L’iniziativa. Da Trieste l’appello delle associazioni cattoliche: «La pace è un dovere»

Nella città della Settimana sociale Acli, Agesci, Azione cattolica, Comunione e liberazione, Sant’Egidio, Mcl, Movimento per l’unità, Rns e Aidu firmano un documento inviato ai candidati per l’Ue
Un momento dei lavori di Trieste organizzati dalle aggregazioni laicali

Un momento dei lavori di Trieste organizzati dalle aggregazioni laicali – Luca Tedeschi, diocesi di Trieste

Durante una “due giorni” di preparazione alla Settimana Sociale, i presidenti e leader delle aggregazioni laicali hanno sottoscritto, proprio a Trieste, un appello per la Pace rivolto ai governi, ai rappresentanti delle istituzioni e, soprattutto, ai candidati alle prossime elezioni europee. Il documento è aperto e nei prossimi giorni potranno sottoscriverlo associazioni, movimenti e comunità. Le sigle prime firmatarie chiederanno l’adesione a «chi si candida a governare l’Europa».

Il testo dell’appello di Trieste per la pace

Ci siamo incontrati in questi giorni a Trieste per riflettere sul tema della prossima Settimana Sociale, dal titolo “Al cuore della democrazia”, e abbiamo condiviso l’urgenza di rivolgere insieme un appello accorato per la Pace ai leader dei governi, ai rappresentanti delle istituzioni e in particolare a coloro che si candidano a guidare l’Unione Europea. Emerga con decisione un impegno condiviso per una Pace fondata sul riconoscimento dell’infinita e inalienabile dignità della persona.

Solo pochi giorni fa papa Francesco ha ribadito in modo inequivocabile: “Non dimentichiamoci delle guerre. Preghiamo per la pace. La guerra è sempre una sconfitta, sempre!”.

La guerra non è mai stata la soluzione dei conflitti e delle tensioni tra popoli e nazioni, ma ha sempre causato morte e sofferenza per tutti e in particolare per i più deboli, che pagano e pagheranno sempre il prezzo più alto.

La guerra è una sconfitta del diritto e della comunità internazionale e dell’umanità intera. Conflitti imperversano alle nostre porte, in Ucraina, in Terra Santa e in tanti altri posti del mondo, con armi sempre più potenti e dagli effetti devastanti per le persone e per l’ambiente. In questa ora così terribile per il mondo sentiamo di essere chiamati a una conversione profonda e a dare un giudizio comune e chiaro: la Pace è il dovere della politica. Un ostinato e creativo dovere.

L’Unione Europea, sognata sulle macerie della guerra, costruita sull’utopia della pace, ha un ruolo decisivo. E tutti noi ci sentiamo responsabili dell’eredità di politici europei, credenti e non, che hanno anteposto la vita e le ragioni che uniscono dinanzi a ciò che divide. Lo ha ricordato recentemente anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella: “Il mondo ha bisogno di pace, stabilità, progresso, e l’Unione europea è chiamata a dare risposte concrete alle aspirazioni di quei popoli che guardano al più imponente progetto di cooperazione concepito sulle macerie del secondo conflitto mondiale”.

Per questo facciamo appello alle forze politiche e a chi si candida alle imminenti elezioni europee perché si assuma esplicitamente la responsabilità di porsi come interlocutore per la Pace, proponendo senza riserve la via diplomatica e della vera politica.

Non possiamo rassegnarci al fatto che la retorica bellicistica e la non-cultura dello scontro invada la nostra vita dalle relazioni personali alle relazioni sociali e politiche. Continueremo a impegnarci sul terreno educativo e formativo, nella solidarietà concreta verso i più deboli e le vittime delle ingiustizie, nel dialogo per il bene comune con le donne e gli uomini di buona volontà.

Oggi più che mai, la politica è “la più alta forma di carità” se persegue la Pace.

Primi firmatari:
Acli, Agesci, Azione cattolica italiana, Comunione e liberazione, Comunità di Sant’Egidio, Movimento cristiano lavoratori, Movimento politico per l’unità, Rinnovamento nello Spirito, Aidu.

Con Brunetto Salvarani per parlare di pace a Reggio Emilia

Il Centro culturale Aperta…Mente dell’unità pastorale Laudato sì’, con il patrocinio del comune di Reggio Emilia, organizza l’incontro con Brunetto Salvarani dal titolo “Il mio popolo abiterà un’oasi di pace”.

Oggetto dell’incontro il villaggio di Neve Shalom dove vivono insieme in pace ebrei e palestinesi.

L’appuntamento è domenica 3 marzo alle ore 16 presso la parrocchia del Sacro Cuore a Baragalla.

 

laliberta.info

Migliaia di reggiani in marcia per la pace

Migliaia partecipanti marcia pace Reggio Emilia, stop guerre

REGGIO EMILIA – Migliaia di reggiani sono scesi ieri in piazza e per le vie della città di Reggio Emilia per dire stop alle guerre. La manifestazione “Per un futuro di pace” è partita ieri, nel tardo pomeriggio, da porta San Pietro e si è conclusa in piazza Prampolini. Oltre 150 le associazioni che hanno partecipato alla marcia per la pace: molte le figure istituzionali provenienti da vari comuni della provincia, assieme ad assessori, segretari dei sindacati Cgil e Cisl e personaggi della politica reggiana. Oltre 120 manifestazioni analoghe si sono svolte nel resto d’Italia.

stampareggiana.it

Il parroco di Gaza: «Cessate il fuoco, subito!»

Il parroco di Gaza: «Cessate il fuoco, subito!»

ROMA-ADISTA. «Impegnatevi ovunque per un cessate il fuoco immediato e permanente a Gaza, perché ci sono già stati troppi morti, più di 22 mila vittime delle bombe, tra cui 8 mila bambini! Non abituiamoci a questa carneficina. Più di 56 mila feriti sono in attesa di cure. Dobbiamo fare tutto il possibile per evitare che il conflitto israelo-palestinese si estenda all’intera regione». E’ questo il primo messaggio che p. Gabriel Romanelli, PRETE argentino, parroco della Chiesa della Sacra Famiglia, l’unica parrocchia cattolica nella Striscia di Gaza, rivolge ai cristiani di tutto il mondo, in una lunga intervista pubblicata nel numero di Famiglia Cristiana in edicola da oggi, 18 gennaio.

Padre Romanelli attualmente si trova in Cisgiordania: lo scorso 7 ottobre, il giorno dell’attacco di Hamas, lui si trovava a Betlemme e non è più riuscito a rientrare nella Striscia, presso la sua parrocchia. «Un cessate il fuoco è ora l’unica emergenza, perché ogni minuto di guerra produce più odio, più desiderio di vendetta e nessuno può vincere in questo modo nel lungo periodo”, afferma p. Romanelli. 

31 dicembre. Pace, la marcia nella città di frontiera. Gorizia, laboratorio d’Europa

Nella notte il percorso unirà simbolicamente Italia e Slovenia con l’arrivo a Nova Gorica. L’omaggio a monsignor Bettazzi, scomparso a luglio, da sempre protagonista dei cortei

Il corteo della Marcia straordinaria della pace dello scorso 24 aprile raggiunge la piazza inferiore di San Francesco ad Assisi

Il corteo della Marcia straordinaria della pace dello scorso 24 aprile raggiunge la piazza inferiore di San Francesco ad Assisi – ANSA

Nel tempo cupo in cui la guerra non pare avere alternative, arriva dalla frontiera di Gorizia la lezione di pace dell’Europa. Città carica dei simboli delle guerre del secolo scorso, è oggi simbolo di convivenza tra nord e sud e tra est e ovest d’Europa. E per questo, insieme alla gemella slovena Nova Goriça, con la quale sarà capitale europea della cultura nel 2025, ospita il 31 dicembre la 56esima edizione della marcia nazionale della pace voluta da san Paolo VI, organizzata dalla Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace della Cei, l’Azione Cattolica, Caritas Italiana, il Movimento dei Focolari Italia e Pax Christi Italia.

Il tema di quest’anno è “Intelligenza artificiale e pace” mentre la caratteristica della marcia goriziana, che si snoda per 7,5 chilometri di percorso, è l’essere transfrontaliera. La manifestazione di fine anno si svolgerà infatti a cavallo di un confine che divise dolorosamente una città nel dopoguerra divenendo uno dei simboli della separazione politico-ideologica tra Europa occidentale e orientale e che venne smantellato 20 anni fa con l’ingresso della Slovenia nell’Ue e si concluderà con la Messa nella concattedrale di Nova Goriça.

«Gorizia – spiega l’arcivescovo e presidente di Caritas Italiana, Carlo Roberto Maria Redaelli – ha vissuto da vicino la prima guerra mondiale, è stata coinvolta nella seconda ed è stata uno dei posti in cui era evidente la divisione della guerra fredda con un vero e proprio muro che la divise. Ma qui ogni famiglia ha componenti italiane e slovene e questo mix di popoli e culture ha aiutato a superare contrapposizioni e a perdonare. Grazie a questa capacità di ricostruzione della convivenza e all’Europa unita che ha tolto i confini, questa terra può essere un laboratorio di pace. Da qui si lancia un messaggio importante di speranza in un momento in cui l’odio e la violenza della guerra sembrano prevalere».

Attualmente Gorizia è uno dei terminali della rotta balcanica, luogo di arrivo di molti stranieri. «Le guerre in altre parti del mondo – conclude Redaelli – segnano il movimento di popoli anche nelle nostre terre. La nostra città è ricca di simboli e richiami toccati dalla marcia».

Li illustra don Nicola Ban, parroco della cattedrale, uno dei coordinatori. «Partenza alle 16 dal Sacrario di Oslavia, simbolo della prima guerra mondiale, poi le tappe di riflessione con un passaggio davanti alla sinagoga che non è più luogo di culto perché 80 anni fa la comunità ebraica goriziana venne cancellata dai nazifascisti con le deportazioni. Si affronterà il tema della fuga dalle guerre davanti al convitto salesiano di San Luigi, che accoglie i minori non accompagnati provenienti dalla rotta balcanica. Qui ascolteremo testimonianze e la riflessione di padre Giovanni Lamanna, direttore della Caritas diocesana di Trieste. Quindi tappa in piazza della Vittoria dove il professor Grion dell’università di Udine interverrà sul tema della amrcia “Intelligenze artificiali e pace” e nella piazza Transalpina, dove passava il confine della guerra fredda che separava le città, oggi luogo di incontro non solo di due mondi. Da qui fino a Vladivostok si parla infatti slavo e da qui verso ovest fino a Lisbona si parlano le lingue latine. E di “Europa Unita e pace” parlerà Silvester Gaberšèek, sociologo ed etnologo. Poi concluderemo nella concattedrale di Nova Goriça costruita dal regime comunista jugoslavo a condizione che sotto fosse costruito un rifugio antiatomico per la cittadinanza. Qui si ascolteranno le testimonianze da Ucraina, Palestina, Israele e verrà celebrata la Messa presieduta dall’arcivescovo Redaelli».

Sarà la prima marcia della pace senza un grande protagonista, il vescovo emerito di Ivrea Luigi Bettazzi, morto il 16 luglio scorso a 99 anni, già presidente di Pax Christi Italia ai tempi della lotta per il riconoscimento dell’obiezione di coscienza al servizio militare e poi di Pax Christi international. Lo ricorderà il suo successore alla presidenza di Pax Christi, Giovanni Ricchiuti, che un anno fa lo invitò alla marcia del 31 dicembre ad Altamura, la diocesi pugliese di cui da poco è diventato amministratore apostolico.

«Era un autentico costruttore di pace e un profeta – spiega Ricchiuti –. L’anno scorso era indeciso se venire fino in Puglia, poi quasi presagendo che quella sarebbe stata la sua ultima marcia volle essere presente. Oggi ci manca una figura come la sua in un momento cupo, in cui siamo intristiti e a volte ci sentiamo impotenti davanti alle guerre. Invece la Chiesa ribadisce ancora una volta anche con questa marcia il no alle armi e alla violenza come strumento di risoluzione dei conflitti. E come ha ripetuto il papa, la guerra non può più essere considerata giusta».

Don Renato Sacco, coordinatore nazionale di Pax Christi, pone l’accento sul rapporto disumanizzato tra le armi di oggi e l’intelligenza artificiale, tema della marcia. «Il fatto che non vi sia una guida umana su diversi armamenti pone diversi interrogativi etici, come ricorda il Papa nel discorso per la giornata della pace 2024. Ma il punto è che la guerra, avventura senza ritorno e viaggio senza meta, come è stata definita dai pontefici, è resa possibile dalla produzione e dal commercio delle armi. La marcia deve aiutare la chiesa italiana dire no alla produzione e alla vendita di armi».

Sul rapporto tra intelligenza artificiale e conflitti, tema dell’evento, ha riflettuto don Bruno Bignami, direttore dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della Cei. «Il nodo sta nel rapporto tra intelligenza artificiale e umanità. Il confronto in ogni ambito, non solo quello bellico, ma anche economico e sociale, se disumanizzato può degenerare. Se l’ intelligenza artificiale potenzialmente può risolvere i problemi, senza umanità può diventare molto pericolosa. L’intelligenza artificiale consente al pilota ad esempio di bombardare i nemici con i droni da remoto, al sicuro, come se fosse un videogame mentre sta uccidendo altri esseri umani. Il papa ci ricorda nel suo lungo e preoccupato discorso che siamo arrivati a uno snodo fondamentale della storia.”

Se le guerre sono sempre più disumanizzate e disumane, don Marco Pagniello, direttore di Caritas italiana, ricorda che altri eventi di mobilitazione contro la guerra e le logiche che la determinano si terranno a gennaio, mese della pace. «Ormai sembriamo esserci abituati, quasi rassegnati alla guerra. La marcia di Gorizia ci darà forza e unità anche nella preghiera, per ribadire insieme il no alla violenza e alla risoluzione dei conflitti con le armi e provare a scuotere le coscienze».

avvenire.it

La poetessa ugandese. Susan Kiguli: «La parola è la vera arma di pace»

La scrittrice in Italia per il Festival di poesia civile: «Guardiamo in faccia l’orrore e il dolore degli innocenti. Solo parlandosi si può disinnescare la guerra»
La poetessa ugandese Susan Kiguli

La poetessa ugandese Susan Kiguli – Herby Sachs / Interlinea

«Viviamo le nostre sfide / così come vengono / a noi la poesia non / accade per caso / è il cuore stesso / che ci forma / che ci guida». Sono versi che vengono dal cuore dell’Africa e hanno un respiro universale: versi dalla poetessa ugandese Susan Kiguli, che all’Università cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha presentato la sua prima opera in italiano Terre che piangono (a cura di Antonella Sinopoli, traduzione di Marta Zonca; Interlinea, pagine 180, euro 14; in uscita l’11 novembre). Quella di Milano è un’anteprima del Festival internazionale di poesia civile di Vercelli, che proseguirà sino a domenica 29 ottobre. Festival che, giunto alla diciannovesima edizione, ha attribuito proprio a Kiguli il premio alla carriera 2023, «volendo attraverso di lei sostenere l’intera cultura africana». Ed è proprio così che lo vive questa accademica e poetessa di 54 anni, che soppesa le parole come se fossero, ciascuna, qualcosa di prezioso: «Sono cresciuta nell’amore delle parole – ci dice Kiguli – . Questo premio è un riconoscimento straordinario per me, ma sento allo stesso tempo che non è solo per me: è per tutte le scrittrici africane e per tutte le ragazze che lo desiderano diventare e per le quali vorrei essere un esempio. Vorrei che vedendo me possano dire: “Anch’io ce la posso fare!”. Ecco perché ritengo molto importante questa iniziativa».

Questo sguardo, al contempo personale e sociale, letterario e di impegno civile, è presente in molte delle poesie riunite in questa ricca e inedita raccolta. «Vivo la scrittura come una “chiamata”, una “vocazione” – riflette la poetessa – . Credo nella forza della parola per porre domande, per rompere barriere, per sfidare il potere. Credo nella forza della parola come strumento per cambiare le cose e costruire un mondo diverso. E credo fermamente che la parola sia l’unica arma per affrontare i conflitti». È un tema quello della guerra che ricorre spesso nei suoi versi, sia che riguardi la storia del suo Paese spesso funestata da violenze inaudite – come quelle perpetrate per quasi due decenni del Lord’s Resistance Army nel nord dell’Uganda – sia che evochi altri contesti come l’orrendo genocidio del Rwanda nel 1994. Una poesia, in particolare, dal titolo Ai mercanti di guerra di tutto il mondo, sembra scritta ieri, ma risale agli anni Novanta: « Diteci / avete iniziato questa guerra / come una fiera del male / che svela i diversi volti / di Lucifero a masse terrorizzate?». «Voglio che si guardi in faccia la guerra e tutto l’orrore e il dolore che essa provoca soprattutto a persone innocenti che non chiedono altro se non di vivere ed essere felici – precisa Kiguli – . Ma voglio anche che le persone si parlino. Solo parlandosi l’un l’altro si possono disinnescare i conflitti. E la poesia, nelle sue differenti forme, può svolgere un ruolo importante».

La poetessa ugandese trae questa convinzione anche dalla conoscenza e dallo studio della tradizione orale del suo Paese e dall’analisi di varie forme culturali e letterarie che insegna alla Makerere University di Kampala. « La nostra vita è una poesia ed è con la nostra vita che possiamo cambiare il mondo. Questo avviene non solo nell’atto dello scrivere, ma più in generale nel modo in cui ci esprimiamo in questo mondo, lo viviamo e lo trasformiamo. Ma è qualcosa che dobbiamo fermamente volere. E volerlo insieme. Da soli siamo poca cosa, ma se ci mettiamo insieme e creiamo reti possiamo avere un grande potere». È quello che lei stessa continua a fare da molti anni, non solo attraverso i suoi versi, ma promuovendo associazioni e iniziative che valorizzano soprattutto i talenti delle donne.

Susan Kiguli, infatti, è attivamente impegnata a sostegno della scrittura femminile in Africa ed è membro fondatore di Femrite, l’Uganda women writers association (Associazione delle scrittrici dell’Uganda), nata a metà degli anni Novanta dalla consapevolezza che, nella ricca tra-dizione letteraria ugandese, mancassero le voci delle donne: «Ciò ha comportato un’omissione delle esperienze delle donne dal patrimonio letterario e culturale che modella la società». E questo non solo Uganda, ma anche in molte altre parti dell’Africa, dove il panorama della letteratura continua a essere dominato da scrittori uomini. «Viviamo ancora in una società patriarcale, che promuove i maschi a tutti i livelli. Purtroppo anche nell’accesso all’istruzione – puntualizza Kiguli – . La pandemia di coronavirus, inoltre, non ha fatto che peggiorare le cose, togliendo migliaia di bambini e bambine dalle scuole che sono rimaste chiuse per 22 mesi. Molti non vi sono più tornati. E moltissime ragazzine hanno subito violenze o sono state messe incinte. Sono profondamente convinta che l’istruzione sia la chiave per lo sviluppo in tutte le sue forme: per cambiare la mentalità e la società, l’economia e la politica, e per creare nuove leadership in tutti i campi. Le donne sono oggettivamente i pilastri delle nostre società, ma devono essere maggiormente valorizzate e supportate. Senza di loro non ci può essere nessun cambiamento e nessuno sviluppo».

Lo stesso vale per le scrittrici. Kiguli maneggia con cura il termine “femminista”, che ha troppe accezioni e sfumature ambigue. Semmai lo interpreta e lo vive in maniera più “inclusiva”. È vero che, attraverso il progetto Women writing Africa, sostiene personalmente la scrittura femminile africana, ma il suo sguardo e il suo impegno si allargano ad abbracciare tutto il mondo letterario del continente che, a suo avviso, pure con molte differenze, chiede globalmente maggiore considerazione e investimento. «I nostri leader politici devono per primi cambiare la loro mentalità e sostenere la cultura. Ma forse non lo fanno perché temono che poi non possono più controllarci… Sta di fatto che, ancora oggi, quasi nessuno scrittore in Africa, uomo o donna che sia, riesce a vivere del suo lavoro. Ma sono convinta che mettendoci insieme potremo avere più potere». Il potere della parola, ovviamente. Parola che è vita: «Noi non scriviamo la nostra poesia / Noi la viviamo».

avvenire.it

«Noi bambini seminiamo la pace»

Guastalla, 25 ottobre 2023 – ore 15.00 – Teatro Ruggero Ruggeri

PRESENTAZIONE DEL LIBRO «NOI BAMBINI SEMINIAMO LA PACE»

Un volume scritto dagli studenti dell’Istituto Comprensivo F. Gonzaga di Guastalla

Mercoledì 25 ottobre alle ore 15.00, presso il Teatro Comunale Ruggero Ruggeri di Guastalla, verrà presentato alla cittadinanza il libro «NOI BAMBINI SEMINIAMO LA PACE», frutto di un progetto che la sezione locale di Anpi ha realizzato con l’Istituto Comprensivo Ferrante Gonzaga.

Il progetto che ha portato alla creazione del volume si colloca all’interno del percorso di collaborazione che da anni la Sezione ANPI di Guastalla (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) condivide con “conCittadini”, la struttura dell’Assemblea Legislativa della Regione Emilia-Romagna che cura ogni anno molteplici attività per lo sviluppo ed il sostegno ai progetti di cittadinanza attiva, partendo dai temi della Memoria, dei Diritti e della Legalità. Questo impegno di cittadinanza attiva chiama ognuno a partecipare alla vita della comunità contribuendo al miglioramento delle collettive condizioni di vita ed è un principio cardine della Costituzione Italiana.

Il libro, sostenuto e patrocinato dal comune di Guastalla, è il frutto di una intensa attività di collaborazione dedicata al tema della memoria, intrapresa dalla Sezione ANPI con l’Istituto Comprensivo F. Gonzaga di Guastalla nel corso dell’anno scolastico 2021-2022. Gli alunni di cinque classi IV della scuola primaria e gli studenti di tre classi della scuola secondaria di primo grado, a partire dal mese di gennaio 2022, hanno potuto svolgere un percorso che li ha visti impegnati a cercare e riconoscere, nel cuore della città, le tracce e le narrazioni che testimoniano eventi della Resistenza e della Liberazione dalla violenza nazifascista della seconda guerra mondiale. Tali tracce e segni sono ancora riconoscibili nei luoghi, per essere ricordati e attualizzati da parte di ciascuno nei propri comportamenti nella vita e nella società: le pietre d’inciampo, le steli ed i monumenti dedicati ai partigiani, ai patrioti ed all’antifascismo.

“Il progetto – spiega Claudio Malaguti, presidente sezione Anpi Guastalla – si è spinto oltre la pura celebrazione: ogni studente, seguito dalle insegnanti, si è impegnato scrivendo i testi e disegnando gli elaborati grafici che compongono il libro. In ogni pagina si possono trovare e riconoscere i sentimenti dei giovanissimi studenti e le emozioni che accompagnano la lettura”.

I giovani studenti hanno dato vita con questo libro, ad un “progetto” ideale per preparare il futuro comune per tutta l’umanità: “noi bambini seminiamo la pace”: un libro da diffondere a famiglie e cittadini per la più ampia condivisione dei valori della pace e della solidarietà.

Alla presentazione del 25 ottobre parteciperanno i relatori che hanno contribuito, ciascuno con un proprio ruolo, alla creazione del volume:

Camilla Verona, Sindaco di Guastalla

Alessandro Criserà, Dirigente Area Cittadinanza attiva, Settore Diritti dei Cittadini, Assemblea legislativa Regione Emilia-Romagna

Stefano Costanzi, Dirigente dell’Istituto Scolastico F. Gonzaga

Ermete Fiaccadori, Presidente ANPI Provinciale Reggio Emilia

Cinzia Conti, Referente Area Formazione, Ufficio Scolastico Provinciale Reggio Emilia

Alessandra Bertelli, autrice del progetto grafico

Claudio Malaguti, Presidente Sezione ANPI Guastalla

Saranno in primo luogo presenti studenti e insegnanti che hanno realizzato il libro, testimoniando, con la propria presenza e la propria voce, il messaggio e la viva testimonianza della propria esperienza creativa.

Tutta la cittadinanza è invitata a partecipare.

laliberta.info

Papa: “Diamoci da fare per costruire un avvenire di pace”

papa mongolia costruire avvenire di pace

AGI – “Diamoci da fare insieme per costruire un avvenire di pace”. E’ l’appello di Papa Francesco lanciato nel discorso alle autorità, la società civile e il Corpo diplomatico della Mongolia. “Nei secoli, l’abbracciare terre lontane e tanto diverse mise in risalto la non comune capacità dei vostri antenati di riconoscere le eccellenze dei popoli che componevano l’immenso territorio imperiale e di porle al servizio dello sviluppo comune”, ha sottolineato il Pontefice che ha definito questo “un esempio da valorizzare e da riproporre ai nostri giorni”.

“Voglia il Cielo che sulla terra, devastata da troppi conflitti, si ricreino anche oggi, nel rispetto delle leggi internazionali, le condizioni di quella che un tempo fu la pax mongolica, ossia l’assenza di conflitti”. “Come dice un vostro proverbio – ha aggiunto Francesco -, ‘le nuvole passano, il cielo resta’: passino le nuvole oscure della guerra, vengano spazzate via dalla volontà ferma di una fraternità universale in cui le tensioni siano risolte sulla base dell’incontro e del dialogo, e a tutti vengano garantiti i diritti fondamentali!”.

“Qui, nel vostro Paese ricco di storia e di cielo, imploriamo questo dono dall’Alto e diamoci da fare insieme per costruire un avvenire di pace”.