Domenica della Passione del Signore, inizia la solenne annuale celebrazione della Settimana Santa

Con la Domenica delle Palme o più propriamente Domenica della Passione del Signore, inizia la solenne annuale celebrazione della Settimana Santa, nella quale vengono ricordati e celebrati gli ultimi giorni della vita terrena di Gesù, con i tormenti interiori, le sofferenze fisiche, i processi ingiusti, la salita al Calvario, la crocifissione, morte e sepoltura e infine la sua Risurrezione.
La Domenica delle Palme giunge quasi a conclusione del lungo periodo quaresimale, iniziato con il Mercoledì delle Ceneri e che per cinque liturgie domenicali, ha preparato la comunità dei cristiani, nella riflessione e penitenza, agli eventi drammatici della Settimana Santa, con la speranza e certezza della successiva Risurrezione di Cristo, vincitore della morte e del peccato, Salvatore del mondo e di ogni singola anima.
I Vangeli narrano che giunto Gesù con i discepoli a Betfage, vicino Gerusalemme (era la sera del sabato), mandò due di loro nel villaggio a prelevare un’asina legata con un puledro e condurli da lui; se qualcuno avesse obiettato, avrebbero dovuto dire che il Signore ne aveva bisogno, ma sarebbero stati rimandati subito.
Dice il Vangelo di Matteo (21, 1-11) che questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato annunziato dal profeta Zaccaria (9, 9) “Dite alla figlia di Sion; Ecco il tuo re viene a te mite, seduto su un’asina, con un puledro figlio di bestia da soma”.
I discepoli fecero quanto richiesto e condotti i due animali, la mattina dopo li coprirono con dei mantelli e Gesù vi si pose a sedere avviandosi a Gerusalemme.
Qui la folla numerosissima, radunata dalle voci dell’arrivo del Messia, stese a terra i mantelli, mentre altri tagliavano rami dagli alberi di ulivo e di palma, abbondanti nella regione, e agitandoli festosamente rendevano onore a Gesù esclamando “Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nell’alto dei cieli!”.
A questa festa che metteva in grande agitazione la città, partecipavano come in tutte le manifestazioni di gioia di questo mondo, i tanti fanciulli che correvano avanti al piccolo corteo agitando i rami, rispondendo a quanti domandavano “Chi è costui?”, “Questi è il profeta Gesù da Nazareth di Galilea”.
La maggiore considerazione che si ricava dal testo evangelico, è che Gesù fa il suo ingresso a Gerusalemme, sede del potere civile e religioso in Palestina, acclamato come solo ai re si faceva, a cavalcioni di un’asina.
Bisogna dire che nel Medio Oriente antico e di conseguenza nella Bibbia, la cavalcatura dei re, prettamente guerrieri, era il cavallo, animale nobile e considerato un’arma potente per la guerra, tanto è vero che non c’erano corse di cavalli e non venivano utilizzati nemmeno per i lavori dei campi.
Logicamente anche il Messia, come se lo aspettavano gli ebrei, cioè un liberatore, avrebbe dovuto cavalcare un cavallo, ma Gesù come profetizzato da Zaccaria, sceglie un’asina, animale umile e servizievole, sempre a fianco della gente pacifica e lavoratrice, del resto l’asino è presente nella vita di Gesù sin dalla nascita, nella stalla di Betlemme e nella fuga in Egitto della famigliola in pericolo.
Quindi Gesù risponde a quanti volevano considerarlo un re sul modello di Davide, che egli è un re privo di ogni forma esteriore di potere, armato solo dei segni della pace e del perdono, a partire dalla cavalcatura che non è un cavallo simbolo della forza e del potere sin dai tempi dei faraoni.
La liturgia della Domenica delle Palme, si svolge iniziando da un luogo adatto al di fuori della chiesa; i fedeli vi si radunano e il sacerdote leggendo orazioni ed antifone, procede alla benedizione dei rami di ulivo o di palma, che dopo la lettura di un brano evangelico, vengono distribuiti ai fedeli (possono essere già dati in precedenza, prima della benedizione), quindi si dà inizio alla processione fin dentro la chiesa.
Qui giunti continua la celebrazione della Messa, che si distingue per la lunga lettura della Passione di Gesù, tratta dai Vangeli di Marco, Luca, Matteo, secondo il ciclico calendario liturgico; il testo della Passione non è lo stesso che si legge nella celebrazione del Venerdì Santo, che è il testo del Vangelo di s. Giovanni.
Il racconto della Passione viene letto alternativamente da tre lettori rappresentanti: il cronista, i personaggi delle vicenda e Cristo stesso. Esso è articolato in quattro parti: l’arresto di Gesù; il processo giudaico; il processo romano; la condanna, l’esecuzione, morte e sepoltura.
Al termine della Messa, i fedeli portano a casa i rametti di ulivo benedetti, conservati quali simbolo di pace, scambiandone parte con parenti ed amici. Si usa in molte regioni, che il capofamiglia utilizzi un rametto, intinto nell’acqua benedetta durante la veglia pasquale, per benedire la tavola imbandita nel giorno di Pasqua.
In molte zone d’Italia, con le parti tenere delle grandi foglie di palma, vengono intrecciate piccole e grandi confezioni addobbate, che vengono regalate o scambiate fra i fedeli in segno di pace.
La benedizione delle palme è documentata sin dal VII secolo ed ebbe uno sviluppo di cerimonie e di canti adeguato all’importanza sempre maggiore data alla processione. Questa è testimoniata a Gerusalemme dalla fine del IV secolo e quasi subito fu accolta dalla liturgia della Siria e dell’Egitto.
In Occidente giacché questa domenica era riservata a cerimonie prebattesimali (il battesimo era amministrato a Pasqua) e all’inizio solenne della Settimana Santa, benedizione e processione delle palme trovarono difficoltà a introdursi; entrarono in uso prima in Gallia (sec. VII-VIII) dove Teodulfo d’Orléans compose l’inno “Gloria, laus et honor”; poi in Roma dalla fine dell’XI secolo.
L’uso di portare nelle proprie case l’ulivo o la palma benedetta ha origine soltanto devozionale, come augurio di pace.
Da venti anni, nella Domenica delle Palme si celebra in tutto il mondo cattolico la ‘Giornata Mondiale della Gioventù’, il cui culmine si svolge a Roma nella Piazza S. Pietro alla presenza del papa.


Autore: 
Antonio Borrelli – santiebeati.it

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Domenica delle Palme con il Papa In San Pietro l’abbraccio dei giovani

NIZIA LA SETTIMANA SANTA Domenica delle Palme con il Papa In San Pietro l’abbraccio dei giovani

Nella Domenica delle Palme e della Passione del Signore papa Francesco benedirà le palme provenienti da Savona, in Liguria e gli ulivi arrivati da Terlizzi, in Puglia. La curiosità per quest’anno, fa sapere la Sala stampa della Santa Sede, è stata l’idea di rievocare sul Sagrato di piazza San Pietro i cinque continenti. Per fare questo sono utilizzate cinque tonalità differenti di terra di coltura. Intorno alle 9,30 la benedizione, a seguire la Messa della Passione del Signore celebrata sul Sagrato della Basilica Vaticana e la recita dell’Angelus.

Il rito ricorda l’ingresso di Gesù a Gerusalemme, acclamato dalla folla festante che sventola rami di ulivo. La cerimonia rivive un momento di trionfo nella vita di Gesù, subito prima dell’arresto, del processo, della condanna a morte nel modo più umiliante, la Crocifissione. Per questo la Messa delle Palme apre la Settimana santa, che proseguirà da giovedì con il triduo pasquale. Saranno presenti decine di migliaia di giovani in piazza San Pietro, per la ricorrenza diocesana della Giornata mondiale della gioventù, preludio dell’incontro internazionale in programma dal 23 al 28 luglio a Rio de Janeiro, in Brasile.
E da arcivescovo di Buenos Aires papa Bergoglio i giovani li ha sempre incoraggiati a sognare perché «i vostri sogni devono essere patrimonio di tutti. Allora non rischiate la vita per un piacere che passa dopo 10 minuti, rischiate la vita per Gesù – aveva richiamato in diverse occasioni di incontro con le nuove generazioni -. Lui ci ha lasciato il sogno più grande. Lui ci ha detto che siamo tutti fratelli». E in preghiera al Santuario mariano a Lujan ancora li invitava a «non avere paura della libertà» e a «costruire il futuro attraverso la memoria che hanno lasciato i nostri anziani e vi trasmettono i genitori» e «vedere il mondo con occhi di grandezza».

A seguito della celebrazione della Domenica delle Palme, il Pontefice sarà impegnato mercoledì 27 nella prima udienza generale, mentre il 28 marzo, Giovedì Santo, Francesco celebrerà al mattino nella Basilica di San Pietro la Messa Crismale e, al pomeriggio, si recherà all’Istituto penale per minori di “Casal del Marmo” per la celebrazione della Messa nella Cena del Signore, alle 17.30. L’annuncio, dato giovedì, ha favorevolmente sorpreso. Un comunicato della Sala Stampa vaticana ricorda che «com’è noto la Messa della Cena del Signore è caratterizzata dall’annuncio del Comandamento dell’amore e dal gesto della Lavanda dei piedi». Perciò, dato che «nel suo ministero come arcivescovo di Buenos Aires, il cardinale Bergoglio usava celebrare tale Messa in un carcere o in un ospedale o in un ospizio per poveri o persone emarginate», con la celebrazione a Casal del Marmo, spiega la nota, «il papa Francesco continua tale uso, che dev’essere caratterizzato da un contesto di semplicità».

Il 29 marzo, Venerdì Santo, saranno i giovani del Libano a dar voce alle meditazioni della Via Crucis al Colosseo. A loro, sotto la guida del patriarca di Antiochia dei maroniti, il cardinale Béchara Boutros Raï, Benedetto XVI aveva chiesto di esprimere, nelle XIV stazioni della Passione di Cristo, le ansie e le attese dei popoli del Medio Oriente. E così, nell’anfiteatro Flavio, la cristianità conoscerà le ingiustizie, le divisioni fra cristiani, il fondamentalismo e la violenza che dilaniano i popoli mediorientali, ma anche le sofferenze e i mali dell’intera umanità.

Commento al Vangelo Domenica delle Palme 24 Marzo 2013

(…) Mentre ancora egli parlava, ecco giungere una folla; colui che si chiamava Giuda, uno dei Dodici, li precedeva e si avvicinò a Gesù per baciarlo. Gesù gli disse: «Giuda, con un bacio tu tradisci il Figlio dell’uomo?». Allora quelli che erano con lui, vedendo ciò che stava per accadere, dissero: «Signore, dobbiamo colpire con la spada?». E uno di loro colpì il servo del sommo sacerdote e gli staccò l’orecchio destro. Ma Gesù intervenne dicendo: Lasciate! Basta così!». E, toccandogli l’orecchio, lo guarì.

Sono i giorni supremi, i giorni del nostro destino. «Volete sapere qualcosa di voi e di Me? – dice il Signore –. Vi do un appuntamento: un uomo in croce. Volgete lo sguardo a Colui che è posto in alto».
Il giorno prima, giovedì, l’appuntamento di Dio è stato un altro: uno che è posto in basso. Che cinge un asciugamano e si china a lavare i piedi ai suoi. Chi è Dio? Il tuo lavapiedi. In ginocchio davanti a me. Le sue mani sui miei piedi. Davvero, come a Pietro, ci viene da dire: ma Tu sei tutto matto. E Lui a ribadire: sono come lo schiavo che ti aspetta, e al tuo ritorno ti lava i piedi. Il cristianesimo è scandalo e follia.
E io, nella vita, di fronte all’uomo che atteggiamento ho? Quanto somigliante a quello del Salvatore? Sono il servitore del bisogno e della gioia di mio fratello? Sono il lavapiedi dell’uomo?
Ve la immaginate una umanità dove ognuno corre ai piedi dell’altro? Dove ognuno si inchina davanti all’uomo, come il gesto emozionante del vescovo di Roma che si inchina, al balcone di San Pietro, al suo primo apparire, chiedendo preghiera e benedizione, dando venerazione e onore a ogni figlio della terra?
La croce è l’immagine più pura e più alta che Dio ha dato di se stesso. «Per sapere chi sia Dio devo solo inginocchiarmi ai piedi della Croce» (Karl Rahner).
Dio è così: è bacio a chi lo tradisce. Non spezza nessuno, spezza se stesso. Non versa il sangue di nessuno, versa il proprio sangue. Non chiede più sacrifici a me, sacrifica se stesso per me.
E noi qui disorientati, che non capiamo. Ma poi lo stupore, e anche l’innamoramento. Dopo duemila anni sentiamo, come le donne, il centurione, il ladro, che nella Croce c’è attrazione e seduzione, c’è bellezza. La suprema bellezza della storia è quella accaduta fuori Gerusalemme, sulla collina dove il Figlio di Dio si lascia inchiodare, povero e nudo, per morir d’amore. Dove un amore eterno penetra nel tempo come una goccia di fuoco, e divampa.
Fondamento della fede cristiana è la cosa più bella del mondo: un atto d’amore totale. La croce è domanda sempre aperta, so di non capire. Alla fine però ciò che convince è di una semplicità assoluta:
Perché la croce / il sorriso / la pena inumana?/
Credimi / è così semplice / quando si am
a. (Jan Twardowski)
Si fece buio su tutta la terra da mezzogiorno fino alle tre. Una notazione temporale che ha il potere di riempirmi di speranza: perché dice che è fissato un limite alla tenebra, un argine al dolore: tre ore può infierire, ma non andrà oltre, poi il sole ritorna. Così fu in quel giorno, così sarà anche nei giorni della nostra angoscia.
«Ciò che ci fa credere è la croce, ma ciò in cui crediamo è la vittoria della croce, la vittoria della vita» (Pascal).
(Letture: Isaia 50, 4-7; Salmo 21; Filippèsi 2,6-11; Luca 22, 14-23.56)

di Ermes Ronchi – avvenire.it