“I Santi: fari di luce per l’umanità” è il motivo conduttore degli incontri di spiritualità promossi dal Convento dei Frati Cappuccini di Reggio Emilia

I SANTI: FARI DI LUCE PER L’UMANITA’”

“I Santi: fari di luce per l’umanità” è il motivo conduttore degli  incontri di spiritualità promossi dal  Convento dei Frati Cappuccini di Reggio Emilia, che si svolgeranno  da ottobre a maggio.

Per sedici martedì a cura del cappuccino padre Lorenzo Volpe, superiore del convento cittadino, saranno presentati  presso la Sala Padre Daniele – via Ferrari Bonini 2 – le figure di trenta emblematici sante e santi, capaci di parlare ancora alle persone del terzo millennio.

Si tratta di  donne e uomini  vissuti in epoche diverse: fondatori di ordini religiosi; educatori; animatori della carità e dell’assistenza ai malati; mistici; vescovi; religiosi; predicatori.

Martedì 16 ottobre alle ore 21.00 padre Volpe illustrerà la figura e l’opera di Sant’Agostino .

Media digitali e fine dello star system. Tv regina nei consumi

Utenti di smartphone

Nuovi riti, tic, tabù nella vita digitale degli italiani. Gli utenti internet salgono al 78% – il 30 per cento in più in 10 anni – quelli che usano lo smartphone aumentano al 73% e quelli che frequentano i social arrivano al 72%, fra questi Whatsapp ne conquista il 67%, Facebook il 56% e You Tube il 51%.

Tv impera sugli altri media

La Tv resta comunque la regina dei media, cedono di poco quelle tradizionali, digitale terrestre (89%) e satellitare (41%) ma cresce la Tv in rete, web Tv e smart Tv salgono 30% e mobile Tv, che era appena all’1% nel 2007 arriva quasi al 26%. Aumentano pure al 17% gli utenti della Tv on demand, con punte del 29% tra i giovani sotto i 30 anni.
La Radio, che conta ancora su un utenza vicina all’80%, si attesta nel suo ruolo primario di ibridazione tra i vari media, vale a dire che il lieve calo dell’ascolto tradizionale (67%) – specie con l’autoradio – è compensato dall’ascolto on line con pc (17%) e  smartphone (20%).

Il declino di libri e giornali

In forte declino si conferma tutto il settore cartaceo. Se i lettori di quotidiani sono risaliti di 1 punto e mezzo nel 2017 sono però quasi dimezzati in 10 anni, dal 67% al 37%. Perdite non compensate dalle testate on line che nello stesso periodo sono passate dal 21% al 26%. Da rilevare però che altri portali web d’informazione sono consultati dal 46% degli italiani. Restano poco letti ma stabili i settimanali al 30% e i mensili al 26%. E scendono ancora i lettori di libri: solo 4 italiani su 10 ne leggono almeno uno l’anno. E pochi restano i lettori di ebook, in calo e solo all’8%.

Triplicano gli smartphone

Riguardo i consumi spiccano gli acquisti di smartphone, triplicati dal 2007, con 6,2 miliardi di euro spesi nell’ultimo anno, ma anche acquisti di pc cresciuti del 50%. In totale i costi sostenuti per cellulari, servizi di telefonia e traffico dati sono stati di 23,7 miliardi di euro.

Messaggiare meglio che telefonare

Tra le nuove abitudini spicca quella di inviare messaggi di testo anziché telefonare, lo fa il 60% di chi possiede un cellulare e il 30% li manda vocali. O anche di controllare le notifiche appena svegli e prima di addormentarsi, un rito che accomuna metà degli italiani, così pure di controllare più volte al giorno le previsioni meteo. C’è poi l’ansia condivisa dal 37% di cercare subito una risposta in rete quando non si ricordano date, nomi, eventi…
Un altro aspetto particolare riguarda la comunicazione tra cittadini e istituzioni o Stato. C’è una spaccatura a metà tra chi giudica l’uso dei social in politica “utile” e “prezioso” e chi lo ritiene “inutile” e perfino “dannoso”.

La consapevolezza degli italiani

Ma quale consapevolezza hanno gli italiani della dieta mediatica digitale che hanno adottato? Sono preoccupati dei cambiamenti nella loro vita quotidiana, delle dipendenze on line, dei mutamenti nei rapporti sociali. Massimiliano Valerii, direttore generale del Censis parla di una paura che sovrasta tutte le altre:

R. – Nella classifica dei problemi dell’era digitale, gli italiani collocano al primo posto come fenomeno più preoccupante gli atti di violenza, d’intimidazione o di violazione della privacy, che a causa di internet e dei social network possono accadere. È in assoluto il fenomeno che preoccupa di più, proprio perché si ha la percezione che possa impattare sulla propria vita quotidiana; per cui, ad esempio, c’è molta meno preoccupazione rispetto ai ritardi che il nostro Paese ha in termini di infrastrutture tecnologiche oppure si ha meno sensibilità rispetto ad un problema come la tutela del diritto del copyright.

C’è un aspetto in particolare che mette in luce il rapporto: la fine dello ‘star system’

R. – È un effetto di questo lungo processo di disintermediazione digitale, che ha caratterizzato tutti questi anni, che ha posto al centro del sistema mediatico il singolo utente, l’individuo. Il divismo aveva impregnato tutta la cultura di massa del Novecento, e i miti e i divi avevano rappresentato, per quella società italiana che cresceva, si emancipava, dei modelli a cui in qualche modo ispirarsi. C’era un meccanismo sociale di proiezione, di imitazione. Oggi, in qualche modo, i divi non esistono più perché ciascuno di noi, grazie ai social network, può, ogni giorno, fare un casting personale: il payoff di Youtube dice: “Broadcast yourself”. ‘Uccidere’ i divi e smitizzarli nel disincanto del mondo significa accorciare quell’arco proiettivo e d’aspirazione che invece nella società dei decenni passati aveva svolto un ruolo molto importante.

Sono ‘morti’ i divi che per qualche motivo lo diventavano, e sono invece ascesi gli influencer che sono dei divi costruiti a tavolino

R. – Sono dei divi costruiti da sé. Più che divi, sono delle celebrità che si misurano in base al numero dei like e dei follower. Più che delle stelle sono delle meteore, anche perché spesso scompaiono nel giro di qualche mese o di qualche anno, ma sicuramente non rappresentano più dei modelli a cui ispirarsi. Oggi, soltanto un italiano su dieci ritiene che quelle celebrità siano dei modelli a cui ispirare la propria vita.

Però, dal punto di vista del mercato significano molto

R. – Oggi il divismo si risolve quasi esclusivamente nel box office mentre in passato i divi rappresentavano dei modelli sociali.

C’è la percezione che gli italiani abbiano degli anticorpi contro una dipendenza eccessiva da questa vita digitale?

R. – Intanto quest’anno constatiamo, per esempio rispetto all’informazione, un cambiamento significativo. È diminuito per gli italiani l’appeal dell’informazione online, nel senso che tornano con una rinnovata importanza i telegiornali, la carta stampata, i giornali radio: cioè dei mezzi rispetto ai quali si nutre maggiore fiducia e si ritiene che siano più affidabili. Probabilmente ha pesato molto il dibattito sulle fake news, e alcuni scandali, come ad esempio quello di Cambridge Analytica e la profilazione degli utenti in maniera illecita; e quindi c’è un ritorno, ed è la prima volta che lo registriamo, ai mezzi di informazione professionali e autorevoli.

vaticannews

Una preghiera a Maria per chiedere la pace nel mondo. Giovedì 18 ottobre un milione di bambini reciteranno insieme il Rosario

Bambina in preghiera, India

Si tratta della quattordicesima edizione dell’iniziativa che negli anni scorsi ha raccolto numerose adesioni. “Hanno partecipato bambini di circa 80 paesi e tutti i continenti – spiega in una nota di Asc padre Martin Barta, assistente ecclesiastico internazionale della Fondazione di diritto Pontificio – Lo scorso anno anche dall’Argentina, da Cuba, dal Camerun, dall’India o dalle Filippine. È veramente un evento della Chiesa in tutto il mondo!”.

La forza della preghiera dei bambini

L’organizzazione della giornata di preghiera per i più piccoli è nata nel 2005 a Caracas, in Venezuela. Mentre un gruppo di bambini pregava davanti ad un’edicola votiva, alcune donne presenti hanno avvertito la presenza della Vergine. Una di loro si è ricordata allora della promessa di Padre Pio: “Se un milione di bambini pregheranno insieme il Rosario, il mondo cambierà”. “E proprio di questo si tratta – afferma padre Barta – la fiducia nella forza della preghiera dei bambini. Gesù ci insegna: “Se non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli (Matteo 18,3)”.

Monteduro (Acs) si rivolge a insegnati, genitori e nonni

Il direttore di Acs Alessandro Monteduro ha ricordato a VaticaNews anche “il modo con cui a Fatima, la Madonna si presentò a dei bambini: Francesco, Giacinta e Lucia. La Madonna chiese loro di pregare, di recitare il Rosario non con le labbra ma con il cuore. Per questo il nostro appello da tredici anni a questa parte – rivolgendoci agli insegnanti, ai genitori e ai nonni – è che questi bambini nel mondo possano per il 18 ottobre riunirsi a recitare il Rosario, e chiedere con forza quell’idea e quella voglia di pace”.

Ottobre, mese mariano e della preghiera per l’unità

Monteduro ha quindi spiegato che è stato scelto “il 18 ottobre perché innanzitutto ottobre è il mese mariano”. Ed perché inoltre “coincide con la memoria liturgica di Luca Evangelista, che era, secondo la tradizione, colui il quale ci ha tramandato la storia dell’infanzia di Gesù”.

Ottobre è anche il mese speciale di preghiera chiesto dal Papa, perché la Chiesa sia protetta dal diavolo che vuole dividerla al suo interno.  “È ovvio – ha commentato Monteduro – che non può non esserci quest’anno ancor più concretamente, un forte, fortissimo legame, con l’appello del Santo Padre per l’unità della Chiesa. La preghiera dei bambini di per sé è la preghiera della Chiesa”.

Disponibili una giuda e un video

Per questo ACS, attraverso le sue 23 sedi nazionali, invita in tutto il mondo, genitori, insegnanti e quanti lavorano nelle scuole, negli asili, negli ospedali, negli orfanotrofi ed in qualunque luogo vi siano gruppi di bambini, ad esortarli a recitare il Rosario.

Ecco perché il materiale messo a disposizione dalla Fondazione – una guida per la recitazione del Rosario, una locandina ed una lettera di invito per bambini e adulti – è disponibile all’indirizzo acs-italia.org/rosario-bambini-2018 in 25 lingue, anche in arabo o in hausa, lingua parlata nell’Africa occidentale e soprattutto nella perseguitata Nigeria.

“Sono le lingue dei luoghi in cui le comunità cristiane soffrono terribilmente l’aggressione del virus estremista – ricorda ancora il direttore di Acs -. Per noi preghiera, informazione e aiuti materiali sono il modo più bello e concreto per dirci fino in fondo solidali e rappresentarci come un’unica grande comunità. Noi siamo la Chiesa”

Acs ha inoltre prodotto un video in cui la voce di un bambino spiega come partecipare alla preghiera e lo scopo della giornata di orazione comune.

Un milione di bambini recita il Rosario per l’unità e la pace

La voglia di pregare tra bambini colpiti dalle guerre

La partecipazione a questo evento è particolarmente sentita in quei Paesi in cui i bambini sono coinvolti in prima persona nei drammi causati dalle guerre. “Sono i Paesi nei quali maggiormente è forte la voglia di pregare”, sottolinea Monteduro riferendosi alla Siria, dove lo scorso anno “furono centinaia, negli asili e nelle scuole, le comunità di bambini oranti: quelle comunità che hanno rivelato una straordinaria appartenenza e identità cristiana”.

Una risposta agli estremismi e alle persecuzioni

Oltretutto le iniziative di preghiera – come quella del 18 ottobre – sono la migliore risposta “agli estremismi, che contagiano purtroppo i giovani, molti giovani”.

“Pensiamo a quello che sta accadendo in queste ore in Pakistan, a proposito dell’attesasentenza su Asia Bibi” ricorda ancora il direttore di Acs. “È impressionante la moltitudine di giovani estremisti musulmani che in questo  momento invocano l’impiccagione per Asia Bibi”. “Noi abbiamo chiesto a tutti – ribadisce infine – di rispondere attraverso il Rosario”.

Avvenire

Microsoft Ai Academy. Ecco come si creano le professioni del futuro

Ecco come si creano le professioni del futuro

Si chiama Maia, acronimo di Microsoft Ai Academy, è la prima accademia di Microsoft in Italia sul tema dell’Intelligenza Artificiale finalizzata al trasferimento di competenze atte a creare i profili professionali del futuro, resa possibile da una collaborazione tra Digital Tree, Microsoft e Università degli studi di Genova.

Oggi Maia decolla ufficialmente in Digital Tree, con la prima edizione del corso per Data Scientist a cui partecipano 25 laureati accuratamente selezionati, provenienti da tutta Italia, che saranno inseriti in aziende selezionate al termine dell’iter formativo.

Il corso impegnerà gli studenti per cinque mesi, 576 ore di formazione suddivise su tre moduli – 174 ore per Big Data, 198 ore per Data Science e 204 ore per Artificial Intelligence – al termine del quale i partecipanti sosterranno un esame per ottenere un Microsoft Professional Program Certificate.

«Dal World Economics Forum – afferma Claudia Angelelli, responsabile dell’area tecnica della divisione partner di Microsoft Italia – è emerso che Internet mobile ad alta velocità, intelligenza artificiale, adozione diffusa di big data analytics e la tecnologia cloud sono destinate a dominare il periodo dal 2018-2022 come driver che influenzano positivamente la crescita del business. Maia ha il duplice obiettivo di formare giovani su tali competenze e di metterli in contatto con le aziende che stanno investendo nell’intelligenza artificiale come motore di innovazione tecnologica, in linea con il progetto Ambizione Italia, con cui Microsoft ed i suoi partner si propongono di diffondere in Italia le migliori skills per affrontare il mondo del lavoro che verrà».

La settimana di studio è organizzata con frequenza obbligatoria in aula presso il Digital Tree dal lunedì al giovedì a cura di un team di docenti del Dibris (Dipartimento di Informatica, Bioingegneria, Robotica e Ingegneria dei Sistemi) coordinati dal prof. Lorenzo Rosasco. Sul sito www.digitaltree.ai è possibile consultare l’elenco completo dei docenti con i dettagli specifici sulla tipologia di insegnamento.

Il programma prevede giovedì sera dedicati a iniziative di networking (incontri, scambi di idee, gaming) su temi coerenti con la professione del Data Scientist. I venerdì sono riservati alle esperienze, dunque svolti in azienda oppure in Digital Tree, sfruttando le opportunità di contaminazione con i diversi attori presenti nell’Innovation Habitat.

«L’Università di Genova è l’Ateneo italiano tra i più qualificati nello studio e l’applicazione dell’Intelligenza Artificiale – spiega Rosasco -. Maia si affianca a percorsi formativi portati avanti dall’Università, tra cui una laurea magistrale in Computer Science e Data Science e corsi avanzati di Machine Learning e AI. La collaborazione tra Università e Digital Tree porta con Maia una nuova dimensione, che rende conoscenze scientifiche avanzate direttamente fruibili in un ambito professionale. Maia rappresenta un’iniziativa e un’opportunità unica in ambito Ligure ma anche italiano».

L’opportunità di ingresso in Maia è estesa a laureati provenienti da tutto il territorio nazionale. Per sottoporre la propria candidatura per le prossime edizioni di Maia è necessario possedere un diploma di laurea in discipline Stem (Scienze, Tecnologia, Ingegneria, Matematica). Tuttavia saranno tenute in considerazione le candidature di studenti laureati in altre materie, poiché i criteri di selezione tengono conto anche della predisposizione, della motivazione e degli interessi personali verso la professione, nonché a eventuale formazione extra curriculare svolta. Tra tutte le candidature vengono selezionati 25 profili, numero massimo stabilito di partecipanti.

Terminati i cinque mesi e acquisite le certificazioni, i neo Data Scientist saranno inseriti in aziende con un contratto di lavoro subordinato. Sono già molte le aziende che hanno investito su Maia per realizzare il percorso formativo su giovani talenti.

«Viviamo la quarta rivoluzione industriale – afferma Mattia Marconi, presidente Giovani Imprenditori di Confindustria Genova, ospite dell’Opening Day in rappresentanza delle aziende del territorio – e se le aziende vogliono difendere e accrescere il proprio vantaggio competitivo devono impostare la loro business transformation per anticipare e gestire i cambiamenti disruptive, comprendendone trend e impatti sui loro modelli di business, sviluppando quelle capacità necessarie al ri-orientamento organizzativo, dotandosi del capitale umano con le competenze necessarie a sfruttare tutto il potenziale delle nuove tecnologie».

Edoardo Carpiceci, general manager di Digital Tree, conclude: «Abbiamo raggiunto un importante obiettivo nella realizzazione di Maia è un passo avanti verso la creazione di competenze intorno al tema di Intelligenza Artificiale, mission principale di Digital Tree. Siamo consapevoli che in un futuro molto vicino ci sarà enorme richiesta di queste professioni e noi vogliamo preparare i giovani al mercato. A marzo 2019 partirà la seconda edizione, su cui abbiamo già ricevuto tante candidature e l’interesse è alto anche da parte delle aziende».

Nessuno più dia morte. Giornata contro la pena capitale

Da sedici anni a questa parte la Giornata Mondiale contro la pena di morte è un’occasione di sensibilizzazione e mobilitazione a favore del più inalienabile dei diritti, quello alla vita. Tema di quest’anno è la salvezza delle oltre ventimila persone condannate a morte in tutto il mondo, ma anche il miglioramento delle loro condizioni di detenzione. In molti Paesi, infatti, la prassi è ben diversa nonostante l’obbligo a un trattamento umano di chi ogni prigioniero. Anche di chi è stato condannato alla pena capitale. Quasi che i condannati a morte morti già fossero per chi li circonda. Negli Usa, in Giappone, in Pakistan, in Vietnam, sono spesso tenuti in isolamento e non hanno il permesso di uscire neanche per un’ora d’aria. Eppure, come scriveva Dostoevskij, «il grado di civiltà di una società si misura dalle sue prigioni».

Ma è proprio di civiltà che dovremmo parlare in questa Giornata. Civiltà giuridica, senz’altro. Civiltà tout court, della mente, del cuore, della parola. Se l’abolizione della pena capitale si fa strada nel mondo (come quest’anno è avvenuto in Burkina Faso, Paese che peraltro ha subito gravi atti terroristici), se il numero delle esecuzioni cala, ebbene, tra le opinioni pubbliche e sui media il richiamo della barbarie esercita un richiamo non residuale, anzi a volte potente. Lo abbiamo visto in diverse elezioni presidenziali, dalle Filippine al Brasile. La tentazione di una soluzione spiccia e sommaria al problema del crimine guadagna spazio nell’immaginario di tanta gente.

Tutto ciò rende evidente come il problema della sensibilizzazione su un tema come questo sia sempre più importante, coinvolgendo i popoli quanto gli Stati. Preziosa, allora, è stata la netta presa di posizione di papa Francesco, che ha modificato un articolo del Catechismo della Chiesa cattolica (n. 2267), affermando, alla luce del Vangelo, «l’inammissibilità della pena di morte perché attenta all’inviolabilità e dignità della persona». Essere contro la pena capitale si traduce, insomma, in una vigilanza continua sulla società e su noi stessi: un modo per sottrarsi al sonnambulismo che porta al disinteresse per la vita altrui o, addirittura, al desiderio di eliminazione dell’altro. In America la presa di posizione del Papa ha avuto effetti significativi: molti cattolici hanno alzato ancor più la loro voce, mentre alcune Conferenze episcopali hanno chiesto ai fedeli di attivarsi nei confronti delle autorità per fermare la mano del boia.

Ma ognuno di noi può fare qualcosa, anche nei Paesi già abolizionisti. La sfida è svelenire un clima che chiede vendetta, più che giustizia; è dire “no” a una cultura dello scarto e “sì” a una cultura della riabilitazione. Si può – come già accade – mobilitarsi in difesa della vita dei condannati, riuscendo in alcuni casi a fermare l’esecuzione. Oppure si può tendere la mano alle migliaia di persone che sono nei bracci della morte, scrivendo loro lettere, alleviandone la durezza della detenzione, favorendo il loro percorso interiore, finendo per essere quell’ora d’aria che a tanti manca.

Ricevere una lettera – come raccontano le centinaia di detenuti in contatto con i loro “amici di penna” di Sant’Egidio e di altre realtà di volontariato – è il segno che qualcuno ha a cuore la tua vita. È un legame con il mondo esterno. È uno spazio libero nella vita di uomini e donne in catene. Ricevere posta è un po’ come allargare le sbarre. E, d’altra parte, scrivere una lettera – lo raccontano tanti che corrispondono con i condannati a morte – è rendersi conto, come ha detto suor Helen Prejean, che «un essere umano è molto di più della peggiore cosa che possa aver fatto».

Del resto, ricordiamoci che la giustizia umana può sbagliare, che tanti innocenti hanno passato anni nei bracci della morte finendo sul patibolo e ogni credente ha nel Vangelo della Passione il più chiaro esempio della fallibilità del sistema giudiziario. Questa giornata mondiale dovrebbe quindi convincerci una volta di più della necessità di mettere in soffitta i troppi ingegnosi sistemi escogitati dall’uomo per mettere a morte il proprio simile e lavorare tutti per un mondo liberato dalla pena capitale, un mondo dove vinca la vita.

avvenire

Case della carità in festa. Lunedì 15 ottobre, alle 16.30 la Messa al Palasport di Reggio Emilia

Diretta tv e web: La Festa delle Case della carità sarà trasmessa in diretta da Telereggio, in collaborazione con il Centro diocesano per le Comunicazioni sociali, sul canale 644 del digitale terrestre e in streaming su www.reggionline.com.

In vista della festa annuale delle Case della carità (il programma è nel manifesto) pubblichiamo la testimonianza di una famiglia.

Santa Teresa d’Avila: come tutti gli anni il 15 ottobre si fa festa in Diocesi insieme ai più piccoli. La Famiglia delle Case della Carità si riunisce attorno alla Mensa eucaristica e ci invita ad unirci a lei in questo giorno di festa per ringraziare tutti insieme del dono della Fede ed affidarci alla luce dello Spirito Santo in un tempo di discernimento a cui è stata chiamata. Tante persone, tanti pensieri, un’unica Famiglia in cammino verso la luce di Cristo, passando dalla Mensa dei Poveri, della Parola e dell’Eucarestia.

Un’unica Famiglia dove i consacrati e i laici trovano una dimensione comunitaria insieme ai piccoli di Casa; l’uno senza l’altro non sarebbe lo stesso: camminare assieme aiuta a vivere meglio la propria vocazione.
Una Famiglia allargata dove si vivono tutte le dinamiche interne ai nostri piccoli nuclei familiari, le gioie e le sofferenze, le speranze e le delusioni, le diverse opinioni (genitori/figli per fare un esempio) che allontanano temporaneamente, ma anche la voglia di camminare insieme, il tutto per un bene comune, consapevoli che solo attraverso percorsi faticosi ma condivisi si può crescere insieme.

Continua a leggere tutto l’articolo su La Libertà del 10 ottobre

laliberta.info

Domenica 14 ottobre è la giornata diocesana di Avvenire

Il quotidiano cattolico è uno strumento di grande importanza per la formazione cristiana, non solo per i commenti dei fatti secondo una lettura credente, ma anche per la scelta delle notizie e del rilievo che queste ricevono rispetto ad altre.

Proprio a chi non conosce ancora Avvenire o lo acquista sporadicamente è dedicata la giornata di domenica, allorché, all’interno del supplemento festivo Bologna7, i lettori troveranno una pagina che Avvenire riserva alla Diocesi, curata dal nostro Centro Comunicazioni sociali.

Nelle parrocchie saranno disponibili congrui quantitativi di copie di Avvenire; potrebbe essere l’occasione anche per promuovere l’abbonamento al settimanale diocesano La Libertà, che per il 1° anno di abbonamento offre sconti sia in cartaceo che in digitale (redazione@laliberta.info, 0522.452107).