Lavoro / Personale nel settore dei viaggi

Personale nel settore dei viaggi

Weroad, avventure e viaggi per millennial del tour operator di One Day Group, è alla ricerca di personale. Attualmente sono tre le posizioni aperte: un product manager, un commerciale e un addetto allo sviluppo del prodotto. Le candidature spontanee sono comunque sempre ben accette. Entro l’estate sono previsti altri 60 coordinatori (per arrivare a un totale di 90 in tutto). L’obiettivo sarebbe quello di averne 250 per il 2019.

A livello di personale in ufficio, invece, i collaboratori sono diventati già 12 rispetto ai nove iniziali dopo un anno di attività. E, sempre prima dell’estate, si prevede che si arrivi a una squadra di 15 in totale. Inoltre, verranno introdotti sei super-coordinatori. La loro sarà principalmente una funzione di formazione dei nuovi coordinatori.

Per quanto riguarda il tipo di contratto l’offerta è commisurata all’esperienza pregressa. Se si tratta di giovani prevale l’apprendistato, ma è possibile anche quello a tempo indeterminato.

Per maggiori informazioni: https://www.weroad.it/lavora-con-noi.

Per inviare la candidatura: vistupiro@weroad.it.

da Avvenire

Orientamento scuola-lavoro

Orientamento scuola-lavoro

In Italia, negli ultimi anni, alcuni studi hanno registrato lo 0,8% di abbandono tra coloro che frequentavano
la scuola secondaria di I grado, in corso d’anno o nel passaggio fra un anno e l’altro; nella scuola di II grado è del 4,3%, molto elevato nel primo anno di corso (7%). Abbandono più contenuto per i licei (2,1%), 4,8% per gli istituti tecnici e 8,7% per gli istituti professionali; più del 20% degli studenti ha lasciato l’Università dopo un solo anno di corso, percentuale che s’incrementa notevolmente, negli anni successivi al primo e solo il 22,3% dei giovani tra i 25 e i 34 anni porta a compimento gli studi accademici; circa il 35% dei lavoratori è occupato in un settore non correlato ai propri studi.

Questo lo scenario in cui si inserisce On the road, il nuovo servizio che Eudaimon rivolge ai figli dei dipendenti che hanno bisogno di linee guida in fase di orientamento, sia nel contesto scolastico che verso il mondo del lavoro, risultando allo stesso tempo indispensabile per un programma di welfare aziendale attento ai bisogni dei dipendenti e dei loro famigliari; l’obiettivo è infatti quello di rendere la persona “autonoma” nel processo di conoscenza di sé e delle proprie caratteristiche peculiari, sviluppando una maggiore consapevolezza sulle scelte future formative o professionali, nel rispetto delle proprie inclinazioni personali.

Ricco di spunti e di facile attivazione, il percorso si articola su tre fasi e si rivolge a quattro target (teenager (13-14 anni), da terza media a scuola superiore/ young (17-19 anni), dalle superiori all’università / job seeker (19-35 anni), dal post istruzione al lavoro / genitori che intendono accompagnare i figli nelle scelte):
la scoperta – un processo digitalizzato fruibile per mezzo di pillole video che consente di analizzare diversi aspetti della personalità e del modo di relazionarsi con il mondo nonché lo stile cognitivo; segue un report guida con l’interpretazione dei risultati;
la consapevolezza – un secondo step di approfondimento che fornisce strumenti concreti attraverso
la costituzione di gruppi aula o webinar per ragionare su quanto emerso, grazie anche alla mediazione di un orientatore certificato;
l’azione – acquisita maggiore consapevolezza sui propri punti di forza, una parte degli utenti target si trova a dover affrontare il mercato del lavoro, altri devono scegliere e iniziare il loro percorso formativo. È quindi possibile un ulteriore approfondimento con un coach esperto in un incontro one-to-one per una consulenza specifica o per la lettura personalizzata del proprio profilo.

I vantaggi di On the road:
digitalizzazione – si raggiunge un’utenza molto vasta con un servizio moderno, innovativo e qualificato;
motivazione – permette di focalizzare le azioni e le energie verso obiettivi consapevoli;
career coaching – affianca l’utente fornendo tutti gli strumenti necessari a compiere una scelta consapevole;
ottimizzazione – raggruppa informazioni e strumenti, semplificando e ottimizzando il processo di orientamento.

Per maggiori informazioni: www.eudaimon.it.

da Avvenire

Senza la cultura classica la scienza moderna perde la bussola

Un disegno di Doriano Solinas

Un disegno di Doriano Solinas

In un noto saggio edito dal Mulino nel 2014, Non per profitto. Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica, la filosofa americana Martha Nussbaum evidenzia che «non c’è nulla da obiettare su una buona istruzione tecnicoscientifica », ma si dice preoccupata perché «altre capacità altrettanto importanti stanno correndo il rischio di scomparire nel vortice della concorrenza ». Si tratta di capacità «associate agli studi umanistici e artistici: la capacità di pensare criticamente, la capacità di trascendere i localismi e di affrontare i problemi mondiali come “cittadini del mondo”; e, infine, la capacità di raffigurarsi simpateticamente la categoria dell’altro ». Per questo – sostiene – nell’educazione dei giovani è fondamentale insegnare filosofia, storia e letteratura, mentre accade che, specie nelle società occidentali, «gli studi umanistici, l’arte e persino la storia vengano eliminati per lasciar spazio a competenze che producono profitti che mirano a vantaggi a breve termine». Scienza, tecnica ed economia hanno bisogno invece di un solido impianto umanistico per poter raggiungere i loro scopi in nome del vero progresso umano.

Esattamente all’opposto la pensa Andrea Ichino, docente laureato alla Bocconi di Milano e addottorato al Mit, per il quale «siamo rimasti l’unico Paese al mondo in cui, nelle scuole tradizionalmente di élite, gli studenti dedicano il massimo delle loro energie a studiare latino, greco e materie umanistiche». Allo stesso modo Michele Boldrin si scaglia contro la «maledetta cultura del liceo classico». Economisti di formazione statunitense vedono insomma nella cultura classica un ostacolo sulla via della globalizzazione. Sono lontani i tempi in cui per essere ammessi ad Harvard bisognava rispondere a domande sulla grammatica e la storia greca e romana oltre a quesiti di matematica; non solo, erano previste anche prove di traduzione al latino e al greco.

Il recente dibattito che ha diviso gli intellettuali italiani a proposito del liceo classico ha dimostrato come si sia indebolita nel nostro Paese, ma anche in Europa e in Occidente, l’idea della cultura classica come patrimonio condiviso. Molti pensano che sia un fardello del passato da cui bisogna liberarsi a tutto vantaggio degli studi scientifici, tecnologici ed economici. Perché continuare a fare versioni dal greco e prevedere ancora lo studio del latino nei licei scientifici?

Una difesa niente affatto scontata arriva ora proprio da uno scienziato, Lucio Russo, in un libro davvero fondamentale per capire le tendenze della cultura occidentale, Perché la cultura classica (Mondadori, pagine 228, euro 19,00). L’autore infatti non segue la linea scontata delle radici culturali che bisogna difendere a ogni costo e soprattutto rammenta che l’immenso patrimonio giunto fino a noi dal mondo antico non riguarda solo campi come filosofia e letteratura, ma anche proprio la scienza.

È il caso della cosmologia e dell’astronomia. Soprattutto in epoca ellenistica, vi fu un eccezionale sviluppo scientifico che portò ad esempio Aristarco di Samo a formulare la teoria eliocentrica, tanto che persino Copernico era cosciente di riprendere un’idea antica. E così la scoperta che le stelle fisse in realtà si muovono e l’idea newtoniana dell’attrazione degli astri fra loro e del Sole sui pianeti si può far risalire a Ipparco. Ciò nonostante, «il debito della scienza moderna verso l’antica cultura greca – constata Russo con una certa amarezza – è oggi in genere gravemente sottovalutato».

Oltre che ricordare il contributo della cultura classica in tutti i campi, compresi il diritto e la politica, l’autore dimostra come esso sia sempre più misconosciuto, tanto che oggi prevalgono le opinioni di Voltaire, che polemizzò contro chi sosteneva la superiorità della cultura antica, e di Spengler, per il quale «la storia del sapere occidentale è quella di una progressiva emancipazione dal pensiero antico». Russo delinea le tendenze fondamentali della nostra cultura che vanno in questa direzione. A partire dalla scuola, che nella seconda metà del Novecento ha finito per marginalizzare un po’ in tutta Europa gli indirizzi finalizzati a una preparazione generale polivalente.

A ciò si è abbinata la crescita impetuosa dell’industria culturale e dello spettacolo. Se il superamento della separazione storica fra cultura alta e cultura bassa è stato un bene per tutti, l’aver sostituito la scuola con l’intrattenimento ha portato sempre più a disprezzare l’eredità antica. Tanto più che – nota Russo contrapponendosi alla visione esageratamente ottimistica di Claudio Giunta nel suo pamphlet L’irragionevole processo alla cultura di massa– siamo ben lontani dall’aver realizzato quella crescita culturale tanto auspicata, visto che «il 70 per cento degli italiani sono analfabeti funzionali, vale a dire incapaci di comprendere, valutare, usare e farsi coinvolgere con testi scritti per intervenire attivamente nella società», come ha commentato Tullio De Mauro. Altro che “Rinascimento di massa”!

A tutto ciò si aggiunge il preoccupante analfabetismo scientifico, fenomeno non certamente aiutato dal diffondersi di una contaminazione con l’irrazionalismo, come si può constatare leggendo le opere del medico e guru indiano Deepak Chopra o del fisico americano Frank Tipler. Ma anche ricostruzioni oggi così amate come quella dell’antropologo Jared Diamond, che privilegia le ragioni geografiche e naturalistiche a quelle culturali nel considerare l’avanzamento e lo sviluppo delle civiltà nel corso dei secoli, si dimostrano assai parziali.

Al termine del suo excursus quanto mai efficace, Lucio Russo così conclude: «Fra gli aspetti non secondari dell’indebolimento dei nostri legami con la civiltà classica, accanto al progressivo abbandono del metodo dimo-strativo, dobbiamo includere l’ampliarsi della frattura tra matematica e fisica, l’incrinarsi del rapporto classico tra teorie e fenomeni e il diffondersi dell’irrazionalismo in importanti settori della comunità dei fisici».

In breve, non è solo la cultura umanistica a dover preoccuparsi per la perdita d’aureola della cultura classica, ma anche quella scientifica. Per evitare il rischio dilagante di un’eccessiva specializzazione, occorre tornare alla visione di un grande studioso come Wilamowitz, il quale giudicava indispensabile «la conoscenza del mondo greco in tutti i suoi aspetti, letterari, filosofici, politici e scientifici, non tanto come disciplina in sé ma piuttosto come punto di partenza verso le diverse discipline».

da Avvenire

Malawi, dove la povertà diventa ricchezza

Malawi, dove la povertà diventa ricchezza

Il Malawi, così come tanti altri Paesi africani, è nel suo complesso una terra di contraddizioni: sfarzo e lusso da una parte e miseria e povertà dall’altra. Con una stratificazione sociale molto più evidente nelle aree rurali. Ma arrivando nella missione di Koche, nel villaggio di Maldeco, a una mezz’ora di pick-up dalla cittadina più vicina di Mangochi, ci si rende conto di quanto ridicole siano le preoccupazioni e le ambizioni di noi “azungu”, così vengono chiamati i bianchi nella lingua locale chichewa, di fronte alle sofferenze della popolazione locale.

La maggior parte delle persone non riesce a restare un giorno senza controllare mail, connettersi a Internet o mandare sms. Mentre ovunque ci si giri, in queste terre folgorate dal sole, emerge quella parte di società che vive la miseria del mondo quotidianamente, senza sconti, e che ancora sembra lontana anni luce dai progressi della tecnologia e dagli effetti (per molti versi anche devastanti) portati dalla globalizzazione e dalla modernità.

Di certo, girando fra le case fatte con mattoni di fango e con tetti di paglia o lamiera non manca chi già dispone di prese elettriche e riesce a connettersi alla rete internet. Ma lungo le strade di terra rossa, che disegnano linee in un paesaggio che alterna cumuli di spazzatura a bellezze incontaminate, ci si imbatte troppo spesso in un’umanità che chiede giustizia e il riconoscimento di diritti fondamentali. Come il diritto alla salute, costantemente negato in queste periferie del mondo dove ancora è all’ordine del giorno morire per fame ma dove sono in costante aumento anche le morti per cancro, Hiv e malaria.

Mentre uomini e donne in salute percorrono ogni giorno chilometri e chilometri alla ricerca di un qualsiasi lavoro. Li ritroviamo nei mercati o per le strade fangose a vendere sale, mais, pesce essiccato e ammassi di vecchie scarpe. Così come scorgiamo quelli che avanzano lentamente con secchi d’acqua sulla testa o cataste di legna sulle spalle.

Alessia ed Emanuela, le missionarie che seguono per le Diocesi di Porto-Santa Rufina e di Mangochi i progetti a sostegno degli studenti indigenti e dei malati della comunità, raccontano le difficoltà che potranno emergere durante il loro prossimo rientro in Italia, la necessità di doversi rapportare da un lato con l’ondata di razzismo crescente nel nostro Paese e dall’altro con le esperienze dolorose vissute in questi anni al fianco della popolazione locale.

Allo stesso tempo nei loro occhi si scorge la stessa folgorazione di altri volontari che, proprio in queste terre, hanno trovato l’enorme ricchezza della semplicità e riscoperto il senso di una comunità in cammino.

Così come la povertà, una fede profonda, solida e incontestabile è qualcosa di insito in questo pezzo di Africa. E, sebbene ci si svegli all’alba e si vada a dormire poco dopo il tramonto per difendersi dalla malaria, non si fa fatica a dedicare ampi spazi alla preghiera e a ringraziare il Signore per i piccoli momenti di condivisione e quotidianità. Le volontarie accompagnano Bambo (Padre in Chichewa) Matupa a consegnare la comunione agli ammalati e agli anziani.

E portano sacchi di mais alle famiglie più indigenti del villaggio. In aree remote e isolate dalla civiltà, dove paradossalmente la povertà diventa la più grande ricchezza, perché permette di guardare con gli occhi del cuore, di abbandonarsi all’altro e insieme penetrare nelle sue profondità, per poi aprirsi alla speranza nel calore di un sorriso, di un abbraccio e di parola gentile.

Per saperne di più

Siccità. In Malawi 2,8 milioni di persone, il 15% della popolazione, sono obbligati a soffrire la fame (dati WFP), a causa della prolungata siccità, che ha messo in forte crisi la coltura del mais, fondamentale per la preparazione dello nsima, una specie di polenta che costituisce l’alimento basilare del Paese e di gran parte del continente africano.

Impegno per l’educazione. Il governo del Malawi ha annunciato un piano di circa 1,3 trilioni di Kwacha (la moneta locale; attualmente 1 euro vale all’incirca 880 Kwacha) per l’anno finanziario 2017/2018, di cui 235 miliardi per l’educazione, 192 miliardi per l’agricoltura e 129 miliardi per la salute, rispettivamente pari al 18%, al 15,5% e ancora al 9,5% del budget totale.

Popolazione e religioni. Un’indagine demografica condotta nel 2010 e in carico all’UsAid, l’Agenzia Statunitense di ricerca e azione per lo Sviluppo Internazionale, rivela che l’86% della popolazione è di religione cristiana (i cattolici sono il 20,6%) e il 13% di fede islamica.

La mappa

La mappa

Nigeria. Assalto alla chiesa: 17 morti, tra cui 2 sacerdoti

Violenza in Nigeria. Militari schierati a difesa dei civili nel Benue

Le informazioni sono ancora confuse, ma appare già drammatico il bilancio di un attacco compiuto durante la celebrazione della Messa mattutina di ieri in una chiesa del villaggio di Mbalom , nello Stato centrale di Benue in Nigeria . Un commando di uomini armati ha infatti aperto il fuoco in chiesa uccidendo due sacerdoti e almeno 15 fedeli. Durante la fuga, come ha riferito la diocesi locale, il commando ha dato fuoco ad abitazioni e campi. Secondo il sito Il sismografo , i due sacerdoti uccisi sono padre Joseph Gor e padre Felix Tyolaha e prestavano servizio presso la parrocchia St Ignatius Quasi.

I tragici fatti sono stati confermati anche da padre Moses Iorapuu, direttore per le comunicazioni. La diocesi di Makurdi ha espresso le sue sentite condoglianze e al tempo stesso ha voluto denunciare l’insicurezza della popolazione di fronte alle bande di pastori fulani (etnia nomade dell’Africa occidentale, in gran parte di religione islamica) che spesso, anche con presunti pretesti politici, agiscono contro le persone e la proprietà, scontrandosi con gruppi di agricoltori stanziali. Secondo Human Rights Watch le violenze hanno causato la morte di 3mila persone dal 2010.

La tensione tra i pastori fulani e le comunità locali è legata all’aumento del bisogno di pascoli e ciò si scontra con l’espansione dei terreni agricoli da parte dei contadini sui corridoi tradizionalmente utilizzati dai fulani. L’elemento del fondamentalismo religioso, tipico invece dei terroristi nigeriani di Boko Haram, non sembra presente come causa scatenante, anche se alcuni cattolici temono che questi attacchi non siano episodi isolati tra di loro.

Costa d'Avorio, un viale deserto nei dintorni di Abidjan (Ansa)

Costa d’Avorio, un viale deserto nei dintorni di Abidjan (Ansa)

Sempre in Africa, in questo caso in Costa d’Avorio, l’altra sera l’ennesimo agguato di delinquenti comuni è costato la vita a un altro sacerdote lungo la strada che porta da Abengourou ad Agnibilékrou. Padre Bernardin Brou Aka Daniel , vicario della parrocchia del Sacro Cuore di Koun-Fao, rientrava a bordo della sua auto in compagnia di un altro sacerdote rimasto illeso, padre Théophile Ahi. La vettura è stata bloccata da una delle tante bande armate che operano lungo le strade del Paese con lo scopo di derubare gli automobilisti. Queste bande – riferisce ancora Il sismografo –, sono molto aggressive e violente. A padre Bernardin Brou Aka Daniel avrebbero sparato una prima volta per intimarlo a fermarsi: uno dei proiettili lo ha colpito.

E quando i delinquenti hanno visto che il sacerdote, ormai gravemente ferito, non portava soldi, e intanto un’altra macchina era in arrivo lungo la strada, hanno sparato una seconda volta al prete prima di fuggire. Padre Brou Aka Daniel è stato trasferito all’ospedale di Agnibilékrou, dove però è morto poco dopo. In totale sono 14 i sacerdoti uccisi nel mondo nel 2018, 6 dei quali in Africa.

da Avvenire

Champions: Liverpool batte Roma 5-2 Giallorossi si svegliano tardi

© EPA

L’ex giallorosso Salah protagonista con due reti e due assist. Poi viene sostituito e i Reds rallentano e incassano due gol

Di Francesco “Crediamoci,si può ribaltare”  – “Ben venga questa reazione perché così diamo senso alla partita di ritorno. Ci dobbiamo credere, nel calcio tutto può accadere: sarà una partita diversa da quella con il Barcellona, ma il desiderio di volerla ribaltare c’è”. Eusebio Di Francesco guarda alla gara di ritorno con qualche speranza nonostante il 5-2 subito dalla Roma a Liverpool. “Abbiamo perso i duelli difensivi – ha detto il tecnico giallorosso a Premium – e poi si perde la testa e la capacità di rimanere in gara. Ma dobbiamo crederci”.

De Rossi “Sbagliato tutti, ma nulla impossibile”  – “Ci possiamo aggrappare a quello fatto nei quarti, che ci dice non è impossibile. Abbiamo il dovere di provarci per noi e per la gente che vuole bene alla Roma”. Daniele De Rossi non nasconde la delusione per la sconfitta a Liverpool che costringe la Roma a inseguire un’altra impresa nella sfida di ritorno all’Olimpico. “Col Barcellona però eravamo stati sfortunati e c’erano stati episodi dubbi, oggi abbiamo iniziato bene, poi abbiamo sofferto molto la loro velocità – dice il capitano giallorosso a Premium -. La sensazione dopo Barcellona era che potevamo giocarsela, oggi c’è stato un black out totale ma questo ci servirà. Però i gol da rimontare sono sempre 3, il Barcellona è forte come il Liverpool, noi siamo gli stessi, lo stadio sarà lo stesso e sappiamo che non è impossibile. Dobbiamo prendere questa gara da insegnamento”. Quanto allo sbandamento dei giallorossi per buona parte della gara De Rossi sottolinea “non saprei dare una spiegazione tattica, loro sono molto forti, avevamo preparato una partita pensando che sarebbero partiti bene e siamo stati bravi. Poi però abbiamo sofferto la loro continua ricerca della profondità anche se è difficile coprire la profondità contro avversari spesso più veloci di te. La croce la si butta sulla difesa ma non è giusto, tutti noi abbiamo sbagliato. Col Barcellona ci credevano da subito dopo l’andata e noi dobbiamo inseguire un risultato che non è impossibile”.

Fazio, lotteremo fino alla fine per rimontare – “Abbiamo segnato due gol e avuto molte occasioni per segnare nel primo tempo. Nella ripresa no, abbiamo sbagliato molto. Però pensiamo positivo, siamo dei guerrieri e lotteremo fino all’ultimo secondo come abbiamo dimostrato finora. Daremo tutto per la nostra gente e per rimontare lo svantaggio”. Così Federico Fazio, difensore della Roma, dopo il 5-2 subito dal Liverpool, ai microfoni di Premium sport. “Un caso che i due gol segnati siano arrivati quando è uscito Salah? Sì, non li abbiamo fatti per quello. Noi abbiamo lottato allo stesso modo per tutta la partita, poi questo è il calcio. Siamo una grande squadra e vogliamo arrivare lontano”, conclude il difensore dei giallorossi.

ansa