Il Collegio di cardinali oggi dopo la morte del porporato cubano Jaime Ortega

(a cura Redazione “Il sismografo”)
Nell’odierna composizione del Collegio cardinalizio, dopo la scomparsa, oggi alle 06.16, ora de La Habana (in Italia le 12.16), del cardinale cubano Jaime Ortega, per la prima volta dall’elezione di Papa Francesco il numero di porporati da lui creati in questi anni è superiore al numero di cardinali creati sia da s. Giovanni Paolo II, sia da Benedetto XVI.*** 
Elettori: 120  
19 creati da Giovanni Paolo II         
44 creati da Benedetto XVI
57 creati da Francesco
Non-elettori: 97
53 creati da Giovanni Paolo II        
28 creati da Benedetto XVI
16 creati da Francesco
Totale:   217
72 creati da Giovanni Paolo II  
72 creati da Benedetto XVI
73 creati da Francesco

Chiesa ortodossa di Gerusalemme “riabilita” Ireneos, il Patriarca deposto nel 2005

Gerusalemme 

Fides

Il Santo Sinodo del Patriarcato greco-ortodosso di Gerusalemme, presieduto dal Patriarca Theophilos III, durante la riunione conclusasi il 25 luglio ha deciso di rimuovere le sanzioni canoniche che avevano colpito il precedente Patriarca Ireneos I, che lo stesso Sinodo aveva rimosso dalla carica patriarcale nel 2005. Ireneos, grazie alla nuova disposizione del Sinodo, recupera l’ufficio episcopale – che gli era stato tolto – e a lui viene riconosciuto il titolo di “Patriarca emerito”. 

Morto monsignor Gino Castellini, storico parroco di Cerrè Sologno. Aveva 95 anni. Sabato 27 luglio i funerali

Monsignor Gino Castellini

Reggio Emilia, 26 luglio 2019 – Era stato ricoverato all’ospedale Sant’Anna di Castelnovo Monti nella giornata di sabato 20 luglio a causa di una dolorosa infezione sulla quale non è riuscito ad avere la meglio. La mattina del 25 luglio è morto così, a 95 annimonsignor Gino Castellini, parroco emerito di Cerrè Sologno di Villaminozzo, la piccola comunità parrocchiale (oggi nell’unità pastorale “Madonna delle fonti”) a cui ha dedicato il suo ministero presbiterale e dove riposerà, nel cimitero della frazione, in attesa della risurrezione. 

Nato nell’aprile 1924 ad Asta, nell’omonima Valle, Castellini ricevette dalla famiglia e dai seminari di Marola e di Albinea un’impronta permanente di sollecitudine che lo condurrà ad essere un prete “a vita piena”, apparentemente serio, ma con quella serenità d’animo che lo ha reso accetto e ben gradito a tutti coloro che incontrava. 

Ordinato sacerdote il 29 giugno 1948, don Gino fu subito inviato come vicario cooperatore nella parrocchia di Bibbiano, accanto al parroco monsignor Cesare Spallanzani. Vi resterà fino al 1950, per diventare poi parroco di Cerrè Sologno, seicento abitanti, 850 metri di altitudine, con tutti i problemi di carattere sociale e religioso che caratterizzavano queste parrocchie a pochi anni dalla fine della seconda guerra mondiale, che qui aveva colpito pesantemente. 

Senza fretta, ma con un impegno diuturno, riuscì a organizzare il “piccolo clero” e l’Azione cattolica, realtà dai numeri contenuti, ma incisive nel piano pastorale avviato da don Gino. 

Educato, come usava allora nei seminari diocesani, a concepire il rapporto con la parrocchia come un abbraccio a vita, nonostante le difficoltà anche materiali, non pensò nemmeno di chiedere una destinazione più comoda o più umanamente remunerativa. Così Cerrè Sologno, con la sua piccola chiesa di San Pietro, sarà la “sua” parrocchia, ove vorrà restare come collaboratore pastorale anche una volta diventato, nel 2011, parroco emerito. 

Fra gli anni ’60 e ’70 del secolo scorso don Gino dovette allontanarsene qualche tempo per ragioni di salute, ospite della sorella Irma a Felina. E anche qui ebbe subito modo di far conoscere la sua pacatezza, il suo discorrere rasserenante che prendeva l’avvio solo dopo aver molto ascoltato l’interlocutore. 

Il diacono Giacomo Casoli, che gli è stato accanto negli ultimi sette anni, quando don Gino, consumato ma non vinto dalla malattia, cominciava ad avere difficoltà nella celebrazione della Messa, lo descrive con tre pennellate: uomo “maturo” e del consiglio, che unisce alla saggezza umana la sovrannaturale sapienza del Vangelo e che perciò è un ottimo direttore di spirito e apprezzato confessore; un prete “H24”, che divide la sua giornata tra l’attività pastorale in parrocchia (e ben volentieri, invitato, anche nelle parrocchie limitrofe), la preghiera, lo studio; un parroco che ha come famiglia tutti i suoi parrocchiani e nello stesso tempo che tutti accolgono come persona di famiglia. 

Durante l’assemblea del clero del 16 aprile 2015 il vescovo Camisasca gli aveva fatto pervenire la nomina a “Monsignore”, un titolo che quanti conoscono don Gino hanno accolto con gioia e riconoscenza per i tanti frutti che il suo sacerdozio ha donato alla Chiesa. Gratitudine di tutta la Montagna, resa palpabile dalla partecipatissima celebrazione, l’estate scorsa, in occasione del 70° anniversario di ordinazione presbiterale. 

La salma di monsignor Castellini è ricomposta presso la chiesa parrocchiale di Cerrè Sologno, dove alle ore 20.30 di venerdì 26 luglio verrà recitato il Rosario. 

La liturgia di commiato, presieduta dal Vicario generale della Diocesi monsignor Alberto Nicelli, sarà celebrata sabato 27 luglio, nella chiesa di Cerrè Sologno, alle ore 9.30.

Il resto del Carlino

ESTATE IN MISSIONE IN AGOSTO IL 45° CAMPO ESTIVO DI VOLONTARIATO A MUNYAGA IN RWANDA

agensir

Il profondo legame che unisce Reggio a Munyaga in Rwanda segna un’altra fondamentale tappa: dal 3 al 31 agosto si terrà il 45° campo estivo di volontariato nella missione dove ha generosamente operato il reggiano padre Tiziano Guglielmi – prematuramente scomparso il 19 maggio 1980.

Per iniziativa del Gruppo Rwanda Padre Tiziano Onlus partiranno 14 volontari accompagnati dal presidente Claudio Fantini; sette appartengono alla diocesi di Reggio Emilia-Guastalla: Alice, Beatrice, Marianna, Valentina, Giovanni, Francesco, Claudio; della diocesi di Modena è Vanessa; sei appartengono a quella di Bologna: don Massimo, Giacomo, Laura, Ester, Giacomo, Veronica. Importante risulta la presenza di don Massimo per la spiritualità del gruppo di volontari, che quest’anno è interdiocesano.

E’ questo il quarantacinquesimo campo estivo di volontariato – un bel record! – che il Gruppo promuove e non meno di 450 sono i volontari, giovani e meno giovani, che hanno fatto esperienza in Rwanda dal 1974, grazie alla provvidenziale idea di padre Tiziano Guglielmi, appartenente alla Congregazione dei Padri Bianchi.

Il Gruppo Rwanda Padre Tiziano con l’aiuto di tanti generosi benefattori e di preziosi volontari ha realizzato a Munyaga, nella diocesi di Kibungo, opere importanti e significative per lo sviluppo umano e spirituale della popolazione di quelle colline. Si tratta del Centro di Santità “Padre Tiziano”con il nuovo reparto di maternità; della scuola primaria in titolata alla maestra reggiana Aurora Giovannini; delle case per i poveri – aiuti a famiglie e studenti bisognosi; del progetto agricolo che attualmente dà lavoro a 7 operai, diretti da Sr. Bea. Chi desidera sostenere le attività del Gruppo Rwamda Padre Tiziano Onlus, che ha sede a Borzano di Albinea in via Ludovico Ariosto 1, può utilizzare il c/c bancario: EMILBANCA di RE: IBAN: IT 45 Q070 7212 8050 68220125020.

Nel mese di agosto durante la permanenza a Munyaga per “estate in missione” i quattordici volontari provvederanno alla manutenzione degli stabili e delle attrezzature e lavoreranno con la gente rwandese. Prenderà poi il via un nuovo progetto agricolo che sarà gestito assieme alla parrocchia di Munyaga con l’acquisto di terreni per meglio diversificare i vari prodotti agricoli. Il Gruppo Rwanda ha inoltre in animo la realizzazione di una nuova stalla, più capiente e più funzionale di quella attuale (costruita con tronchi d’albero). I partecipanti al campo estivo faranno esperienza di volontariato nelle case Amahoro – case della pace -, fondate da don Luigi, direttore della Caritas e fratello di Padre Tiziano, anch’egli prematuramente scomparso il 10 maggio 1996. I volontari, durante il mese di permanenza a Munyaga, effettueranno l’esperienza di un campo di formazione umana e spirituale, entreranno a diretto contatto e conosceranno così il popolo rwandese, la sua cultura, i suoi usi e costumi.

Il Gruppo di Amici “Raccolta del ferro vecchio” della parrocchia di San Lorenzo Martire di Gavasseto ha voluto devolvere una parte cospicua della somma raccolta (€ 1.000,00) – frutto del loro generoso impegno di volontariato – al Gruppo Rwanda per il nuovo progetto agricolo a Munyaga.

Il vescovo Massimo Camisasca assieme a don Pietro Adani, direttore del Centro Missionario Diocesano, ha fatto visita alla missione rwandese di Munyaga nel dicembre scorso.

gar

Verso il Meeting. Lagerkvist, la fede e… l’attualità di Barabba

In cartellone una pièce teatrale tratta dal romanzo col quale lo scrittore giunse al Nobel. Un’ambientazione moderna per dare voce alle domande dei non credenti dei nostri giorni

Barabba in un’incisione ottocentesca

Barabba in un’incisione ottocentesca

da Avvenire

“Midnight Barabba” è prodotto da Meeting Rimini in collaborazione con Avl Tek. Oltre al regista Otello Cenci, coautore del testo con Giampiero Pizzol, hanno contribuito al soggetto Davide Rondoni e Nicola Abbatangelo; scene di Nicola Delli Carri, costumi della Sartoria Shangrillà. Sette gli attori in scena: Raffaello Lombardi, Michele d’Errico, Antonella Carone, Franco Ferrante, Carla Guido, Roberto Petruzzelli e Mimmo Padrone. Lo spettacolo andrà in scena al Teatro Galli il 18 e il 19 agosto alle 20.45 (biglietti su www.vivaticket. it).

Pär Lagerkvist

Pär Lagerkvist

La Leporina non sa niente del Maestro. Non sa perché non l’abbia guarita, lasciandole quel viso sfigurato. E non sa perché proprio a lei abbia chiesto di portare testimonianza. Sa solo che non può fare a meno di seguirlo, fino al martirio, fino a essere presa in braccio, per l’ultima volta, dall’unico uomo che sembra averle mai prestato attenzione. Un malfattore, scampato alla croce e destinato ai lavori forzati. Si chiama Barabba e, se il processo non fosse andato com’è andato, sarebbe toccato a lui morire sul Calvario, non a Gesù di Nazareth. Eppure sul Calvario Barabba ci va lo stesso, per contemplare l’agonia del giusto. Per rendere testimonianza, in un certo senso, anche se – almeno in questo – la Leporina è più consapevole di lui, più pronta a obbedire alla chiamata. La tensione fra i due personaggi è uno degli elementi portanti di Barabba, il capolavoro dello scrittore svedese Pär Lagerkvist, che per questo romanzo (ora riproposto da Jaca Book nella classica versione di Giacomo Oreglia e Carlo Picchio e con una nota di Alesandro Ceni, pagine 158, euro 14) ottenne nel 1951 il premio Nobel per la letteratura. Documento di un’inquietudine spirituale che attraversa per intero l’opera di Lagerkvist, Barabba fu trascritto in forma drammatica dallo stesso autore e diede spunto a un fortunato film hollywoodiano, con Anthony Quinn nel ruolo del protagonista.

Del tutto inedito è invece l’adattamento che debutterà a Rimini come spettacolo inaugurale del quarantesimo Meeting per l’amicizia fra i popoli. La rivisitazione si annuncia originale fin dal titolo, Midnight Barabba, che allude alla cornice della messinscena: un party molto sofisticato, nel corso del quale i vari personaggi, tutti intellettuali influenti nella Stoccolma di metà Novecento, si ritrovano a immedesimarsi nelle figure e nelle situazioni del Barabba di Lagerkvist. «Non è un semplice espediente di teatro nel teatro – spiega il regista Otello Cenci, che è anche autore del copione insieme con Giampiero Pizzol –. Al contrario, il confronto col romanzo porta alla luce l’umanità di ciascuno, altrimenti nascosta dalle consuetudini della mondanità. Le maschere sono quelle che i personaggi indossano nella vita quotidiana. L’incontro con le parole di Lagerkvist diventa l’occasione per mostrare il proprio volto, in tutta la sua fragilità e complessità».

Già in precedenza gli spettacoli del Meeting avevano adottato la formula di una fittizia prova generale. «Sì, abbiamo fatto qualcosa di simile per i cori da La Rocca di Eliot e per le parti del Tommaso Moroattribuibili a William Shakespeare – ricorda Cenci –, ma in quei casi c’erano da colmare le lacune presenti nel testo di cui disponevamo. La scelta operata per Barabba è differente. Una versione drammatica esiste già, d’accordo, ma lo stesso Lagerkvist non ne era del tutto soddisfatto: si tratta di una sorta di sacra rappresentazione il cui stile rischia di accentuare la distanza fra la nostra epoca e quella in cui il romanzo fu scritto. Lagerkvist ha operato in un momento storico in cui anche un ‘ateo cristiano’, quale lui si riteneva, non poteva fare a meno di misurarsi con Cristo. Questa è esattamente la condizione di Barabba nel corso del romanzo: salvato dalla morte di Gesù, continua a essere spiritualmente perseguitato dalla grandezza del suo salvatore. Oggi non è più così, al cristianesimo non si riconosce più cittadinanza nei discorsi della quotidianità. Per questo avevamo bisogno di allestire lo sfondo di un ricevimento in cui tutto è apparenza e in cui, all’improvviso, la realtà fa irruzione sotto forma di domanda radicale».

Anche il poeta Davide Rondoni, che ha contribuito alla stesura del soggetto di Midnight Barabba, insiste sulla necessità di rivalutare l’intuizione fondamentale dello scrittore svedese: «Insieme con pochi altri, tra cui Pier Paolo Pasolini, don Luigi Giussani e Carlo Betocchi, Lagerkvist aveva compreso che in Occidente il cristianesimo non poteva più illudersi di vivere di rendita. Il capitale era stato dilapidato, occorreva ricostruire tornando all’origine essenziale del Vangelo. Di tutto questo il personaggio di Barabba offre una rappresentazione geniale. Non sa da dove gli venga la salvezza perché ignora tutto di se stesso, si muove come uno straniero in una terra nella quale il cristianesimo comincia già germogliare. Per lui l’insegnamento di Gesù è nuovo e misterioso, così come può tornare a esserlo per noi al principio del XXI secolo. Finita la stagione dei trionfalismi, rimane il fascino delle cose vere. Pur nella crisi sua personale e della generazione a cui apparteneva, Lagerkvist disponeva ancora di un linguaggio adeguato a esprimere la profondità di questa ricerca. Un suo verso, in particolare, riassume in modo esemplare l’irrequietezza dei Barabba di ogni epoca: ‘Uno sconosciuto è mio amico’».

Uno sconosciuto, non a caso, gioca un ruolo decisivo anche nella partitura di Midnight Barabba: «Ed è proprio la sua presenza a far emergere la personalità autentica degli altri personaggi – osserva Giampiero Pizzol –. Ognuno degli invitati al party allude a una particolare posizione interiore: c’è lo scettico e il curioso, chi si interroga sull’amore e chi preferisce restare in disparte. Lo stesso Barabba, in fondo, sceglie per sé il ruolo dello spettatore ed è per questo che il pubblico può riconoscersi tanto facilmente in lui. Fa pensare a un san Paolo al contrario, recalcitrante di fronte alla conversione, ma ancora capace di consegnare la propria umanità in un abbandono che assume i tratti dell’esperienza mistica».

Padre Nostro, la preghiera che unisce terra e cielo. Commento XVII Domenica Tempo ordinario – Anno C

di Ermes Ronchi da Avvenire

Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite: “Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno; dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano, e perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore, e non abbandonarci alla tentazione”».

Signore insegnaci a pregare. Tutto prega nel mondo: gli alberi della foresta e i gigli del campo, monti e colline, fiumi e sorgenti, i cipressi sul colle e l’infinita pazienza della luce. Pregano senza parole: «ogni creatura prega cantando l’inno della sua esistenza, cantando il salmo della sua vita» (Conf. epis. giapponese).
I discepoli non domandano al maestro una preghiera o delle formule da ripetere, ne conoscevano già molte, avevano un salterio intero a fare da stella polare. Ma chiedono: insegnaci a stare davanti a Dio come stai tu, nelle tue notti di veglia, nelle tue cascate di gioia, con cuore adulto e fanciullo insieme. «Pregare è riattaccare la terra al cielo» (M. Zundel): insegnaci a riattaccarci a Dio, come si attacca la bocca alla sorgente. 
Ed egli disse loro: quando pregate dite “padre”. Tutte le preghiere di Gesù che i Vangeli ci hanno tramandato iniziano con questo nome. È il nome della sorgente, parola degli inizi e dell’infanzia, il nome della vita. Pregare è dare del tu a Dio, chiamandolo “padre”, dicendogli “papà”, nella lingua dei bambini e non in quella dei rabbini, nel dialetto del cuore e non in quello degli scribi. È un Dio che sa di abbracci e di casa; un Dio affettuoso, vicino, caldo, da cui ricevere le poche cose indispensabili per vivere bene.
Santificato sia il tuo nome. Il tuo nome è “amore”. Che l’amore sia santificato sulla terra, da tutti, in tutto il mondo. Che l’amore santifichi la terra, trasformi e trasfiguri questa storia di idoli feroci o indifferenti.
Il tuo regno venga. Il tuo, quello dove i poveri sono principi e i bambini entrano per primi. E sia più bello di tutti i sogni, più intenso di tutte le lacrime di chi visse e morì nella notte per raggiungerlo.
Continua ogni giorno a donarci il pane nostro quotidiano. Siamo qui, insieme, tutti quotidianamente dipendenti dal cielo. Donaci un pane che sia “nostro” e non solo “mio”, pane condiviso, perché se uno è sazio e uno muore di fame, quello non è il tuo pane. E se il pane fragrante, che ci attende al centro della tavola, è troppo per noi, donaci buon seme per la nostra terra; e se un pane già pronto non è cosa da figli adulti, fornisci lievito buono per la dura pasta dei giorni.
E togli da noi i nostri peccati. Gettali via, lontano dal cuore. Abbraccia la nostra fragilità e noi, come te, abbracceremo l’imperfezione e la fragilità di tutti.
Non abbandonarci alla tentazione. Non lasciarci soli a salmodiare le nostre paure. Ma prendici per mano, e tiraci fuori da tutto ciò che fa male, da tutto ciò che pesa sul cuore e lo invecchia e lo stordisce. 
Padre che ami, mostraci che amare è difendere ogni vita dalla morte, da ogni tipo di morte. 
(Letture: Genesi 18,20-32; Salmo 137; Colossesi 2,12-14; Luca 11,1-13)

Trento. 11enne autistico rifiutato dalla famiglia. Gli operatori: un fallimento

da Avvenire

La vicenda raccontata dalla Fondazione trentina per l’autismo: la telefonata degli assistenti sociali di un’altra città: «La società ha fallito. lo Stato ha fallito, le istituzioni hanno fallito»

Foto archivio Ap

Foto archivio Ap

«Succede che in quello che era iniziato come un normalissimo giorno, qualcosa irrompa come un fulmine a ciel sereno, un lampo che manda in corto circuito le nostre credenze comuni. Senza preavviso, senza cautele… Un giorno come un altro, il telefono squilla, all’altro capo l’assistente sociale di un’altra regione chiede informazioni: “Dobbiamo trovare una sistemazione per un bambino di 11 anni con diagnosi di autismo”. È la norma per il nostro centro: centinaia di telefonate, da quando abbiamo inaugurato Casa “Sebastiano” appena due anni fa, da tutta Italia e da italiani all’estero, operatori e famiglie, alla ricerca di informazioni, risposte, servizi, di un’opportunità, di un futuro migliore. Ed eccolo, l’inaspettato, uno schiaffo che toglie il fiato: «La famiglia non lo vuole più».

Inizia così l’articolo che la Fondazione trentina per l’autismo ha raccontatomartedì nel suo sito internet: un ragazzino rifiutato dalla famiglia perché autistico e affidato al Tribunale dei Minori. Una storia tragica, di disperazione e solitudine, che gli operatori di Casa Sebastiano, struttura all’avanguardia in Trentino per l’autismo, si sono trovati di fronte, “come uno schiaffo”.

“Viene fuori il pensare emotivo, che sgorga dalla pancia: o sono disgraziati o sono disperati. In ogni caso abbiamo fallito. Le istituzioni hanno fallito, la società ha fallito”, è lo sfogo degli operatori sul portale della Fondazione Trentina Autismo. A quei genitori è mancato il supporto delle istituzioni, dei servizi, l’aiuto necessario per il figlio e per loro stessi. “È venuto meno il patto di aiuto ai deboli, il mandato etico, ancor prima che costituzionale, fondamento di ogni società che voglia dirsi civile, di sostegno ai componenti più fragili delle nostre comunità. Se una famiglia si arrende, le istituzioni hanno fallito”, è la conclusione, amara, degli operatori del centro.

Per il Centro in questione non è una novità ricevere chiamate: ne arrivano a centinaia da tutta Italia e da italiani all’estero, da operatori e famiglie, alla ricerca di informazioni, risposte, servizi, di un’opportunità per un futuro migliore. Ma questa volta non è stata una telefonata come le altre. 

“Purtroppo non avevamo disponibilità per accogliere questo bambino nella nostra struttura, perché è minorenne e non siamo autorizzati. Quindi la telefonata con l’assistente sociale non è durata molto”, ha spiegatoGiovanni Coletti, presidente della Fondazione trentina per l’autismoe tra i fondatori di Casa Sebastiano. “Quello che si può dire è che purtroppo, in generale, mancano gli aiuti E le informazioni per queste situazioni. Quando questi ragazzi finiscono la scuola dell’obbligo e cala il buio assoluto da parte delle istituzioni, perché è complicato trovare sostegno e supporto in età adulta. C’è poi un discorso dell’approccio che molto spesso è soltanto medico o farmacologico, quando invece ci sono altri strumenti da adottare”, conclude Coletti. 

Su Tv2000 un viaggio nel vocabolario di Papa Bergoglio. Speciali quotidiani del Diario di Papa Francesco

Tv2000

Dal 29 luglio al 30 agosto, dal lunedì al venerdì ore 17.30. Periferie, clericalismo, scarto, ponti. Sono alcune delle parole più ricorrenti di Papa Francesco su cui Tv2000 ha costruito 21 puntate speciali della trasmissione ‘Il Diario di papa Francesco’, condotta da Gennaro Ferrara, in onda dal 29 luglio al 30 agosto dal lunedì al venerdì alle ore 17.30. Un viaggio nel vocabolario di Papa Francesco, alla ricerca del significato specifico che alcuni termini ricorrenti assumono nel suo magistero. In ogni puntata si analizzano tre parole. Il mercoledì è, invece, come sempre, dedicato alle udienze generali e alla catechesi del Papa.