L’ipoteca sul futuro dei giovani comincia nella scuola, prosegue con il lavoro non qualificato e finisce con la mobilità sociale bloccata

In Italia 1,5 milioni di diplomati e laureati sottoinquadrati

L’ipoteca sul futuro dei giovani inizia dal percorso scolastico. Il voto ottenuto all’esame di licenza media seleziona rigidamente il percorso scolastico successivo dei ragazzi. Nell’ultimo anno scolastico solo il 22% di chi ha preso 6 alla licenza media è andato al liceo, gli altri si sono iscritti agli istituti tecnici o professionali. La quota di ragazzi che scelgono il liceo aumenta al crescere del voto ottenuto all’esame di licenza media: il 40,4% di chi prende 7, il 62,9% di chi prende 8, l’81% di chi prende 9, il 90,9% di chi prende 10 e il 94,2% di chi prende 10 con lode. Considerati gli studenti che hanno conseguito la licenza media nell’anno scolastico 2010/2011, dopo 5 anni tra coloro che hanno preso 6 come voto all’esame finale il 69% non è ancora arrivato al diploma di maturità, come il 37,4% di chi ha preso 7, solo il 16,9% di chi ha preso 8, appena il 6,5% di chi ha preso 9 e il 2,8% di chi ha preso 10 o 10 con lode. È una selezione rigidissima, che nel percorso formativo successivo smista gli studenti in base al voto e che a cinque anni di distanza si limita quasi sempre a confermare le performance precedenti. In sintesi: se sei bravo alle scuole medie, sarai bravo alla maturità. Al contrario, se sei scarso alle medie, sarai scarso alla maturità, alla quale arriverai con ritardo o forse mai. Di fatto, il sistema scolastico non promuove il cambiamento: riflette e conferma le performance iniziali dei giovani. È per questo che possono rivelarsi molto utili servizi di orientamento in grado di informare i giovani per favorire le scelte migliori: una sfida inedita da includere nei servizi garantiti alle famiglie dei lavoratori dal welfare aziendale. È quanto emerge dal Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale.

La selezione sociale all’Università

Nell’anno accademico 2016-2017 si è immatricolato all’università il 21,8% degli studenti diplomati che alla maturità hanno preso 60, il 33,4% di quelli che hanno ottenuto un voto finale compreso tra 61 e 70, il 47% di quelli che ne hanno conseguito uno tra 71 e 80, il 61,9% di quelli che hanno preso un voto tra 81 e 90, il 72,2% degli studenti che si sono diplomati con un voto tra 91 e 99, l’83,4% se hanno preso 100 e il 91,3% se si sono diplomati con 100 con lode. E alla maturità nei licei è solo il 7,3% degli studenti a prendere 100 e appena l’1,9% a prendere 100 con lode. Nell’ultimo anno accademico si è immatricolato all’università il 73,8% dei liceali diplomati, solo il 33,1% dei ragazzi che hanno terminato gli studi agli istituti tecnici e l’11,3% di chi ha frequentato gli istituti professionali. Anche in questo caso la scrematura è rigida, predeterminata in base al percorso di formazione iniziale. Emerge il ritratto di una scuola lontana dalla retorica che la dipinge come accogliente e buonista, «mammona». È invece fortemente ancorata alla valutazione quantitativa: il voto annuncia precocemente i successi o i fallimenti futuri dei giovani.

Il sottoinquadramento nel lavoro come destino
Quasi 4 giovani diplomati e laureati di 15-34 anni su 10 svolgono un lavoro inadeguato rispetto al proprio titolo di studio: si tratta complessivamente di 1,5 milioni di giovani. Lo scorso anno i forzati del demansionamento sono stati il 41,2% dei diplomati e il 32,4% dei laureati. La metà (il 50,1%) dei 15-34enni occupati che si sono diplomati al liceo svolge un lavoro inadeguato rispetto al titolo di studio posseduto, così come il 37,3% dei diplomati presso gli istituti tecnici, il 40,8% per gli istituti professionali, il 41,3% dei giovani con qualifica professionale triennale. Al top del sottoinquadramento nel lavoro ci sono quindi i liceali diplomati che non sono andati all’università: uno su due fa un lavoro inadeguato rispetto al proprio percorso di studio.

I Centri per l’impiego, fantasmi del mercato del lavoro
La trappola per i giovani scatta anche nella ricerca del lavoro, che è ancora un esercizio affidato prevalentemente alle relazioni personali e in cui contano poco le istituzioni, come i Centri per l’impiego. Tra i laureati nel 2011 che hanno trovato lavoro, solo il 4,7% deve ringraziare un centro per l’impiego, mentre per il 32,8% hanno funzionato gli annunci e l’invio del curriculum, il 24,3% ha potuto contare su amici e conoscenti, per l’11% il merito va a stage e tirocini, per il 9,8% alle segnalazioni dell’università, il 9,9% ha scelto di avviare un’attività autonoma, il 7,6% ha vinto un concorso pubblico. Le azioni per trovare lavoro messe in campo nel 2017 dai 15-34enni sono state: per l’84,9% rivolgersi ad amici e conoscenti, per l’80,7% l’invio del cv e i colloqui, il 75,4% ha consultato offerte sui giornali o sul web, il 26,4% è entrato in contattato con un centro per l’impiego, il 16,5% si è rivolto a un’agenzia interinale, il 9% ha fatto domanda o ha partecipato a un concorso pubblico, l’1,7% ha avviato un’attività di lavoro autonomo.

Scuola bloccata in una società bloccata
Il 60,5% delle persone laureate con figli ha figli che si sono laureati. Tra i genitori diplomati la quota scende al 34,8% e crolla al 10,6% tra le persone che hanno conseguito solo la licenza media. Se difficilmente si risale da basse performance scolastiche, altrettanto difficilmente si sale nella scala sociale rispetto alla propria famiglia d’origine. Di fatto, la scuola conferma le disuguaglianze più che combatterle. E mentre la scuola non aiuta i giovani a salire, oggi le imprese li tengono imprigionati in basso con il lavoro scarsamente qualificato. Possono allora dare un contributo importante servizi di orientamento formativo che aiutino i giovani a scegliere i percorsi scolastici e lavorativi che ne valorizzino al meglio i talenti e le competenze fuori dai rigidi schemi prefissati.

«Da questa trappola per i giovani, come la chiama il Censis, bisogna uscire. Un ruolo importante possono giocarlo le imprese, mettendo a disposizione dei figli dei loro collaboratori strumenti e percorsi dedicati all’orientamento – ha detto Alberto Perfumo, amministratore delegato di Eudaimon -. Penso a soluzioni che stimolino il confronto, che rafforzino la consapevolezza delle potenzialità di ognuno e, in definitiva, aiutino a fare scelte informate. Soluzioni che le imprese più virtuose possono estendere al di fuori dei propri uffici e stabilimenti, e aprire ai ragazzi dei territori in cui opera l’impresa, collaborando a quella novità della scuola italiana chiamata alternanza scuola-lavoro».

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