A novembre Papa Francesco torna in Asia. Le Visite in Giappone e in Thailandia. Dialogo interreligioso, disarmo nucleare e ricordo della Missione di Siam. VIII Pellegrinaggio asiatico del Santo Padre

(a cura Redazione “Il sismografo”)

Giovanni Paolo II visitò il Giappone tra il 23 e il 26 febbraio 1981. E tra il 10 e l’11 maggio 1984 visitò la Thailandia.

(LB – RC) Oggi 13 settembre, alle ore 9 in Italia e le 16 in Giappone, la Santa Sede ha confermato ufficialmente con un Comunicato l’VIII Pellegrinaggio di Papa Francesco in Asia per visitare i popoli e le chiese di due Nazioni molto importanti e verso le quali Jorge Mario Bergoglio, da sempre, ha avuto grande ammirazione, rispetto e anche vicinanza: il Giappone e la Thailandia. Le visite di questo XXXII Viaggio internazionale di Francesco, sono sate programmate  dal 19 al 26 novembre 2019.
Papa Francesco, tra l’altro, aveva ricevuto l’invito da parte delle chiese locali e dei governi dei due Paesi già nel lontano 2013.

Angkhana e Kumar, i «Nobel» dei diritti umani in Asia

Mondo e Missione

Angkhana Neelapaijit (Thailandia)

(Stefano Vecchia) Tra i premiati dell’edizione 2019 del Magsaysay Award la donna thailandese che denuncia il fenomeno degli attivisti fatti scomparire dai militari e il giornalista tv indiano che attraverso la diffusione dell’hindi combatte le discriminazioni — Il 9 settembre, a Manila, è stato consegnato il premio annuale soprannominato il “Nobel per la Pace asiatico” che riconosce l’impegno di cinque personalità della politica, della cultura e dell’attivismo che si sono distinte nell’opera – sovente rischiosa – di contrastare violenza, discriminazione, malaffare e corruzione.

Il Pime: “Anche Milano è terra di missione”

Vatican Insider

(Cristina Uguccioni) Il 14 e il 15 settembre prossimi sarà inaugurato nel capoluogo lombardo il nuovo Centro culturale del Pontificio istituto missioni estere. «Auspichiamo che diventi un punto di riferimento per tutti i milanesi», dice il direttore, padre Mario Ghezzi. La salvezza «che Dio realizza e la Chiesa gioiosamente annuncia è per tutti. La gioia del Vangelo non può escludere nessuno. Ogni essere umano è oggetto dell’infinita tenerezza del Signore ed Egli stesso abita nella sua vita», ci ricorda papa Francesco. La Chiesa «cammina in mezzo ai popoli, nella storia degli uomini e delle donne, dei padri e delle madri, dei figli e delle figlie: questa è la storia che conta per il Signore». La Chiesa non è fatta per abitare un luogo separato: esiste per stare tra gli esseri umani, per essere segno di Dio impiantato ovunque essi vivono, amano, soffrono, sperano, faticano.

La beatificazione a Forlì di Benedetta Bianchi Porro. Dalla croce alla luce

L’Osservatore Romano

Una vita segnata dalla sofferenza, dalla malattia, dall’umiliazione, nella quale si inserisce preponderante la presenza di Cristo che offre una ragione di vita a una situazione umana apparentemente senza via d’uscita: e così quello che è un fallimento si trasforma in ricchezza per sé e per gli altri. È questa l’esperienza vissuta da Benedetta Bianchi Porro (1936-1964) che sabato mattina, 14 settembre, proprio nella festa dell’esaltazione della Croce, viene beatificata nella cattedrale di Forlì. A presiedere il rito è il cardinale Angelo Becciu, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, in rappresentanza di Papa Francesco.

Tv e radio. Il nuovo palinsesto di Tv2000 e InBlu Radio: ecco le novità

La presentazione nella sede di “Avvenire”. Il segretario Cei, Russo: «Leggere la realtà tenendo in mente la Buona Notizia». Il direttore Morgante: «Trasparenza e attenzione alla persona»
Presentazione dei palinsesti di TV2000 e in blu (Fotogramma) Da sinistra: don Ivan Maffeis, Marco Tarquinio, Vincenzo Morgante, monsignor Stefano Russo, Massimo Porfiri e Paolo Nusiner

Presentazione dei palinsesti di TV2000 e in blu (Fotogramma) Da sinistra: don Ivan Maffeis, Marco Tarquinio, Vincenzo Morgante, monsignor Stefano Russo, Massimo Porfiri e Paolo Nusiner

da Avvenire

«Da privati facciamo servizio pubblico. Operiamo con trasparenza, dicendo chi siamo, da dove veniamo e quale è il nostro sguardo, la nostra attenzione alla persona. Mettiamo insieme un palinsesto che vuole rispondere all’esigenza di dialogo e di confronto, in un’epoca agitata, confusa di fake news. Il tutto con uno stile di sobrietà». È questo lo “sguardo” illustrato dal direttore di Tv2000-InBlu Radio, Vincenzo Morgante, nel presentare i palinsesti dell’emittente a Milano, nella sede di “Avvenire”, alla presenza del direttore del quotidiano, Marco Tarquinio.

L’emittente, ha spiegato durante l’incontro l’ad Massimo Porfiri, continua a registrare risultati sempre migliori sia negli ascolti sia nella raccolta pubblicitaria e segnala un aumento nell’audience del pubblico maschile e dei giovani: l’emittente chiude la stagione primaverile 2019 allo 0,88% medio (7:00 – 02:00) registrando il miglior dato stagionale dalla nascita dell’emittente (+12,8% sul 2018) e confermandosi nella Top18 delle emittenti televisive italiane, con un trend di ascolti in continua crescita dall’estate 2017.

Il tutto, senza dimenticare la missione che appartiene a ogni mezzo di comunicazione di ispirazione cattolica, come ha ribadito il segretario generale della Conferenza episcopale italiana, mons. Stefano Russo: «Affrontiamo una sfida straordinaria. Essere sul pezzo, sapendo leggere la realtà e tenendo in mente la Buona Notizia». E, ricordando l’invito del Papa, mons. Russo aggiunge: «E’ necessario stare davanti agli ultimi, farsi prossimo con i sofferenti, con una grande attenzione alla persona. Dobbiamo avere il coraggio del Vangelo».

Un’offerta ancora più ampia, quella della stagione in partenza per Tv2000, impreziosita da “Io credo”, a concludere la trilogia sulla preghiera iniziata con “Padre nostro” nel 2017 e “Ave Maria” nel 2018. Il programma, con la partecipazione di Papa Francesco, è condotto sempre da don Marco Pozza, che lo scrive insieme al regista Andrea Salvadore. L’idea è quella di tornare alla radice di queste antichissime parole attraverso incontri e interviste, che possano stimolare domande sui grandi misteri dell’uomo e del suo destino. Otto puntate in cui si intrecciano tre voci: quella di Papa Francesco, che continua ad essere parte attiva del progetto, quella di una comunità, attraverso una testimonianza, e quella di un personaggio noto del panorama culturale e artistico.

Cresce anche il telegiornale, con l’aggiunta di due edizioni domenicali e l’apertura dell’ufficio di corrispondenza da Gerusalemme, e sono confermati tutti i volti popolari di rete: Licia Colò con “Il mondo insieme” la domenica pomeriggio, Paola Saluzzi, con “L’ora solare” dal lunedì al venerdì alle 14, Cesare Bocci con “Segreti”, Beatrice Fazi con “Per Sempre” e “Beati Voi”, Luigino Bruni ed Eugenia Scotti con “Benedetta economia”, Andrea Monda con “Buongiorno professore”. Confermata ma con una veste rinnovata, tutta la produzione di carattere religioso: “Buongiorno a Maria”, “Rosario da Pompei”, “Rosario da Lourdes”, “Rosario alla Madonna” che scioglie i nodi, “Santa Messa”, “Angelus”, “Coroncina alla Misericordia” e “Sulla strada” condotto da padre Giulio Michelini. Oltre ai docufilm originali prodotti da Tv2000 Factory, ci saranno anche Simone Cristicchi e don Luigi Verdi, con due serate, “Le poche cose che contano” e la serie tv “Maestrì dedicata al mondo della scuola”.

Sul fronte della radio, InBlu Radio avvia il processo per il passaggio al Digital Audio Broadcasting, che porterà a una migliore qualità dell’audio, meno interferenze sul segnale e l’introduzione di servizi multimediali innovativi. L’informazione si conferma perno cardine dell’emittente con 11 edizioni quotidiane del Giornale radio (dalle 7 alle 19), continuamente aggiornate nelle notizie ed arricchite da interviste e servizi di cronaca. Le due edizioni principali in onda ogni giorno, in diretta, alle 13 e alle 18. Dal lunedì al sabato la rassegna stampa apre la fascia informativa del programma “Buongiorno InBlu”. Tre ore di approfondimento sui principali temi di attualità, in Italia e nel mondo, con interviste in diretta e schede esplicative sui fatti quotidiani. E poi “Piazza InBlu” con le interviste ai protagonisti della politica, dell’economia e della cronaca. Interviste che tornano in primo piano anche nel tradizionale appuntamento del “Pomeriggio InBlu”. Cosa scriveranno e quali notizie metteranno in risalto i quotidiani il giorno successivo lo racconta ogni sera alle 18.12 il programma “Buona la prima”. Sul versante dell’informazione religiosa “Ecclesia”, racconta ogni giorno in diretta i principali eventi della Chiesa con protagonista Papa Francesco.

Testimoni. Xavier Tilliette: la filosofia ha bisogno di Cristo

Il grande pensatore gesuita, amico di De Lubac, Von Balthasar e Rahner, sviluppò una “cristologia filosofica” non come teologia parallela ma come discorso razionale alla luce della redenzione
Il gesuita francese Xavier Tilliette (1921-2018)

Il gesuita francese Xavier Tilliette (1921-2018)

da Avvenire

Cristologia filosofica: in questa espressione singolare ed estremamente impegnativa consiste la consegna di padre Xavier Tilliette, lo studioso francese scomparso il 10 dicembre dell’anno scorso che ci ha lasciato un’opera vastissima, contrassegnata perlopiù dallo studio del rapporto tra i grandi filosofi e la figura di Cristo.

Pur ben consapevole che Gesù non appartiene «alla stirpe di Socrate», non avendo insegnato alcuna filosofia né fondato alcuna scuola, Tilliette è sempre stato convinto assertore della ineludibilità del “caso Cristo” per qualsiasi vero pensatore: il suo messaggio, la sua dottrina, la sua etica non possono non provocare i filosofi ancor oggi. E per la verità lo hanno fatto lungo i secoli, soprattutto con quella modernità che è stata segnata da un pensiero che ha voluto farsi e dirsi professarsi ateo: è questo, per dirla col suo maestro e amico Henri de Lubac, «il dramma dell’umanesimo ateo».

Più che restare imbrigliato nell’annosa disputa sulla “filosofia cristiana”, Tilliette si è imbarcato nell’avventura della “cristologia filosofica”, checome ha scritto su “Avvenire” Francesco Tomatis in occasione della sua morte, «non è semplicemente una teologia che abbia come proprio centro propulsore la cristologia. In Tilliette opera una vera e propria filosofia, cioè una ricerca razionale di per sé priva di riferimento e soprattutto di fondamento teologico. È questa filosofia nuda, priva di presupposti altri, che scopre e indaga il Cristo».

Allo sforzo speculativo del gesuita a lungo docente all’Institut Catholique di Parigi e alla Gregoriana è dedicato ora un saggio di Simone Stancampiano, docente di Filosofia della religione all’Antonianum, edito da Studium e semplicemente intitolato Tilliette (pagine 224, euro 19,50).

Il pensiero del teologo e filosofo amico di Rahner e von Balthasar oltre che di De Lubac è indagato in tutte le fasi in cui si è sviluppata l’idea centrale di approfondire lo studio filosofico di Cristo. Da Hegel a Schelling, da Ricoeur a Marcel e Blondel, sino agli amici italiani Pareyson e Del Noce, tante figure rivivono, a partire dalla consapevolezza che «pure in un’epoca che si è secolarizzata a vista d’occhio, la filosofia non ha disertato, pur a prezzo di sostituti e surrogati, il luogo in cui si imprime la traccia insanguinata di Cristo». Tutta la filosofia moderna ha costruito la sua impalcatura sul mistero della Croce, persino nella metafisica hegeliana che finisce per perdere di vista il Cristo reale. A questo proposito il volume rievoca la polemica, esplosa a Gallarate nel 1975, fra Tilliette e Cornelio Fabro, assai meno tenero verso Hegel e compagnia.

Ma quali sono i luoghi, gli episodi e i passi del Vangelo che più pongono questioni filosofiche? Per Tilliette si parte dal Prologo di Giovanni per poi passare al Discorso della Montagna, al Venerdì e al Sabato Santo. E ancora: la Tentazione di Cristo nel deserto e i racconti della Resurrezione. Arrivando a san Paolo, il primo vero “filosofo cristiano” nonostante mettesse in guardia i credenti dal non cedere a discorsi vani e puramente intellettuali, s’impongono l’Inno cristologico dei Filippesi e l’Inno alla carità dei Corinzi: in tutti questi casi la filosofia si è costantemente interrogata.

Per Tilliette si tratta di «stabilire il diritto di cittadinanza di Cristo nella filosofia come oggetto filosofico, rispettando la libertà del kerygma». Prendendo a prestito l’espressione “cristologia filosofica” da Henri Gouhier, che l’aveva coniata nel 1961 all’interno del suo lavoro Bergson e il Cristo dei Vangeli, Tilliette non fa altro che ribadire come Gesù rimanga sempre una pietra d’inciampo, anche per il pensiero. «Conviene che la filosofia – egli ha scritto nel volume La settimana santa dei filosofi – si arresti alla soglia delle apparizioni. Oltrepasserebbe i suoi diritti se si appropriasse dei doni della grazia e delle meraviglie soprannaturali della fede. Occorre mantenere castamente la frontiera. Ciò non impedisce al filosofo di avere gli occhi fissi sul dramma divino e di inserirvi la sua meditazione sul male, la sofferenza e la morte, Anch’egli può iscriversi alla scuola austera del cristianesimo». Una sensibilità che l’accomunava a von Balthasar (si pensi ai suoi studi sul Sabato santo e sull’Inferno) e a Luigi Pareyson, che tra i filosofi italiani del dopoguerra rappresentò per Tilliette un interlocutore privilegiato.

Peccato che nel volume di Stancampiano non abbia trovato spazio, almeno in appendice, quello che può essere considerato l’ultimo scritto di padre Tilliette, il suo vero e proprio testamento spirituale e che si può ritrovare nel libro Confesiones de Jesuitas, una raccolta di scritti dei più importanti gesuiti del ’900 (fra i quali il cardinale Martini) da poco uscita in Spagna a cura di Valenti Gòmez-Oliver e Joseph Benitez. Rispondendo a un questionario, Tilliette ha preferito inviare un testo uniforme e compiere un bilancio della propria esistenza, definendosi «uno degli ultimi rappresentanti della tradizione umanistica della Compagnia che hanno illustrato il XX secolo: i padri Louis de Grandmaison, Henri de Lubac, André Blanchet, François Varillon…. Ho vissuto cercando di imitarli, sforzandomi di essere, a un livello più modesto, il loro continuatore e, per i tre ultimi, di ripagare la loro benevolenza al mio riguardo».

Tilliette guarda poi con distacco ma con enorme preoccupazione a quella che definisce «la crisi del maggio ’68». Ecco cosa scrive: «L’ho vissuto molto male. È associata per me al ronzio degli elicotteri ed al baccano della strada. Allora gli studenti persero una bella occasione per tacere e la febbre di Michel de Certeau mi sembrò irragionevole. Si assisteva al tracollo di un’istituzione venerabile, l’Università, e, di rimbalzo o contraccolpo, allo sfaldamento della Compagnia di Gesù nelle sue case di formazione. Nella mia ingenuità, avevo creduto che un’istituzione rigida e molto organizzata come l’ordine di S. Ignazio fosse ben preparato a resistere alle sirene della dissipazione e della frivolezza. Ahimé, non lo fu per niente, e il contagio mondano, la follia studentesca, contagiarono il suo cuore».

Alla fine, nonostante le amarezze provate, così conclude: «Mi trovo sfasato, antimoderno. Non è responsabilità di nessuno e non incolpo nessuno, ma resisto nel mio angolo e mi sforzo di riempire il poco tempo che mi resta,tempus instanter operando redimentes. Ricomprare il tempo, è una bella formula. La terra è solamente un passaggio, e il vero filosofo ricusa il nichilismo. Ho frequentato troppo Gabriel Marcel per dimenticare la sua lezione sulla speranza. Il pensiero del Cristo mi tormenta, e io non vorrei finire senza averlo approfondito di più».