Giovedì Santo. Il cappellano del Regina Coeli: il Papa atteso anche dai musulmani

Nel 2015 papa Francesco lavò i piedi ai carcerati di Rebibbia (Archivio Osservatore Romano).

Nel 2015 papa Francesco lavò i piedi ai carcerati di Rebibbia (Archivio Osservatore Romano).

Giovedì santo: oggi si aprono le celebrazioni per il Triduo Pasquale. Dopo la Messa del Crisma in Vaticano, papa Francesco alle 16 celebra con i detenuti dello storico carcere romano di Regina Coeli la Messa in Coena Dominidel Giovedì Santo. La visita oltre alla celebrazione eucaristica prevede anche l’incontro con i detenuti ammalati, ricoverati nell’infermeria della struttura, e quello con i carcerati della VIII Sezione, dove si scontano reati di natura sessuale. Oltre 600 i partecipanti all’incontro, tra detenuti e personale carcerario. 12 detenuti di diverse nazionalità e religioni ricevono la lavanda dei piedi dal Papa.

Tra loro ci sono cattolici, protestanti, ortodossi, buddisti e musulmani di diverse nazionalità a rappresentare la composizione multietnica dello storico penitenziario romano nel cuore di Trastevere. Come riporta il Sir, essendo un carcere di prima accoglienza il 60-65% della popolazione è costituito da giovani tra i 18 e i 35 anni, appartenenti a 60 diverse nazionalità.

Francesco è il quarto Papa in visita a Regina Coeli, l’ultimo è stato Giovanni Paolo nel 2000, anno del Grande Giubileo. Prima di lui ci andarono anche: Paolo VI nel 1964 e Giovanni XXIII nel 1958.

E non è la prima volta che papa Francesco decide di trascorrere il Giovedì Santo con i carcerati: appena eletto andò nel carcere minorile di Casal del Marmo; tre anni fa Rebibbia; l’anno scorso nella casa di reclusione di Paliano, in provincia di Frosinone.

L’intervista al cappellano del carcere Regina Coeli e l’attesa per papa Francesco

Padre Vittorio Trani, 74 anni, cappellano di Regina Coeli da 40 anni

Padre Vittorio Trani, 74 anni, cappellano di Regina Coeli da 40 anni

«Una brezza fresca per chi sta dentro». E «un invito per chi sta fuori, perché la detenzione sia organizzata in modo non disumano, né contrario alla dignità delle persone». Il francescano padre Vittorio Trani, ‘storico’ cappellano di Regina Coeli, racconta la gioia dei suoi ‘parrocchiani’ per l’attenzione e l’amore che papa Francesco dimostra al loro mondo separato e sofferente.

Francesco conferma la sua grande attenzione per i carcerati: Casal del Marmo, Rebibbia, Paliano. Ora Regina Coeli, un chilometro in linea d’aria dal Vaticano.

Ci farà sentire il profumo della sua visione evangelica. I detenuti lo aspettavano, sanno di essere a pieno titolo tra le categorie delle persone in difficoltà per le quali il Papa ha la massima attenzione. Percepiscono una familiarità. Tutti, cristiani e non cristiani. È una persona che supera le appartenenze religiose.

Molti gli stranieri a Regina Coeli. Come hanno accolto la notizia i detenuti musulmani?

Molti vivono a Roma da anni e sono abituati a convivere col mondo cristiano. E anche i musulmani sono felicissimi. Due loro saranno tra i dodici che avranno il privilegio della lavanda dei piedi. Uno mi ha chiesto: gli posso parlare? Noi abbiamo chiesto liberamente chi volesse partecipare e pochissimi hanno detto di no. Ad ascoltare il Papa ci saranno cattolici, ortodossi, islamici, non credenti. La dimensione umana dell’incontro è più ampia di quella strettamente religiosa. L’ingresso di papa Francesco a Regina Coeli è una brezza che arriva sul volto di tutti, di chi nel cuore ha fede e di chi non ce l’ha. È la brezza dell’attenzione all’uomo, che in carcere manca come l’aria. Chi arriva in cella sente crescere attorno una negatività. «Ma il Papa viene proprio per me», pensano. È qualcosa di straordinario. La massima espressione dell’attenzione alla persona, spesso stritolata nel meccanismo della giustizia umana. Anche i mezzi di comunicazione, per sensazionalismo, non risparmiano nulla. Scorgere una mano amica, un sorriso è una cosa bellissima.

Francesco spesso ha ripetuto, visitando i carcerati fin da quando era arcivescovo di Buenos Aires, «perché loro e non io?».

Io vedo da vicino tante vicende che riflettono situazioni umane drammatiche. Andare fuori strada è un rischio sempre dietro l’angolo: problemi di sopravvivenza, malattia di un familiare… Sono tante le ragioni per cui uno può arrivare a trovarsi implicato in vicende giudiziarie. Potrebbe capitare a tutti. In questi anni poi abbiamo visto, da Mani pulite in poi, persone catapultate da un giorno all’altro in carcere. Salvo poi, dopo 8 o 10 anni, risultare estranee ai fatti. Ma intanto vivono un dramma enorme. Potrebbe capitare anche a me (dice sorridendo, ndr). La giustizia degli uomini è troppo lacunosa. La presunzione di innocenza spesso passa in secondo piano rispetto al desiderio di concludere un’indagine.

Gesù fa la lavanda dei piedi alla vigilia del suo arresto.

E viene chiuso in prigione, per qualche ora. Gesù non solo ha detto «visitate i carcerati». Lui stesso non si è risparmiato nulla per condividere la nostra misera condizione umana. Tutti papi venuti qui – Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo II – hanno sottolineato questa elementare esigenza cristiana, l’attenzione al fratello più in difficoltà. Visitare i carcerati è uno dei punti più alti del Vangelo, come perdonare 70 volte 7, pregare per i nemici. Cose umanamente difficili da accettare, ma Gesù ce le ha indicate come un percorso nuovo. Perfino sulla croce ha perdonato. Mi auguro che la scia di luce che porterà il Papa duri a lungo. E crei attenzione su questo mondo sofferente da parte di chi gestisce l’amministrazione della pena, per migliorare le condizioni dei detenuti e riconoscerne la dignità di persone.

avvenire

Messa del Crisma. Il Papa ai preti: «Siate vicini alla gente»

Papa Francesco tra i sacerdoti romani per la Messa crismale del Giovedì santo (Siciliani)

Papa Francesco tra i sacerdoti romani per la Messa crismale del Giovedì santo (Siciliani)

È la vicinanza quella che la gente vuole da un prete. Si è vicini o no alle persone nella loro vita quotidiana? O c’è questa vicinanza o ci si gioca la presenza di Cristo nella vita dell’umanità. Il Vescovo di Roma nel suo quinto appuntamento pasquale con i sacerdoti della sua diocesi nella Basilica di San Pietro per la messa crismale ha voluto nuovamente centrare questo tratto distintivo della vita sacerdotale, che non è declinabile perché conforma a Cristo stesso, conforma alla scelta di Dio perché è Dio che «ha scelto di essere uno che sta vicino al suo popolo». E perché la vicinanza non sia mai un aspetto opzionale per un sacerdote il Papa ha ribadito ai suoi preti nell’omelia che «è il Signore che ha voluto essere un un predicatore di strada, il “Messaggero di buone notizie” per il suo popolo, il predicatore i cui piedi sono belli, come dice Isaia», pur avendo potuto benissimo essere uno scriba o un dottore della legge.

«Quando la gente dice di un sacerdote che “è vicino” – ha detto oggi in San Pietro papa Francesco – di solito fa risaltare due cose: la prima è che “c’è sempre” (contrario del “non c’è mai”: “Lo so, padre, che Lei è molto occupato” – dicono spesso). E l’altra è che sa trovare una parola per ognuno. “Parla con tutti – dice la gente –: coi grandi, coi piccoli, coi poveri, con quelli che non credono… Preti vicini, che ci sono, che parlano con tutti… Preti di strada». E l’esempio su come essere vicini il Papa lo ha indicato nell’apostolo Filippo «uno che ha imparato bene da Gesù a essere predicatore di strada», «uno di quelli che lo Spirito poteva “sequestrare” in qualsiasi momento e farli partire per evangelizzare, andando da un posto all’altro… uno capace anche di battezzare gente di buona fede e di farlo lì per lì, lungo la strada».

L’invito a offrire vicinanza ai dolori e alle miserie umane, la compassione di un padre, con una parola, uno sguardo amabile, «quello di cui ha bisogno la gente, praticando “la pastorale dell’orecchio” e guardando alla realtà senza averne paura» è quanto Papa Francesco aveva già raccomandato ai preti di Roma incontrati al Laterano all’inizio della Quaresima. «La vicinanza è più che il nome di una virtù particolare – ha perciò ripreso oggi – è un atteggiamento che coinvolge tutta la persona, il suo modo di stabilire legami, di essere contemporaneamente in sé stessa e attenta all’altro».

Attenti alla tentazione della “verità-idolo”

Nella messa in cui benedice gli oli santi del crisma, dei catecumeni, degli infermi, che saranno poi inviati a tutte le parrocchie della diocesi per la celebrazione dei sacramenti, Francesco ha spiegato così che «la vicinanza è la chiave dell’evangelizzatore perché è un atteggiamento-chiave nel Vangelo (il Signore la usa per descrivere il Regno)». Ha poi chiarito che la vicinanza non è solo la chiave della misericordia è anche la chiave della verità: «Si possono eliminare le distanze nella verità? Sì, si può. Infatti la verità non è solo la definizione che permette di nominare le situazioni e le cose tenendole a distanza con concetti e ragionamenti logici. Non è solo questo. La verità è anche fedeltà (emeth), quella che ti permette di nominare le persone col loro nome proprio, come le nomina il Signore, prima di classificarle o di definire “la loro situazione”». Ha pertanto invitato a stare attenti «a non cadere nella tentazione di farsi idoli di alcune verità astratte sono idoli comodi, a portata di mano, che danno un certo prestigio e potere e sono difficili da riconoscere. Perché la “verità-idolo” si mimetizza, usa le parole evangeliche come un vestito, ma non permette che le si tocchi il cuore. E, ciò che è molto peggio, allontana la gente semplice dalla vicinanza risanatrice della Parola e dei Sacramenti di Gesù».

Per non cadere nella tentazione di farsi idoli di alcune verità astratte bisogna chiedere la grazia – ha detto il Papa – e rivolgersi a «Maria, “Madonna della Vicinanza”, che col suo “sì” ci ha avvicinato a Gesù per sempre» e imparare da lei come «saper stare lì dove si “cucinano” le cose importanti, quelle che contano per ogni cuore, ogni famiglia, ogni cultura».

Tre ambiti di vicinanza sacerdotale

Papa Francesco ha quindi suggerito ai sacerdoti di meditare su tre ambiti di vicinanza sacerdotale nei quali le parole dette dalla Madre di Dio alle nozze di Cana – «Fate tutto quello che Gesù vi dirà» – possano risuonare con un tono materno nel cuore delle persone. Il primo ambito di vicinanza è quello dell’accompagnamento spirituale, poi ci sono quelli della Confessione e della predicazione.

Per la vicinanza nel dialogo spirituale modello per il Papa è l’incontro di Cristo con la Samaritana. Perchè? Perché lì Gesù «sa far venire alla luce il peccato della Samaritana senza che getti ombra sulla sua preghiera di adoratrice né che ponga ostacoli alla sua vocazione missionaria» e va poi con lei a evangelizzare nel suo villaggio.

Esempio di vicinanza nella Confessione è invece il passo evangelico della donna adultera. «Le verità di Gesù sempre avvicinano» dice il Papa e spiega che: «Guardare l’altro negli occhi – come il Signore quando si alza in piedi dopo essere stato in ginocchio vicino all’adultera che volevano lapidare e le dice: «Neanch’io ti condanno» (Gv 8,11) – non è andare contro la legge». Si può poi aggiungere: «D’ora in poi non peccare più» ma «non con un tono che appartiene all’ambito giuridico della verità-definizione», il tono di chi deve determinare quali sono i condizionamenti della Misericordia divina – afferma – ma «con un’espressione che si dice nell’ambito della verità-fedele, che permette al peccatore di guardare avanti e non indietro».

Infine c’è l’ambito della predicazione. E qui riprende uno dei motivi battuti con insistenza e cioè che l’omelia è la pietra di paragone «per valutare la vicinanza e la capacità di incontro di un Pastore con il suo popolo» come già affermato nell’Evangelii gaudium. Lì – riprende ancora il Papa – si vede «quanto vicini siamo stati a Dio nella preghiera e quanto vicini siamo alla nostra gente nella sua vita quotidiana». Il sacerdote vicino, che è in mezzo alla sua gente con vicinanza e tenerezza di buon pastore – ha detto infine – la gente non solo lo apprezza molto, ma va oltre: sente per lui qualcosa di speciale, qualcosa che sente soltanto alla presenza di Gesù. «Perciò non è una cosa in più questo riconoscere la nostra vicinanza – confessa Francesco – in essa ci giochiamo se Gesù sarà reso presente nella vita dell’umanità, oppure se rimarrà sul piano delle idee».

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