E se il pellegrinaggio fosse davvero una forma antica del «nuovo inizio»?

Caro Avvenire,
alcune settimane fa ho partecipato a un pellegrinaggio di tre minuscoli paesi (Piovera – Grava – Alluvioni) nella pianura alessandrina, alla volta della Madonna della Guardia di Tortona. Presso il santuario della Cavallosa abbiamo cantato l’Ave Maria, che ha dato il senso al cammino, perché se è vero che il pellegrinaggio è camminare per il piacere di guadagnare una meta o gustare la natura e la magia dei suoi colori, è anche vero che il pellegrinaggio è sentirsi parte di una Compagnia grande, che “è” nella vita. E che incontri si fanno! F. gira il mondo per costruire case, capanne, pozzi, impianti… come volontario non di onlus o Ong ma a proprie spese; R., dirigente di una famosa marca di scarpe di alta moda; Ro., artigiano di oggetti preziosi di Valenza; c’era un sindaco, un’infermiera, una catechista, degli insegnanti… E mentre ci si conosceva e si avanzava nella strada, si dipanava l’evidenza di cosa è “il” pellegrinaggio: un Altro che cammina con noi, “Emmaus”! L’uomo medievale sapeva da dove veniva e dove andava e ha inventato il pellegrinaggio per ricordarselo! Oriana Fallaci ha scritto che l’uomo moderno negando Dio ha ucciso la parola “destino”. Ora negare che l’uomo abbia un destino è la più grande delle falsità! Il destino è una presenza che ci abbraccia ora, ogni giorno! Dopo 24.546 passi e circa 18 km siamo arrivati alla meta. Sono persuaso che se mai il «cambiamento d’epoca», di cui parla Papa Francesco, avverrà, si tratterà della riscoperta che Dio è amico dell’uomo e non un nemico, come troppo a lungo è stato nell’età moderna. I pellegrinaggi (che stanno nascendo numerosi) saranno una delle forme del nuovo inizio?

Pippo Emmolo

Alzarsi all’alba, recitare le Lodi, poi mettersi, con i compagni, in cammino. Questa lettera mi ha ricordato lo stupore provato percorrendo il Cammino inglese verso Santiago di Compostela. Credevo che si trattasse soltanto di camminare, di fare una fatica fisica, per aggiudicarsi una meta. Invece mi si è spalancato davanti un mondo. Quel levarsi prima del sorgere del sole e mettersi in strada alla luce delle torce: scoprendo, in aperta campagna, come i galli cantano, rochi, all’alba. Vedere il cielo che trascolora e da blu diventa rosa, mentre attorno il paesaggio, da oscuro, si fa sereno e domestico. (Scoprire per la prima volta che sollievo è, il levarsi del sole). E poi andare per strade e sentieri fangosi, dubitando sulla giusta direzione, fermandosi, domandando ai viandanti. Ottenendone, sempre, una benedizione in galiziano: «Che andiate con Dio!». Dio, già. Ha ragione il lettore, ogni pellegrinaggio è Emmaus, è un andare insieme, misteriosamente accompagnati. Cadenzando i passi lenti sulle parole del Rosario. Scorgendo, lungo la strada, cose che mai avresti notato passando in auto. Il verde delle prime foglie sulle siepi dei giardini, e certi fiori bianchi, candidi calici che spuntano, selvatici, purissimi, dal fango. Assaporando fin nel fondo dei polmoni il profumo della terra bagnata; assaggiando con la lingua le gocce fresche di una pioggia di acerba primavera. Perdersi poi, tornare indietro, cominciare a sentire i polpacci gonfi. Fermarsi per mangiare, nell’allegria che rende prelibato il pane col salame. Conoscere i tuoi compagni di viaggio: stupirti della varietà dei mestieri e delle vite che si sono incrociate, su questo stesso sentiero. Pregare, ancora, e ridere sotto a una pioggia che non vuole finire. Accamparsi la notte in un ostello, accucciarsi a dormire, così stanchi da non badare al freddo, e al pavimento duro. Con la sensazione interiore di non aver passato la giornata invano. Il lettore ha compiuto il suo pellegrinaggio nell’Alessandrino. «Dopo 24.546 passi e circa 18 km siamo arrivati alla meta», scrive. E ha ragione, un pellegrinaggio è qualcosa che ci ricorda da dove veniamo, e dove andiamo. È una forma che svela in trasparenza ciò cui realmente tendiamo. La fatica, somiglia a quella delle giornate lente, o dure. Ma c’è sempre, chiara, la certezza della meta – che invece, spesso, nei nostri giorni ci dimentichiamo. Quella certezza illumina e consola, anche quando si sbaglia strada, anche quando il fango sul sentiero è tanto che fatichi a procedere. E, i compagni? Scoprire in volti sconosciuti che la stessa domanda ci anima e ci spinge. Non sentirsi più soli. Che il pellegrinaggio, cammino del Medioevo, sia davvero la forma antica di un nuovo inizio? Noi uomini tecnologici, noi gente delle automobili turbo e degli aerei intercontinentali, scoprire che grazia è, per sentieri sperduti, semplicemente, umilmente camminare; con la letizia però di chi sa che va verso un destino buono, dove è atteso.

da Avvenire

Il Vangelo della vita, gioia per il mondo

“L’amore dà sempre vita”, si apre con queste parole di papa Francesco il Messaggio del Consiglio Episcopale Permanente per la 40ª Giornata Nazionale per la Vita, che si celebrerà il 4 febbraio 2018.

La Giornata è incentrata sul tema “Il Vangelo della vita, gioia per il mondo” e il Messaggio dei Vescovi italiani sottolinea che “la gioia che il Vangelo della vita può testimoniare al mondo, è dono di Dio e compito affidato all’uomo”.

Un dono “legato alla stessa rivelazione cristiana” e “oggetto di richiesta nella preghiera dei discepoli”.I Vescovi richiamano l’ammonimento del Santo Padre sui “segni di una cultura chiusa all’incontro” che “gridano nella ricerca esasperata di interessi personali o di parte, nelle aggressioni contro le donne, nell’indifferenza verso i poveri e i migranti, nelle violenze contro la vita dei bambini sin dal concepimento e degli anziani segnati da un’estrema fragilità”.

Il Papa ricorda che “solo una comunità dal respiro evangelico è capace di trasformare la realtà e guarire dal dramma dell’aborto e dell’eutanasia”, una comunità che “sa farsi ‘samaritana’ chinandosi sulla storia umana lacerata, ferita, scoraggiata”, una comunità che cerca il sentiero della vita.Allora, si legge nel Messaggio “punto iniziale per testimoniare il Vangelo della vita e della gioia è vivere con cuore grato la fatica dell’esistenza umana, senza ingenuità né illusorie autoreferenzialità”.

Così, concludono i Vescovi, “la Chiesa intera e in essa le famiglie cristiane, che hanno appreso il lessico nuovo della relazione evangelica e fatto proprie le parole dell’accoglienza della vita, della gratuità e della generosità, del perdono reciproco e della misericordia, guardano alla gioia degli uomini perché il loro compito è annunciare la buona notizia, il Vangelo”.

Ecco il testo completo

GIORNATA PER LA VITA 2018

Messaggio del Consiglio Episcopale Permanente per la 40a Giornata Nazionale per la Vita (4 febbraio 2018)

IL VANGELO DELLA VITA, GIOIA PER IL MONDO

“L’amore dà sempre vita”: quest’affermazione di papa Francesco, che apre il capitolo quinto dell’Amoris laetitia, ci introduce nella celebrazione della Giornata della Vita 2018, incentrata sul tema “Il Vangelo della vita, gioia per il mondo”. Vogliamo porre al centro della nostra riflessione credente la Parola di Dio, consegnata a noi nelle Sacre Scritture, unica via per trovare il senso della vita, frutto dell’Amore e generatrice di gioia. La gioia che il Vangelo della vita può testimoniare al mondo, è dono di Dio e compito affidato all’uomo; dono di Dio in quanto legato alla stessa rivelazione cristiana, compito poiché ne richiede la responsabilità.

Formati dall’Amore

La novità della vita e la gioia che essa genera sono possibili solo grazie all’agire divino. È suo dono e, come tale, oggetto di richiesta nella preghiera dei discepoli: “Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena” (Gv 16,24). La grazia della gioia è il frutto di una vita vissuta nella consapevolezza di essere figli che si consegnano con fiducia e si lasciano “formare” dall’amore di Dio Padre, che insegna a far festa e rallegrarsi per il ritorno di chi era perduto (cf. Lc 15,32); figli che vivono nel timore del Signore, come insegnano i sapienti di Israele: «Il timore del Signore allieta il cuore e dà contentezza, gioia e lunga vita» (Sir 1,10). Ancora, è l’esito di un’esistenza “cristica”, abitata dallo stesso sentire di Gesù, secondo le parole dell’Apostolo: «Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù», che si è fatto servo per amore (cf. Fil 2,5-6). Timore del Signore e servizio reso a Dio e ai fratelli al modo di Gesù sono i poli di un’esistenza che diviene Vangelo della vita, buona notizia,
capace di portare la gioia grande, che è di tutto il popolo (cf. Lc 2,10-13).

Il lessico nuovo della relazione

I segni di una cultura chiusa all’incontro, avverte il Santo Padre, gridano nella ricerca esasperata di interessi personali o di parte, nelle aggressioni contro le donne, nell’indifferenza verso i poveri e i migranti, nelle violenze contro la vita dei bambini sin dal concepimento e degli anziani segnati da un’estrema fragilità. Egli ricorda che solo una comunità dal respiro evangelico è capace di trasformare la realtà e guarire dal dramma dell’aborto e dell’eutanasia; una comunità che sa farsi “samaritana” chinandosi sulla storia umana lacerata, ferita, scoraggiata; una comunità che con il salmista riconosce: «Mi indicherai il sentiero della vita, gioia piena alla tua presenza, dolcezza senza fine alla tua destra» (Sal 16,11).

Di questa vita il mondo di oggi, spesso senza riconoscerlo, ha enorme bisogno per cui si aspetta dai cristiani l’annuncio della buona notizia per vincere la cultura della tristezza e dell’individualismo, che mina le basi di ogni relazione.

Punto iniziale per testimoniare il Vangelo della vita e della gioia è vivere con cuore grato la fatica dell’esistenza umana, senza ingenuità né illusorie autoreferenzialità. Il credente, divenuto discepolo del Regno, mentre impara a confrontarsi continuamente con le asprezze della storia, si interroga e cerca risposte di verità. In questo cammino di ricerca sperimenta che stare con il Maestro, rimanere con Lui (cf. Mc 3,14; Gv 1,39) lo conduce a gestire la realtà e a viverla bene, in modo sapiente, contando su una concezione delle relazioni non generica e temporanea, bensì cristianamente limpida e incisiva. La Chiesa intera e in essa le famiglie cristiane, che hanno appreso il lessico nuovo della relazione evangelica e fatto proprie le parole dell’accoglienza dellavita, della gratuità e della generosità, del perdono reciproco e della misericordia, guardano alla gioia degli uomini perché il loro compito è annunciare la buona notizia, il Vangelo. Un annuncio dell’amore paterno ematerno che sempre dà vita, che contagia gioia e vince ogni tristezza.
Avvenire

La morte del boss. I vescovi: no ai funerali pubblici per Riina. «Mafiosi scomunicati»

«La condanna della mafia da parte della Chiesa è chiarissima. Alla luce di questa posizione, sono da escludere funerali pubblici per Riina. Ricordo la scomunica del Papa ai mafiosi». Lo ha detto monsignor Ivan Maffeis, portavoce della Conferenza episcopale italiana, interpellato dalle agenzie di stampa.

«Alla Chiesa sta a cuore l’educazione delle coscienze, l’educazione alla legalità, sostenere le tante persone che alzano la testa contro la mafia», spiega monsignor Maffeis. Precisando che altro sarebbe, se la famiglia lo chiedesse, «la presenza di un sacerdote per accompagnare con la preghiera la salma», cosa che «non si può negare a nessuno».

Anche per un boss mafioso, ricorda il portavoce della Cei, «ovviamente c’è il tribunale di Dio, al quale non ci sostituiamo, ma dobbiamo considerare anche l’importanza dei segni». E «i funerali pubblici per Riina sarebbero un segno che confonde».

“Con la morte di Totò Riina è finito il delirio di onnipotenza del capo dei capi di cosa nostra, ma la mafia non è stata sconfitta e quindi non bisogna abbassare la guardia”. È il commento all’Agenzia Sir di Michele Pennisi, arcivescovo di Monreale, alla morte di Totò Riina. “Il compito della Chiesa – prosegue l’arcivescovo – è quello di educare le coscienze alla giustizia e ala legalità e di contrastare la mentalità mafiosa. Ancora non ho informazioni se e quando la salma di Riina sarà trasferita a Corleone. Trattandosi di un pubblico peccatore non si potranno fare funerali pubblici. Se i familiari lo chiedessero si valuterà di fare una preghiera privata al cimitero”.

CHI ERA TOTO’ RIINA: le stragi, la latitanza e i processi di Alessandra Turrisi

I pronunciamenti della Chiesa: mafiosi scomunicati

Papa Francesco il 21 giugno 2014 aveva celebrato la messa davanti a 250mila persone nella piana di Sibari: «I mafiosi sono scomunicati, non sono in comunione con Dio», aveva scandito.

In precedenza san Giovanni Paolo II e papa Benedetto XVI avevano assunto posizioni forti. Ventiquattro anni fa il primo nella Valle dei Templi ad Agrigento gridò con voce rotta dall’emozione «Convertitevi, una volta verrà il giudizio di Dio».

E infine il 3 ottobre 2010 papa Benedetto XVI ripeté ai giovani siciliani: «Non cedete alle suggestioni della mafia, che è una strada di morte, incompatibile con il Vangelo»

da avvenire

I giovani sono più poveri dei loro genitori

I figli stanno peggio dei genitori, i nipoti peggio dei nonni: in Italia la povertà cresce al diminuire dell’età quella. I capifamiglia sotto i 34 anni sono sempre più in difficoltà, i tassi di disoccupazione giovanile (37,8% nel 2016) sono tra i più alti d’Europa (18,7%), l’ascensore sociale è bloccato e si registra un record di Neet (26%). Nel corso del 2016 205.090 persone si sono rivolte ai Centri di ascolto in rete (Cda) della Caritas: tra questi il 22,7% ha meno di 34 anni. I dati arrivano dal Rapporto su povertà giovanile ed esclusione sociale 2017 “Futuro anteriore”, presentato oggi a Roma dalla Caritas italiana.

Il 42,8% è italiano. La maggior parte ha chiesto aiuto ai Cda del Nord (46%), dove vivono più stranieri, il 33,7% nel Centro, il 20,2% al Sud. Il 43,8% è nuovo utente. L’età media è di 43,6 anni, il 64,4% è disoccupato. C’è una una sostanziale parità tra uomini (49,2%) e donne (50,8%). Prevalgono le famiglie tradizionali con coniugi e figli (35,0%), seguite da quelle uni-personali (25,7%), in netto aumento rispetto al 2015. I senza dimora sono il 17,8% (in crescita rispetto al 2015): circa 26 mila persone. Il problema più frequente anche nel 2016 è la povertà economica (76,7%), seguita da problemi occupazionali (56,8%), abitativi (24,1%) e familiari (14,0%). Le richieste più frequenti riguardano beni e servizi materiali (60,6%), sussidi economici (25,7%) e richieste per lavoro (14,0%) o alloggio (7,7%).

La situazione dei giovani è più critica degli anziani. Da 5 anni è “più allarmante di quella vissuta un decennio fa dagli over 65”, scrive il rapporto: nel nostro Paese un giovane su dieci vive in uno stato di povertà assoluta; nel 2007 era appena uno su 50. Al contrario, diminuiscono i poveri tra gli over 65 (da 4,8% a 3,9%). Dal 1995 il divario di ricchezza tra giovani e anziani si è ampliato: la ricchezza media delle famiglie con capofamiglia di 18-34 anni è meno della metà, mentre quella delle famiglie con capofamiglia con almeno 65 anni è aumentata di circa il 60%.

Oltre un utente su 5 è sotto i 34 anni. Ovvero il 10,7% degli italiani, il 31,5% degli stranieri. Tra gli italiani, la maggior parte è femmina (62,6%), del Mezzogiorno (39,1%), disoccupato (70,5%), con figli (60,6%) e con basso livello di istruzione (il 68,5% ha un titolo inferiore o uguale alla licenza media). Il 13,9% è senza dimora. Tra gli stranieri prevalgono i maschi (54,1%) e si
rivolgono soprattutto ai Cda del Nord (52,2%); alta la quota di senza dimora (26,4%). Il 70,5% è disoccupato, il 69,2% è in regola con il permesso di soggiorno.

Il segretario della Cei, monsignor Nunzio Galantino, commentando i risultati del rapporto Caritas alla presentazione alla Stampa Estera a Roma ha detto che sbaglieremmo noi se identificassimo i poveri soltanto con i clochard, con l’immigrato che sbarca sulle nostre coste, dovremmo allargare un pò lo sguardo alle tante donne prive di dignità. C’è una povertà straordinaria e straordinariamente negativa, soprattutto oggi abbiamo bisogno di aprire il nostro sguardo, il nostro cuore alla povertà dei nostri giovani, una povertà non tanto fatta di mezzi materiali ma una povertà ancora più grossa cioè quella di non poter progettare il proprio futuro e crearsi delle alternative a una vita di dipendenza”. Galantino ha anche osservato come l’Italia si trovi dietro a molti Paesi europei nelle classifiche sulla crescita economica. “I dati che abbiamo dal nostro rapporto ci dicono che la nostra situazione non è di quelle buone, non siamo nell’alta classifica per aver superato il problema della povertà, anzi”.

da Avvenire

19 Nov. 2017 in Cattedrale Festa della Dedicazione e inaugurazione “Casa San Francesco”, un nuovo luogo di accoglienza

L’inaugurazione domenica alle 16.15 in via Ferrari Bonini. Alle 18 Messa in Cattedrale. I testi delle celebrazioni

Nella Giornata Mondiale dei Poveri di domenica 19 novembre, sul tema “Non amiamo a parole ma con i fatti”, oltre alla colletta nelle Messe parrocchiali a favore della “Mensa del Vescovo”, sono in programma due importanti eventi diocesani.

Alle 16.15 il vescovo Massimo Camisasca benedirà “Casa San Francesco”, un nuovo luogo di accoglienza che sarà inaugurato presso il convento dei Frati Cappuccini di Reggio Emilia, in via Ferrari Bonini.

Alle 18 monsignor Camisasca presiederà la santa Messa in Cattedrale, in occasione anche della festa della Dedicazione. Durante la liturgia, alcuni seminaristi della Diocesi riceveranno il Lettorato.

L’animazione della Giornata Mondiale dei Poveri nelle comunità cristiane sul territorio è stata affidata alla Caritas diocesana.

L’ufficio liturgico rende noti i testi per le celebrazioni:

TESTI LITURGICI GIORNATA MONDIALE DEI POVERI

TESTI LITURGICI FESTA DEDICAZIONE CATTEDRALE

La Diocesi celebra la Giornata Mondiale dei Poveri

La colletta delle Messe del 19 novembre sarà per la “Mensa del Vescovo”

Domenica 19 novembre 2017 si celebrerà, per la prima volta, la Giornata Mondiale dei Poveri, istituita da papa Francesco al termine del Giubileo della Misericordia, che avrà come tema “Non amiamo a parole ma con i fatti”. Il titolo riprende un passo della Prima Lettera di Giovanni con il richiamo alla concretezza: “Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità” (1 Gv 3,18).

“Non pensiamo ai poveri solo come destinatari di una buona pratica di volontariato da fare una volta alla settimana, o tanto meno di gesti estemporanei di buona volontà per mettere in pace la coscienza. Queste esperienze, pur valide e utili a sensibilizzare alle necessità di tanti fratelli e alle ingiustizie che spesso ne sono causa, dovrebbero introdurre ad un vero incontro con i poveri e dare luogo ad unacondivisione che diventi stile di vita”: così scrive papa Francesco nel Messaggio pubblicato per la Giornata Mondiale dei Poveri.

Proprio all’incontro e alla condivisione, a cominciare dall’animazione delle liturgie festive, saranno improntate le iniziative pensate per celebrare la Giornata sul territorio diocesano.

Anche il vescovo di Reggio Emilia-Guastalla Massimo Camisasca, in una lettera redatta nel giorno di san Carlo Borromeo e diffusa in tutte le comunità cristiane locali, ha chiesto un gesto di condivisione: “Nella nostra Diocesi – scrive il vescovo Massimo – abbiamo, tra gli altri, un luogo particolare, dove, grazie a volontari instancabili, con la collaborazione e l’aiuto di tutti, ogni giorno si dà un volto a questa Misericordia.  Dove si ama con i fatti e non solo con le parole. Questo luogo si chiama «Mensa del Vescovo». Chiedo quindi che in tutte le chiese della Diocesi, nella giornata di domenica 19 novembre, la colletta sia destinata alla «Mensa del Vescovo» per i lavori di adeguamento necessari”.

Monsignor Camisasca invita a riconoscere la radice della povertà nel non appartenere a se stessi: “Gratuitamente avete ricevuto: questa espressione cambia lo sguardo sul nostro corpo, sul nostro animo, sulle nostre doti, sui nostri beni, sul tempo che Dio ci concede”, scrive il pastore in un editoriale pubblicato questa settimana dal giornale diocesano La Libertà.

Infine, ancora nell’ottica dell’incontro e della condivisione, un annuncio: “Vi comunico – scrive ancora il vescovo Massimo nella sua lettera – che desidero vivere il pranzo di Natale con i poveri e perciò aprirò la «Mensa del Vescovo» invitando le persone sole e bisognose a festeggiare il giorno della nascita di Gesù con me”.

 La liberta.info

I santi del 18 Novembre 2017

DEDICAZIONE DELLE BASILICHE DEI SANTI PIETRO E PAOLO   Apostoli – Memoria Facoltativa
I Principi degli Apostoli, Pietro e Paolo, sono sempre associati nella liturgia della Chiesa Romana. Le due basiliche, trofei del martirio di Pietro e Paolo, furono erette sul sepolcro dei due apostoli. Meta di ininterrotto pellegrinaggio attraverso i secoli, sono segno dell’unità e della apostolicità della Chiesa di Roma. (Mess. Rom.)…
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San NOè   Patriarca
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San PATROCLO DI COLOMBIER   Eremita
Sec. VI
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Santa FILIPPINA ROSA DUCHESNE   Monaca
Grenoble, Francia, 29 agosto 1769 – St. Charles, Missouri, 18 novembre 1852
Coetanea di Napoleone, studia dalle Visitandine, a Grenoble. A 18 anni il monastero la accoglie come novizia, anche se lei non fa in tempo a pronunciare i voti solenni: la Rivoluzione sopprime conventi e monasteri. Rosa decide allora di dedicarsi all’assistenza degli ultimi. Nel 1801 le comunità religiose riacquistano la libertà, e lei entra ne…
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San BARULA   Fanciullo, martire
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San ROMANO DI ANTIOCHIA   Diacono e martire
Diacono di Cesarea che, nel vedere i cristiani di Antiochia che si incamminavano per andare a fare sacrifici agli idoli, li ammonì severamente perché rimanessero fedeli al loro Credo. Fu catturato e, dopo crudeli torture, strangolato in carcere….
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San MAUDETO   Abate in Bretagna
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San ROMACARIO   Vescovo
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San TEOFREDO   Abate
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Sant’ ODDONE DI CLUNY   Abate
Sec. X
Il futuro Abate di Cluny era nato nella regione di Tours, verso l’880, da famiglia nobile. Suo padre, privo di discendenza, aveva chiesto la grazia di un figlio e quando nacque lo offrì a San Martino. Oddone venne però avviato alla vita da cavaliere e solo dopo una grave malattia il padre is ricordò del voto e gli permise di intrap…
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San RAIMONDO ALBERT   Cardinale
† 18 novembre 1330
Appartenente alle più anziane e nobili famiglie spagnole di Catalogna e Roussillon, San Raimondo Albert, volle risoluto entrare nell’Ordine Mercedario. Egli fu il primo Maestro Generale chierico perché fino ad allora furono tutti cavalieri laici. La sua elezione non mancò di suscitare contrasto fra i tradizionalisti che volevano come Maestro Generale un cava…
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Beati MARTIRI SPAGNOLI LASALLIANI DI CARTEGNA   Beatificati nel 2007
† Lorca, Spagna, 18 novembre 1936
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Beato GIUSEPPE MARIA CANOVAS MARTINEZ   Sacerdote e martire
Totana, Spagna, 9 agosto 1894 – Lorca, Spagna, 18 novembre 1936
Sacerdote diocesano della diocesi di Cartagena, è stato martirizzato insieme a cinque religiosi Fratelli della Scuole Cristiane. Sono stati insieme beatificati in data 28 ottobre 2007….
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Beato OVIDIO BELTRAN (ESTEBAN ANUNCIBAY LETONA)   Religioso lasalliano, martire
Mijancas, Spagna, 26 dicembe 1892 – Lorca, Spagna, 18 novembre 1936
Beatificato il 18 ottobre 2007.
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Beato STANISLAO VíCTOR (AUGUSTO CORDERO FERNANDEZ)   Religioso lasalliano, martire
Bustillo de la Vega, Spagna, 8 ottobre 1908 – Lorca, Spagna, 18 novembre 1936
Beatificato il 18 ottobre 2007.
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Beato HERMENEGILDO LORENZO (MODESTO SAEZ MANZANARES)   Religioso lasalliano, martire
Revilla del Campo, Spagna, 30 luglio 1903 – Lorca, Spagna, 18 novembre 1936
Beatificato il 18 ottobre 2007.
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Beato LORENZO SANTIAGO (EMILIO MARTINEZ DE LA PERA Y ALAVA)   Religioso lasalliano, martire
Hueto de Arriba, Spagna, 8 agosto 1913 – Lorca, Spagna, 18 novembre 1936
Beatificato il 18 ottobre 2007.
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Beato LUCIANO PABLO (GERMAN GARCIA GARCIA)   Religioso lasalliano, martire
Quintanilla de la Mata, Spagna, 28 maggio 1903 – Lorca, Spagna, 18 novembre 1936
Beatificato il 18 ottobre 2007.
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Beato YOSHIDA XOUM (GIOVANNI)   Laico giapponese, martire
Meaco (Giappone) – Nagasaki, 18 novembre 1619
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Beato ANIANO   Cistercense
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Beato GIOVANNI BERNAL   Mercedario
† 8 novembre 1601
Nacque il Beato Giovanni Bernal, nella città di Siviglia (Spagna) nell’anno 1549. Prese l’abito mercedario nel convento di Jerez de la Frontiera e fece la professione in Siviglia nel 1569. Dottore in Teologia e insigne per la sapienza e la conoscenza delle lingue, insegnò a Cordova, Granada e Siviglia e si distinse per la sua modestia. Nominato redentore nel…
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Beata CAROLINA KOZKA   Vergine e martire
Wal-Ruda, Polonia, 2 agosto 1898 – 18 giugno 1916
Nacque il 2 agosto 1898 a Wal-Ruda (Tarnów, Polonia), in una famiglia contadina povera. Da giovane fu accompagnata dal padre spirituale Ladislao Mendrala, il quale la inserì nella vita attiva della parrocchia del villaggio. Fu catechista per i fratelli e per i ragazzi delle case vicine. Si dedicò anche all’assistenza di anziani e ammalat…
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Beati LEONARDO CHIMURA E 4 COMPAGNI   Martiri giapponesi
† Nagasaki, Giappone, 19 novembre 1619
Discendente da Rimura, primo giapponese ad essere stato battezzato da Francesco Saverio, il beato Leonardo entrò nell’ordine gesuita, anche se non divenne sacerdote. Venne condannato ad essere bruciato durante la persecuzione del 1619, all’età di quarantaquattro anni. Secondo testimoni oculari nel momento in cui morì non provava alcun dolore per le fiamme ch…
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Beata MARIA GABRIELA HINOJOSA E 5 COMPAGNE   Suore visitandine, martiri in Spagna
Alhama de Granada, 24 luglio 1872 – Madrid, 18 novembre 1936
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Beato GRIMOALDO DELLA PURIFICAZIONE (FERDINANDO SANTAMARIA)
Pontecorvo (FR), 4 maggio 1883 – Ceccano (FR), 18 novembre 1902
Il Beato Grimoaldo della Purificazione (al secolo Ferdinando Santamaria) nacque a Pontecorvo (FR) il 4 maggio 1883, entrò nel noviziato dei Passionisti in Paliano (FR) il 16 febbraio 1899, emise la professione dei voti temporanei il 6 marzo 1900 e morì prematuramente per meningite acuta nel convento dei Passionisti in Ceccano (FR) il 18 novembre 1902. Giovan…
www.santiebeati.it/dettaglio/90588