Il grande Vespro mariano di Willaert polifonia sontuosa e immaginifica

musica_classica_rose

Appendice discografica delle celebrazioni che nel 2012 hanno reso omaggio al 450° anniversario della morte di Adrian Willaert (ca.1490-1562), l’incisione dedicata al Vespro della Beata Vergine realizzata dalla Capilla Flamenca diretta da Dirk Snellings rappresenta una splendida occasione per riportare alla luce i fasti e gli splendori della più pregevole e raffinata polifonia cinquecentesca (cd pubblicato da Ricercar e distribuito da Sound and Music).
Si tratta del tributo all’estro e al talento di un compositore che per trentacinque anni ha ricoperto la carica di maestro di cappella presso la Basilica di San Marco a Venezia e ha rivestito un ruolo di primo piano in quello che si apprestava a divenire uno dei centri artistici più prestigiosi d’Europa, grazie anche alla qualità e allo splendore senza precedenti dell’apparato musicale che ne accompagnava le funzioni religiose, come dimostra questa ricostruzione della liturgia vespertina per una festività mariana.
I brani interpretati da Snellings e compagni attingono principalmente all’antologia dei «Salmi appartenenti alli Vesperi per tutte le feste dell’anno» data alle stampe nel 1550, in cui sono raccolte le opere che Willaert ha scritto, a cori alterni, insieme con il francese Jachet de Mantua; pagine chiamate a tradurre in suoni l’immensa ricchezza di immagini e di suggestioni poetiche provenienti dai testi biblici, che si traduce in una straordinaria varietà di soluzioni timbriche e armoniche, dove la perizia tecnica e l’abilità costruttiva radicate nella più solida scuola contrappuntistica rinascimentale – di cui l’autore fiammingo era riconosciuto come maestro assoluto – si sposa con la bellezza sinuosa e la potenza espressiva sprigionate dagli inni di lode (Laudate pueri e Nisi Dominus), dai canti di supplica (Laetatus sum) e dai mottetti di pura devozione (Benedicta es coelorum Regina eAve maris stella) con cui il popolo dei fedeli chiede l’intercessione alla Vergine. E sotto il manto sontuoso delMagnificat Willaert affida idealmente il compimento della sua composizione, lasciando già presagire verso quali nuovi orizzonti artistici e spirituali da lì a qualche decennio il genio di Monteverdi avrebbe portato l’intonazione del Vespro dedicato alla Madonna.

avvenire

 

Dischi Sacra. Alla scoperta del vero Eldorado: gli spartiti dall’America degli indios

Il rischio è sempre in agguato quando si sceglie di esplorare i territori di frontiera del repertorio barocco latino-americano: rimanere intrappolati in atmosfere e sonorità che ammiccano alle attuali tendenze della world music, riccamente infarcite di ritmiche etniche e di un esotico campionario di strumenti a percussione. Ma per il direttore argentino Leonardo García Alarcón la musica del XVII secolo nata nei Paesi del Nuovo Mondo è un tesoro che si comprende in modo esaustivo solo se riferita al contesto originario in cui è radicata in modo indissolubile e cioè alle grandi scuole polifoniche del Vecchio Continente.
Il disco intitolato Carmina Latina rappresenta infatti l’occasione per investigare i legami, diretti o indiretti, che hanno contribuito poi a forgiare l’identità di un patrimonio culturale condiviso in cui sono confluite in modo naturale e originale le diverse tradizioni dei Conquistadores, degli indigeni e degli schiavi arrivati dal continente africano (cd pubblicato da Ricercar e distribuito da Sound and Music). Alla guida degli ensemble Clematis, Cappella Mediterranea e Chamber Choir of Namur, Alarcón ha dunque spostato il baricentro artistico e geografico di questo progetto verso il litorale spagnolo più che verso le terre d’oltreoceano, senza peraltro tralasciare alcune testimonianze storiche e documentarie che rivestono un valore assoluto anche per le popolazioni autoctone, come attesta la presenza di Hanacpachap cussicuinin, un variopinto canto devozionale mariano che risulta la prima composizione sacra polifonica in una lingua nativa (quechua) a essere pubblicata in America Latina.
Un album di grande fascino e suggestione, in cui predomina la presenza di autori di origine europea e dove gli artifici della policoralità di scuola veneziana e dello stile concertato di matrice monteverdiana si riflettono tra le musiche da chiesa di Joan Cererols (1618-1680) – maestro catalano autore della fantasiosa Missa de Batalla a 12 voci – e di Juan de Araujo (ca. 1648-1712), compositore spagnolo già maestro di cappella presso le cattedrali di Lima e di Cuzco in Perù: sono suoi il multifocale Dixit Dominus a 3 cori e il Salve Regina a 8 voci, che chiude il disco con un ideale atto di consacrazione alla Vergine.
avvenire.it

Dischi Sacra. Le Messe e il Te Deum di Bruckner musica costruita sui pilastri della fede

Non si può certo dar torto a chi alle nove Sinfonie di Anton Bruckner (1824-1896) riconosce lo status di veri e propri capolavori assoluti, maestose cattedrali sonore edificate a maggior gloria della pura arte sulle solide basi di un’innegabile matrice spirituale. Per meglio comprendere il valore e la complessità dell’opera strumentale del compositore austriaco, il repertorio sacro ci offre una testimonianza privilegiata, da sempre laboratorio sopra cui il Maestro di Linz ha forgiato la profondità del suo pensiero musicale e della sua impronta creativa, riflesso incondizionato di una fede autentica e radicata.
È questo il punto di partenza ideale per avvicinarsi alla recente edizione discografica che riunisce in un unico box alcune registrazioni (già uscite separatamente sul mercato) con l’intento di formare l’integrale delle Messe, affiancate al glorioso Te Deum; la scelta di optare per esecutori diversi penalizza sicuramente la continuità e la visione d’insieme del progetto, ma nulla toglie al nobile intento di rendere giustizia all’importanza di pagine che ricoprono un ruolo centrale all’interno della produzione bruckneriana (3 cd pubblicati da Brilliant e distribuiti da Ducale).
Al Chamber Choir of Europe e alla compagine orchestrale Württemberg Philharmonie Reutlingen diretti da Nicol Matt spetta la Messa n. 1 in re minore, opera di grande spessore, carica di effetti e di rimandi (tra il Requiem mozartiano e i preludi wagneriani), di cui ci viene restituita una lettura compita ma a tratti straniante e sfilacciata. Cambio di interpreti e di registro per i rimanenti lavori inclusi nel cofanetto: alla guida del Coro e dell’Orchestra della Radio di Berlino, Heinz Rögner si dimostra infatti decisamente più in linea nell’intreccio tra l’eloquio polifonico e le sonorità quasi bandistiche della Messa n. 2 in mi minore (il cui organico prevede un coro accompagnato da una orchestra di fiati), tra l’impianto solenne e le maestose architetture della Messa n. 3 in fa minore ma soprattutto di fronte alla potenza espressiva del Te Deum, folgorante partitura in grado di portare in scena il forte contrasto fra i risvolti interiori più riservati del compositore austriaco e la dimensione quasi titanica della sua produzione musicale.

avvenire.it

Dischi Sacra: La tragedia della morte e la speranza nello «Stabat Mater» di Dvorák

È musica del cuore quella che scorre tra le vene melodiche dello Stabat Mater op. 58 di Antonín Dvoràk (1841-1904); che pulsa al ritmo lento di una struggente celebrazione liturgica e sembra non conoscere le leggi del tempo. È musica che nasce da un dolore tutto umano – nel giro di pochi anni al compositore boemo morirono i primi tre figli – chiamato a riflettersi nello strazio soprannaturale della Vergine Madre che assiste alla lenta agonia del proprio Figlio inchiodato sulla croce; scaturita da un sentimento che dalla disperazione terrena di una perdita lacerante si trasfigura in una domanda traboccante di speranza nella misericordia divina. Ed è anche musica che corrisponde perfettamente alla tempra d’interprete di un maestro colto e sensibile come Philippe Herreweghe, che di fronte ai più monumentali capolavori del repertorio sacro esalta le proprie doti di fine investigatore dei righi del pentagramma e delle pieghe dell’animo umano.
Alla guida del Collegium Vocale Gent, della Royal Flemish Philharmonic Orchestra e di un eccellente manipolo di cantanti solisti (formato dal soprano Ilse Eerens, dal contralto Michaela Selinger, dal tenore Maximilian Schmitt e dal basso Florian Boesch), il direttore belga affronta le pagine dello Stabat Mater rivelandone il lato più profondamente drammaturgico (cd pubblicato dall’etichetta Phi e distribuito da Sound and Music): il carattere di una grandiosa messinscena in cui l’introduzione strumentale sembra quasi simboleggiare un’alzata di sipario sulla rappresentazione di una tragedia dai toni intimi e soffusi, che mantiene inalterato il suo dirompente impeto espressivo lungo tutto il suo svolgimento.
«Fac ut ardeat cor meum in amando Christum Deum ut sibi complaceam» (Fa’ che il mio cuore arda di amore per Cristo Dio affinché possa piacergli) intona poi con piglio deciso il basso, e il suo canto si ammanta di una crescente carica di pathos attenuata unicamente dall’intervento del coro, che ne addolcisce la tempra lirica ed eroica. Ed è proprio qui che Herreweghe trova la più perfetta consonanza con l’arte di Dvoràk; con una musica che nasce dal cuore affranto di un padre che piange la scomparsa delle sue creature e approda al cuore dell’umanità che loda la gloria di Dio.

musica.sacra

Dischi musica sacra. Ricercando dove l’Aria è più pura: Daniel Behle e l’universo di Bach

Il tenore tedesco Daniel Behle ha già dato ampiamente prova della sua naturale predisposizione nell’affrontare le roccaforti del repertorio cameristico dei Lieder (da Franz Schubert a Richard Strauss) così come i monumentali capolavori della musica sacra, dal Messiah di Händel all’Elijah di Mendelssohn, passando per La Creazione di Haydn e il Requiem di Mozart; è infatti sempre in grado di padroneggiare con estrema sensibilità le mille sfumature espressive della singola parola, affidata a una linea di canto ora coronata dal semplice accompagnamento del pianoforte, ora contesa con le grandi masse corali e orchestrali delle partiture più colossali.
Prerogative interpretative indispensabili per impaginare un programma come quello del suo nuovo cd esclusivamente dedicato all’arte di Johann Sebastian Bach (e semplicemente Bach è il titolo) realizzato al fianco della virtuosa flautista Anne Catherine Heinzmann e del Collegium Musicum der Göppinger Kantorei diretto da Klaus Rothaupt (cd pubblicato e distribuito da Sony Classical). Si tratta di una selezione di brani i cui testi attingono tra Nuovo e Antico Testamento, Salmi e Corali luterani; una decina di pagine tratte dallo sterminato catalogo delle Cantate, degli Oratori e delle Passioni che, nonostante siano state estrapolate dal loro contesto originale, non tradiscono mai la loro evidente impronta comune: quell’unità di fondo contrassegnata dal “cuore” di una musica tesa all’immedesimazione con gli intimi risvolti dell’animo umano, campo d’indagine prediletto dal genio bachiano che nella forma compositiva dell’Aria ha trovato modo di sviscerare il più nascosto tra gli stati d’animo e il più inaccessibile tra i sentimenti.
Il timbro fermo e sicuro di Behle rappresenta un sigillo di continuità impresso sui differenti panorami sonori offerti da un percorso che passa attraverso il brano principe della Cantata «Ich habe genug» BWV 82a o il Benedictus dalla Messa in si minore, per poi chiudersi idealmente con il messaggio di riconciliazione e l’annuncio del perdono divino dell’aria Jesus nimmt die Sünder an dalla Cantata BWV 113, suggellata dalla leggiadra baldanza di una melodia festosa mirabilmente fiorita dagli abbellimenti di un flauto che sembra sfidare le leggi di gravità del contrappunto.

avvenire.it

«Salmo IX» e «Magnificat» di Petrassi potenza e poesia del ‘900 italiano

L’ombra lunga di Igor Stravinskij si proietta sulle due opere sacre di Goffredo Petrassi (1904-2003) – il Salmo IX e il Magnificat – che il direttore Gianandrea Noseda ha scelto come nuova tappa dell’omaggio discografico alla musica sinfonica italiana del XX secolo realizzato dal Teatro Regio di Torino in collaborazione con Casa Musicale Ricordi e l’etichetta inglese Chandos (distribuita da Sound and Music); un’influenza che in gioventù, per sua stessa ammissione, ha marchiato a fuoco la forma e la sostanza del pensiero musicale del compositore soprattutto dopo l’incontro folgorante con capolavori quali la Sinfonia di Salmi o l’Oedipus Rex.
Nelle interessanti note di copertina del cd, Enzo Restagno mette a disposizione dell’ascoltatore gli strumenti necessari per ricostruire il percorso artistico e biografico sotteso alla creazione delle due partiture di Petrassi, facendo anche leva su testimonianze dirette raccolte dalla viva voce dell’autore: partendo dalle esperienze fanciullesche tra le fila dei pueri cantores, alle prese con le antiche architetture polifoniche di Josquin Desprez e Palestrina, per arrivare al fascino totalizzante esercitato su di lui dalla modernità musicale espressa proprio dalla chiara influenza stravinskijana che contraddistingue il Salmo IX (1934-36) sin già nel suo particolare organico (formato da coro, orchestra d’archi, ottoni, percussioni e due pianoforti).
Nell’aura tardobarocca/neoclassica e nell’approccio quasi melodrammatico del Magnificat (1939-40) l’autore ha inteso rispondere alla necessità di trovare un «personaggio teatrale» con una storia da raccontare, individuato appunto nella figura della Madonna, a cui conferisce voce il timbro cristallino e il canto agile di un soprano leggero (nella presente registrazione Sabina Cvilak) che si insinua tra le possenti perorazioni corali e orchestrali dei diversi episodi in cui è strutturato il Cantico della Vergine. Alla salda guida delle compagini del Teatro Regio di Torino, Noseda dimostra una perfetta consonanza con la potenza drammaturgica e le oasi di poetica riflessione di queste pagine, ricondotte nell’alveo dell’illustre tradizione musicale e spirituale che ha fatto grande la storia artistica del nostro Paese.

avvenire.it

Dischi Sacra: il «Lazarus Requiem» di Hawes voce di oggi tra dolore e speranza

Tra i diversi elementi che contribuiscono a delineare l’identità artistica e spirituale del Lazarus Requiem di Patrick Hawes, il fulcro inamovibile è rappresentato dalla premonizione del mistero pasquale evocato dalle commoventi pagine del Vangelo secondo Giovanni in cui viene appunto descritto l’episodio del miracolo della Resurrezione di Lazzaro.
La partitura offre un duplice piano di lettura, sia a livello strutturale che espressivo, dove convivono due punti di vista prospettici differenti ottenuti mediante l’alternanza dell’utilizzo da un lato del testo in latino della Messa dei defunti (che si impone come un vero e proprio adattamento liturgico compiuto), dall’altro di una serie di tableaux vivants in lingua inglese che intrecciano il tessuto connettivo drammaturgico con cui i versetti del Nuovo Testamento contribuiscono a ricreare l’impianto narrativo generale di una sorta di oratorio sacro. Anche l’organico segue fondamentalmente tale divisione interna: le diverse sezioni del Requiem fanno riferimento al pieno organico corale e orchestrale, mentre per i diversi quadri evangelici la scelta è ricaduta su un gruppo vocale ridotto, accompagnato da archi con sordina, arpa e sassofono baritono.
A quasi dieci anni di distanza dalla composizione del suo Lazarus Requiem, il compositore inglese (classe 1958) ha deciso di realizzare un’incisione discografica – pubblicata da Signum e distribuita da Sound and Music – alla guida dell’Exeter Philharmonic & Cathedral Choir, della Royal Scottish National Orchestra e dei cantanti solisti Thomas Walker (Cristo), Elin Manahan Thomas (Maria) e Rachael Lloyd (Marta). Com’era prevedibile, l’autore-direttore si dimostra perfettamente in grado di dosare luci e ombre, tinte soffuse e squarci luminosi di un’idioma tonale di estrema immediatezza comunicativa, muovendosi lungo un asse che congiunge idealmente i grandi maestri del tardo-romanticismo britannico (da Edward Elgar a Ralph Vaughan-Williams) ad artisti contemporanei come John Rutter e John Tavener; il linguaggio rassicurante scelto da Hawes per edificare un’architettura musicale in cui «il mistero della vita e della morte, il tormento dolore della sofferenza e la speranza nella resurrezione sono sorretti in perfetta simmetria».

avvenire.it

[banner]

Dischi musica sacra: Che brividi la «Matthäuspassion» di Bach tra le vetrate di Saint Denis

Johann Sebastian Bach – Arie e scene dalla Messa in Si minore e dalla Passione secondo…

Arie e scene dalla Messa in Si minore e dalla Passione secondo Matteo Titolo Arie e scene dalla Messa in Si minore e dalla Passione secondo Matteo
Compositore Johann Sebastian Bach
Orchestra Wiener Symphoniker
Direttore Herbert Von Karajan
Interpreti Kathleen Ferrier (cantante)
Elisabeth Schwarzkopf (cantante)
Irmgard Seefried (cantante)
Etichetta Urania
Supporto CD Audio
Prezzo € 14,50
Disponibile anche in MP3 a € 9,90
È quasi impossibile passare indenni dall’ascolto-visione del Dvd dedicato alla Passione secondo Matteo di Johann Sebastian Bach registrata dal vivo nella cattedrale parigina di Saint-Denis; si rischia infatti di rimanere storditi dalla sconcertante bellezza delle arie, dei recitativi e dei corali che costellano la partitura del Thomaskantor di Lipsia, ma anche inebriati dalla splendida “scenografia naturale” offerta dalle navate e dalle sfolgoranti vetrate che adornano la celebre basilica chiamata ad ospitare quest’esecuzione realizzata sotto la direzione di John Nelson (2 Dvd-Video pubblicati da Idéale Audience e distribuiti da Ducale).
D’altronde è proprio questa l’impronta che caratterizza le produzioni firmate Soli Deo Gloria, collana che prende il nome proprio dalla sigla con cui lo stesso Bach firmava le sue composizioni e che si prefigge lo scopo di documentare l’interpretazione dei grandi capolavori del repertorio sacro all’interno degli ambienti più appropriati dove possono far risaltare al massimo livello il loro autentico messaggio artistico e spirituale.
Ecco dunque svelato il punto d’incontro tra le architetture sonore edificate dal maestro di Eisenach e quelle gotiche scolpite tra le volte e i capitelli di Saint-Denis, che contribuiscono alla creazione di una suggestiva drammaturgia che lega i vari personaggi coinvolti nella trama degli eventi narrati nella Passione: dallo stesso Gesù (il basso Stephen Morscheck) all’Evangelista narratore (il tenore Werner Güra), da Giuda e Ponzio Pilato al peccatore Pietro (con la sua splendida aria penitenziale «Erbarme dich») fino alle turbae.
Il cast di voci soliste, i giovani e sorprendenti cantori del gruppo Maîtrise de Paris e della Schola Cantorum of Oxford, insieme con gli esperti professori dell’Orchestre de Chambre de Paris accompagnati da Christophe Coin alla viola da gamba, sono i protagonisti principali di un lungo viaggio nell’arte e nell’anima, al termine del quale il direttore, evidentemente commosso, saluta e ringrazia uno a uno i suoi compagni d’avventura, cantanti e strumentisti; intermediari di una musica assoluta che nelle alte guglie dello splendido edificio sacro parigino trova il ponte ideale per alzare la propria voce verso il Cielo.
avvenire.it