ADOLESCENTI, TUTTI I RISCHI NEL PASSAGGIO DALLA SCUOLA MEDIA ALLE SUPERIORI Crollano attività sportive, cresce consumo alcol e cannabinoidi, ricerca a Pavia su stile di vita giovani

Non si piacciono, cambierebbero il loro aspetto fisico, sono attirati dai comportamenti estremi, vivono attaccati al cellulare, mangiano per sentirsi meno tristi e qualcuno si provoca dolore fisico volontariamente. Questo spaccato delmondo adolescenziale arriva da una ricerca sugli stili di vita giovanili realizzata nelle scuole di Pavia. Sono le ragazze le più compulsive rispetto allo smartphone, il 63% lo utilizza in ogni momento libero (contro il34% dei maschi) ma se le femmine chattano, i ragazzi (27%) giocano ai videogames, e queste attività occupano entrambi i sessi per più di due ore al giorno. L’utilizzo dei social cresce con il passaggio dalla scuola di primo grado agli istituti di secondo grado e questo passaggio comporta cambiamenti importanti nei ragazzi che, ad esempio, diminuiscono l’attività sportiva, ma anche il leggere, disegnare e suonare. Dunque sembra che crescendo le ragazze (21%) non pratichino più nessuno sport e i maschi (43%) non leggano mai. L’80% non frequenta nessuna associazione giovanile, secondo i dati della ricerca, condotta in 3 istituti di primo grado, per un totale di 682 ragazzi, e 5 scuole di secondo grado, 4.546 studenti, a Pavia da alcune associazioni (Semi di Melo, Fondazione Exodus, Casa del Giovane, guidata da Simone Feder, in prima linea sui temi NoSlot).

Ed è appunto sulle ‘abitudini disfunzionali’ dei ragazzi che la ricerca punta il dito rilevando, ad esempio, come nel passaggio dalla scuola media a quella superiorementre la spesa per il gioco alle slot machine o l’acquisto di gratta e vinci resta invariato e riguarda circa il 15% del campione, cresce la spesa per le sigarette l’alcol e gli stupefacenti. Il 31% dei ragazzi non ha una paghetta settimanale ma riceve quello che chiede, mentre il 22% dichiara di ricevere tra gli 11 e i 30 euro a settimana. Il 45.57% dei maschi/e il 39.7% delle femmine utilizza questi soldi per comprare alcol, il 20.14% dei maschi e il 7.95% delle femmine per comprare cannabinoidi. C’è poi un 11% dei maschi e circa 3% delle ragazze che acquistano cocaina, eroina o altre sostanze stupefacenti. La ricerca sottolinea come la consapevolezza dei rischi di dipendenza da sostanze e da gioco d’azzardo sia buona tra i ragazzi anche se ‘’ci sono ancora preoccupanti incertezze di alcuni’’.

Un dato significativo rileva come il 59% degli intervistati ha utilizzato per la prima volta un gratta e vinci insieme ai genitori. Lo spaccato familiare degli intervistati dice molto del nuovo tipo di famiglia che si è andata delineando negli anni in Italia: il 18.6% non vive con il padre, il 3.2% non vive con la madre, il 14.4% vive con almeno un parente che non è il genitore, il 7.7% vive con un genitore acquisito e 1.4% non vive con i genitori.

Infine è l’immagine corporea di sé a spiegare molto dei ragazzi: il 41% si dice insoddisfatto del suo corpo (53% delle femmine e il 25% dei maschi); il 50% cambierebbe qualcosa per piacere agli altri (53% delle femmine e 45% dei maschi), il 49% ha fatto una dieta di sua iniziativa e il 24% si ‘è procurato dolore fisico volontariamente (29% femmine, 18% maschi).

ansa

Maturità, la Notte prima degli esami in diretta streaming aspettando l’esame

La copertina di Notte prima degli esami © Ansa

La notte prima degli esami potrebbe essere insonne per il 70% dei maturandi. A far loro compagnia, la diretta di Skuola.net e Radio 24 a partire dalle 20.00 fino alle 8.00 del mattino. Una formazione fatta di influencer (Angelica Massera, gli Autogol, Leonardo Decarli, Valeria Angione, Martina dell’Ombra), cantanti (Shade, Calcutta, Lodo de Lo Stato Sociale) e istituzioni (il Presidente della Camera Fico, i Ministri Bussetti, Di Maio e Salvini).

Maturità al via – LO SPECIALE ANSA

Da che mondo è mondo la notte prima degli esami è un momento particolare e delicato. Sicuramente, si fa fatica a dormire. Ed è proprio questa la sensazione che hanno quasi 7 maturandi su 10: loro già sanno che difficilmente riuscirà a prendere sonno la sera prima dello scritto di italiano.

Per non lasciarli soli, Skuola.net prevede una diretta web lunga tutta la notte e che è possibile visionare anche su questa pagina a partire dalle 20.00.

Dai palazzi della politica a Youtube: ecco gli ospiti della serata-evento

Un’edizione speciale quella di quest’anno: ci sarà, infatti, una delle prime uscite pubbliche del nuovo ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti, che per l’occasione ha registrato il suo in bocca al lupo ai maturandi. Ma tutto il mondo della politica si è mobilitato per gli studenti: tra le personalità che faranno visita a Skuola.net ci sarà anche il presidente della Camera dei Deputati, Roberto Fico. E nel corso della serata andranno in onda gli auguri del ministro dell’Interno Matteo Salvini, del ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico Luigi Di Maio. All’appello, naturalmente, non mancheranno gli idoli degli studenti. Influcencer e Youtuber su tutti: gli Actual, gli Autogol, Leonardo Decarli, Martina Dell’Ombra, Valeria Angione, Angelica Massera. A cui si aggiungeranno le voci di Shade, Calcutta, Lodo de Lo Stato Sociale, Beppe Vessicchio. Tutti assieme per fare compagnia ai ragazzi e allentare la tensione con sketch, canzoni, battute e aneddoti sulla loro maturità. Fondamentale l’apporto degli addetti ai lavori: docenti, psicologi e persino la Polizia Postale porteranno la loro esperienza sul campo per dare consigli su come affrontare al meglio le prove d’esame.

La Notte prima degli esami

L’evento web di Skuola.net anche quest’anno si svolge in collaborazione con Radio 24, per far sì che in ogni canale gli studenti possano trovare il giusto riposo. Sul web una lunga diretta dalle ore 20.00 alle 8.00 del mattino successivo sui canali web di Skuola.net. Dalle ore 21 (per l’intera serata) on air anche sulle frequenze di Radio 24. Per gli studenti ci sarà l’occasione di sorridere e di avere gli ultimi utili consigli per affrontare al meglio gli esami. Negli studi di Skuola.net, infatti, si alterneranno vip ed esperti che vorranno far sentire la propria vicinanza ai ragazzi. Mentre, su Radio 24, il conduttore Federico Taddia sarà accompagnato dal giovane artista Lorenzo Baglioni, che con le sue canzoni – come ‘Il congiuntivo’, presentata all’ultimo Festival di Sanremo – cerca di rendere ‘digeribili’ ai ragazzi i concetti più ostici inseriti nei programmi scolastici.

I 10 modi preferiti per trascorrere la vigilia della Maturità 2018

La notte prima degli esami vedrà gli studenti non solo partecipare alla diretta streaming. Ci saranno infatti tante attività a fare da sottofondo. Secondo una indagine di Skuola.net su 6.000 maturandi, ecco le 10 attività che i maturandi pensano di svolgere per ingannare l’attesa. C’è chi preso dalla disperazione sfrutterà quelle ore per ripassare le ultime cose o per dare i ritocchi finali alla tesina: lo farà quasi 1 su 4 (il 24%). E chi tenterà di allentare la tensione distraendosi un po’: il 19% uscirà con gli amici. I più diligenti (17%) ne approfitteranno per andare a letto presto e provare a riposarsi dopo lunghe settimane di studio. Sempre presente chi, col favore delle tenebre, preparerà il materiale per copiare il giorno dopo (6%) mentre il 5% tenterà (invano) di cercare le tracce d’esame online. C’è chi si rivolgerà agli affetti: il 5% passerà la serata con il proprio amore, il 3% con la famiglia. Un altro 4% organizzerà l’ennesimo gruppo di studio con i compagni di classe. Il 5% cercherà un po’ d’evasione nelle partite dei Mondiali di calcio (anche senza Italia). La stessa quota (5%) ascolterà della buona musica o si rilasserà guardando un film.

RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA

Premio cittadino europeo anche a una famiglia che ha accolto migranti

Migranti

Tra i vincitori del premio del cittadino europeo 2018, una famiglia della zona di Treviso per aver accolto 6 migranti nel 2015. Lo riferisce un articolo dell’Osservatore Romano. Una storia che colpisce quella di Antonio Calò, 57 anni, di sua moglie Nicoletta e dei loro quattro figli tanto che il Parlamento europeo ha voluto dargli questo riconoscimento che viene assegnato a persone o enti che si distinguono per la capacità di rafforzare l’integrazione europea e il dialogo e mettono in partica i valori della Carta dei diritti fondamentali dell’Ue.

Il modello dell’accoglienza familiare

Siamo nel 2015, nel pieno dell’emergenza profughi a Lampedusa, quando Calò va in prefettura e si rende disponibile ad ospitare a casa sua, a Povegliano vicino Treviso, 6 ragazzi migranti. Avvia così un modello innovativo di accoglienza familiare e ora sta cercando di esportare con un progetto pilota quanto sperimentato nella sua famiglia, riferisce lui stesso al quotidiano vaticano. “Sono convinto che questo premio ci darà una forza morale enorme, una spinta ulteriore a essere testimoni coraggiosi”, afferma. La loro accoglienza, infatti, non finisce qui: i 6 ragazzi lavorano tutti e, quando saranno autonomi, andranno via e altri saranno accolti. L’uomo intande fare di tutto perché anche a livello europeo si possa pensare in modo costruttivo a un inizio di soluzione del problema migratorio.

Altri 3 italiani fra i vincitori

Sono 50 i vincitori del premio e fra gli italiani figurano quest’anno anche don Virginio Colmegna, ex direttore di Caritas Lombardia, fondatore di comunità di accoglienza nel campo della sofferenza psichica e dei minori e per il reinserimento lavorativo dei detenuti; Paola Scagnelli, primario di radiologia dell’ospedale di Lodi, che durante le ferie presta il suo servizio di medico a Tabora, in Tanzania, presso una casa famiglia gestita dalle suore della Provvidenza per l’infanzia abbandonata e la Fondazione bresciana assistenza psicodisabili onlus, che attraverso il Centro abilitativo per minori Francesco Faroni, segue gratuitamente novanta minori autistici a partire dall’età di due anni.

vaticannews

Ad Assisi la musica segue il ritmo del cuore in favore di poveri ed emarginati

Dal sagrato della Basilica Inferiore di San Francesco d'Assisi il 19 giugno alle 20:35 su Rai1 torna "Con il Cuore. Nel nome di Francesco"

Il 19 giugno su Rai1 alle 20:35 torna da Assisi l’evento “Con il Cuore nel nome di Francesco”. Sul palco insieme a Carlo Conti: Ermal Meta, Fabrizio Moro, Noemi, Al Bano, Ron, Edoardo Bennato e tanti altri. Repubblica Centrafricana, Zambia, Madagascar, Indonesia e varie strutture caritatevoli in Italia al centro dei progetti di solidarietà della raccolta fondi giunta alla 16.ma edizione. Si può contribuire fino al 5 luglio tramite sms e chiamate al 45515

da Avvenire

Paolo Ondarza – Città del Vaticano

“Finchè abbiamo tempo operiamo il bene”. Con queste parole san Francesco, ieri come oggi, esorta ogni donna e uomo di buona volontà a non trattenere quanto ricevuto dalla Provvidenza, ma a condividerlo con il prossimo. E’ lo spirito che da 16 anni anima l’apputamento con la carità organizzato dai frati francescani del Sacro Convento ad Assisi: “Con il Cuore di Nome di Francesco”. Spettacolo e musica al servizio dell’uomo, con uno sguardo a quell’ampia e invisibile parte di mondo segnata dal dolore, dalla guerra, dalla povertà e dalla malattia. L’appuntamento è per martedì 19 giugno alle 20:35 con una diretta su Rai1 dalla piazza Inferiore della Basilica intitolata al poverello.

Musica e spettacolo al servizio del prossimo

Anche per il 2018 il grande mattatore della serata è Carlo Conti. Insieme a lui sul palco tanti cantanti come Al Bano, Orietta Berti, Bianca Atzei, Edoardo Bennato, Red Canzian, Marco Carta, Ermal Meta, Fabrizio Moro, Noemi, Ron, Red Canzian, il Coro dell’Antoniano e l’attore Nino Frassica. Tutti insieme per una maratona di solidarietà diversa dalle altre. Ad ispirarla non è infatti un’esigenza filantropica, ma piuttosto un moto caritatevole e spirituale. Lo spiega a Vatican News il direttore della Sala Stampa del Sacro Convento di Assisi, padre Enzo Fortunato: “Le parole di Gesù:  ogni volta che avete fatto queste cose auno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me (Mt 25,40), danno il senso del nostro operare portandoci al cuore del Vangelo, a riconoscere cioè nel volto del prossimo un nostro fratello”, il volto di Cristo. “Quando la musica si pone al servizio dell’uomo, acquista più valore. I grandi artisti – è la convinzione di padre Fortunato – sono chiamati a porsi e a porre a chi li ascolta la domanda:cosa vogliamo fare della nostra vita? come vogliamo spenderla?“.

Con il Cuore rivolto alle periferie del mondo

“Per un mese, dal 5 giugno al 5 luglio, – prosegue il portavoce del Sacro Convento di Assisi –  con un SMS o chiamate da rete fissa al numero 45515 sarà possibile sostenere i progetti didattici, sociali e sanitari segnalati a noi francescani dalla Segreteria di Stato della Santa Sede in paesi come Indonesia, Madagascar, Zambia e Repubblica Centrafricana”. La scelta del Centrafrica, tra i luoghi più dimenticati al mondo, vuole rinnovare quella predilezione per questa “periferia” espressa da Papa Francesco a Bangui durante l’apertura del  Giubileo della Misericordia, il 29 novembre 2015. I fondi raccolti saranno impiegati per il completamento di un istituto di formazione umana, morale, spirituale e sociale rivolto a bambini e a ragazze madri. “L’idea di fondo è quella di andare al cuore del problema: guardare cioè alle cause di tante disuguaglianze e ingiustizie nel mondo” e tentare di porvi rimedio.

Una raccolta fondi nel segno della trasparenza

I progetti di solidarietà riguardano quest’anno anche l’Italia, su esplicità indicazione della Cei, con iniziative a sostegno di persone sole e famiglie in stato di povertà. “L’impiego del denaro ricavato dalle donazioni- spiega padre Enzo –  sarà scrupolosamente documentato sul sitowww.conilcuore.info“: chiunque parteciperà a questa gara di generosità sarà così informato delle varie iniziative messe in campo contro la piaga della droga, dell’alcool, della criminalità, del gioco d’azzardo e a favore di una società più giusta e attenta alle necessità del prossimo.

La luce della carità nel buio della desolazione

L’esperienza degli anni scorsi, racconta ancora padre Fortunato, attraverso il generoso contributo di tanti telespettatori, ha permesso di far entrare la speranza in luoghi “devastati dalla miseria e dalle calamità naturali”: “Così è successo ad Haiti e in Indonesia, dove le donazioni di Con il Cuore hanno acceso una fiaccola di carità in mezzo al buio di tanta desolazione”.

Lavoro / Money Max . Alla ricerca di otto consulenti del credito

Alla ricerca di otto consulenti del credito

Money Max – società di mediazione creditizia controllata da Re/Max Italia – con sede all’interno del Re/Max Italia Building di Milano è alla ricerca di otto professionisti da inserire nel team di collaboratori specializzati in attività finanziaria per quanto riguarda l’erogazione di prestiti personali Agos. Nata nel 2011 con l’obiettivo di promuovere i prestiti Agos, azienda leader nel credito al consumo, in soli sei anni di attività Money Max ha erogato, grazie alla sua rete di 15 agenti, oltre 3mila prestiti personali per un controvalore di 35 milioni di euro. La stretta sinergia tra i suoi agenti e i consulenti immobiliari sta permettendo a Money Max uno sviluppo ancora più veloce sul territorio con il vantaggio per la rete Re/Max di avere a disposizione un esperto del finanziamento personale per ampliare la gamma di servizi offerti.

Il candidato ideale deve essere un agente con esperienza nel settore e forte propensione allo sviluppo commerciale del territorio, deve essere provvisto di partita Iva e iscritto agli elenchi Oam (Organismo Agenti e Mediatori). Nello specifico le figure sono ricercate da Money Max in tutta Italia – ad esclusione di Campania e Sicilia dove attualmente non detiene il mandato – andranno ad operare come consulenti del credito. Dovranno presidiare l’area territoriale assegnata, attuando le azioni necessarie per l’acquisizione di nuove pratiche di richiesta di finanziamento. Dovranno coordinare le attività di acquisizione e gestione della documentazione, informare ed educare le persone e le famiglie alla corretta gestione dei rischi che accompagnano una richiesta di prestito personale. Gestiranno lo scambio di comunicazioni interne con la clientela, assicurando il corretto caricamento della domanda di finanziamento, dei contratti e della documentazione di rito (incluso le polizze assicurative) e quanto altro necessario e complementare alle operazioni di credito. Il consulente del credito si relazionerà ed interagirà con le agenzie immobiliari del Gruppo Re/Max, che oggi conta più di 350 agenzie e oltre 3mila professionisti dell’immobiliare affiliati su tutto il territorio nazionale.

Completano il profilo ricercato spiccate attitudini commerciali, relazionali ed organizzative, grande iniziativa e capacità di pianificazione delle azioni di vendita indirizzate all’ampliamento e laurea in economia e commercio, giurisprudenza o in scienze bancarie, preferibilmente con esperienza in ambito commerciale e creditizio. Money Max offre provvigioni ai massimi livelli di mercato, prodotti con tassi competitivi e mette a disposizione dei consulenti una postazione gratuita presso le agenzie immobiliari Re/Max di zona. È previsto un contratto di collaborazione a partita Iva.

Le candidature potranno essere inviate all’indirizzo e-mail: info@money-max.it.

avvenire

Idee. Nazioni e confini non sono idoli ai quali sacrificare la solidarietà

Nazioni e confini non sono idoli ai quali sacrificare la solidarietà

Visti da lontano, dalle capitali dei grandi Stati, dalle metropoli industriali delle pianure, i confini appaiono come limiti invalicabili, muri che separano nettamente una nazione dall’altra. Noi da loro. Man mano che ci si avvicina, invece, si scopre che quella che appariva una linea netta in realtà è una sfumata area di scambio, un graduale fluire da un’identità all’altra senza stacchi che differenzino in modo inequivocabile questo noi e questo loro. Il confine non è il Brennero, ma l’Alto Adige “italiano” assieme al Tirolo “austriaco”; non il Reno, ma l’Alsazia “francese” assieme alla Renania “tedesca”.

La questione delle identità nazionali è tornata al centro del dibattito politico e culturale, in questi anni di incrinatura del processo di unificazione europea. E riporta alla questione, mai risolta, della definizione in termini oggettivi delle identità etniche e nazionali. Più che opportuna appare allora la riproposizione, da parte di Laterza (pagine 214, euro 20,00, con nuova prefazione di Marco d’Eramo), del fondamentale saggio Comunità immaginate. Origine e fortuna dei nazionalismi (1983, tradotto in italiano la prima volta da Manifestolibri nel 1996) del grande antropologo Benedict Anderson, scomparso nel 2015. Quel provocatorio “immaginate” non significa affatto immaginarie, né tanto meno fantastiche: sono comunità concrete, come concreto è il pensiero umano, individuale e collettivo, che le elabora. «È immaginata – spiega Anderson – in quanto gli abitanti non conosceranno mai la maggior parte dei loro compatrioti, né li incontreranno, né ne sentiranno mai parlare, eppure nella mente di ognuno vive l’immagine del loro essere comunità».

È questo elemento, al di là di ogni altra considerazione, a costituire il tratto comune dei sentimenti di appartenenza nazionale, cioè di appartenenza a un gruppo numericamente superiore alla cerchia delle conoscenze dirette di ogni individuo. Nessun uomo è un atomo isolato, ma appartiene a una serie di cerchi concentrici di gruppi che inizialmente sono basati sulla conoscenza personale: la famiglia prima di tutto, poi le comunità di lavoro, le comunità sociali, le comunità abitative… Cerchi che si intersecano e che via via si espandono fino ad arrivare là dove la conoscenza diretta lascia il posto a quella “immaginata”. Ogni italiano sa che altri sessanta milioni di persone percepiscono se stesse come italiane, come parte di una comunità della quale non hanno conoscenza personale: “immaginata”, appunto. Questo non significa che i sentimenti di appartenenza nazionale siano fole o chimere: poggiano tutti su elementi oggettivi. Noi italiani, per esempio, radichiamo la nostra coscienza nazionale prima di tutto sull’appartenenza linguistica, e poi su una tradizione storica, religiosa e culturale che percepiamo come comune. Questi elementi hanno una concretezza reale – l’area linguistica italiana coincide in gran parte, anche se non completamente, con la Repubblica – ma questi elementi oggettivi sono frutto di una scelta, generalmente inconsapevole, di quei caratteri che sono storicamente risultati i più adeguati a definire una nazione.

Ci sono, nel mondo, Stati con una chiara identità nazionale che prescinde interamente dall’elemento linguistico a noi italiani così evidente: si pensi agli Stati Uniti, unificati da una lingua di importazione, coloniale, così come il Brasile o l’Australia; si pensi per contro a Serbia e Croazia o a Gran Bretagna e Irlanda, che parlano la stessa lingua eppure hanno una percezione nazionale non meno forte dei Paesi unici depositari di un idioma. Altre volte gli elementi oggettivi adottati in una definizione di nazione sono geografici, come per esempio l’insularità dell’Islanda; altre volte sono religiosi (più nel senso di retaggio tradizionale che altro): è ciò che distingue, per esempio, i croati cattolici dai serbi ortodossi.

Il catalogo dei caratteri adottati come criterio di definizione nazionale è ampio, e a tal proposito sarebbe opportuna la ristampa anche di un altro saggio ormai da tempo non più disponibile nelle nostre librerie,Etnonazionalismo. Quando e perché emergono le nazioni di Walker Connor (Dedalo 1995). Ma va ricordato che tutte le affermazioni di nazionalità – il “sovranismo”, come si è tornato a dire in questi anni – hanno sempre un fondamento convenzionale. Sono una costruzione umana, e sono quindi soggette all’intervento razionale e disincantato della volontà; non possono essere assunti a totem inscalfibili, sui quali immolare non solo il dialogo politico, ma perfino la più elementare solidarietà.

Avvenire

La storia. Senza più braccia né gambe, aiuta a trovare l’autostima

Sechi, con Erika.

Sechi, con Erika.

«Come mi hanno accolto alla nascita? Come un fulmine a ciel sereno». Non agitava gambine e braccine, Massimiliano Sechi, venuto al mondo in Sardegna nel dicembre di 31 anni fa, perché era nato senza. «Dalle ecografie nessuno si era accorto di nulla. Toccò al quarto ginecologo vedere, a poche settimane dal parto, che non avevo braccia e gambe e lo rivelò a mio padre, che se lo tenne per sè. A mia madre lo dissero dopo il cesareo: aveva un figlio focomelico».

Qualcuno ha tirato in ballo Chernobyl, qualcun altro un virus nella placenta, Massimiliano ha una sola spiegazione: «Niente accade per caso e io mi sono scelto il corpo giusto per portare avanti la mia missione». Non è stato facile, anzi, dal primo vagito la sua vita è stata tutta una conquista strappata con caparbia, tra anni di depressione e paura di una diversità tanto estrema, ma oggi Sechi mette la sua storia straordinaria al servizio degli altri, e della forte disabilità ha fatto la sua grande risorsa: «Dal 2015 faccio il life&business coach per privati e per aziende», in pratica aiuta le persone a trovare in se stesse la carica per vivere, l’autostima, i talenti. «La parola motivatore non mi piace – spiega – perché io posso darti l’energia che ti mette in moto all’inizio, ma poi la motivazione puoi trovarla solo dentro di te. Altrimenti si crea dipendenza, invece ognuno è il più grande maestro di se stesso. Purché non cerchi scuse».

E Massimiliano, che di scuse ne avrebbe avute mille, fin dalla nascita invece ha sfoderato una marcia in più rispetto agli altri neonati, immediatamente motivato dai suoi genitori a crescere il più autonomo possibile. A sei mesi mangiava già da solo, a pochi anni si lavava e smanettava sul computer, anche se le mani non le aveva. Arrabbiato con la vita, ancora lontano dalla serenità conquistata da adulto, cresceva ribelle, «i miei genitori mi facevano indossare le protesi a gambe e braccia perché camminassi come tutti anziché sulla carrozzina elettrica, ma se mi si sfilavano avevo bisogno di aiuto e per questo le odiavo: ma come, mi avevano tanto abituato ad essere autonomo e poi mi ponevano un limite esterno? Non potevo accettarlo».

Così a 14 anni, quando padre e madre si separano, Massimiliano butta via le protesi. Cade anche in anni di profonda depressione, ma ancora una volta la fragilità diventa risorsa: «Con il tempo scoprii che, se rinunciavo agli alibi, potevo trasformare la mia esistenza. Buttai via anche gli antidepressivi e decisi che avrei lavorato su di me».

Nel mondo dei videogiochi diventa così abile che nel 2013 vince il titolo di campione del mondo e da allora ‘No excuses’ (niente scuse) non è solo il suo motto, è uno stile di vita, e anche il nome del movimento che ha fondato e che su Facebook raccoglie oltre 221mila iscritti. I video postati sui social mostrano Massimiliano che si lava i denti o nuota in piscina, si getta sulla sabbia a parare un gol o si allena duro in palestra, scrive al computer o infuoca le platee che lo applaudono. Guida anche l’automobile, con la spalla destra accelera e frena, con la spalla sinistra gira lo sterzo, ciò che ha della gamba sinistra gli basta per frecce, tergicristallo e tutto il resto… Se ce l’ha fatta lui allora tutto diventa possibile, è il pensiero del pubblico che affolla i suoi incontri, ed è proprio questa la missione che Sechi si è dato: «Aiutare le persone a capire che, a prescindere da ciò che ti accade, se non cerchi alibi c’è sempre un motivo per essere felici. Ci complichiamo tanto la vita, ma i cambiamenti più grandi partono dalla semplicità, è importan- te capire che ogni accadimento ha un suo scopo, anche ciò che apparentemente è una disgrazia. Persino una perdita diventa un punto di forza se sei in grado di trasformare il dolore».

Ne sanno qualcosa Massimiliano ed Erika, che a marzo hanno perso il loro primo bambino al nono mese, «è nato senza vita e non sappiamo il perché, io in quei giorni non rispondevo più al telefono perché tutti i nostri amici piangevano e noi non volevamo prenderla così, l’anima di nostro figlio esiste per sempre, non è la morte ad essere brutta ma come noi la vediamo». Erika, 30 anni, lo contattò la prima volta su Facebook per ringraziarlo dopo aver visto un suo video, da allora continuarono a scriversi per un anno, finché si incontrarono e non si lasciarono più. Sarà al suo fianco anche a luglio e agosto sulle piazze d’Italia nel tour ‘No excuses’ (www.massimilianosechi.com), nato per dimostrare agli scontenti che la vita è bella anche in un corpo dimezzato e l’essere felici dipende da tutto fuorché dal tuo aspetto fisico.

«Io mi racconto e in questo modo do alle persone gli strumenti per vedere le cose in maniera diversa». Così le nostre domande – i genitori di Erika non hanno avuto nulla da ridire? gli amici non si sono stupiti? nessuno timore per il vostro futuro? – appaiono improvvisamente limitate: «Queste domande mi fanno riflettere, capisco quanta strada c’è ancora da fare… Ancora si può pensare che conti qualcosa il numero di gambe e braccia? Oggi c’è una tale superficialità che la gente non ce la fa più e va in cerca di qualcosa di vero… chi non ascolta la parte profonda di sé prende gli antidepressivi, gli altri prendono in mano la propria vita». I suoi genitori hanno sempre giurato che, se anche il ginecologo avesse scoperto in tempo la focomelia, non lo avrebbero mai abortito… «Non so se è vero, col senno di poi è facile dirlo. Ciò che so è che la vita va sempre onorata, accolta, valorizzata a prescindere dall’aspetto fisico. Guardatemi, io ne sono la prova vivente».

da Avvenire

Il posto della Scuola, il compito dei docenti, il ruolo dei genitori

A leggere le cronache di queste ultime settimane, con nuove e ripetute notizie di aggressioni a docenti da parte di studenti arrabbiati e di genitori inferociti, sono portato a ritenermi fortunato. Sì, perché l’altro giorno sono stato nella mia scuola per comunicare alle famiglie i risultati degli scrutini (con tanto di bocciature e “sospensioni del giudizio”, vale a dire materie da recuperare con un’ulteriore verifica per quegli studenti che una volta si dicevano “rimandati”) e dopo ho potuto tornare a casa incolume.

Senza che qualche genitore mi colpisse con calci e pugni, come è successo a Roma – questa l’ultima notizia di una lunga serie – a un professore intervenuto per difendere il preside dall’aggressione da parte di un genitore invelenito per la bocciatura del figlio. Senza neanche ricevere insulti o improperi, come è accaduto a Treviso, il giorno dopo l’episodio di Roma, quando un padre si è messo a urlare e a inveire contro i professori del figlio, anche qui “colpevoli” di averlo bocciato. Si sa che giornali, tv e media tutti tendono spesso a enfatizzare certe notizie e che sono portati a cavalcare gli argomenti “del momento”. Ma 35 casi di aggressioni, dall’inizio del 2018, a docenti (17 da parte di genitori) parlano di un fenomeno effettivamente preoccupante, tanto da non poter più sostenere che si tratti di fatti isolati. Certo, sarebbe un errore giudicare la situazione generale della Scuola italiana sulla base di episodi estremi come quelli segnalati.

Eppure il loro frequente ripetersi deve far suonare, forte e chiaro, un campanello di allarme. Dicevo che sono potuto uscire da scuola senza essere stato aggredito. Ma bisogna tenere conto del contesto sociale in cui si opera. Il mio è un buon liceo di provincia. È facilmente immaginabile che in realtà più disagiate certe tensioni tendano a esasperarsi. Anche da noi, infatti, non è che sia tutto rose e fiori. Ho dovuto, per esempio, fronteggiare un certo malcontento, che fortunatamente si è sfogato solo a parole. Una madre il cui figlio aveva avuto un “debito” – vale a dire un’insufficienza da saldare con una prova suppletiva al termine di un corso di recupero organizzato dalla scuola – si è detta molto seccata: «Non contesto il debito a mio figlio, ma in questa classe avete usato due pesi e due misure».

Ho risposto che non era vero: noi insegnanti non siamo certo immuni da possibili errori, ma personalmente posso dire di avere la coscienza a posto. La signora ha continuato: «Alcuni ragazzi che dovevano essere bocciati sono stati invece promossi». A quel punto ho replicato in maniera decisa: mi sembra un’insopportabile presunzione quella di un genitore che pretenda di sostituirsi al docente in uno dei suoi compiti precipui, quello della valutazione. È come se – mi si passi l’esempio – il familiare (completamente digiuno di nozioni di medicina) di un paziente ricoverato in ospedale andasse da un medico del reparto contestando la terapia proposta neanche al suo congiunto, ma ai compagni di camera! Ciò che però non avviene ai medici, avviene agli insegnanti. La ragione è semplice: in molti non sono più pronti a riconoscere la professionalità della funzione docente. Lo si è detto e lo si è scritto tante volte negli ultimi anni: è venuta meno l’autorevolezza della Scuola e degli insegnanti.

Questo è innegabile e le ragioni sono sotto gli occhi di tutti, a partire dall’inadeguato riconoscimento economico riservato a questo lavoro, un’inadeguatezza stipendiale che in termini simbolici ha un peso negativo sulla percezione generalizzata della professione. Tuttavia c’è anche dell’altro. La frustrazione, la rabbia, la violenza che spesso si scatenano contro i docenti hanno una radice più profonda, che va ricercata nell’ambito dell’educazione. Il ragazzo che si scaglia contro l’insegnante non è stato abituato a cogliere il senso del limite e la necessità di osservare alcune regole capaci di frenarne l’istintualità e l’emotività.

Quando invece sono i genitori a rendersi responsabili di atti così gravi scatta spesso un altro meccanismo psicologico: una sorta di identificazione con il figlio, per cui il suo fallimento scolastico, totale o parziale che sia, viene percepito come una ferita o un attacco al genitore stesso. Quando ciò avviene è perché il padre o la madre non ha capito fino in fondo qual è il suo compito: stare vicino al ragazzo, dialogare il più possibile con lui, essere sempre disponibile, ma essere anche pronto a prendere le distanze da comportamenti sbagliati o irresponsabili. Soltanto così si afferma quell’orientamento etico ed educativo di cui gli adolescenti hanno un enorme bisogno.

da Avvenire