria di Collemaggio, custode delle spoglie di san Pietro Celestino, si è dato il via alle manifestazioni che faranno da contorno al giubileo aquilano che avrà inizio il prossimo 28 agosto, primi vespri della solennità del martirio di san Giovanni Battista.

Proprio il 28 sarà il cardinale Giuseppe Bertello, presidente della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano e del Governatorato Vaticano, a colpire per tre volte, con un bastone di legno d’ulivo del Getsemani, la Porta Santa della Basilica aquilana e dare così il via, con la celebrazione eucaristica, al giubileo celestiniano. Ad introdurre spiritualmente fedeli e pellegrini alla celebrazione della misericordia e del perdono, sarà il predicatore della Casa Pontificia, padre Raniero Cantalamessa, che oggi alle 18, a Collemaggio, terrà una conferenza al termine del biennio mariano indetto dal cardinale Giuseppe Petrocchi, arcivescovo dell’Aquila, su «La sua misericordia di generazione in generazione – il Magnificat di Maria, uno sguardo nuovo su Dio e sul mondo».

Da domani fino al 27 agosto, vigilia della Perdonanza, nel centro cittadino che lentamente vede la sua rinascita dopo il sisma del 2009, sarà collocata la Tenda del Perdono dove, oltre l’Adorazione eucaristica, vi saranno sacerdoti per la confessione e religiosi e religiose per colloqui spirituali. Dopo la solenne celebrazione di apertura del 28 agosto, per tutta la notte e fino ai vespri del 29 agosto i fedeli potranno confessarsi con i numerosi sacerdoti che, a turno, si succederanno nei confessionali della Basilica. I giovani saranno i protagonisti della grande veglia che animerà la Basilica dalle 22 a mezzanotte e mezza quando inizierà, per finire all’alba, la lettura continua di alcuni passi della Bibbia sul tema della rinascita e della misericordia. I vescovi di Abruzzo e Molise si succederanno nella celebrazione delle Messe dedicate ai giovani, ai malati, alle famiglie, ai lavoratori e ad altre categorie di persone fino ai vespri del 29 agosto quando terminerà l’indulgenza della Perdonanza.

A chiudere la Porta Santa di Collemaggio sarà l’arcivescovo del capoluogo abruzzese, il cardinale Giuseppe Petrocchi, che ieri sera, durante la cerimonia di apertura del giubileo aquilano, ha voluto ricordare il decimo anniversario del sisma che ha colpito la città, invitando tutti a mettersi alla scuola di Celestino: «Per ricostruire bene occorre promuovere la cultura della convergenza solidale e della condivisione, che presuppongono la logica del perdono e la disponibilità a progettare un futuro fraterno, abitato dall’amicizia e dalla speranza. Bisogna aprire i “cantieri della concordia” – ha proseguito il porporato – sostenuti da coraggiose e perseveranti idealità: religiose, politiche e culturali. Una ricostruzione “sana” e destinata a diventare sempre più feconda, richiede forti “anticorpi” etici; capacità di coesione, lungimiranti e produttive; e grandi energie, profetiche e creative. Per questo – ha detto in conclusione Petrocchi – l’anima della Perdonanza è anche l’anima della ricostruzione».

La storia

La «Inter sanctorum solemnia», nota anche come Bolla del Perdono, è la bolla emessa da papa Celestino V il 29 settembre 1294, con cui si concedeva l’indulgenza plenaria a tutti coloro che, pentiti dei propri peccati, si fossero recati nella Basilica di Collemaggio all’Aquila. Un evento storico che determinò un fenomeno di coinvolgimento popolare. Il successore, Bonifacio VIII, fu il primo Papa a indire il Giubileo nella storia della Chiesa, riprendendo lo spirito della Perdonanza aquilana.

Sfida alla solitudine nelle periferie con una rete di solidarietà

Nei quartieri difficili crescono esperienze per costruire rapporti umani e coesione sociale. Volontari e coop sociali a fianco di anziani, persone fragili, famiglie in difficoltà
Le Case bianche a Milano (Fotogramma)

Le Case bianche a Milano (Fotogramma)

da Avvenire

Affrontare la sfida della solitudine che si fa isolamento e aggredisce soprattutto le persone anziane e malate. Aiutare la gente delle Case Bianche di via Salomone e del decanato Forlanini, alla periferia est di Milano, a essere sempre più comunità. Offrire a questo territorio una testimonianza di «Chiesa in uscita». Per questo esiste l’associazione Onos, fondata nel dicembre del 2017 per proseguire – con un nome e un volto nuovi – la storia bella e feconda dei «Servizi di prossimità» avviati nel 2003 dalle parrocchie dell’Unità pastorale Forlanini.

Confermati gli ambiti principali di intervento: i servizi di prossimità domiciliare; le attività di animazione e socializzazione presso lo «Spazio Anziani Salomone»; il volontariato presso la Rsa Gerosa Brichetto. Confermati lo stile, la filosofia d’azione, il radicamento ecclesiale, la relazione sorgiva con Caritas Ambrosiana. Immutata la sede: lo «Spazio Anziani» di via Salomone 30, nel seminterrato del Lotto 64, il grigio mastodonte di proprietà Aler che tutti chiamano «Case Bianche» e che ha avuto il suo giorno di gloria il 25 marzo 2017, quando papa Francesco aprì la sua visita pastorale a Milano recandosi presso alcune famiglie del caseggiato e guidando la preghiera davanti a una folla di fedeli, al cospetto della Madonnina collocata nel grande spiazzo fra le Case Bianche e il parco Galli.

A ricordo di quell’incontro, gli “utenti” dello «Spazio Anziani Salomone», lo scorso anno, si sono fatti fotografare davanti alla Madonnina e hanno fatto avere la foto, con i loro messaggi e saluti, al Papa. Che ha ricambiato inviando la sua benedizione. Una copia di quella foto è appesa alla parete dello «Spazio Anziani». Piccola, eloquente testimonianza di una delle sfide alle quali è chiamata Onos: «Promuovere relazioni per superare le solitudini e aiutare un gruppo di persone a diventare comunità, scoprendo insieme la dimensione del dono», scandisce Stefano Bosi della cooperativa sociale Filo di Arianna. Ed è, questa, una delle novità che hanno accompagnato la nascita dell’associazione.

L’opera dei volontari di Onos, grazie a una convenzione, si intreccia e integra, infatti, con l’opera prestata da personale qualificato della cooperativa per l’erogazione di servizi di animazione, di segreteria e di pulizia. A coordinare le azioni di Onos, a titolo volontario, è Giorgio Sarto, “colonna” (e memoria storica) dei Servizi di prossimità Caritas.

Dodici i volontari impegnati nelle attività di prossimità domiciliare, sette quelli all’opera allo «Spazio Anziani». In totale, 86 gli “utenti” nel primo semestre 2019: 66 donne e 20 uomini, di cui 42 segnalati dai custodi sociali del Comune. E 74 hanno più di 65 anni, mentre 46 vivono senza supporti familiari stabili e significativi e 6 sono originari di Paesi extra Ue. I quartieri di provenienza: 52 vivono a Salomone e Mecenate (47 dei quali nel Lotto 64); 18 a Morsenchio; 11 al Forlanini e a Monluè; 5 a Ponte Lambro.

Le attività di prossimità domiciliare in cifre: 622 gli interventi nei primi 6 mesi del 2019, di cui 424 accompagnamenti a visite mediche o uffici pubblici e 208 servizi per disbrigo di pratiche (dal recapito di ricette presso studi medici alle pratiche presso i patronati, al ritiro di farmaci o di pensioni al pagamento di bollette). Per sei anziani e un adulto con problemi psichiatrici sono state avviate attività di monitoraggio con più “passaggi” a domicilio durante la settimana. Sono 22 invece gli “utenti” dello «Spazio Anziani Salomone» dove si svolgono attività di animazione (come i laboratori di canto e quelli ludici, cognitivi, espressivi) ed è stato introdotto un apprezzato laboratorio di musicoterapia.

«Dietro ogni numero c’è una persona, un nome, una storia. E dietro ogni gesto pratico di aiuto c’è una relazione, la risposta a una fragilità, a una solitudine, a una richiesta di ascolto, accoglienza, dignità – spiega Giorgio Sarto –. Perché la povertà, qui, non è solo economica. A chiamarci in causa è anche, o soprattutto, la povertà e la fragilità delle relazioni, dei tessuti familiari, dei rapporti di vicinato, come anche la fatica nel rapporto con le istituzioni. Tutto questo nel contesto critico di un quartiere di edilizia pubblica come le Case Bianche, e di un territorio complesso come il Forlanini. A queste sfide cerchiamo di rispondere da testimoni di una “Chiesa in uscita”, come ci insegna papa Francesco».

A settembre scadrà la convenzione con il Comune per l’uso gratuito della sede di via Salomone 30. «Auspichiamo un rinnovo che non sia il semplice “copia-incolla” della vecchia convenzione ma tenga conto dell’evoluzione del servizio in un contesto che cambia – incalza Stefano Bosi –. Né i volontari né gli operatori – riprende e riflette Bosi – debbono sostituirsi alle istituzioni: piuttosto siamo chiamati a promuovere relazioni fra le persone e a fare rete con il Comune, l’Aler, i medici, i patronati, il privato sociale, le altre associazioni. Quel che facciamo, in fondo, corrisponde a quanto il nostro arcivescovo, Mario Delpini, ha chiesto all’intera comunità diocesana: diffondere e praticare, noi per primi, l’arte del buon vicinato».

L’appello: servono altri volontari

Onos lancia l’appello: servono volontari. Le caratteristiche? Che abbiano un po’ di tempo libero, e magari un’auto per portare gli anziani dal medico, in ospedale o presso gli uffici pubblici, piuttosto che competenze in materia fiscale, amministrativa o altro. Ma quel che serve, innanzitutto, è la voglia di imparare cose nuove. E la disponibilità alla relazione umana, all’ascolto, alla prossimità. A mettersi in gioco. In un cammino di comunità. Ecco, dunque, l’appello al territorio, ai suoi quartieri, alle parrocchie. Onos, per andare avanti, ha bisogno di risorse e di volontari.
Chi volesse farsi avanti può recarsi alla sede di via Salomone 30 (tutti i giorni dal lunedì al venerdì alle 9 alle 17 chiedendo di Giorgio Sarto o di Stefano Bosi, anche in questi giorni: lo «Spazio Anziani» rimane aperto tutto agosto), oppure chiamando lo 02.58016132 o scrivendo a forlanini@caritasambrosiana.it. Un’ultima annotazione. Cosa vuol dire «onos»? «È una parola greca che significa “asino”, un animale citato diverse volte nella Bibbia – spiegano in associazione –. L’animale che ha portato Gesù a Gerusalemme. Ed è simbolo di umiltà, operosità e pace».

Disabili. Da Pompei alla Marmolada, ecco l’Italia senza barriere

Una sala del Museo Tattile Omero di Ancona con un gruppo di studenti durante il percorso sensoriale

Avvenire

Siamo il Paese più bello del mondo per arte, cultura e natura. Meta turistica tra le più gettonate anche dagli stranieri. Ma è davvero possibile a tutti accedere agevolmente a musei, monumenti, siti archeologici e parchi naturali? Non sempre, infatti, il diritto ad apprezzare le bellezze italiane viene garantito ai disabili, nonostante la severa normativa vigente sull’abolizione delle barriere architettoniche.

Terreni sconnessi, scale o rampe ripide, gradini troppo alti, porte strette, ma anche un’eccessiva esposizione a fattori climatici e ambientali, possono essere un motivo di rinuncia – o una forte limitazione – alla visita del bene culturale da parte di chi ha difficoltà motorie o sensoriali. E spesso bisogna fare i conti anche con vincoli di tutela storico-artistica che, come tali, non possono essere rimossi. Da undici anni il Mibac sta lavorando alacremente per l’eliminazione delle barriere architettoniche. Per questo, d’intesa con i direttori dei vari istituti museali, nel 2008 sono state approvate le prime ”linee guida” di un progetto che mette in primo piano l’accoglienza e la creazione di percorsi multisensoriali con lo scopo di favorire narrazioni adeguate predisponendo anche strumenti di mediazione culturale. Spiega il funzionario del Mibac, coordinatrice del progetto, Gabriella Cetorelli: «Il concetto di “accessibilità” si è molto dilatato e non si limita più a considerare il solo l’ingresso fisico, emergendo la necessità di tutta una serie di attività e servizi connessi anche all’accessibilità senso-percettiva, cognitiva, culturale, sociale come pure emozionale, poiché il museo deve accogliere e coinvolgere completamente i propri visitatori».

Realizzati dunque i primi interventi di adeguamento delle strutture il Mibac ha messo in rete “A.D. Arte”, un sistema informativo (www.accessibilitamusei.beniculturali.it) che aiuta le persone con esigenze specifiche a fruire dei beni culturali: si tratta di schede, in italiano e inglese, di musei e aree archeologiche statali (80 finora, ma arriveranno entro la fine dell’anno a 150) aperti al pubblico, con immagini e planimetrie parlanti che consentono una facile “lettura” di percorsi e di materiali. È un progetto unico nel suo genere in Europa, un’eccellenza italiana da esportare. «Ed è stato recepito – precisa Gabriella Cetorelli – nell’ambito del programma europeo “Erasmus plus” quale modello formativo e innovativo per il turismo inclusivo, diffondendolo in ambito comunitario».

Ma quali sono le opere fin qui “liberate” dalle barriere e attrezzate per garantirne la piena fruibilità? Tra quelle segnalate dal sistema del Mibac c’è l’ascensore per Michelangelo che nelle cappelle medicee di Firenze collega l’ingresso della cripta con il primo piano dove si trovano le cappelle dei Principi e la Sagrestia Nuova, con una pedana a scomparsa per superare gradini ineliminabili. La passerella nella necropoli di Tarquinia(sito Unesco) è, invece, un accesso facilitato (progettato secondo i principi dell’“Universal design”) che permette a tutti di visitare la Tomba della Pulcella (V secolo a. C.) con i suoi affreschi: qui sono stati installati anche una postazione multisensoriale con le informazioni, ausilii per non udenti e supporti audio per non vedenti. I passaggi del Teatro Farnese a Parma, all’interno del palazzo della Pilotta, sede della Galleria Nazionale, sono costituiti da una rampa e un percorso di 83 metri che consente di accedere, attraverso un ascensore, al primo piano, dove è visitabile la sezione medievale. Nell’Antiquarium di Boscoreale, vicino Napoli, una rampa collega, al posto delle scale, le porte dell’edificio le cui sale espositive si sviluppano su un seminterrato e al piano terreno. Interventi sono stati realizzati nella Reggia di Caserta e nell’annesso parco dove è possibile usufruire anche di un servizio di assistenza ai disabili. Nel Parco archeologico di Paestum funziona il programma “Architetture senza barriere” con visite guidate e percorsi privilegiati attraverso pedane in legno. Imponente il progetto agli scavi di Pompei, con oltre tre chilometri di percorso con pavimentazioni speciali fruibile a tutti e nuovi supporti tecnologici. Ai Fori Imperiali e al Palatino, nel cuore antico di Roma, ecco un tracciato percorribile con le carrozzine ed elevatori per non deambulanti.
Un altro progetto è stato dedicato ai malati di Alzheimer: si chiama La memoria del bello ed è stato predisposto dalla direzione generale con la Soprintendenza alla Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea di Roma: consiste in una serie di visite guidate interattive: l’arte e le occupazioni creative possano svolgere, infatti, un ruolo di sussidio nelle terapie.

«Vorrei poi menzionare inoltre – afferma la dottoressa Cetorelli – il Museo Tattile Statale “Omero” di Ancona, unico in Italia, progettato per “essere toccato” e consentire una nuova fruizione estetica ed emozionale: è uno degli istituti che ha condiviso con la direzione generale Musei il progetto “A.D. Arte”».

Tra le iniziative virtuose, benché fuori dal progetto ministeriale, va annoverata la funivia della Marmolada, installata per collegare la Malga Ciapela, a 1.500 metri di quota, a Punta Rocca, oltre i 3.300: l’impianto consente ai disabili in carrozzina di arrivare senza ostacoli alla terrazza panoramica che spazia tra le montagne del Bellunese e quelle del Trentino.

Da sapere

Con un decreto firmato dal ministro per i Beni culturali, Alberto Bonisoli, il 21 agosto è stata istituita una commissione di studio per la redazione di un piano finalizzato all’eliminazione delle barriere architettoniche, senso-percettive, culturali e cognitive nei musei, complessi monumentali, aree e parchi archeologici. Vi fanno parte, tra gli altri, Annalisa Bottoni in qualità di presidente, Gabriella Cetorelli (responsabile progetti speciali Musei, Mibac), Anna Contardi (Associazione persone Down), Amir Zuccalà (Ente nazionale sordi), Aldo Grassini (presidente del museo “Omero”) e rappresentanti di soprintendenze, Cnr, Anci e ministero. «La commissione – commenta Cetorelli – dimostra l’impegno e l’attenzione ai temi della fruizione ampliata al patrimonio, messi in atto dal ministro Bonisoli». E anche Matera, Capitale europea della cultura 2019, è senza barriere, grazie all’impegno di associazioni e all’amministrazione comunale: gravine e chiese rupestri sono diventate infatti accessibili a tutti. Varato, nella Città dei Sassi, anche il progetto Cnr Itabc, piattaforma digitale in grado di supportare gli utenti sia nella pianificazione della visita che durante la permanenza nel capoluogo lucano.

Anche i parchi divertimento si adeguano

La questione delle “barriere” interessa anche i parchi di divertimento. «La tematica nel settore è molto sentita e strutture come “Gardaland” risultano tra le prime in Europa» afferma Saverio Fontana, presidente di Viviparchi, associazione per il tempo libero e la vacanza dedicata alle famiglie con figli. Anche “Leolandia”, vicino Bergamo, tra i parchi più frequentati, si è “specializzato”. Racconta Barbara, mamma di un bambino autistico e punto di riferimento, col marito, di altri genitori:«I disabili qui non pagano e l’accompagnatore ha diritto a una tariffa ridotta: bisogna essere muniti di un certificato di disabilità, noi siamo andati col verbale della commissione Inps e andava bene».

David Sassoli: L’Europa partecipe, solidale e “porto sicuro”

Avvenire

(Alessandro Zaccuri) Il presidente dell’Europarlamento al Meeting di Rimini: «Se guardate a come si è estesa l’onda nera del sovranismo vedete che ha puntato ai Paesi di più forte tradizione cattolica». David Sassoli vola alto e parla chiaro. Molto applaudito durante l’intervento che suggella la quarantesima edizione del Meeting per l’Amicizia tra i popoli, il presidente del Parlamento Europeo inanella una sequenza ben calibrata di citazioni, da Giorgio La Pira a don Julián Carrón, da Pio XII a Dietrich Bonhoeffer, per culminare nell’appello personalista di Emmanuel Mounier, uno dei padri nobili del progetto europeo che fin dalla fondazione ha avuto la caratteristica di pensare «in cattolico».

Quale Chiesa oggi? Locanda dell’ospitalità e faro nella notte…

“Dopo la bufera riapparirà ancora il sole.

Come sempre dopo la prova si è più contenti,

si gusta di più il sole”

-Soren Kierkegaard-

In un tempo in cui i riflettori sono accesi sulla crisi di governo e la politica male-educata italiana, vorrei spostare l’asse della riflessione su un altro terreno, quello della vita della Chiesa, quasi all’inizio di un nuovo anno pastorale.

La domanda che fa da titolo all’articolo non è una domanda nuova, ma antica e sempre nuova. È quasi la stessa domanda sulla quale si sono soffermati  i padri del Concilio Vaticano II quando si chiedevano: Chiesa, che dici di te stessa?

Oggi, nel momento storico e culturale che viviamo, questa domanda torna davanti agli occhi di coloro che riflettono e operano nella Chiesa.

E il sottotitolo di questo articolo si propone di offrire due risposte alla domanda posta, risposte che si presentano nel linguaggio delle immagini e dei simboli, i quali – come amava dire Ricoeur – “danno a pensare” e che hanno il più delle volte più incisività delle parole.

La prima immagine è squisitamente evangelica: la locanda è il luogo dove il buon Samaritano del vangelo di Luca porta e fa curare il malcapitato finito nelle mani dei briganti.

La locanda è l’immagine di quella Chiesa che accoglie e si prende cura dei malcapitati della storia e del tempo, è l’immagine di una Chiesa dell’ospitalità che vede nel debole e nel malato la carne di quel Cristo che tanto predica e prega.

Questo simbolo, pertanto, richiama non solo l’accoglienza (direbbe papa Francesco “una Chiesa dalle porte aperte”) ma anche un altro aspetto, quello della missionarietà della Chiesa (direbbe sempre il papa “una Chiesa in uscita”). Questi due aspetti sono complementari tra loro: il primo è un movimento centripeto che va dalla piazza alla chiesa, dall’esterno all’interno; il secondo, invece, è centrifugo perché va dalla sacrestia alla strada, dall’interno all’esterno.

Un teologo e vescovo cattolico, Erio Castellucci, commentando la pagina dei discepoli di Emmaus ed evidenziandone la straordinaria attualità di essa nell’oggi della Chiesa, scrive: “I due discepoli aggiungono un posto a tavola. Non hanno paura di allargare lo spazio della loro casa, non si barricano dietro alla loro porta. Hanno intuito, sentendo parlare Gesù, che quello straniero può solo arricchire la loro vita. Hanno capito, senza forse averlo sentito direttamente da Gesù, quello che aveva detto alla fine del Vangelo di Matteo: “ero straniero e mi avete accolto”. L’esperienza dell’essere accolti e dell’accogliere è uno degli elementi fondamentali della Chiesa. Molti di quegli adulti e non solo che si accostano o riaccostano alla fede lo fanno perché si sono sentiti accolti e non respinti, accompagnati e non giudicati, presi per mano e non segnati a dito. Se è possibile ottenere qualcosa da chi ci appare più lontano dall’esperienza cristiana, non è certamente etichettandolo, ma accompagnandolo”.

Oggi le comunità dovrebbero crescere ancor di più in questo senso e in questo stile.

La seconda immagine, proposta nel sottotitolo, è invece squisitamente patristica.

Il faro della notte e nella notte richiama quello che i padri della Chiesa amavano chiamare il “misterium lunae”, il mistero della luna.

La Chiesa, infatti, era paragonata alla luna, la quale illumina la notte e i sentieri degli uomini sulla terra. Ma la luna ha una caratteristica degna di nota: non si dà luce da se stessa, ma riceve luce dal sole.

Quindi, per analogia, come la luna non trova luce in se stessa ma dal sole, così la Chiesa è illuminata dal Sole di giustizia, che è Cristo.

Il Concilio Vaticano II sapientemente ha intitolato la costituzione dogmatica sulla Chiesa proprio “lumen gentium”, luce delle genti.

Altra missione, allora, della Chiesa è quella di illuminare, di fare luce sulle vicende degli uomini. Ma non può assolvere a questo compito se essa stessa non è a sua volta illuminata dalla luce solare della parola di Cristo.

Ovviamente la luce della luna non è come quella del sole, ma non per questo non illumina.

Direbbe ancora mons. Castellucci: “L’esperienza cristiana, per chi vi si affaccia – bimbo, ragazzo o adulto che sia – ha il volto stesso della comunità cristiana. È nel contatto vivo con la comunità cristiana che le persone possono ricevere questa testimonianza, possono vedere nei fatti come la fede renda più vivi, attivi risorse altrimenti sopite, susciti relazioni autentiche. Pensando a comunità talvolta smorte, colpite da invidie e rivalità, occupate da alcuni che si ritagliano dei piccoli feudi, comprendiamo ancora meglio quale sia la responsabilità della comunità cristiana. Non basta avere “bravi catechisti”, perché è di fatto la comunità intera ad avere un impatto, nel bene e nel male, sulla vita di fede delle persone che la stanno scoprendo. E non pensiamo che non ci si renda conto del clima di una comunità: lo vediamo benissimo, lo respiriamo, come si respira perfettamente il clima della famiglia”.

I cristiani di oggi, quindi, saranno credibili solo se la loro testimonianza diventa luminosa, cioè capace di fare la differenza e distinguersi nel bene.

Queste due immagini di Chiesa devono intrecciarsi, completarsi. La Chiesa deve avere il coraggio di accendere la luce nella locanda e, allo stesso tempo, di mettere la locanda nella luce.

fonte: odysseo.i