Mercoledì 5 Marzo “Ceneri” celebrazioni in Santo Stefano ore 16 e Santa Messa ore 19

Mercoledì 5 Marzo “Ceneri” celebrazioni in Santo Stefano ore 16 e Santa Messa ore 19

mercoledi-delle-ceneriDal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli.
Dunque, quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipòcriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, mentre tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
E quando pregate, non siate simili agli ipòcriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipòcriti, che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu digiuni, profùmati la testa e làvati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà».

 

Avvisi Sante Messe in Santo Stefano Reggio Emilia

Sono sospese le Sante Messe feriali e la Santa Messa Festiva delle ore 9 in Santo Stefano, fino nuovo avviso. Saranno celebrate regolarmente la Santa Messa prefestiva alle ore 19 e le Sante Messe festive delle ore 11 e delle ore 19.

pubblicato 8 Gennaio 2013

appuntamenti

Commento al Vangelo Domenica 24 Novembre 2013: Un re che si dona, che muore amando

Un re che si dona, che muore amando

XXXIV Domenica
Tempo ordinario – Anno C

In quel tempo il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? (…) E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

Sta morendo e lo deridono tutti, lo prendono in giro: «guardatelo, il re!» Sono scandalizzati i devoti, gli uomini religiosi: ma che Dio è questo che lascia morire il suo eletto? Si scandalizzano i soldati, gli uomini forti: se sei il re usa la forza! «Salva, salva, salva te stesso!» per tre volte. C’è forse qualcosa che vale più di aver salva la vita? Sì. Qualcosa vale di più: l’amore vale più della vita.
E appare un re giustiziato, ma non vinto; un re con una derisoria corona di spine che muore ostinatamente amando; un re che noi possiamo rifiutare, ma che non potrà mai più rifiutare noi.
E gli si accostavano per dargli da bere aceto. Il vino nella Bibbia è il simbolo dell’amore, l’aceto è il suo contrario, il simbolo dell’odio. Tutti odiano quell’uomo, lo rigettano. Di che cosa hanno bisogno questi che uccidono e deridono e odiano il loro re? Di una condanna definitiva, della pena di morte? No, hanno bisogno di un supplemento d’amore. E Dio si mette in gioco, si gioca il tutto per tutto per conquistare l’uomo. C’è un malfattore, uno almeno che intuisce e usa una espressione rivelatrice: non vedi che anche lui è nella stessa nostra pena… Dio nel nostro patire, Dio sulla stessa croce dell’uomo, Dio vicinissimo nella passione di ogni uomo. Che entra nella morte perché là va ogni suo figlio. Perché il primo dovere di chi ama è di essere con l’amato.
Costui non ha fatto nulla di male. Che bella definizione di Gesù, nitida semplice perfetta: niente di male, per nessuno, mai, solo bene, tutto bene. E si preoccupa fino all’ultimo non di sé ma di chi gli muore accanto. Che gli si aggrappa: Ricordati di me quando sarai nel tuo regno. E Gesù non si ricorda, fa molto di più, lo porta con sé, se lo carica sulle spalle come fa il pastore con la pecora perduta e ritrovata, per riportarla a casa, nel regno: sarai con me! E mentre la logica della nostra storia sembra avanzare per esclusioni, per separazioni, per respingimenti alle frontiere, il Regno di Dio avanza per inclusioni, per abbracci, per accoglienza.
Non ha nessun merito da vantare questo malfattore. Ma Dio non guarda ai meriti. Non ha virtù da presentare questo ladro. Ma Dio non guarda alle virtù. Guarda alla povertà, al bisogno, come un padre o una madre guardano al dolore e alle necessità del figlio.
Sarai con me: la salvezza è un regalo, non un merito. E se il primo che entra in paradiso è quest’uomo dalla vita sbagliata, che però sa aggrapparsi al crocifisso amore, allora le porte del cielo resteranno spalancate per sempre per tutti quelli che riconoscono Gesù come loro compagno d’amore e di pena, qualunque sia il loro passato: è questa la Buona Notizia di Gesù Cristo.
(Letture: 2 Samuele 5, 1-3; Salmo 121; Colossesi 1, 12-20; Luca 23, 35-43)

di Ermes Ronchi – avvenire.it

vangelo

 

È l’amore che vince la morte. Commento al Vangelo XXXII Domenica Tempo ordinario – Anno C 10 Novembre 2013

(…) «C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie». Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio». 

La storiella paradossale di una donna, sette volte vedova e mai madre, è adoperata dai sadducei come caricatura della fede nella risurrezione dei morti: di quale dei sette fratelli che l’hanno sposata sarà moglie quella donna nella vita eterna? Per loro la sola eternità possibile sta nella generazione di figli, nella discendenza. Gesù, come è solito fare quando lo si vuole imprigionare in questioni di corto respiro, rompe l’accerchiamento, dilata l’orizzonte e «rivela che non una modesta eternità biologica è inscritta nell’uomo ma l’eternità stessa di Dio» (M. Marcolini).

Quelli che risorgono non prendono moglie né marito. Facciamo attenzione: Gesù non dichiara la fine degli affetti. Quelli che risorgono non si sposano, ma danno e ricevono amore ancora, finalmente capaci di amare bene, per sempre. Perché amare è la pienezza dell’uomo e di Dio. Perché ciò che nel mondo è valore non sarà mai distrutto. Ogni amore vero si aggiungerà agli altri nostri amori, senza gelosie e senza esclusioni, portando non limiti o rimpianti, ma una impensata capacità di intensità e di profondità.

Saranno come angeli. Gesù adopera l’immagine degli angeli per indicare l’accesso ad una realtà di faccia a faccia con Dio, non per asserire che gli uomini diventeranno angeli, creature incorporee e asessuate. No, perché la risurrezione della carne rimane un tema cruciale della nostra fede, il Risorto dirà: non sono uno spirito, un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho (Lc 24,36). La risurrezione non cancella il corpo, non cancella l’umanità, non cancella gli affetti. Dio non fa morire nulla dell’uomo. Lo trasforma. L’eternità non è durata, ma intensità; non è pallida ripetizione infinita, ma scoperta «di ciò che occhio non vide mai, né orecchio udì mai, né mai era entrato in cuore d’uomo…» (1Cor 2,9).

Il Signore è Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe. Dio non è Dio di morti, ma di vivi. In questo «di» ripetuto 5 volte è racchiuso il motivo ultimo della risurrezione, il segreto dell’eternità. Una sillaba breve come un respiro, ma che contiene la forza di un legame, indissolubile e reciproco, e che significa: Dio appartiene a loro, loro appartengono di Dio.

Così totale è il legame, che il Signore fa sì che il nome di quanti ama diventi parte del suo stesso nome. Il Dio più forte della morte è così umile da ritenere i suoi amici parte integrante di sé. Legando la sua eternità alla nostra, mostra che ciò che vince la morte non è la vita, ma l’amore.

Il Dio di Isacco, di Abramo, di Giacobbe, il Dio che è mio e tuo, vive solo se Isacco e Abramo sono vivi, solo se tu e io vivremo. La nostra risurrezione soltanto farà di Dio il Padre per sempre.

(Letture: 2 Maccabei 7, 1-2. 9-14; Salmo 16; 2 Tessalonicesi 2, 16-3, 5; Luca 20, 27-38)

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vangelo

Avvisi su inizio Anno Catechesi 2013-14

L’anno catechistico Parrocchiale avrà inizio Domenica 6 Ottobre con la Celebrazione all’interno della Santa Messa delle ore 11 in Santo Stefano aperta a tutti  i gruppi. In quell’occasione i catechisti riceveranno il Mandato Parrocchiale.

Mercoledì 9 Ottobre ore 16: inizio catechesi gruppi elementari

Sabato 12 Ottobre ore 15: inizio catechesi gruppi I e II Media

Scarica la locandina di inizio Anno Catechesi >>> (file publisher)

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