Le équipe pastorali, «custodi del fuoco»: dodici persone che possano collaborare stabilmente con il parroco

Dodici persone che possano collaborare stabilmente con il parroco, o comunque un piccolo gruppo che sia «appassionato dello squilibrio». Non tanto «professionisti competenti e qualificati», quanto «cristiani apparentemente come tutti, ma in realtà capaci di sognare, di contagiare gli altri con i loro sogni, desiderosi di sperimentare cose nuove». Non «pensatori isolati», ma gente che ha «voglia di incontrare gli altri», che non si vergogna «di farsi vicina ai poveri» ed «esercitano una certa attrazione sui giovani». Dovranno avere queste caratteristiche i membri delle nuove équipe pastorali, il cui profilo viene delineato in una lettera inviata giovedì 11 luglio ai parroci e ai sacerdoti della diocesi di Roma.

Nel testo, firmato dal cardinale vicario Angelo De Donatis, vengono presentate le novità previste per l’anno pastorale 2019-2020. Innanzitutto, quella della formazione di una équipe pastorale che «possa prendersi cura del cammino di tutti, custodendo la direzione comune e animando concretamente le diverse iniziative». Tutta la comunità cristiana e tutti gli operatori pastorali, si sottolinea, «sono chiamati a mettersi in atteggiamento di ascolto». Quell’ascolto del «grido della città» richiamato anche da papa Francesco. L’équipe «aiuterà la comunità cristiana a portare avanti l’ascolto, lasciando agire il Fuoco che abbiamo invocato insieme nella Veglia con il Papa. Sarà lui a illuminare, a purificare, a scaldare».

Ma ogni fuoco dopo un po’ si affievolisce: l’équipe pastorale è dunque chiamata a «custodire il senso del cammino e ad animarlo, tenerlo vivo all’interno della comunità». In concreto, si tratterà di aiutare gli operatori a progettare l’azione di ascolto, fornendo loro attenzioni, strategie, strumenti; verificare che l’ascolto venga realizzato; sintetizzare quanto raccolto nella fase di ascolto; condividere esperienze e testimonianze con le altre équipe pastorali del territorio; attivare legami con istituzioni e associazioni di zona. Nello svolgere questi compiti l’équipe «sarà supportata dalla diocesi e dagli Uffici pastorali coinvolti».

«Da questo cammino pastorale la nostra Chiesa diocesana ne uscirà più attenta agli altri, più consapevole delle domande profonde delle persone, più convinta della Buona Notizia che è chiamata ad annunziare, più sensibile alle ispirazioni di Dio».

settimananews

Commento al Vangelo… XX Domenica Tempo ordinario – Anno C

di Ermes Ronchi da Avvenire

Dio non è neutrale e nemmeno la sua pace

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione […]»

Sono venuto a portare il fuoco sulla terra. E come vorrei che divampasse. È stato detto che la religione era l’oppio dei popoli, ottundimento e illusione. Nell’intenzione di Gesù il Vangelo è invece «l’adrenalina dei popoli» (B. Borsato), porta «il morso del più» (L. Ciotti), più visione, più coraggio, più creatività, più fuoco. Pensate che io sia venuto a portare la pace? No, vi dico, ma la divisione. Dio non è neutrale: vittime o carnefici non sono la stessa cosa davanti a lui, tra ricchi e poveri ha delle preferenze e si schiera. Il Dio biblico non porta la falsa pace della neutralità o dell’inerzia, ma «ascolta il gemito» e prende posizione contro i faraoni di sempre. La divisione che porta evoca il coraggio di esporsi e lottare contro il male. «Perché si uccide anche stando alla finestra» (L. Ciotti), muti davanti al grido dei poveri e di madre terra, mentre soffiano i veleni degli odi, si chiudono approdi, si alzano muri, avanza la corruzione. Non si può restarsene inerti a contemplare lo spettacolo della vita che ci scorre a fianco, senza alzarsi a lottare contro la morte, ogni forma di morte. Altrimenti il male si fa sempre più arrogante e legittimato. Sono venuto a portare il fuoco, l’alta temperatura morale in cui soltanto avvengono le trasformazioni positive del cuore e della storia. E come vorrei che divampasse! Come quella fiammella che a Pentecoste si è posata sul capo di ogni discepolo e ha sposato una originalità propria, ha illuminato una genialità diversa per ciascuno. Abbiamo bisogno estremo di discepoli geniali, con fuoco. La Evangelii gaudium invita i credenti a essere creativi, nella missione, nella pastorale, nel linguaggio. Propone instancabilmente non l’omologazione, ma la creatività; invoca non l’obbedienza ma l’originalità dei cristiani. Fino a suggerire di non temere eventuali conflitti che ne possono seguire (Eg 226), perché senza conflitto non c’è passione. Perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto? Un invito pieno di energia, rivolto alla folla cioè a tutti: non seguite il pensiero dominante, non accodatevi alla maggioranza o ai sondaggi d’opinione. Giudicate da voi stessi, intelligenti e liberi, svegli e sognatori, andando oltre la buccia delle cose: «La differenza decisiva non è tra chi crede e chi non crede, ma tra chi pensa e chi non pensa» (C.M. Martini). Tra chi si domanda che cosa c’è di buono o di sbagliato in ciò che accade, e chi non si domanda più niente. Giudicate da voi… Siate profeti – invito forte e quante volte disatteso! – siate profeti anche scomodi, dice il Signore Gesù, facendo divampare quella goccia di fuoco che lo Spirito ha seminato in ogni vivente.
(Letture: Geremia 38,4-6.8-10; Salmo 39; Ebrei 12,1-4; Luca 12,49-53)

Non fatevi rubare i sogni, sono il futuro. Dialoghi al #meeting 2019

Emilia Guarnieri (Foto archivio Siciliani)

Avvenire

Da dove nasce l’io? Da dove viene il “volto” di ciascuno di noi? Cosa dà peso e significato irriducibile al nostro nome? I versi tratti da una poesia di Karol Wojtyla, che danno il titolo al Meeting 2019, mettono a fuoco il fatto che il proprio nome, cioè la propria consistenza umana, nasce da quello che si fissa, e cioè dal rapporto con un altro da sé.

Nell’edizione del Quarantennale del Meeting saranno soprattutto i convegni che si tengono ogni giorno, alle 15 nell’Auditorium Intesa Sanpaolo B3 a svolgere questi temi, come un filo conduttore della manifestazione. Gli incontri delle 15 coinvolgeranno personaggi di primo piano della politica e della scienza, della cultura e dell’arte su temi che poi ritroveremo in mostre, convegni, spettacoli del Meeting.

L’incontro inaugurale vedrà, come ogni anno, una personalità al vertice delle istituzioni riflettere sulle opportunità che i temi del
Meeting offrono alla crescita sociale del nostro Paese: domenica 18 agosto il presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati parlerà di “Persona e amicizia sociale”, con l’introduzione di Emilia Guarnieri, presidente Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli, e del presidente della Fondazione per la Sussidiarietà Giorgio Vittadini.

SABATO 17 CON AVVENIRE IN EDICOLA UNO SPECIALE DEDICATO AL MEETING 2019

Ecco una anticipazione dell’intervista alla presidente della Fondazione Meeting Emilia Guarnieri

Non fatevi rubare i sogni, sono il futuro: il 19 agosto, Matteo Severgnini, direttore della Luigi Giussani High School di Kampala, dialogherà con il presidente della Cei, il cardinale Gualtiero Bassetti, partendo proprio dall’appello rivolto da papa Francesco ai giovani nell’incontro dello scorso anno al Circo Massimo.

Emilia Guarnieri, presidente della Fondazione Meeting: il Meeting è nato da uno sogno giovanile, 39 anni fa. Quanto di quel sogno è diventato futuro, cioè presente, e quanto si è perso per strada?

Il Meeting è nato da un impeto, da una passione a comunicare e a testimoniare, cioè a rendere presente la nostra umanità, frutto dell’esperienza cristiana che avevamo incontrato attraverso il carisma di don Giussani. In questo senso tutto quello che ne è nato non è stato un mettere a tema un progetto e trarne le conseguenze operative, ma seguire gli incontri, i rapporti e le evidenze che emergevano man mano da una storia vissuta insieme. La nostra generazione non sognava più un mondo migliore al modo del ’68, in questo senso avevamo già dato, il tempo dell’utopia si era consumato. L’idea del Meeting invece era totalmente legata alla realtà: portare a Rimini le esperienze più belle e vere che potevamo trovare nel mondo e questo penso si sia realizzato. Perciò non mi viene da dire che si sia perso qualcosa, a parte la giovinezza anagrafica, peraltro sostituita da una consapevolezza che dà gusto alla vita.

Quarant’anni fa cosa sognavate?

Alla fine degli anni Settanta l’atmosfera in Italia e nel mondo era segnata da conflitti e contrapposizioni. Penso alla guerra civile libanese, l’Afghanistan, l’Iran di Khomeini, le dittature latinoamericane. In Italia erano ancora aperte la stagione del terrorismo e la ferita della vicenda Moro. Sono anche gli anni però in cui papa Wojtyla gridava con forza di spalancare le porte a Cristo, in una prospettiva non solo individuale ma globale, pensando ai confini degli Stati e ai sistemi politici. Parlare allora di amicizia fra i popoli significava quindi guardare con speranza a tutti i segnali che andavano in direzione di un’Europa riconciliata, di muri da abbattere, di guerre di cui si sperava la fine imminente, di libertà e diritti umani di nuovo praticabili. Se si guarda il programma dei primi Meeting, ciò è evidentissimo.

Lei crede che i giovani del 2019 sognino ancora?

Certo, il cuore non molla mai! Anche se i giovani spesso non hanno il coraggio di riconoscere e di amare la portata infinita del loro desiderio. Anche perché sognare implica assumersi una responsabilità nei confronti del proprio desiderio. Ma noi dobbiamo guardare i giovani con una stima più grande di quella che loro riescono ad avere in sé stessi, perché la meritano. E poi questa non è una generazione di rottamatori, ma al contrario è una generazione che guarda con interesse chi è più grande. Certo, grazie a Dio, non fanno sconti sulla verità di ciò che viene loro proposto.

Vaticano I cardinali elettori da domani scendono a 118

(a cura Redazione “Il sismografo”)

(LB – RC) Oggi, venerdì 16 agosto, l’arcivescovo emerito di Armagh, Irlanda, Seán Baptist Brady, compie 80 anni e quindi non sarà più cardinale elettore in un eventuale Conclave. Da domani perciò il Collegio cardinalizio avrà solo 118 porporati elettori su un totale di 216 cardinali, vale a dire il 57 %. Il 43% restante corrisponde ai 98 cardinali ultraottantenni e dunque non più elettori.

I cardinali elettori
I 118 cardinali elettori si dividono così:
– 19 porporati creati da Giovanni Paolo II (17%)
– 42 porporati creati da Benedetto XVI (35%)
– 57 porporati creati da Francesco (48%) 
Invece nel caso dei 98 cardinali non-elettori le percentuali s’invertono:
– 53 porporati creati da Giovanni Paolo II (55%)
– 30 porporati creati da Benedetto XVI (31%)
– 15 porporati creati da Francesco (18%)
Il Collegio:
Il totale di cardinale oggi è pari a 216, divisi in tre gruppi uguali:
72 porporati creati da Giovanni Paolo II (33,3%)
72 porporati creati da Benedetto XVI (33,3%)
72 porporati creati da Francesco (33,3%)
***
Entro la fine del 2019 altri 4 cardinali – Telesphore Placidus Toppo, Edoardo Menichelli,  Zenon Grocholewski e Laurent Monsengwo Pasinya – compieranno 80 anni. Tutti i quattro diventeranno ultraottantenni nel mese di novembre prossimo

Ambiente: plastica nella neve dalle Alpi all’Artico. Studio lancia allarme, urgenti ricerche su effetti salute umana

Dalle Alpi al circolo polare artico, passando per l’Europa continentale, i fiocchi di neve che cadono a terra contengono minuscole particelle di plastica. Lo rivela uno studio pubblicato sulla rivista americana Science Advances, in cui gli autori lanciano l’allarme: visto il “significativo inquinamento atmosferico” c’è “urgente necessità di ricerche sugli effetti sulla salute umana e animale concentrandosi sulle microplastiche trasportate dall’aria”. Emerge che le concentrazioni nella neve al Polo nord (stretto di Fram, al largo della Groenlandia, e isole Svalbard), lontano dai grandi centri, sono più basse rispetto a quelle delle Alpi (monte Tschuggen e Davos in Svizzera e Alpi bavaresi in Germania) e del nord della Germania (Brema e isola di Helgoland).

“Nelle aree abitate – si legge – è una pratica comune rimuovere la neve dalle strade e portarla via. I nostri risultati indicano che questi luoghi andrebbero scelti con saggezza per evitare contaminazioni di aree sensibili”.

La ricerca è stata condotta dall’Istituto Alfred Wegener (Germania) e dall’Istituto svizzero di ricerca per la neve e le valanghe. “L’inalazione cronica di microplastiche – scrivono gli studiosi -, specialmente in combinazione con sostanze chimiche assorbite o aggiunte, può portare a rischi per la salute tra cui irritazione respiratoria, alveolite allergica, infiammazione, fibrosi e genotossicità”. Inoltre può contribuire “al rischio di cancro ai polmoni, in particolare dei non fumatori”.

ansa