Libri 2025, i più venduti in classifica

I libri stimolano le emozioni

Come ogni anno si tirano le fila del mercato editoriale e la classifica dei libri più venduti del 2025 è guidata Dan Brown con L’ultimo segreto, pubblicato da Rizzoli.

Segue il giornalista e scrittore Aldo Cazzullo con la biografia-saggio Francesco – Il primo italiano, sugli scaffali con Harper Collins.

Il terzo posto è di Joël Dicker con La catastrofica visita allo zoo (La Nave di Teseo).

Il quarto posto è per Gianluca Gotto, cui segue Ken Follett.

Per il sesto posto si torna alla saggistica con l’autobiografia di Papa Francesco Spera (Mondadori).

Settimo posto per il premio Strega 2025 Andrea Bajani con L’anniversario (Feltrinelli).

Avvenire

NOVITÀ EDITORIALE PER QUERINIANA Da Congar a Rahner, nell’ultimo saggio Kasper rievoca amicizie, maestri e sogni

Link al libro su Amazon

Dalla sua prima Messa come prete novello ai ruoli chiave nel difficile cammino dell’ecumenismo come presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani a Roma con Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, fino alle amicizie con i colleghi Hans Küng e il domenicano francese Yves Congar. Si può condensare così il senso dell’ultima fatica letteraria del cardinale Walter Kasper, “La mia vita per la Chiesa e la teologia” (Queriniana, pagine 208, euro 19). Il volume raccoglie i suoi ricordi come vescovo di Rottenburg- Stoccarda e il suo giudizio molto simile a quello di Benedetto XVI sulla teologia della liberazione.

Tra gli aspetti poco noti di questo testo vi sono i ricordi personali del suo maestro di teologia Leo Scheffczyk. O ancora la sua passione per liturgia grazie al sacerdote italo-tedesco Romano Guardini. Creato cardinale nel 2001, classe 1933, ha partecipato a due Conclavi, nel 2005 e nel 2013, che hanno portato all’elezione rispettivamente di Benedetto XVI e di

Francesco. Il libro svela alcuni aspetti inediti di Kasper come il suo sogno di diventare parroco e di aver accarezzato l’idea, da giovanissimo, di farsi gesuita. In occasione dei 60 anni del Concilio Vaticano II, nell’ultimo numero della rivista mensile “Il Regno”, Kasper (in una intervista rilasciata al direttore di Communio Jan-Heiner Tück) traccia un suo personale bilancio sui frutti di quell’evento definito dal suo maestro Karl Rahner «l’inizio di un inizio». ( F.Riz.)

Avvenire

31 Dicembre San Silvestro I, papa

VisualizzaImmagine

L a libertà è responsabilità: siamo in grado di vivere i tanti doni che abbiamo nella nostra vita in quest’ottica?

Alla vigilia dell’anno nuovo, in un periodo di bilanci e di progetti, è questa la riflessione che ci consegna l’eredità di san Silvestro I, il primo Pontefice a dover “gestire” la libertà di culto concessa alla Chiesa nel 313 dopo secoli di persecuzioni solo pochi mesi prima che lui salisse al soglio pontificio. Egli, quindi, fu la guida della comunità dei cristiani in un momento in cui il cammino della Chiesa assumeva una nuova luce e tutto andava riorganizzato e ripensato in base alla libertà trovata. Prete romano, Silvestro fu Papa dopo l’africano Milziade, al quale succedette nel 314, trovandosi a cercare di contenere, per quel che poteva, l’enorme influenza dell’imperatore Costantino anche sulle questioni interne della Chiesa per 21 anni, fino alla morte nel 335. Finita l’era dei martiri della persecuzione anticristiana dell’Impero Romano, Silvestro fu tra i primi testimoni della fede ai quali venne attribuito il titolo di «Confessore della fede», cioè un testimone del Vangelo fino alle estreme conseguenze, anche se non chiamato a versare il proprio sangue come i martiri.

La sua eredità spirituale oggi ci spinge avanti e ci guida verso il nuovo anno con la speranza di essere sempre più frammenti di eternità nelle nostre vite e in quelle di coloro che amiamo, anche quando sono lontani da noi.

Altri santi. Santa Colomba di Sens, vergine e martire (III sec.); san Barbaziano di Ravenna, sacerdote (V sec.).

Avvenire

Messa del Giorno 31 DICEMBRE – SETTIMO GIORNO FRA L’OTTAVA DI NATALE

Letture.commento.messa
Colore Liturgico Bianco
Antifona
Un bambino è nato per noi,
ci è stato dato un figlio.
Sulle sue spalle è il potere
e il suo nome sarà:
Consigliere mirabile. (Is 9,5)

Si dice il Gloria.

Colletta
Dio onnipotente ed eterno,
che nella nascita del tuo Figlio
hai stabilito l’inizio e la pienezza della vera fede,
accogli anche noi come membra del Cristo,
che compendia in sé la salvezza del mondo.
Egli è Dio, e vive e regna con te.

Prima Lettura
Avete ricevuto l’unzione dal Santo e tutti avete la conoscenza.
Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo
1Gv 2,18-21

Figlioli, è giunta l’ultima ora. Come avete sentito dire che l’anticristo deve venire, di fatto molti anticristi sono già venuti. Da questo conosciamo che è l’ultima ora.
Sono usciti da noi, ma non erano dei nostri; se fossero stati dei nostri, sarebbero rimasti con noi; sono usciti perché fosse manifesto che non tutti sono dei nostri.
Ora voi avete ricevuto l’unzione dal Santo, e tutti avete la conoscenza. Non vi ho scritto perché non conoscete la verità, ma perché la conoscete e perché nessuna menzogna viene dalla verità.

Parola di Dio.

Salmo Responsoriale
Dal Sal 95 (96)

R. Gloria nei cieli e gioia sulla terra.
Oppure:
R. Tutti i confini della terra hanno visto la salvezza del nostro Dio.

Cantate al Signore un canto nuovo,
cantate al Signore, uomini di tutta la terra.
Cantate al Signore, benedite il suo nome,
annunciate di giorno in giorno la sua salvezza. R.

Gioiscano i cieli, esulti la terra,
risuoni il mare e quanto racchiude;
sia in festa la campagna e quanto contiene,
acclamino tutti gli alberi della foresta. R.

Davanti al Signore che viene:
sì, egli viene a giudicare la terra;
giudicherà il mondo con giustizia
e nella sua fedeltà i popoli. R.

Acclamazione al Vangelo
Alleluia, alleluia.

Il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi.
A quanti lo hanno accolto
ha dato il potere di diventare figli di Dio. (Gv 1,14a.12a)

Alleluia.

Vangelo
Il Verbo si fece carne.
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 1,1-18

In principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Egli era, in principio, presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l’hanno vinta.
Venne un uomo mandato da Dio:
il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone
per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Non era lui la luce,
ma doveva dare testimonianza alla luce.
Veniva nel mondo la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.
Era nel mondo
e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;
eppure il mondo non lo ha riconosciuto.
Venne fra i suoi,
e i suoi non lo hanno accolto.
A quanti però lo hanno accolto
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
i quali, non da sangue
né da volere di carne
né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.
E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua gloria,
gloria come del Figlio unigenito
che viene dal Padre,
pieno di grazia e di verità.
Giovanni gli dà testimonianza e proclama:
«Era di lui che io dissi:
Colui che viene dopo di me
è avanti a me,
perché era prima di me».
Dalla sua pienezza
noi tutti abbiamo ricevuto:
grazia su grazia.
Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,
la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
Dio, nessuno lo ha mai visto:
il Figlio unigenito, che è Dio
ed è nel seno del Padre,
è lui che lo ha rivelato.

Parola del Signore.

Sulle offerte
O Dio, sorgente della vera pietà e della pace,
salga a te nella celebrazione di questi santi misteri
la giusta adorazione per la tua grandezza
e si rafforzino la fedeltà e la concordia dei tuoi figli.
Per Cristo nostro Signore.

Antifona alla comunione
Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito,
perché noi avessimo la vita per mezzo di lui. (1Gv 4,9)

Oppure:

Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto:
grazia su grazia. (Gv 1,16)

Dopo la comunione
Sostieni, o Signore, con la tua provvidenza
questo popolo nel presente e nel futuro,
perché con le semplici gioie
che disponi sul suo cammino
aspiri con serena fiducia
alla gioia che non ha fine.
Per Cristo nostro Signore.

Lettura e Vangelo del giorno 31 Dicembre 2025

Prima Lettura
Avete ricevuto l’unzione dal Santo e tutti avete la conoscenza.
Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo
1Gv 2,18-21

Figlioli, è giunta l’ultima ora. Come avete sentito dire che l’anticristo deve venire, di fatto molti anticristi sono già venuti. Da questo conosciamo che è l’ultima ora.
Sono usciti da noi, ma non erano dei nostri; se fossero stati dei nostri, sarebbero rimasti con noi; sono usciti perché fosse manifesto che non tutti sono dei nostri.
Ora voi avete ricevuto l’unzione dal Santo, e tutti avete la conoscenza. Non vi ho scritto perché non conoscete la verità, ma perché la conoscete e perché nessuna menzogna viene dalla verità.

Parola di Dio.

Salmo Responsoriale
Dal Sal 95 (96)

R. Gloria nei cieli e gioia sulla terra.
Oppure:
R. Tutti i confini della terra hanno visto la salvezza del nostro Dio.

Cantate al Signore un canto nuovo,
cantate al Signore, uomini di tutta la terra.
Cantate al Signore, benedite il suo nome,
annunciate di giorno in giorno la sua salvezza. R.

Gioiscano i cieli, esulti la terra,
risuoni il mare e quanto racchiude;
sia in festa la campagna e quanto contiene,
acclamino tutti gli alberi della foresta. R.

Davanti al Signore che viene:
sì, egli viene a giudicare la terra;
giudicherà il mondo con giustizia
e nella sua fedeltà i popoli. R.

Acclamazione al Vangelo
Alleluia, alleluia.

Il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi.
A quanti lo hanno accolto
ha dato il potere di diventare figli di Dio. (Gv 1,14a.12a)

Alleluia.

Vangelo
Il Verbo si fece carne.
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 1,1-18

In principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Egli era, in principio, presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l’hanno vinta.
Venne un uomo mandato da Dio:
il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone
per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Non era lui la luce,
ma doveva dare testimonianza alla luce.
Veniva nel mondo la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.
Era nel mondo
e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;
eppure il mondo non lo ha riconosciuto.
Venne fra i suoi,
e i suoi non lo hanno accolto.
A quanti però lo hanno accolto
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
i quali, non da sangue
né da volere di carne
né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.
E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua gloria,
gloria come del Figlio unigenito
che viene dal Padre,
pieno di grazia e di verità.
Giovanni gli dà testimonianza e proclama:
«Era di lui che io dissi:
Colui che viene dopo di me
è avanti a me,
perché era prima di me».
Dalla sua pienezza
noi tutti abbiamo ricevuto:
grazia su grazia.
Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,
la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
Dio, nessuno lo ha mai visto:
il Figlio unigenito, che è Dio
ed è nel seno del Padre,
è lui che lo ha rivelato.

Parola del Signore. 

Chiesa di popolo, vicina agli ultimi, che annuncia il “Dio dei giorni feriali”

Avvenire

Quando si fa il bilancio di un anno appena trascorso, tornano alla mente prima di tutto le immagini che, simili a un’icona, ne racchiudono per noi il senso. Così è per questo 2025 che è stato come un soffio per lo scorrere rapido del tempo, come un macigno per le guerre ancora in corso con la devastazione che le accompagna, come un vortice per il succedersi di passaggi che aprono prospettive tutte da esplorare o ancora da capire.

Se dovessi dire qual è l’immagine di quest’anno che mi porto nel cuore, quel che ne esprime per me il senso più proprio, è l’immagine del feretro di papa Francesco che sulla papamobile attraversa le strade di Roma sotto un cielo limpido e tra la gente accorsa numerosa e commossa lungo il percorso. Una immagine di vita, di resurrezione e di enorme affetto, l’immagine di una Chiesa viva, tra la gente, una Chiesa di tutti, dalle porte aperte, spalancate, capace di essere dalla parte della gente comune con semplicità, cordialità, misericordia, ossia con quell’amore viscerale e incondizionato che è di Dio per il suo popolo. Una Chiesa di popolo, Chiesa non solo della domenica ma dei giorni lavorativi e per i giorni lavorativi: per lo scorrere dei giorni in cui aiutare ad avvertire la presenza e il respiro dell’eterno. Papa Francesco ci ha insegnato ad essere Chiesa così.

Il cammino sinodale che ha concluso la fase del discernimento ed è entrato in quella dell’attuazione, per le Chiese che sono in Italia e per la Chiesa tutta, è come la grande consegna che questo Papa venuto dalla fine del mondo ci ha lasciato, chiedendo di allargare lo sguardo e il cuore, di sentir dolore al nostro petto per le sofferenze del mondo come fa il nostro Dio che è il Dio della misericordia e con Lui, in Lui, ritrovare la capacità di sognare. Il cammino sinodale non è stato un processo tutto interno alla comunità ecclesiale, quanto piuttosto un percorso che ha richiesto l’umiltà e il coraggio dell’ascolto dei territori, della vita delle persone, arrivando nei luoghi in cui questa si svolge nella sua concretezza quotidiana: le piazze, i mercati, le scuole; o in quelli della sofferenza e dell’attesa di riscatto: gli ospedali, le carceri. Forse non dappertutto e non ovunque allo stesso modo, forse non sono stati “tutti tutti tutti”, ma sicuramente molti quelli che questo cammino ha raggiunto e coinvolto. Abbiamo imparato a non distinguere più tra lontani e vicini, perché se nessuno è lontano per il cuore di Dio non può esserlo neppure per la Chiesa, chiamata a testimoniarne l’amore. Abbiamo imparato a sentirci popolo di Dio in cammino verso il Regno, avvertendo che dentro questo cammino c’è tutta l’umanità e che questo passa attraverso i luoghi che abitiamo e il tempo che viviamo da scrutare e leggere in quel che raccontano perché la Parola di Dio non smette di venirci incontro proprio lì. È stata un’esperienza entusiasmante e feconda quella del cammino sinodale, perché per la prima volta vissuta come popolo. E se le resistenze e i disfattismi non sono mancati, è stato messo in moto un dinamismo di partecipazione che ha lasciato emergere il senso bello di una corresponsabilità vissuta. Prima ancora che nei documenti, quello che questo cammino lascia è nella bellezza di questa esperienza di ascolto e di confronto, di una condivisione costruita passo dopo passo, anche quando il procedere costava più fatica e non era chiara la strada da percorrere, persino, o forse ancora di più, quando bisognava ritrovare la rotta ammettendo che la direzione intrapresa non era quella giusta. Credo che la Seconda Assemblea sinodale celebrata in aprile resterà nei nostri cuori come un momento in cui abbiamo toccato con mano l’autenticità di un cammino in cui niente era già scritto, chiedendo piuttosto di essere scritto insieme, così da poterci riconoscere nel linguaggio, nelle motivazioni, nel senso maturato lungo il percorso, nelle prospettive da tracciare. Insieme: come popolo di Dio con i nostri vescovi, in un cammino che si riapriva per il soffio dello Spirito quando sembrava già concluso.

In quanto abbiamo vissuto abbiamo potuto cogliere il segno di quella speranza, celebrata nel Giubileo, che non smettiamo di cercare e di annunciare nel suo venire da Dio. La speranza non è nei disegni più o meno efficaci di riorganizzazione della vita ecclesiale, ma nel coraggio di farsi pellegrini, di mettersi in strada, sapendo che se Gesù Cristo è la via e la porta, è dentro i percorsi della storia comune che chiede di essere riconosciuto e seguito.

Ce lo ha ricordato papa Leone XIV nel suo discorso ai vescovi italiani all’indomani dell’elezione al soglio pontificio. Un invito a puntare sull’essenziale: «Guardate al domani con serenità e non abbiate timore di scelte coraggiose! Nessuno potrà impedirvi di stare vicino alla gente, di condividere la vita, di camminare con gli ultimi, di servire i poveri. Nessuno potrà impedirvi di annunciare il Vangelo, ed è il Vangelo che siamo inviati a portare, perché è di questo che tutti, noi per primi, abbiamo bisogno per vivere bene ed essere felici».

È questa, credo, la direzione che si apre dinanzi a noi nell’anno che sta per cominciare: essere Chiesa di tutti e per tutti, Chiesa di popolo che aiuta a vedere la luce anche tra le tenebre, a cercare testardamente quella pace che i popoli invocano e che ha il potere «di illuminare e allargare l’intelligenza», che «resiste alla violenza e la vince» ( Messaggio per la Giornata mondiale della pace 2026); una Chiesa che sappia annunciare un Dio dei giorni feriali e non solo della domenica, il Dio che è per tutti forza, coraggio, consolazione, pienezza di vita.

Messe nel terzo anniversario della morte di Benedetto XVI

 Messe nel terzo anniversario della morte di Benedetto XVI QUO-297

Nel terzo anniversario della morte di Benedetto XVI, avvenuta il 31 dicembre 2022, vengono celebrate due messe di suffragio. La prima, presieduta in lingua inglese dal cardinale Gerhard Ludwig Müller, prefetto emerito della Congregazione per la Dottrina della fede, si è tenuta il 30 dicembre, alle 18, all’altare della Cattedra della basilica Vaticana e viene trasmessa in streaming sul portale di VaticanNews, raggiungibile al link https://www.vaticannews.va/ . Oggi alle 7 una seconda messa in lingua tedesca si terrà invece nelle Grotte Vaticane, presso l’altare della tomba del compianto Pontefice, e sarà presieduta dal cardinale Kurt Koch, prefetto del Dicastero per la Promozione dell’unità dei cristiani.

Osservatore Romano

Contro il “mainstream” bellicista

 Contro  il “mainstream” bellicista  QUO-297

Osservatore Romano

di Roberto Paglialonga

Bisogna sempre credere «che la pace è possibile, è la premessa di ogni nostro discorso», a maggior ragione in un mondo e in un tempo lacerati da una “terza guerra mondiale a pezzi”, che continuamente fa esplodere nuovi focolai di tensione. Ne è convinto Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio e professore di storia contemporanea all’Università di Roma Tre, nel commentare il Messaggio di Papa Leone per la LIX Giornata mondiale della pace.

Il Santo Padre è «chiarissimo» nel sottolineare come lui, «assieme a tutta la Chiesa, creda che la pace è possibile». E va controcorrente rispetto a una cultura e a una società, nelle quali ormai «sentiamo parlare solo di guerra possibile e pace impossibile», al punto che prevale l’idea dell’inevitabilità del conflitto. «La guerra ha purtroppo conquistato le menti e i cuori di molti governanti del mondo», e questo pensiero «è stato declinato a tanti livelli, anche nell’opinione pubblica». Il messaggio di Leone, invece, aggiunge Impagliazzo, è «veramente alternativo al mainstream» bellicista di questo tempo. Per il Papa è possibile una pace che parta dal disarmo degli arsenali e degli spiriti, come diceva anche Giovanni XXIII, e che sia «disarmante a partire dall’atteggiamento concreto, vivo, di ogni persona», attraverso «l’amore, l’incontro e la capacità di dialogo. E questa stessa capacità di essere disarmati e disarmanti deve diventare anche quella degli Stati, e del rapporto tra loro e con i popoli». Non scontato né semplice, visti gli oltre 50 conflitti aperti nel mondo, e se si pensa che nel 2024 le spese militari a livello globale sono cresciute del 9,4% rispetto al 2023, raggiungendo il 2,5% del Pil mondiale (dati Sipri).

Tuttavia, proprio dal Natale, ovvero dall’avvenimento della nascita di un bambino indifeso «che con la sua vita diventa il Salvatore dell’universo», riceviamo il suggerimento che «la vera forza non è quella dei potenti o degli armati, ma dei disarmati, come lo era Gesù», sottolinea Impagliazzo: «Da lui mai abbiamo sentito parole che non fossero disarmanti», non violente. Parole che, tra l’altro, «hanno creato nella storia una nuova cultura: della fraternità universale, dell’amore, dell’attenzione ai piccoli, agli ultimi e agli scartati. E che costituiscono le novità incredibili introdotte dal cristianesimo». Pertanto, si vede come «rilanciare questo messaggio sia cruciale nel nostro tempo».

Drammatico, denuncia Leone nel testo, è oggi, però, aver perso il senso della memoria, «in particolare quella dei grandi mali del Novecento: le due guerre mondiali, la Shoah, e tutti gli altri genocidi», ricorda il presidente di Sant’Egidio. Così, «non investendo più sulla memoria e non studiando più la storia — perché ora si insegna a giudicare, ma non a comprendere le grandi vicende — l’educazione dei giovani è piatta, non ha passato né presente né futuro». Un aspetto su cui, invece, la Chiesa «investe», ed è chiamata a investire sempre, così come sull’educazione alla pace, «che è fondamentale e dovrebbe essere ancor più valorizzata».

Su questo aspetto, conclude il professore, essenziale è il ruolo delle religioni, che Robert Francis Prevost richiama espressamente nel suo testo. Nell’ottobre 1986, ad Assisi, «Giovanni Paolo II aprì la strada, sulla scia del Concilio Vaticano II e della Nostra Aetate, per riportare il tema della pace al cuore del messaggio delle religioni, un messaggio che esse già hanno nel loro dna, nonostante spesso siano prevalse altre tendenze». Da allora grandi passi avanti sono stati fatti soprattutto attraverso l’incontro, il dialogo, la conoscenza reciproca. «Oggi, a qualsiasi livello l’incontro tra le religioni è parte integrante del messaggio della pace, e arriva ai popoli. Questi ne sono grandemente influenzati, e dunque laddove le religioni si incontrano» trasmettono ai popoli la convinzione che «è possibile vivere insieme in pace. A Wojtyła dobbiamo sempre essere grati per aver messo questo tema al centro del dibattito non solo religioso, ma anche politico e sociale del mondo».

Speranza di pace

2top.jpg

La colomba della pace invita a guardare verso l’alto, verso quella stella che conduce alla Vita e alla Verità. Ma l’uomo-macchina si ostina invece a volgere lo sguardo verso il basso, chiuso in sé stesso e nel proprio egoismo. È una macchina dalle sembianze umane, sempre più umane, che ha potenzialità sempre più grandi, quasi senza limiti. E guarda (con stupore?) quell’essere che ha tra le mani: la colomba della pace. La pace è nelle sue mani. Può soffocarla o lanciarla per realizzare il suo sogno di speranza.

L’illustrazione di Filippo Sassoli riassume bene il senso di un anno che sta per concludersi e di un altro pronto ad iniziare.

Indubbiamente, lo sviluppo dell’intelligenza artificiale ha contrassegnato il 2025. Con risultati che già appaiono più che promettenti — pensiamo in campo sanitario —, ma anche con segnali inquietanti: pensiamo all’uso nel campo bellico.

Come sottolineato da Leone XIV nel suo primo messaggio per la Giornata mondiale della pace, oggi «l’ulteriore avanzamento tecnologico e l’applicazione in ambito militare delle intelligenze artificiali» hanno radicalizzato «la tragicità dei conflitti armati». Il Pontefice mette in guardia da «un processo di deresponsabilizzazione dei leader politici e militari, a motivo del crescente “delegare” alle macchine decisioni riguardanti la vita e la morte di persone umane».

Si tratta — è il monito del Papa — di «una spirale distruttiva, senza precedenti, dell’umanesimo giuridico e filosofico su cui poggia e da cui è custodita qualsiasi civiltà». Di qui, l’appello a «denunciare le enormi concentrazioni di interessi economici e finanziari privati che vanno sospingendo gli Stati in questa direzione», favorendo, al contempo, «il risveglio delle coscienze e del pensiero critico».

Risvegliare le coscienze è dunque tra le speranze del nuovo anno. Speranze che hanno contraddistinto il Giubileo del 2025, dedicato proprio alla virtù teologale che non delude. Ma certamente, tra gli auspici del 2026 c’è anche la pace, quella «disarmata e disarmante» così spesso invocata da Leone XIV. Perché, che si abbia o meno il dono della fede, occorre «aprirsi alla pace»: essa «è una presenza e un cammino», «un principio che guida e determina le nostre scelte», «un dono che consente di non dimenticare il bene, di riconoscerlo vincitore, di sceglierlo ancora e insieme».

La preghiera per la pace sarà al centro anche dei prossimi impegni del Pontefice che da ieri sera è a Castel Gandolfo, da dove rientrerà nelle prossime ore. Giovedì 1° gennaio, solennità di Maria santissima Madre di Dio nell’Ottava di Natale, nonché LIX Giornata mondiale della pace, il vescovo di Roma presiederà alle 10, nella basilica Vaticana, la santa messa. Nel medesimo luogo, il giorno precedente, alle 17, celebrerà i Primi Vespri, cui farà seguito il tradizionale canto dell’inno «Te Deum», a conclusione dell’anno civile. Sempre il 31 dicembre, alle 10 in piazza San Pietro, si terrà l’ultima udienza generale del 2025.

Osservatore