Reggio Emilia, alla sicurezza in zona stazione ora ci pensa la parrocchia

 REGGIO EMILIA. Non bastano le telecamere in ultra definizione con filtri notturni, le retate settimanali delle forze dell’ordine, i controlli negli esercizi pubblici e i progetti culturali promossi dall’amministrazione. Per garantire la sicurezza in zona stazione serve forse un miracolo. Così, per combattere il degrado del quartiere, il Comune di Reggio Emilia amplia il raggio «territoriale» delle politiche messe in campo e coinvolge anche una parrocchia.

È quella di San Francesco da Paola, in via Emilia Ospizio, ritenuta «un interlocutore e attore strategico dell’area». Per questo, attraverso una convenzione stipulata con l’amministrazione, sono destinati alla parrocchia 12mila euro per lo svolgimento di una serie di attività «educative, didattiche e culturali».
È tutto messo nero su bianco in una recente determina dei dirigenti comunali, che recepisce la proposta dello stesso ente diocesano avanzata il 20 dicembre scorso. Questo nell’ambito del progetto sulla sicurezza urbana “Così bella, così fragile”.

«Risulta evidente – si legge nell’atto pubblico – che ormai non esistono più zone franche dove i cittadini si sentano sicuri, a cominciare dalle Ville e dalla periferia, per poi proseguire nel centro storico, dove la percezione di insicurezza è manifestata in modo particolare da singoli commercianti e rilanciata dalle associazioni di categoria». La zona della stazione, continua la determina, «è l’ambito territoriale più difficile e problematico della città in termini di sicurezza e di convivenza civile».

Nel documento si ricorda però che «nel 2015 e nel 2016 l’amministrazione ha concentrato ingenti sforzi economici e organizzativi soprattutto in piazzale Marconi, viale IV novembre e via Eritrea nella riqualificazione dello spazio pubblico».

Nel corso dell’estate 2017 il Comune ha inoltre emanato una serie di ordinanze di limitazione alla vendita e al consumo di alcol e in alcuni casi di chiusura anticipata delle attività che procuravano nella zona disturbo e degrado, intensificando i controlli della polizia municipale.

Infine, conclude la determina, l’amministrazione «ha dato priorità all’intervento importante connesso ad intrecciare le forme di cittadinanza attiva, mediante l’attivazione di una rete di controllo di comunità» sul territorio comunale reggiano, «in un’ottica sia di sicurezza partecipata che di animazione sociale nelle vie Turri, Vecchi, Paradisi, e Sani».

In questo senso la convenzione stipulata con la parrocchia «completa dunque la progettualità a sostegno delle criticità emerse in stazione».
Gazzetta di Reggio

Carenza sangue in diverse regioni, appello ai donatori

Complice il picco dell’influenza in diverse regioni si stanno registrando carenze di sangue. Lo afferma il Centro Nazionale Sangue dell’Istituto Superiore di Sanità in un post sul proprio sito, in cui lancia un appello alle associazioni di donatori.

“Si segnala la diffusa carenza di emazie nelle Regioni Lazio, Puglia, Campania e Toscana – scrive il Cns -, ma allo stesso tempo l’indisponibilità delle Regioni solitamente eccedentarie a compensare, e addirittura la carenza presso le Regioni Lombardia e Piemonte. Auspicando una pronta ripresa della raccolta anche grazie al prezioso contributo attivo e tempestivo delle associazioni dei donatori, rimaniamo a disposizione per eventuali ulteriori iniziative in merito”. (ANSA).

Concerto a Mantova. Una cantata per don Mazzolari, il profeta

Un luminoso accordo di ottoni, e l’irruzione del coro maschile: «Grida a squarciagola, senza timore, fa’ sentire la tua voce forte come una tromba». Si ripetono serrate quasi fossero il ritornello di un invitatorio liturgico le parole di Isaia, mentre la voce recitante
declama ciò che di don Primo Mazzolari dissero Paolo VI («Camminava avanti con un passo troppo lungo e spesso non gli si poteva tener dietro. È il destino dei profeti»), Giovanni Paolo I («Un pastore che conosce il soffrire e vede lontano»), Benedetto XVI («Profilo sacerdotale limpido di alta umanità e di filiale fedeltà al messaggio cristiano e alla Chiesa») e Francesco («La sua profezia si realizzava nell’amare il proprio tempo, nel legarsi alla vita delle persone che incontrava, nel cogliere ogni possibilità di annunciare la misericordia di Dio»).

Don Primo Mazzolari

Don Primo Mazzolari

Per Federico Mantovani è iniziata così La più bella avventura: l’essersi fatto ispirare dal primo libro (allora prontamente censurato per le sue apertura ai “lontani”) del prete antifascista e scrittore, l’avervi costruito un libretto che distilla Parola di Dio, parole di Mazzolari e liturgia, per poi sublimare questa straordinaria esperienza divina e umana, religiosa e laica insieme in una “Cantata per voce recitante, soli, coro e orchestra”: La più bella avventura, appunto.

Nel settembre 2010 – cinquantesimo dalla morte di Primo – debuttò in Duomo a Cremona. Ma sabato ha nuovamente dispiegato queste armonie di Parola e parole nella cattedrale di Mantova, dove ubbidienti al gesto di Mantovani sono intervenuti Cosimo Vassallo (tenore), Valentino Salvini (baritono) e Alberto Branca (voce recitante), in dialogo con l’Orchestra sinfonica dei colli morenici e il Coro polifonico cremonese.

Un'immagine del concerto a Mantova (Gianni Bellesia)

Un’immagine del concerto a Mantova (Gianni Bellesia)

La cantata mazzolariana – un affresco di accordi e dissonanze, speranza e realtà – respira al ritmo di cinque stanze, e dalla squillante “Voce di profeta” ben presto scaturisce “Impegno e cammino”: ne accompagna i passi il pizzicato ritmico di violoncelli
e contrabbassi, prima che “Giustizia carità e pace” unisca Passione di Dio e dolore umano in un incalzante e sempre più forte abbraccio di ritornelli biblici e mazzolariani tra soli, coro e orchestra. Ed ecco “La più bella avventura” (titolo anche del quarto quadro), che dalle parole contrite del De profundis – messe in bocca al figliol prodigo – esplode in un Alleluia reso ancor più pasquale dai versetti del salmo 136 (“Lodate il Signore perchè è buono”). Un tocco ritmico e solitario di campana, un altro, un
altro ancora: l’ultima stanza è quella del Mazzolari che “Obbedientissimo in Cristo” sente scoccare l’ora del suo testamento spirituale, consapevole di essere atteso tanto dal «grande Padre celeste» quanto dal suo «piccolo padre contadino».

Un'altra immagine del concerto a Mantova (Gianni Bellesia)

Un’altra immagine del concerto a Mantova (Gianni Bellesia)

È la dolcezza degli archi a condurre verso «questa casa dell’Eterno che non conosce assenti», quella stessa da cui tenore e coro
sussurrano, scandiscono e amplificano la parola che pulsa ciclica nel Discorso della montagna: «Beati…». Fino all’epilogo, quando la profezia iniziale si trasfigura in ricompensa finale: «Rallegratevi ed esultate… infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi».

da Avvenire

Unione Europea. Carte di credito: stop ai costi extra. Risparmi per i consumatori

Nuove regole europee per i pagamenti con carte di credito o di debito (Ansa)

Nuove regole europee per i pagamenti con carte di credito o di debito (Ansa)

Niente più sorprese sul prezzo finale quando si acquista online e niente più “commissione” extra quando si paga in un negozio con carta di credito o di debito, anche spendendo cifre molto basse. Grazie alla nuova direttiva che regola i servizi di pagamenti (PSD 2) in Europa, che entra in vigore questo sabato, 13 gennaio, i consumatori europei risparmieranno fino a 500 milioni di euro all’anno.

La prima direttiva di questo tipo risale al 2007, ed era pensata per favorire l’ingresso nel mercato di altri attori, per non lasciare il terreno dei pagamenti soltanto alle banche e alle carte di credito. Negli ultimi anni si sono quindi sempre più diffusi nuovi metodi: da sistemi come Paypal (che però ha acquisito una licenza bancaria) alle app di mobile payment, come Apple Pay e Samsung Pay, o in Italia anche Satispay. Sono esponenti della cosiddetta Fintech, la tecnologia applicata ai servizi finanziari, area che vale sempre di più ma che finora non è stata mai regolata. Spesso nemmeno a livello nazionale.

Per questo gli Stati membri hanno chiesto una revisione della direttiva del 2007, che includesse i nuovi servizi. La maggiore novità della PSD 2, quella con l’impatto più consistente per i cittadini, è il divieto di costi extra sui pagamenti con carta. Noto il caso dei siti di compagnie aeree che, al momento del completamento dell’operazione di acquisto, aggiungevano i costi di transazione, spesso tra i 5 e i 10 euro. Da domani non potranno più farlo, così come i commercianti non potranno applicare “sovrapprezzi” quando si acquista una merce, anche poco costosa, con carta di credito o debito.

Le nuove norme rafforzano anche i diritti dei consumatori: in caso di furto o frodi con carte o bancomat, il cliente fino ad oggi era tenuto a pagare 150 euro per operazioni che non riconosceva, effettuate prima della sua denuncia. Ora la sua responsabilità scende a 50 euro. Aumenterà anche la trasparenza dei costi di commissione quando si acquista qualcosa (non in contanti) in una valuta europea diversa dall’euro. Fino ad oggi, alla transazione veniva applicato un tasso di cambio arbitrario, in ogni caso poco chiaro.

Infine, aumenta la protezione della privacy di chi utilizza i servizi Fintech, che creano un legame tra il conto del cliente e quello del venditore: da ora anche questi dovranno rispettare standard molto rigidi di protezione dei dati finanziari, e dovranno dotarsi di una sicurezza ulteriore per assicurare le transazioni (come sono, ad esempio, le procedure di ‘strong authentication’).

avvenire

Tanzania. Matrimoni forzati, 80 ragazze salvate: arrestati i genitori

Alunni di una scuola di Urambo, in Tanzania: sulla maglietta di uno di loro lo slogan «Le ragazze hanno diritto all'istruzione»

Alunni di una scuola di Urambo, in Tanzania: sulla maglietta di uno di loro lo slogan «Le ragazze hanno diritto all’istruzione»

Sono appena adolescenti, ma per loro le famiglie di origine avevano già deciso: basta con la scuola, è tempo di sposarsi. In Tanzania la pratica dei matrimoni forzati e prematuri è ancora diffusissima: sono circa 8mila le ragazze che lasciano la scuola ogni anno dopo essersi sposate ed essere rimaste incinte. Questa volta, però, le autorità sono riuscite ad intervenire in tempo, salvando 80 giovanissime, che erano già state selezionate insieme ad altre 30mila alunne per frequentare il ciclo di scuola secondaria che inizia a gennaio, da un destino segnato.


A riferire l’accaduto è stato un funzionario regionale per l’educazione di Arusha, Mwalimu Gift Kyando, secondo il quale le famiglie delle alunne stavano tentando di formalizzare il matrimonio delle giovani. “In molti casi abbiamo scoperto che i genitori o i tutori delle ragazze avevano già ricevuto grosse doti dai loro pretendenti. Restava quindi solo da celebrare le cerimonie tradizionali prima che le giovani venissero date in sposa”, spiega Kyando. Sei delle ragazze salvate sono state trasferite in centri speciali per l’accoglienza dell’infanzia, perché secondo le autorità i loro ambienti familiari non erano idonei per la loro crescita e la loro istruzione. Almeno 36 tra genitori e tutori sono stati arrestati, altri sono ricercati.


Non di rado i genitori convincono le figlie a “sabotare” deliberatamente le loro chance di successo a scuola. Le giovani vengono incoraggiate a scarabocchiare i fogli d’esame invece di rispondere correttamente alle domande, in modo che falliscano i test accademici che consentirebbero loro di procedere al livello successivo delle scuole secondarie.


Sposandosi e restando incinte giovanissime, molte ragazze rischiano anche la vita: sono molte, infatti, quelle che muoiono al momento del parto. Le statistiche globali indicano che la Tanzania è uno dei Paesi con il più alto numero di spose bambine: si calcola che due ragazze su cinque siano già sposate prima dei 18 anni. Secondo dati di diverse organizzazioni, tra cui l’Unicef, 16 minorenni restano incinte ogni giorno nel Paese. Il tasso di natalità tra le adolescenti (135 nascite ogni 1.000) è oltre il doppio di quello globale (49 ogni 1.000) nella fascia di età 15-19 anni. “Normalmente siamo già fidanzate alla nascita” racconta Nembua William, 25 anni, che a 12 anni era già sposata e ha partorito con gravi complicazioni la sua prima figlia a 14, quando il suo fisico non era ancora pronto. Da allora la sua vita non è stata facile. A partire da un lavoro che prevede di trasportare fino a 50 chilogrammi di ghiaia ogni giorno per guadagnare 4mila scellini, l’equivalente di 1 euro e cinquanta centesimi. Non sa cosa aspettarsi dal futuro, Nembua, tutto quello che sa è che ha bisogno di lavorare duro per sfamare i suoi due figli.


Nel luglio 2016, l’Alta corte della Tanzania ha cancellato le sezioni 13 e 17 della Legge sul matrimonio del 1971 che consentiva ai minorenni di contrarre matrimonio. Secondo i giudici, infatti, le nozze precoci sono da considerarsi incostituzionali in quanto discriminano il diritto delle bambine all’istruzione. Inoltre la corte ha stabilito che le leggi tradizionali, come quelle che regolano le nozze precoci nelle comunità Masai, non possono applicarsi in materia di matrimonio. La decisione è stata accolta con favore dalle molte organizzazioni che lavorano nel Paese per i diritti dei bambini. Tuttavia, due mesi dopo il procuratore generale della Tanzania ha presentato appello contro la sentenza e una decisione definitiva non è ancora arrivata. Il destino di migliaia di ragazze è quindi ancora appeso a un filo.

avvenire

Smartphone in classe, sì o no? Interviene la ministra Fedeli

Valeria Fedeli, ministro dell'Istruzione (Ansa)

Valeria Fedeli, ministro dell’Istruzione (Ansa)

Gentile direttore,

vorrei fare alcune considerazioni e precisazioni in relazione al commento pubblicato il 10 gennaio, dal titolo«Difendiamo i bambini dagli smartphone», a firma di Daniele Novara. In esso si critica l’istituzione, da parte del Ministero, di una commissione creata – scrive Novara – «per valutare l’eventuale uso didattico degli smartphone a scuola».

Ci tengo innanzitutto a puntualizzare che la commissione, costituita non da fanatici delle tecnologie, ma da filosofi, pedagogisti, esperti di comunicazione, docenti e dirigenti scolastici, ha lo scopo di produrre un documento che fornisca agli insegnanti approfondimenti e riflessioni sui mutamenti dello scenario culturale ed educativo provocati dalla diffusione sociale dei dispositivi mobili – non solo gli smartphone. L’obiettivo, quindi, non è tanto promuovere l’insegnamento attraverso l’utilizzo dei dispositivi mobili, responsabilità che resta in capo alle autonome scelte didattiche delle singole scuole, ma favorire l’acquisizione di strumenti culturali e pedagogici per insegnare alle e agli adolescenti di oggi che usano quotidianamente i device.

Nell’intento di fornire questi spunti di riflessione, la commissione è partita da due assunti di grande rilievo. Il primo, di carattere filosofico, è che la consapevolezza, al contrario del rigetto, dei dispositivi mobili e della loro ormai capillare diffusione, permette a chi si occupa di educazione e formazione di relazionarsi in modo più efficace con strumenti che hanno cambiato e stanno cambiando la cultura e le esperienze diffuse della società contemporanea, investendo anche la dimensione etica dei valori, delle identità e dei comportamenti collettivi.

Il secondo assunto della Commissione è che i ‘nativi digitali’ hanno necessità di conoscere ed essere educati agli ambienti digitali, analogamente a quanto avviene per coloro che usano una lingua ‘per nascita’, che hanno comunque la necessità di conoscere l’ortografia e la grammatica. Avere a che fare con ‘nativi digitali’, quindi, non può e non deve deresponsabilizzare gli adulti dai propri compiti educativi. La commissione – che sta terminando il lavoro con la produzione di un documento finale equilibrato e di supporto alle scuole – rappresenta quindi un modo non di prendere posizione a prescindere su smartphone e altri device, ma di interrogarsi su dinamiche che sono inevitabilmente connesse alla funzione educativa.

Limitarsi a vietare ogni tipo di device in classe non avrebbe altro risultato che tenere la scuola lontana da uno spazio sociale e culturale – oltre che tecnologico – che oggi è determinante nella vita dei più giovani, e non solo.

Significherebbe chiudere gli occhi di fronte al telefonino tenuto in tasca e usato per scambiarsi messaggi, e significherebbe soprattutto lasciare ragazze e ragazzi soli, senza accompagnamento e senza educazione nell’uso degli strumenti.

È quello che non vogliamo: non vogliamo rinunciare a questa responsabilità educativa, vogliamo invece assumerla in pieno e fare in modo, nella massima condivisione e collaborazione con le famiglie, che la scuola sia il luogo dove si impara anche a stare in rete, a ricercare informazioni e approfondire, a relazionarsi in modo rispettoso.

Non è compito del Ministero o della scuola decidere se i device sono bene o male, ma lo è insegnare ad usarli nel modo più utile e corretto. Per permettere a ogni bambina e ogni bambino di avere esperienze sicure, libere e consapevoli, contrastando in modo positivo e attivo, non con divieti ma proprio con l’educazione, ogni tipo di dipendenza, anche dagli strumenti tecnologici.

*Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

in avvenire

Palermo. Fratel Biagio in strada: «Come chi non ha nulla»

Il giaciglio, tra coperte e cartoni, di fratel Biagio Conte

Il giaciglio, tra coperte e cartoni, di fratel Biagio Conte

L’ultimo “residente della strada” che ha accompagnato fino alla fine si chiamava Giuseppe. Barba incolta, 57 anni che valevano il doppio, senza la forza neppure di parlare, si era ricavato un giaciglio in un anfratto del popolare mercato del Capo, alle spalle del Palazzo di giustizia di Palermo. Il missionario laico Biagio Conte e i suoi volontari lo hanno raccolto e portato in ospedale e un paio di giorni fa è morto, «ma almeno non è rimasto per strada».

Piange fratel Biagio, l’uomo col saio verde e gli occhi azzurri, nel toccare con mano la povertà nera, aumentata esponenzialmente negli ultimi anni, «ancora di più di quando cominciai sotto i portici della Stazione Centrale con i fratelli che vivevano lì negli anni Novanta», ma soprattutto nel guardare in faccia l’indifferenza. Quella che uccide. Come ha ucciso i numerosi senzatetto di Palermo, morti negli ultimi mesi in un angolo di strada, fino al caso di Amor il pomeriggio di Capodanno. Loro sono la prova che qualcosa non va, che le ingiustizie sociali stanno relegando ai margini uomini soli, famiglie con figli, anziani, nell’indifferenza generale. E Biagio Conte, che da oltre 25 anni ospita mille persone senza più nulla, italiani e migranti senza distinzione, in tre strutture che fanno di Palermo la città dell’accoglienza, ha deciso di farsi come loro.

Così, mercoledì sera ha preso un paio di coperte, la Bibbia, il breviario, ha raccolto per strada un cartone robusto e ha sistemato il suo giaciglio di protesta sotto i portici delle Poste centrali di via Roma. Proprio dove qualche anno fa emise l’ultimo respiro Vincenzo, un senza dimora che la missione ‘Speranza e Carità’ ha assistito e accompagnato verso la morte, facendogli sentire l’affetto e l’attenzione che per una vita gli erano stati negati. Ha trascorso lì la notte tra mercoledì e giovedì, informando della sua decisione solo il suo braccio destro padre Pino Vitrano. Nessuna spiegazione, solo una lunga lettera scritta a mano, da cui traspare un travaglio, maturato dopo il suo rientro, a metà settembre, dal pellegrinaggio che gli ha permesso di toccare tutte le regioni d’Italia, toccando infinite forme di povertà e di bisogno estremo. Tornato a Palermo, si è trovato davanti una situazione gravemente peggiorata. «Vivo un profondo disagio: non riesco a essere tranquillo, non dormo e non riesco a mangiare, sapendo che ancora ad oggi tante persone vivono per strada» scrive con dolore. «Tante famiglie sono sfrattate e non hanno la casa, tante persone non hanno lavoro.

La forte indifferenza e il profondo egoismo ancora oggi sono molto diffusi, mi inducono a rispondere al male con il bene. Per queste ingiustizie mi abbandono anch’io per strada, per solidarizzare con chi è morto per strada, per chi ancora dorme per strada. Mi sosterranno la preghiera e il digiuno, affinché i cuori e le coscienze si scuotano e si sensibilizzino verso i più bisognosi » dice, firmandosi «piccolo servo inutile». E piccolo lo appare davvero, imbacuccato per difendersi dall’umidità sotto quelle imponenti colonne di epoca fascista che nascondono il difensore degli ‘ultimi’.

Lancia un appello accorato alla città, alle autorità e ai singoli cittadini: «Chi ha e non dona nulla al bisognoso, al più debole, all’indigente, non può essere un uomo o una donna di giustizia, di pace, di speranza. Questo appello è rivolto a tutte le città e regioni d’Italia: è urgente aiutare chi non ha la casa, il lavoro». Il primo a reagire è il presidente della Regione siciliana, Nello Musumeci: «Nei prossimi giorni incontrerò il missionario per esprimere la vicinanza del governo regionale e concordare possibili e concrete iniziative a sostegno del proprio impegno sociale».

da Avvenire