Madonna del Carmelo 2018 Novena e Celebrazioni avvisi

La Novena per la Festività della Madonna del Carmelo 2018 avrà inizio il 9 luglio fino al 14 Luglio. La Festività liturgica sarà anticipata alla Domenica 15 Luglio 2018 per tutte le parrocchie dell’Unità Pastorale.

Domenica 15 Luglio 2018

S. Messe  ore 9 e ore 11

L’ipoteca sul futuro dei giovani comincia nella scuola, prosegue con il lavoro non qualificato e finisce con la mobilità sociale bloccata

In Italia 1,5 milioni di diplomati e laureati sottoinquadrati

L’ipoteca sul futuro dei giovani inizia dal percorso scolastico. Il voto ottenuto all’esame di licenza media seleziona rigidamente il percorso scolastico successivo dei ragazzi. Nell’ultimo anno scolastico solo il 22% di chi ha preso 6 alla licenza media è andato al liceo, gli altri si sono iscritti agli istituti tecnici o professionali. La quota di ragazzi che scelgono il liceo aumenta al crescere del voto ottenuto all’esame di licenza media: il 40,4% di chi prende 7, il 62,9% di chi prende 8, l’81% di chi prende 9, il 90,9% di chi prende 10 e il 94,2% di chi prende 10 con lode. Considerati gli studenti che hanno conseguito la licenza media nell’anno scolastico 2010/2011, dopo 5 anni tra coloro che hanno preso 6 come voto all’esame finale il 69% non è ancora arrivato al diploma di maturità, come il 37,4% di chi ha preso 7, solo il 16,9% di chi ha preso 8, appena il 6,5% di chi ha preso 9 e il 2,8% di chi ha preso 10 o 10 con lode. È una selezione rigidissima, che nel percorso formativo successivo smista gli studenti in base al voto e che a cinque anni di distanza si limita quasi sempre a confermare le performance precedenti. In sintesi: se sei bravo alle scuole medie, sarai bravo alla maturità. Al contrario, se sei scarso alle medie, sarai scarso alla maturità, alla quale arriverai con ritardo o forse mai. Di fatto, il sistema scolastico non promuove il cambiamento: riflette e conferma le performance iniziali dei giovani. È per questo che possono rivelarsi molto utili servizi di orientamento in grado di informare i giovani per favorire le scelte migliori: una sfida inedita da includere nei servizi garantiti alle famiglie dei lavoratori dal welfare aziendale. È quanto emerge dal Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale.

La selezione sociale all’Università

Nell’anno accademico 2016-2017 si è immatricolato all’università il 21,8% degli studenti diplomati che alla maturità hanno preso 60, il 33,4% di quelli che hanno ottenuto un voto finale compreso tra 61 e 70, il 47% di quelli che ne hanno conseguito uno tra 71 e 80, il 61,9% di quelli che hanno preso un voto tra 81 e 90, il 72,2% degli studenti che si sono diplomati con un voto tra 91 e 99, l’83,4% se hanno preso 100 e il 91,3% se si sono diplomati con 100 con lode. E alla maturità nei licei è solo il 7,3% degli studenti a prendere 100 e appena l’1,9% a prendere 100 con lode. Nell’ultimo anno accademico si è immatricolato all’università il 73,8% dei liceali diplomati, solo il 33,1% dei ragazzi che hanno terminato gli studi agli istituti tecnici e l’11,3% di chi ha frequentato gli istituti professionali. Anche in questo caso la scrematura è rigida, predeterminata in base al percorso di formazione iniziale. Emerge il ritratto di una scuola lontana dalla retorica che la dipinge come accogliente e buonista, «mammona». È invece fortemente ancorata alla valutazione quantitativa: il voto annuncia precocemente i successi o i fallimenti futuri dei giovani.

Il sottoinquadramento nel lavoro come destino
Quasi 4 giovani diplomati e laureati di 15-34 anni su 10 svolgono un lavoro inadeguato rispetto al proprio titolo di studio: si tratta complessivamente di 1,5 milioni di giovani. Lo scorso anno i forzati del demansionamento sono stati il 41,2% dei diplomati e il 32,4% dei laureati. La metà (il 50,1%) dei 15-34enni occupati che si sono diplomati al liceo svolge un lavoro inadeguato rispetto al titolo di studio posseduto, così come il 37,3% dei diplomati presso gli istituti tecnici, il 40,8% per gli istituti professionali, il 41,3% dei giovani con qualifica professionale triennale. Al top del sottoinquadramento nel lavoro ci sono quindi i liceali diplomati che non sono andati all’università: uno su due fa un lavoro inadeguato rispetto al proprio percorso di studio.

I Centri per l’impiego, fantasmi del mercato del lavoro
La trappola per i giovani scatta anche nella ricerca del lavoro, che è ancora un esercizio affidato prevalentemente alle relazioni personali e in cui contano poco le istituzioni, come i Centri per l’impiego. Tra i laureati nel 2011 che hanno trovato lavoro, solo il 4,7% deve ringraziare un centro per l’impiego, mentre per il 32,8% hanno funzionato gli annunci e l’invio del curriculum, il 24,3% ha potuto contare su amici e conoscenti, per l’11% il merito va a stage e tirocini, per il 9,8% alle segnalazioni dell’università, il 9,9% ha scelto di avviare un’attività autonoma, il 7,6% ha vinto un concorso pubblico. Le azioni per trovare lavoro messe in campo nel 2017 dai 15-34enni sono state: per l’84,9% rivolgersi ad amici e conoscenti, per l’80,7% l’invio del cv e i colloqui, il 75,4% ha consultato offerte sui giornali o sul web, il 26,4% è entrato in contattato con un centro per l’impiego, il 16,5% si è rivolto a un’agenzia interinale, il 9% ha fatto domanda o ha partecipato a un concorso pubblico, l’1,7% ha avviato un’attività di lavoro autonomo.

Scuola bloccata in una società bloccata
Il 60,5% delle persone laureate con figli ha figli che si sono laureati. Tra i genitori diplomati la quota scende al 34,8% e crolla al 10,6% tra le persone che hanno conseguito solo la licenza media. Se difficilmente si risale da basse performance scolastiche, altrettanto difficilmente si sale nella scala sociale rispetto alla propria famiglia d’origine. Di fatto, la scuola conferma le disuguaglianze più che combatterle. E mentre la scuola non aiuta i giovani a salire, oggi le imprese li tengono imprigionati in basso con il lavoro scarsamente qualificato. Possono allora dare un contributo importante servizi di orientamento formativo che aiutino i giovani a scegliere i percorsi scolastici e lavorativi che ne valorizzino al meglio i talenti e le competenze fuori dai rigidi schemi prefissati.

«Da questa trappola per i giovani, come la chiama il Censis, bisogna uscire. Un ruolo importante possono giocarlo le imprese, mettendo a disposizione dei figli dei loro collaboratori strumenti e percorsi dedicati all’orientamento – ha detto Alberto Perfumo, amministratore delegato di Eudaimon -. Penso a soluzioni che stimolino il confronto, che rafforzino la consapevolezza delle potenzialità di ognuno e, in definitiva, aiutino a fare scelte informate. Soluzioni che le imprese più virtuose possono estendere al di fuori dei propri uffici e stabilimenti, e aprire ai ragazzi dei territori in cui opera l’impresa, collaborando a quella novità della scuola italiana chiamata alternanza scuola-lavoro».

avvenire

Il progetto. A volte ritornano: la Mini Minor riparte dalla Cina

La Morris Mini Minor del 1959

La Morris Mini Minor del 1959

Al Gruppo Bmw, come a tutti i costruttori di modelli premium e quindi posizionati in una fascia di cilindrate che è mediamente elevata, serve avere in gamma auto di piccole dimensioni, quelle tipiche delle city car, per abbassare con propulsioni elettriche o termiche a basso impatto ambientale le medie delle emissioni della flotta. La strada scelta dalla Casa di Monaco rispecchia quella già percorsa da Daimler con Smart: mettere sul mercato, possibilmente con importanti volumi di vendita, un modello 3 porte da 3,40-3,50 di lunghezza, che è poco meno l’ingombro di una Fiat 500. Anziché optare per un’auto completamente inedita, magari con marchio Bmw (si era parlato di una Serie Zero) la scelta sembra essere caduta sul brand Mini e sul ritorno di un nome – quello di Minor– che contraddistingueva sotto la marca Morris proprio la prima generazione della city car britannica.

La Mini Minor, anticipa il magazine tedesco AutoBild che ne ha ricostruito anche il probabile aspetto, dovrebbe arrivare alla
fine del 2021 o al massimo nel 2022, frutto della collaborazione tra il Gruppo Bmw e la Casa cinese Great Wallche si occuperà
della fabbricazione. Disegnata traendo ispirazione dalla concept E-Mini presentata nei mesi scorsi, la nuova Mini Minor sarà lunga 3,4 metri e utilizzerà una speciale variante dell’attuale piattaforma modulare caratterizzata da un passo molto lungo per privilegiare l’abitabilità. Al debutto questa city car – riservata inizialmente al solo mercato cinese – sarà proposta in due varianti entrambe 100% elettriche: una con batteria da 38 kWh e 200 km di autonomia e una da 76 kWh da 300 km (quest’ultima potrebbe essere la prima Cooper elettrica nella storia del brand). Negli anni successivi, e sfruttando il 3 cilindri 1.5 e, probabilmente, anche un inedito 2 cilindri 1.0 con sezione ibrida, la Mini Minor dovrebbe essere proposta in tutti i mercati, Europa compresa, anche nelle versioni termiche e con carrozzeria anche cabriolet.

avvenire

In un mondo in cui narcisismo e competizione si associano sempre più a sconforto e paure si può scoprire che già Socrate e Platone fornivano le giuste risposte

Depressione, la cura è nell'anima

Negli ultimi dieci anni i casi di depressione sono aumentati in modo vertiginoso. Diffidenza, competizione, angoscia, ci rendono l’un l’altro sempre meno vicini. Dilaga un narcisismo nevrotico, con scambi virtuali che simulano intimità, di fatto evitandola e fuggendola come la peste. Domina una sostanziale paura di se stessi, con tendenze a continui auto-nascondimenti. Siamo (la maggior parte di noi) le nostre maschere, vittime di un’inautenticità che conduce a crescente solitudine. Un quadro antropologico davvero scoraggiante, e certo non confortato da un avvenire dove il malessere psichico sembra profilarsi come l’orizzonte che più saprà contenerci, dandoci (in negativo) dei limiti. Fotografandolo con accorata limpidezza Pietro Del Soldà racconta di questo strano deserto. Lo fa in un libro ( Non solo di cose d’amore. Noi, Socrate e la ricerca della felicità, Marsilio, pagine 192, euro 17,00) che si legge con fluida rapidità, sebbene affronti temi gravi e immensi, quali la solitudine cui ci sta consegnando questa frenesia di continua affermazione, smania di riconoscimento di fatto coincidente con una totale assenza di interazione con gli altri. Del Soldà domina la filosofia greca (il pensiero socratico riportato nei dialoghi di Platone) con vera padronanza e seria disinvoltura (anche la disinvoltura può essere seria). Arriva così a utilizzare Socrate come una sonda. La vera peculiarità del suo saggio, anzi, sta proprio nel suo spaziare dall’oggi allo ieri (all’allora), nel mostrarci come siano i quesiti socratici quelli che più e meglio fanno luce sulla confusione (il caotico stallo, per dirla con un ossimoro) in cui ci troviamo a vivere. Le domande poste da Socrate insomma puliscono il cielo, sgombrano il campo da illusioni, deviazioni e malintesi contemporanei.

Socrate ci interpella, quando argomenta come sia nella conoscenza di sé la vera cura. Dice molto dell’oggi, quando spiega come nell’intimo contatto con se stessi si riassuma il più limpido antidoto al caos del finto mettersi in mostra, finto instaurare finte relazioni. E in un tessuto di confronti che non sono tra persone, ma tra maschere, tra esseri apparenti come apparente è chiunque si sottrae alla propria verità, ecco dai personaggi dei dialoghi di Platone (Protagora, Alcibiade, Simposio so- prattutto) giungerci i suggerimenti più attendibili. Conoscendo noi stessi, incontriamo il prossimo. E viceversa, troviamo noi stessi incontrando gli altri («quel rispecchiamento reciproco delle pupille dell’anima, in cui consiste la conoscenza di sé»). Perché l’incontro, quello vero, scalza tutti gli ostacoli conoscitivi in cui fatalmente incappa l’ipertrofia dell’io. Sino all’incontro d’amore, scintilla dettata da Eros e che infonde autenticità e potenza a ogni gesto, parola, pensiero, snebbiando da un’infelicità che è rapporto sfalsato col tempo («mancare il punto giusto, il tempo debito e la dovuta proporzione»). Del Soldà è attento al mondo e alle sue evoluzioni più attuali anche grazie a una trasmissione che conduce quotidianamente su Radio3 (‘Tutta la città ne parla’).

Dalla sua vita di persona abituata a scambiare molte parole con sconosciuti, e ad ascoltarli, la sua scrittura è rafforzata. Le considerazioni sul presente risultano particolarmente pregnanti. Leggere di come la disuguaglianza sia «patologia fatale per la democrazia », e di quanto il populismo corrisponda a una «distanza da se stessi in senso politico», sortisce una sorta di effetto omeopatico, in queste settimane di tali e tanti sconvolgimenti nazionali. La filosofia, quella autentica, è del resto proprio questo. Lente attraverso cui leggere meglio il presente, ma anche cura, uso del pensiero che in quanto tale, in quanto funzione che si esercita appieno, consola. «Cosa è accaduto al nostro rapporto con la verità? E ai nostri rapporti tra umani?»: alla portata drammatica che queste domande portano in se stesse, nel loro timbro, Del Soldà una volta di più trova risposte nella visione socratica. È Eros, spinta di bisogno di relazione, è lui a suggerire una strada autentica perché fatta di senso e di passione. Già: il più ragionevole orizzonte futuro – il solo che possa venire opposto a quello del disagio psichico – è l’orizzonte dei nessi e delle interconnessioni tra gli umani. O in modo uguale, tra altri abitanti della terra.

Tra le piante ad esempio, come nel bel libro di Emanuele Coccia ( La vita delle piante. Metafisica della mescolanza in questi giorni in uscita per Il Mulino; pagine 160, euro 14,00). «Ogni essere è essere mondano se è immerso in quel che si immerge in lui», scrive Coccia, lui anche fine conoscitore del pensiero antico. E, «se gli organismi riescono a definire la loro identità grazie alla vita di altri viventi, è perché ogni vivente vive già, di suo, nella vita altrui». Non pensare ininterrottamente a se stessi e a come si appare, ma coltivare solidarietà, ascolto, empatia. Concentrarsi anziché solo su noi stessi, su quanto siamo vicini, contigui, interconnessi. Aprirsi, mescolarsi, tornare a parlare. Per farlo, leggere e studiare quel pensiero che si interrogava su cosa sia l’anima, e cosa quel che meglio sa curarla e mantenerla in salute. Tornare a quelle domande, è cercare soluzioni per evitare la deriva caotica che ci minaccia, troppo e troppo da vicino.

L’ascensore sociale si è rotto. Difficile migliorare la condizione di lavoro

L'ascensore sociale si è rotto. Difficile migliorare la condizione di lavoro

È diventato difficile migliorare la propria situazione economica attraverso il lavoro. Nell’ambito degli studi sulla diseguaglianza, diventata negli ultimi anni uno dei più analizzati temi di macroeconomia, l’Ocse ha approfondito la questione della mobilità sociale, cioè della possibilità che una persona durante la sua vita possacambiare “classe sociale” di appartenenza. Qualcosa che accade ormai molto raramente nelle economie sviluppate che fanno parte dell’Ocse, Italia compresa.

In media, calcolano gli analisti dell’organizzazione parigina, a chi nasce in una famiglia che appartiene al 10% più povero della popolazione occorrono 4,5 generazioni per arrivare ad avere un reddito pari a quello medio del proprio paese. Significa che chi ha origini povere può sperare che i nipoti dei propri nipoti possano – nel giro di un secolo o qualcosa di più – finalmente raggiungere l’ambita “classe media”.

L’Italia è appena sopra la media Ocse in questa statistica: da noi le generazioni necessarie sono cinque, come nel Regno Unito, in Portogallo o negli Stati Uniti (con buona pace del vecchio “sogno americano”), e comunque meno delle sei generazioni necessarie per il salto di classe sociale in Francia e Germania. Come spesso accade in queste analisi, sono le economie scandinave a guidare la classifica: in Danimarca si può sperare di completare l’emancipazione dalla povertà nel giro di due generazioni, in Norvegia, Finlandia e Svezia in tre.

Non è stato sempre così. La parte più interessante dell’analisi dell’Ocse è il confronto con la mobilità dei redditi delle generazioni precedenti. Per molti dei nati tra il 1955 e il 1975 da famiglie con un basso livello di educazione era «una realtà», per chi è arrivato dopo questa mobilità si è fermata. L’Ocse ha osservato un campione di cittadini di tutti i paesi per quattro anni per capire quanta dinamicità ci fosse tra le classi sociali: nel 70% dei casi chi apparteneva alla classe più ricca ci è rimasto, così come è rimasto inchiodato alla sua condizione di miseria il 60% di chi apparteneva al 20% più povero della popolazione. Per la classe media i movimenti verso il basso sono stati più numerosi di quelli verso l’alto.

L’ascensore sociale sembra rotto, avverte l’Ocse, che propone alcuni possibili rimedi: investire sull’istruzione; ridurre il dualismo sul mercato del lavoro; migliorare le reti di protezione per le famiglie povere.

Nel caso italiano l’istruzione e il lavoro sono sicuramente le priorità. Se infatti il nostro paese è sotto ma abbastanza vicino alla media dell’Ocse per quanto riguarda la mobilità dei redditi, cioè la possibilità di migliorare il proprio reddito durante la vita lavorativa, è invece molto al di sotto dello standard per la mobilità educativa(due terzi dei figli di persone con istruzione bassa restano con lo stesso livello educativo dei genitori) e per quella occupazionale (quasi il 40% dei figli di lavoratori manuali diventano a loro volta lavoratori manuali).

Intervenire, avverte l’Ocse, non è importante per obiettivi di solidarietà o giustizia sociale, che non sono al centro dell’attività dell’organizzazione. È una questione che riguarda direttamente la crescita: c’è infatti un nesso tra la produttività e la crescita del Pil da una parte e il tasso di “inclusività” di quella crescita dall’altro. Più persone riescono a godere degli effetti della crescita economica, più un paese evita di sprecare talenti e investimenti e riesce quindi a ottenere uno sviluppo più robusto, solido e duraturo.

‘Ndrangheta. Scoperto arsenale dei clan calabresi a Reggio Emilia

Scoperto arsenale dei clan calabresi a Reggio Emilia

C’erano pistole e revolver, fucili a pompa e semiautomatici, carabine modificate e potenziate, diversi silenziatori, polvere da sparo, inneschi e ordigni esplosivi già confezionati. È il più imponente sequestro d’armi operato ai calabresi nella provincia di Reggio Emilia, la città dove è in corso il processo Aemilia, il più grande contro le infiltrazioni di ‘Ndrangheta mai celebrato nel Nord Italia, quello effettuato dai carabinieri Reggiani e, in particolare, dai militari del nucleo investigativo in collaborazione con quelli delle compagnie di Reggio Emilia, Guastalla e Castelnovo Monti e con 2 unità anti-esplosivi del nucleo cinofili carabinieri di Padova.

Con l’accusa di illecita detenzione di armi, anche clandestine e da guerra, e del relativo munizionamento, i militari hanno arrestato tre persone, rispettivamente di 33, 34 e 50 anni, tutti originari della provincia di Crotone e residenti fra Reggio Emilia e Castelnovo Sotto. A loro sono stati sequestrati pistole e revolver, fucili a pompa e semiautomatici, carabine modificate e potenziate, diversi
silenziatori, polvere da sparo, inneschi e ordigni esplosivi già confezionati.
Armi o congegni esplosivi, cioè, di “straordinaria offensività e pericolosità”, secondo gli inquirenti, in particolare un ordigno
artigianale contenente sfere d’acciaio attivabile con un meccanismo a strappo e diversi componenti per fabbricarne altri. Posti sotto sequestro anche diversi fucili rubati tra le province di Verona e di Reggio Emilia, un fucile a canne mozze e pistole con matricola abrasa.

Oltre ai tre crotonesi, nei guai è finito anche un altro calabrese 46enne residente a Reggio Emilia, trovato in possesso di
circa mezzo etto di marijuana e denunciato alla Procura reggiana per detenzione ai fini di spaccio di stupefacenti. Nel corso
dell’operazione hanno operato oltre 50 militari, coordinati dal sostituto procuratore Valentina Salvi di Reggio Emilia.
Al lavoro anche i cani del Nucleo Cinofili di Torreglia, in provincia di Padova, specializzati proprio nell’individuare esplosivi e tracce
di polvere da sparo. È stato uno di loro, ad esempio, a scoprire, in un giardino, una pistola che era stata precedentemente lanciata dalla finestra da uno degli arrestati, all’arrivo dei carabinieri. Pistola finita tra la fitta vegetazione del giardino e scovata, per l’appunto, dai cani. Un’operazione ‘”reventiva” costituita da oltre una quindicina di perquisizioni locali, finalizzate al controllo di
persone sospettate o pregiudicate per reati concernenti armi da fuoco.

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