Ecco perché le droghe non sono mai leggere
Gli studi più accreditati hanno dimostrato da anni che la cannabis è una sostanza psicoattiva neurotossica e pericolosa per la salute mentale e fisica propria e altrui. I danni maggiori sono quelli derivanti dall’uso precoce (adolescenziale) di questa sostanza nel momento in cui il cervello si trova nella delicata fase di sviluppo celebrale che termina dopo i 21 anni. Studi scientifici hanno mostrato conseguenze tanto più gravi sulle capacità cognitive (attenzione, memorizzazione e apprendimento, quoziente intellettivo, gratificazione, capacità decisionale e stima del pericolo) quanto più precoce è l’inizio dell’uso e quanto è più frequente e duraturo. Uno studio in particolare ha dimostrato che chi fa uso di cannabis prima dei 18 anni può avere una perdita di Q.I. (quoziente intellettivo) con un declino neuropsicologico anche di 8 punti dopo 20 anni.
La gravità dei danni infatti risente anche della maggiore concentrazione di principio attivo presente nei prodotti oltre all’uso contemporaneo di altre droghe sinergizzanti e di alcol che oggi rappresenta purtroppo la norma. Il problema legato al fumo di cannabis è diventato ormai una questione di sanità pubblica da non sottovalutare, che ha portato a registrare, oltre all’aumento delle patologie psichiatriche droga correlate (quali la schizofrenia), anche i ricoveri in condizioni di emergenza presso i pronto soccorso (fonte dati Sdo del Ministero della Salute).
Aumenteranno quindi anche i ricoveri, gli incidenti stradali droga correlati, gli incidenti professionali, le violenze, le persone con patologie psichiatriche ma anche quelle (particolarmente vulnerabili) che svilupperanno percorsi evolutivi (come dimostrato da studi di neuroscienze anche su modelli animali) verso l’uso di cocaina o eroina.
Un altro studio durato ben 30 anni su circa un milione di giovani studenti negli Stati Uniti ha dimostrato molto chiaramente che se la “disapprovazione sociale” (mantenuta anche attraverso leggi non permissive) e quindi anche la percezione del rischio verso la cannabis era alta (90%) l’uso della droga nei teen-ager era del 17%, mentre quando la disapprovazione scendeva al 47% l’uso saliva al 49%. Inoltre non esiste alcuno studio né evidenza scientifica che dimostri che la legalizzazione sia in grado di ridurre efficacemente gli introiti delle organizzazioni criminali, ed è illusorio pensare che legalizzare la sola cannabis possa avere impatto sugli introiti delle mafie che vivono soprattutto della vendita di eroina, cocaina, metamfetamine e adesso anche di altre 300 nuove droghe sintetiche vendute su Internet. Tali organizzazioni criminali quindi trafficano e commerciano in vari tipi di droghe, e legalizzando uno solo di questi prodotti – quale ad esempio la cannabis – non si produrrebbero danni commerciali tali da mettere le organizzazioni in crisi, come dimostrato da studi statunitensi in merito, producendo viceversa nuovi costi sanitari e sociali.