Il vescovo Massimo Camisasca in visita pastorale alla missione diocesana in Rwanda

Domenica 30 dicembre, festa della Santa Famiglia, il vescovo Massimo Camisasca in visita pastorale alla missione diocesana in Rwanda ha celebrato la Santa Messa nella Cattedrale di San Pietro nella diocesi di Kibungo, di cui è vescovo mons. Antoine Kambanda.

Qui, assieme a don Pietro Adani – direttore del Centro Missionario Diocesano – ha incontrato anche Claudio Fantini, responsabile del Gruppo Rwanda “Padre Tiziano” onlus, da anni impegnato nel martoriato Paese africano.

Poi mons. Camisasca ha visitato a Bare la Casa Amahoro, casa di accoglienza, dove sono ospitate persone bisognose che vivono assieme ai volontari, come in una grande famiglia.

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Foto : il vescovo Camisasca con il vescovo di Kibungo, don Adani e Claudio Fantini

Nuovo lutto nel presbiterio reggiano E’ MORTO DON CESARE FRIGNANI

Si è spento sabato 29 dicembre, attorno a mezzogiorno, presso l’arcispedale cittadino, don Cesare Frignani, all’età di 89 anni, dopo 66 anni di sacerdozio.

Nato il 22 agosto 1929 a Sassuolo, don Cesare è stato ordinato il 13 luglio 1952 nella chiesa di San Giorgio di Sassuolo. Vicario cooperatore in San Francesco dal 1952 al 1966 dove ha svolto il suo intenso  servizio pastorale tra i giovani (foto 1), è stato poi assistente diocesano FARI (Federazioni Attività Ricreative Italiane), cappellano dell’istituto regionale ciechi e vice assistente diocesano della gioventù femminile di Azione Cattolica.

Nel 1959 divenne assistente diocesano del Movimento apostolico ciechi e nel 1994 assistente regionale.

E’ stato a lungo, dal 1966, rettore della chiesa di San Giorgio, dove ha esercitato il suo generoso ministero sacerdotale soprattutto nel confessionale. Infatti, particolarmente prezioso è stato il suo servizio di ricercato confessore di tantissimi laici e sacerdoti, svolto per lunghi anni anche nella chiesa di Sant’Agostino.

La salma verrà esposta presso la cappella dell’obitorio dell’ospedale Santa Maria; domani, domenica 30 dicembre, alle 16.00 verrà recitato il Santo Rosario.

Le esequie, presiedute dal Vescovo emerito Mons. Adriano Caprioli, si terranno lunedì 31 dicembre alle ore 10.30 in Cattedrale. Al termine della celebrazione la salma verrà tumulata presso il cimitero di San Maurizio.

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Reggio Emilia / Famiglie disagiate, agevolazioni sulla Tari

comune.re.it

E’ stato raggiunto, a seguito di una serie di incontri tra l’assessore al Bilancio Daniele Marchi e i rappresentanti delle organizzazioni sindacali Cgil, Cisl e Uil, un Accordo che consente di costituire un nuovo sistema di agevolazioni relative alla Tari (Tassa rifiuti) per i nuclei meno abbienti. Tali agevolazioni sono possibili attraverso la costituzione, dal 2019, di un Fondo dedicato che si apre con un valore di circa 150.000 euro, a carico del Comune.
La nuova misura sarà inserita nel Bilancio di previsione 2019 ed è un’azione, spiegano i firmatari, in aiuto delle famiglie e in particolare delle persone, dei lavoratori o dei precari e disoccupati.

La Tari relativa alle utenze domestiche – si rileva nel documento – ha subito negli anni un aumento percepito in particolare dalle famiglie più fragili.
Il calcolo oggi tiene conto del numero dei componenti il nucleo famigliare (componente variabile) e della dimensione in metri quadrati dell’abitazione (componente fissa), e non anche dell’effettiva produzione di rifiuti. Se sulla quota variabile, il Comune di Reggio Emilia prevede di introdurre un sistema di calcolo del tributo collegato anche alla misurazione puntuale, cioè al numero effettivo di conferimenti del rifiuto indifferenziato, sulla quota fissa vi sono ora le novità sancite dall’Accordo.

Il Comune di Reggio Emilia, che dal 2015 al 2017 ha già applicato un bonus di 20 euro ad utente per percettori del Bonus energia (gas, luce ed acqua), su sollecitazione delle stesse Organizzazioni sindacali, ha deciso infatti di rivedere – questa è la novità dell’Accordo – anche il sistema di agevolazioni, a partire dal 2019, sulla componente fissa del tributo, per meglio rispondere alle situazioni di difficoltà.

Hanno detto

“L’Accordo va incontro alle famiglie più fragili con riduzioni nella quota fissa della Tari dal 20 al 40% in base alle prestabilite fasce Isee – dice l’assessore al Bilancio, Daniele Marchi – L’intesa è stata costruita grazie al confronto positivo con le Organizzazioni sindacali ed è coerente con l’approccio dell’Amministrazione comunale in materia: da una parte intensificare il contrasto all’evasione e dall’altra non lasciare indietro e aiutare coloro che sono in reali condizioni di difficoltà”.

“E’ un accordo importante – sostengono Cgil, Cisl e Uil – perché aumentano complessivamente le risorse a disposizione delle famiglie in difficoltà, ampliandone al contempo la platea dei nuclei famigliari interessati, avendo elevato il limite massimo Isee a 10.000 euro dagli 8.107 euro previsti in precedenza, per accedere all’agevolazione”.

Agevolazioni

Le parti concordano perciò di realizzare un sistema di agevolazioni incentrato sulla quota fissa della Tari con scaglioni Isee definiti:

Isee fino a 6.000 euro, riduzione del 40% della quota fissa;
Isee tra i 6.000 euro e gli 8.107 euro, riduzione del 30% della quota fissa;
Isee tra gli 8.107 euro e i 10.000 euro, riduzione del 20% della quota fissa.
Le riduzioni verranno calcolate in questi termini, fino a concorrenza di un importo fissato annualmente in sede di Bilancio della Tari.

Per il 2019, in sede di proposta di approvazione di Bilancio, si propone un valore complessivo massimo per le suddette agevolazioni pari a 150.000 euro a carico del Bilancio comunale.

Da quando e dove

I cittadini interessati e con Isee che rientra nelle categorie indicate dovranno presentare richiesta di agevolazione a Iren Ambiente Spa, in qualità di soggetto gestore della Tari per conto del Comune, nel periodo compreso tra il 15 gennaio e il 15 di aprile di ogni anno, a partire dal 2019, tramite un apposito modulo nel quale il nucleo famigliare autocertificherà il valore Isee che verrà successivamente verificato ‘a campione’ dal Comune. La richiesta di agevolazione andrà ripresentata ogni anno.
Le parti si incontreranno nel maggio di ogni anno per verificare l’applicazione del sistema delle agevolazioni ed avviare il confronto per l’individuazione del valore complessivo massimo delle agevolazioni per l’anno successivo.

Costituito il Comitato Reggio Città Universitaria

laliberta.info

Lo scorso aprile Monsignor Vescovo ha riunito i rappresentanti delle istituzioni locali annunciando la decisione di mettere a disposizione della Comunità l’immobile del Seminario Vescovile di viale Timavo, al fine di aprire un nuovo polo universitario. Il Vescovo ha subito ottenuto la massima disponibilità e collaborazione.

Il 25 ottobre la Diocesi, il Comune di Reggio Emilia e l’Università di Modena e Reggio Emilia hanno firmato un protocollo d’intesa per l’attivazione dell’iter di progettazione esecutiva del restauro dell’immobile di via Timavo e la raccolta di adesioni tra Enti pubblici e privati, aziende e Istituzioni della città di Reggio Emilia, al fine di raccogliere i fondi necessari alla ristrutturazione.

Giovedì 20 dicembre alle ore 9, al 4° piano del Seminario Vescovile, con atto sottoscritto davanti al notaio Dott. Luigi Zanichelli, è stato costituito il Comitato “Reggio Città Universitaria”, di cui è stato eletto Presidente Mauro Severi, Vice Presidente Paolo Bonaretti, e membri del Consiglio direttivo Giorgio Zanni, Presidente Provincia di Reggio Emilia, Daniele Marchi Assessore del Comune di Reggio Emilia, Gino Belli Confcooperative, avv. Ferdinando Del Sante, dott. Gian Pietro Menozzi.

Questa firma segna l’inizio del recupero del complesso immobiliare, opera di grande pregio architettonico dell’Arch. Enea Manfredini, inaugurato il 24 novembre 1954. Con il recupero di questo importante edificio verranno riorganizzate le sedi universitarie reggiane. Soprattutto sarà possibile l’aumento delle specializzazioni e il numero dei laureati.

Reggio Emilia si prepara, grazie al contributo delle istituzioni e delle Imprese locali, a diventare sede di eccellenza dei vari dipartimenti insediati, ma soprattutto polo di eccellenza per la Meccatronica e nuovo polo del Digitale grazie a recenti iniziative intraprese da Unimore.

FASI DI INTERVENTO

L’intervento è suddiviso in 4 lotti.

LOTTO “A”

Tutti i piani dell’ala nord su viale Timavo, dal piano rialzato, compreso l’atrio, fino al terzo piano (piani terra, primo, secondo e terzo) a uso Università, per complessivi 1.032 posti aula e 160 postazioni di lavoro.

Sono inclusi il nuovo auditorium da 293 posti (ex refettorio sotto l’atrio) e l’area del seminterrato dell’ala nord destinata a foyer, ai servizi CED e alle sotto-centrali impianti, nonché l’area del seminterrato dell’ala sud, destinata a centrale termica.

LOTTO “B”

Tutti i piani dell’ala sud-ovest al di sopra del piano terra (piani primo, secondo, terzo e quarto), destinati a residenze per studenti universitari, per complessivi 64 posti letto singoli. La nuova Aula Magna (ex Chiesa a piano terra), da 149 posti. Resta escluso il corpo sud est composto da sei livelli attualmente occupato dal Seminario in attività.

LOTTO “C”

Il piano terreno dell’ala sud ovest destinato ad aule universitarie, per complessivi 189 posti aula, con relativa sotto-centrale impianti a piano seminterrato, e il completamento degli spazi di servizio per l’Università nel seminterrato del corpo anteriore.

LOTTO “D”

Sistemazione generale degli esterni compresi i parcheggi e la razionalizzazione degli accessi.

PREVISIONI DI SPESA

Il lotto A: comprensivo di opere strutturali, opere edili e di finitura, impianti meccanici, impianti elettrici e speciali, serramenti esterni, restauro klinker facciate, tinteggi generali interni ed esterni, oneri della sicurezza, imprevisti, progetto architettonico e direzione artistica, progetto e D.L., strutture, collaudo strutturale in corso d’opera, direzione lavori generale, contabilità lavori, progetto prevenzione incendi, progetto impianti meccanici, progetto impianti elettrici e speciali, responsabile sicurezza, iva, contributi previdenziali, investimenti già fatti per la verifica strutturale dell’immobile.

Si prevede un costo complessivo pari a 7 milioni e 247 mila euro.

Il lotto B comprensivo dei piani primo, secondo, terzo e quarto dell’ala sud ovest su viale Timavo, destinati al completamento della residenza universitaria con altre 64 camere.

Si prevede un costo complessivo pari a 3 milioni e 932 mila euro.

Il lotto C, comprensivo del piano terra dell’ala sud ovest destinato a nuove aule per complessivi 189 studenti e relativo seminterrato.

Si prevede un costo complessivo pari a 713 mila euro.

Il lotto D comprende la sistemazione generale dell’area esterna con la realizzazione dei parcheggi e la razionalizzazione degli accessi.

Si prevede un costo complessivo pari a 368 mila euro.

Dunque, per i lotti A, B, C e D si prevedono oneri complessivi pari a circa 12 milioni e 200 mila euro.

Nelle cronache precedenti si era accennato ad impegni di spesa per complessivi euro 9,4 milioni: a cosa è riferibile dunque l’aumento evidenziato da euro 9 milioni ad euro 12 milioni?

Alla saggia decisione dei progettisti di sostituire i serramenti inizialmente ipotizzati, sia per ragioni di sicurezza sia per un risparmio energetico di oltre il 40%, alle sistemazioni esterne che sono state concordate solamente adesso con il Comune e al lotto C (piano terra ala sud ovest) che è sempre stato escluso dai precedenti conteggi.

Grazie ai contributi ad oggi confermati dagli aderenti e sostenitori, e alla disponibilità del Vescovo di destinare il futuro canone corrisposto da UNIMORE per la concessione in uso di parte del compendio immobiliare al sostenimento dei lavori di ristrutturazione dello stesso, possiamo annunciare l’avvio del LOTTO A per un investimento di 7 milioni e duecentomila euro.

La copertura di questo lotto è quasi totale, in quanto:

– 3 milioni e 960 mila euro rinvengono dalle offerte di imprese ed enti che sostengono il progetto. Sono contabilizzate nelle offerte solo quelle provviste di impegni di spesa.

– 2 milioni e 700 mila euro dal canone pluriennale concordato con UNIMORE.

Il tutto dunque per un complessivo importo pari a 6 milioni e 660 mila euro.

Allo stato risultano da raccogliere risorse per poco più di 500 mila euro, ma la significatività dell’opera e l’entusiasmo che la stessa genererà nelle fasi iniziali di avvio dei lavori, siamo certo risulterà il miglior stimolo alla partecipazione di ulteriori “volonterosi”, che auspico risponderanno positivamente già nelle prossime settimane, di fatto completando la raccolta finalizzata alla copertura delle spese del lotto A.

Questa mattina, il sottosegretario alla Presidenza della Regione Emilia-Romagna ha consegnato al vescovo Massimo una lettera del Presidente Stefano Bonaccini in cui la Regione non solo approva l’iniziativa ma comunica che la sosterrà con un contributo di 500 mila euro.

Un gesto molto significativo che porta l’iniziativa ad avere la piena copertura del lotto A.

Venendo al successivo LOTTO B, a fronte di un investimento di circa 3 milioni e 932 mila euro, si prevede un canone decennale dalla società di gestione dello studentato pari a 1 milione 500 mila euro. Il differenziale dunque da coprire per potere iniziare i lavori risulta pari a 1 milione e 432 mila euro.

Il LOTTO C, a fronte di un investimento preventivato pari a 713 mila euro, vede un canone decennale per le aule di 500 mila euro, con quantificazione del fabbisogno residuo pari a 213 mila euro.

Il LOTTO D relativo all’area esterna vede un fabbisogno di 368 milia euro.

Schematizzando, ad oggi mancherebbero 40 mila euro per il lotto A, 1 milione 432 mila euro per il lotto B, 213 mila euro per il lotto C e 368 mila euro per il lotto D, per un totale di risorse da reperire pari a 2 milioni e 53 mila euro.

Il tutto su un investimento complessivo programmato di 12 milioni e 260 mila euro, ossia meno del 20%.

Il Vescovo ha rivolto un appello alle istituzioni e agli imprenditori, che hanno risposto con grande senso di responsabilità e generosità. Un invito viene rivolto anche ai mass media affinché illustrino bene l’importanza di questo progetto per i nostri ragazzi, il grande risultato fin qui raggiunto e la strada ancora da percorrere. 2 milioni e 53 mila euro sono comunque una cifra importante e serve l’aiuto ancora di molti.

CRONOPROGRAMMA

Entro il 20 dicembre 2018, cioè oggi, depositeremo ai Vigili del Fuoco la pratica generale dei lotti A e B. Con i Vigili del Fuoco è già in corso un positivo confronto sul progetto e sulle soluzioni adottate.

Entro il 20 gennaio 2019 protocolleremo in Comune e all’Usl il progetto generale dei lotti A e B, con il parere positivo dei Vigili del Fuoco.

Entro il 28 febbraio 2019: presentazione in Comune della SCIA del progetto esecutivo del lotto A.

Entro il 28 febbraio 2019 i Professionisti incaricati per la progettazione consegneranno i capitolati e i computi per l’appalto di tutto il lotto A.

Entro il 10 marzo 2019 verranno predisposte le gare d’appalto e inviati gli inviti.

A partire dal 10 aprile 2019 inizierà la verifica e l’esame delle offerte.

Il 16 aprile 2019 verranno aggiudicati e contrattualizzati i lavori.

Il 29 aprile 2019, anniversario del primo miracolo della Madonna della Ghiara, inizieranno i lavori.

La consegna del lotto A dovrà avvenire entro ottobre 2020.

L’inaugurazione ufficiale è prevista per il 24 novembre del 2020, festa di San Prospero.

66 anni fa, il 24 novembre del 1954, il seminario veniva inaugurato.

I lotti B C D saranno attivati in concomitanza con l’attività di cantiere del primo lotto secondo le disponibilità finanziarie.

SOSTENITORI DEL PROGETTO

I sostenitori del progetto al momento sono i seguenti:

Diocesi di Reggio Emilia-Guastalla

Comune di Reggio Emilia

Provincia di Reggio Emilia

Regione Emilia-Romagna

Camera di Commercio

Unindustria Reggio Emilia

Fondazione Manodori

Confcooperative

Iren

Smeg

Maxima

Nexion

Argo Tractors

Spal

Comer

Ognibene

Immergas

Bertazzoni spa la Germania

Padana Tubi

Lettera del presidente della Regione

A questi si aggiungono altre imprese e istituzioni che hanno dato la disponibilità e stanno valutando il modo e la quantità dell’impegno.

Da gennaio sarà attivo il sito internet con tutte le informazioni e l’aggiornamento sulla raccolta e lo stato di avanzamento

Il prof, il suo destino e la scarsa considerazione sociale

tecnicadellascuola.it

Un tempo era una categoria a sé stante. Che fosse colta non c’erano dubbi, anche perchè sapeva leggere e scrivere e talvolta pure far di conto, tanto che i contadini chiamavano qualche suo adepto per misurare i terreni.

Una classe colta

E poi era una classe di professionisti che sapeva rispondere a tutte le domande, più o meno importanti, dell’esistenza, compreso il senso del vivere e del morire con riferimento pure alla propaganda che essa faceva, con onesta disinvoltura, ai regimi quando richiedevano sacrifici da immolare sull’altare della Patria. E talvolta riusciva pure a frastornare la semplice gente d’inizio del “900, allorchè dissertava sulla sfericità della terra e sui suoi volteggi intorno al sole.

In quei frangenti il dogma sulla infallibilità della categoria dei maestri rischiava di infrangersi sulla evidenza della Natura e se non fosse stato per la necessità di farsi leggere qualche rara lettera che arrivava da fuori, avrebbe apertamente deriso quel suo singolo rappresentante: il maestro appunto.

I prof fino alla metà del 900

La categoria degli insegnanti, fino a metà del 1900, era dunque fra le poche più importanti di una comunità, di  gran lunga più credibile della categoria dei preti, che si sospettava avesse un proprio nascosto fine, amplificato dalla mancanza di una moglie, per le sere buie e fredde, e di sostentamenti quantomeno documentabili; ed era apprezzata perfino più degli avvocati, fomentatori di liti e di ricorsi e quindi inaffidabili per la loro stessa leguleia natura. Anche nei confronti del medico il maestro ne usciva a testa alta, perchè se questo curava il corpo, quegli curava lo spirito e l’intelligenza. E poi, all’epoca cui ci riferiamo, per lo più le pezze al culo li portavano un po’ tutti e un po’ tutti per lo più si dovevano arrangiare per portare il pane a casa. Tranne i grandi proprietari di terreni e qualche nobilotto, tutte queste categorie di intellettuali vivevanano arrangiandosi a tirare la cinghia: chi più chi meno, ma con qualche provento in più della grande massa dei contadini, degli operai e dei lavoratori dello zolfo.

La china della caducità

A distanza di oltre mezzo secolo, la categoria dei maestri ha preso lentamente la china della caducità su tutti i fronti: culturale, di prestigio, di immagine, visibilità e pure di ruolo sulla sua stessa cattedra che fra l’altro in molte scuole va scomparendo, assimilandosi a un normalissimo banco sul medesimo piano di quello degli alunni: una cattedra popolana e egualitaria.

E non solo, ma nell’arco di appena venti anni, tra il fine secolo e il nuovo millenni, ha smarrito anche il primato del sapere e si è accorto, socraticamente, di sapere di non sapere come si invia una Mail, una Chat, a parte il fatto che capisce poco di tecnologia e poi delle gioie, e i dolori, di internet, delle nuove mode discografiche e di costume e perfino in politica è smarrito. Molto spesso sono i suoi allievi che gli raccontano le avventure del mondo a lui che disprezza (almeno così dice) il Grande fratello e il gossip, che sono i nuovi miti dei ragazzi dopo il naufragio della nave omerica sulle rotte della Tv.

Si è abbarbicato egoisticamente sulle sue specializzazioni libresche e non riesce ad andare oltre, ad attualizzare la sua conoscenza settoriale e su di essa nidifica, aspettando che le teste d’uovo dei suoi alunni schiudono.

Commesso della cultura borghese?

Ha scordato perfino l’essenza del suo essere il commesso e il rappresentate della cultura del potere che lo paga, male, perché non ha più nulla da propagandargli; si è ingrigito sull’astiosa invidia contro chi possiede più di lui, barando magari; non capisce perchè la sua capillare conoscenza dei verbi transitivi e intransitivi non influisca di un solo etto sulla bilancia del salumiere che lo frega o del pescivendolo furbacchione; si domanda se sapere la data esatta della pace di Caltabellotta possa portagli benefici con l’ufficio delle imposte o con la banca che gli svendola gli assegni scoperti.  Non naviga più sulla riverenza della comunità che ha invece tentato altre vette, altre scalate e perfino la scoperta d’oceani così vasti dove lui nemmeno osa arrischiare una bracciata, almeno per stare a galla. Solo quella cattedruzza, sullo stesso piano dei banchi dei suoi alunni, lo rassicura e gli consegna la forza necessaria per lamentarsi del mutamento dei tempi, o tempora o mores, e pure della esiguità del suo appannaggio.

Come riconquistare allora quel prestigio perso? Chi lo sa, alzi la mano.

Politica come arte della pace

“La politica è l’arte della pace”. Il titolo del messaggio di papa Francesco per la Giornata della pace 2019 – “La buona politica al servizio della pace” – richiama alla mia memoria di antico pacifista un’espressione assai frequentata degli anni ’80 del secolo scorso, modulata sul metro del seguente sillogismo: la pace è possibile, la politica è l’arte del possibile, dunque la politica è l’arte della pace.

Con qualche forzatura sulle simmetrie logiche delle premesse, maggiore e minore, l’argomentazione si rivelava efficace nel dibattito in corso in quegli anni sul tema cruciale della installazione in Europa dei missili sovietici e americani a corto raggio. Un tema che, proprio in queste ultime settimane, è stato sconsideratamente rilanciato dal presidente americano Trump, accolto con viva apprensione da quello russo Putin e commentato con sagge considerazioni da uno dei protagonisti della vicenda degli euromissili, l’allora leader sovietico Gorbaciov.

Beatitudini e vizi

I contenuti fondamentali del messaggio papale sono stati per lo più analizzati sotto il profilo dell’elaborazione della buona politica e, in essa, della testimonianza degli operatori fino all’enucleazione del catalogo delle “beatitudini del politico” – eredità del cardinale vietnamita Van Thuan – con la corrispettiva elencazione dei vizi della politica «dovuti sia ad inettitudine personale sia a storture nell’ambiente e nelle istituzioni».

Inevitabile che, in Italia, se ne sia colto il legame con la (ricorrente) fase di ricerca di un modo appropriato dell’essere e del manifestarsi di un’energia cattolica in un contesto democratico sottoposto a inedite tensioni critiche.

Ma – senza nulla togliere all’importanza di tale dibattito che ha bisogno di svilupparsi su linee proprie – sembra utile riportare l’attenzione sulla condizione della pace e sul da farsi perché l’opera della sua costruzione possa riprendersi con il vigore necessario.

La “buona” guerra fredda…

Dalla fine delle seconda guerra mondiale – pur in presenza di un conflitto ideologico e politico radicale come quello tra Est e Ovest con il corredo di una miriade di conflitti minori, visibili o dimenticati – si deve constatare che non è mai venuta meno una tensione universale verso il superamento delle situazioni di crisi e verso la conciliazione per quanto precaria dei conflitti.

Gli studiosi più realisti giungono a sostenere che a salvare il mondo dallo sterminio nucleare sia stato l’equilibrio del terrore stabilito nella cornice della “guerra fredda”, che era poi contrasto irriducibile tra opposte visioni del mondo. L’opinione è probabilmente esagerata, ma è doveroso riconoscere che, sia negli organismi sovranazionali, come l’ONU, sia nell’esercizio delle diplomazie bilaterali e multilaterali, siano stati molti i casi in cui una valutazione ponderata delle materie del contendere abbia consentito di evitare lo scontro militare.

I tre panieri di Helsinki

Nella visione minimale dell’epoca non pochi ritenevano che fosse meglio un muro di Berlino che una guerra di Corea o una guerriglia in Vietnam; ma, poiché non è stata ancora scritta una storia delle guerre evitate, conviene attenersi alle esperienze accumulate per registrare la doppia serie dello svolgimento dei fatti. E, in esso, rintracciare i momenti in cui la politica ha mostrato di “essere buona”, cioè di favorire, se non la “pace perpetua” di ascendenza kantiana, almeno una serie di tregue significative a riprova, se non altro, della possibilità di passi ulteriori sulla giusta via.

La mia memoria istintiva mi riconduce a due episodi di grande significato. Il primo è la redazione dell’Atto Finale di Helsinki (1975) sulla sicurezza e la cooperazione in Europa. In esso tutte le nazioni dell’Est e dell’Ovest si impegnarono a riempire quelli che furono indicati come i “tre panieri” della Conferenza: la sicurezza, che non prevedeva il disarmo ma la possibilità di “ispezioni sul posto” nei campi avversi; la cooperazione in tutti i campi dall’economico allo scientifico; e infine – un risultato che parve sorprendente – i diritti umani e le libertà fondamentali. Sorprendente perché a firmare l’atto per l’URSS era stato Leonid Breznev, non sospetto di attitudini liberali; eppure molti in Unione Sovietica hanno poi ritenuto che l’entrata in crisi del regime comunista abbia avuto tra le sue cause proprio la diffusione dei principi di Helsinki e, tra essi, l’affermazione della libertà di pensiero e di associazione.

Diplomazia popolare

L’altro episodio è quello del negoziato sugli euromissili degli anni ’80 che ebbe come protagonisti non solo gli stati che si confrontavano nella trattativa ma anche una componente di “diplomazia popolare” che trovò il modo di raggiungere Ginevra, dove avvenivano gli incontri, per convincere le due delegazioni dell’assurdità del criterio strategico che era alla base della scelta di installazione degli euromissili: cioè, il criterio della fattibilità di una guerra nucleare limitata. In proposito memorizzai la risposta che il generale americano che partecipava al negoziato dette alla nostra domanda diretta: «Certamente, una guerra nucleare limitata è possibile. Ma io non vorrei esserci».

Com’è noto, alla fine un’intesa fu raggiunta e i missili in questione furono smantellati e distrutti. Più avanti, si fece anche un patto per mettere un freno agli altri missili, quelli intercontinentali, e ci si impegnò in vario modo per impedire la proliferazione degli armamenti atomici. Furono anni di grande speranza, alimentata anche dal fatto che il comunismo sovietico si stava dissolvendo e che era possibile consolidare le speranze.

Si giunse persino – in un convegno della Democrazia Cristiana al quale partecipai come senatore – a immaginare un saggio utilizzo di quello che veniva chiamato il «dividendo della pace»: destinare quel che si sarebbe risparmiato in armamenti allo sviluppo delle regioni più arretrate del mondo.

Mai come in quella occasione parve appropriata la sentenza di Paolo VI «lo sviluppo è il nome nuovo della pace», così come al tempo degli euromissili ci eravamo appellati a Giovanni XXIII che bollava come “roba da matti” (alienum a ratione) l’eventualità di una guerra nucleare.

Speranza in crisi

Persino in Parlamento fu possibile costruire in tema di disarmo una posizione convergente tra Dc, Pci e Psi come conclusione di un’indagine sul disarmo che venne conclusa dall’allora Ministro degli Esteri on. Andreotti. Ma la stagione della speranza finì presto.

Già nel 1991 eravamo in piena “guerra del Golfo” ed era ben fondata la constatazione del card. Etchegaray: «Non abbiamo perduto la pace il giorno in cui è scoppiata la guerra; l’avevamo già sprecata durante tutti questi anni, lasciando che si accumulassero tanti rancori, tante frustrazioni, tanta disperazione». Segno che non avevamo fatto abbastanza nemmeno noi che alla possibilità della pace avevamo creduto.

Ecco: non c’è bisogno di esplorare un tempo ulteriore, includendovi il terrorismo islamico, le tendenze neorazziste e le attitudini muscolari degli ultimi tempi. Viviamo un momento in cui escludendo dal proprio orizzonte la ricerca della pace, la politica – stando al linguaggio di Francesco – mostra di non essere “buona”. E qui le piste si ricongiungono e la catena si ricompone: se la buona politica produce la pace, la ricerca della pace non può non produrre la buona politica.

Si tratta di cominciare.

settimananews

Introduzione all’AT

Introduzione all’AT

Dopo essere stata pubblicata in prima edizione in “Frecce” nel 2008 (5 ristampe), vede ora una nuova edizione per i tipi Carocci-Aulamagna una pregevole introduzione storico-letteraria all’Antico Testamento. Coordinati da Paolo Merlo, docente alla Lateranense e invitato al PIB, vari studiosi analizzano, a livello storico-letterario, i vari blocchi compositivi dell’AT.

B. Ognibeni (Istituto Giovanni Paoli II-Roma) offre una panoramica generale sulla Bibbia ebraica e Antico Testamento cristiano (pp. 19-34), mentre P. Merlo tratta il testo dell’AT ebraico, studiandone le origini e i suoi testimoni: testimoni diretti (Testamento Masoretico-TM; Pentateuco samaritano; Rotoli del Mar Morto), indiretti (Versione greca dei LXX, Versioni aramaiche o Targumim; Versione siriaca Peshitta; le traduzioni latine e la Vulgata) (pp. 35-48).

Nel contributo successivo, lo stesso Merlo delinea la storia di Israele e di Giuda, dall’inizio (fissata nella situazione della Siria-Palestina nel Tardo bronzo (ca. 1550-1190 a.C.) alla sua conclusione con la distruzione del tempio nel 70 d.C. (pp. 49-68). L’autore traccia quindi in un contributo successivo (pp. 69-82) l’identikit della religione di Israele e di Giuda fino all’esilio babilonese: YHWH e le altre divinità; il culto; Dio e l’uomo in dialogo (La profezia; la divinazione; la magia), l’antropologia religiosa.

La religione di Giuda dall’età persiana alla distruzione del Secondo Tempio è invece studiata da C. Marton, docente a Torino (pp. 83-98): Persia ed editto di Ciro, politica religiosa dei sadociti, le riforme di Esdra e Neemia, periodo ellenistico-romano, con l’apocalittica enochica, esseni, sadducei e farisei.

Passando all’esame dei vari blocchi letterario-teologici dell’AT, F. Giuntoli (Urbaniana e PIB) presenta il Pentateuco con i suo innumerevoli problemi di composizione e di datazione: storia della critica e linee teologiche essenziali e portanti (pp. 99-128), mentre la storia deuteronomistica e cronistica (Gs, Gdc, 1-2 Sam, 1-2 Re, 1-2C Cr, Esd, Ne è analizzata dall’esperto veterotestamentarista C. Balzaretti (pp. 129-162).

M. Milani (Facoltà teologica del Triveneto) analizza nel suo intervento i libri sapienziali: Giobbe, Proverbi, Qohelet, Cantico dei cantici, i libri deuterocanonici della Sapienza e di Siracide. Il docente dell’Urbaniana G. Rizzi studia i libri profetici (pp. 197-240): il fenomeno del profetismo inquadrato nel contesto del Vicino Oriente antico; il messaggio dei profeti e suoi principali contenuti; i libri dei Profeti posteriori.

S. Bazyliński (Pontificia Facoltà San Bonaventura e invitato al PIB) presenta il libro dei Salmi, appartenente al genere dei libri poetici, esponendo i vari generi letterari (suppliche, canti di ringraziamento individuale, salmi regali), l’analisi poetica (parallelismo, figure retoriche, immagini e simboli), la lettura contestuale (elementi organizzativi del Salterio, tecniche compositive ed editoriali, chiusura del processo editoriale).

M. Zappella, profondo conoscitore dell’Antico Testamento, affronta il tema della narrativa e della storiografia giudaica in epoca ellenistica. Ne studia la dibattuta canonicità, l’accidentata situazione testuale (cf. Est, Tb, 2Mac), le lingue e il contesto originali, la questione del genere letterario e alcuni (s)nodi tematici: tra lealtà e solidarietà; tra omologazione e distinzione; tra dispersione e senso di appartenenza; tra inclusione ed esclusione.

P. Capelli (Università Ca’ Foscari di Venezia) conclude infine questo interessante volume con la presentazione delle tematiche riguardanti il libro di Daniele e l’apocalittica ebraica antica considerata come genere letterario e come visione del mondo. Di essa ne studia la questione dibattuta delle sue radici più profonde: la mitologia cananaica, la mantica babilonese, l’escatologia dualistica zoroastriana, la profezia biblica e la tradizione sapienziale. Esamina quindi i rapporti tra apocalittica, enochismo e umanesimo e presenta il libro di Daniele. Conclude, infine, il suo contributo delineando le principali apocalissi non canoniche: pentateuco enochico, testi apocalittici qumranici, l’apocalittica della diaspora (gli Oracoli Sibillini ebraici); 4 Esdra e 2Baruc.

Le note di ogni capitolo sono raccolte alla fine di ogni contributo (scelta legittima, ma secondo noi scomoda e infelice per il lettore). La bibliografia, divisa secondo i vari blocchi letterari esaminati, occupa le pagini finali del testo (pp. 311-327).

Testo molto interessante, che presenta sinteticamente il mondo storico, letterario e teologico dell’AT nei suoi rapporti con letterature non canoniche che aiutano a comprendere con maggior profondità le analogie e le peculiarità della letteratura biblica.

Volume adatto per studenti di teologia, studiosi e appassionati dell’inquadramento culturale e teologico dei non sempre facili testi dell’Antico Testamento.

Paolo Merlo (a cura), L’Antico Testamento. Introduzione storico-letteraria, Carocci-Aula magna, Roma 2018, pp. 330, € 15,00, ISBN978-88-430-9378-6.

settimananews.it

Nella “capitale dell’ateismo” si rafforza la teologia

di: Redazione Kathpress

A Berlino, che a causa dell’alta percentuale di «senza religione» viene definita «capitale dell’ateismo», l’argomento «religione» acquisirà maggiore importanza di quanto non sia avvenuto fino ad ora. Numerosi progetti in tal senso stanno per essere realizzati.

A livello universitario, riguardano l’Istituto di Teologia cattolica e quello di Teologia islamica alla Humboldt-Universität, dove si stanno preparando le nomine di professori e si stanno elaborando dei curricula. Le attività di insegnamento dovrebbero iniziare nel semestre invernale 2019-2010.

Con l’Istituto di Teologia cattolica, si realizza un sogno a lungo accarezzato dalla Chiesa, visto che l’istituzione di una facoltà alla Humboldt-Universität era allo studio da 20 anni. Inoltre, il seminario di teologia cattolica alla Freie Universität Berlin era stato ridotto a solo due cattedre. Ora queste vengono spostate alla Humboldt-Uni e ad esse ne vengono aggiunte altre tre.

Con la preesistente cattedra della Fondazione alla facoltà evangelica, che è intitolata al filosofo cattolico Romano Guardini (1885-1968), il nuovo Istituto comprenderà sei cattedre. Con questo rafforzamento della teologia universitaria la Chiesa cattolica si impegnerà maggiormente nei dibattiti sociali e politici.

Accanto alla crescita da parte cattolica, è prevista la costruzione dell’Istituto di Teologia Islamica, che deve permettere a musulmani e non musulmani di studiare l’islam a livello scientifico. Avranno luogo già a partire da metà gennaio delle lezioni di prova per candidati per le quattro cattedre. La «Deutsche Islam Akademie», un’iniziativa di circa 50 giovani musulmani, nel 2019 coopererà maggiormente con la Katholische Akademie.

Il prossimo anno inoltre si prevedono due importanti scelte interne alla Chiesa. In maggio il Comitato centrale dei laici cattolici tedeschi deciderà se spostare la sua sede da Bonn a Berlino. A questo sarebbe legata la speranza di portare la rappresentanza dei laici più vicina ai centri decisionali politici. Inoltre l’arcidiocesi di Berlino intraprenderà il risanamento e il rifacimento interno della cattedrale Sankt Hedwig. […]

La capitale tedesca ha fama di essere una «capitale dell’ateismo», poiché il 25% dei 3,6 milioni di abitanti non appartiene ad alcuna Chiesa. Inoltre si valuta la presenza di 330.000 musulmani dei quali non si sa quanti di loro siano praticanti.

Kathpress, 28 dicembre 2018 (traduzione del sito Fine Settimana)