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Oggi 15 Ottobre 2024 Festa delle Case della Carità a Reggio Emilia, segui la diretta

Martedì 15 ottobre, alle 16.30, la Congregazione Mariana delle Case della Carità invita tutti al Palazzetto dello Sport di Reggio Emilia per la festa annuale in memoria di Santa Teresa d’Avila.

Nel corso della Celebrazione l’Arcivescovo Giacomo Morandi accoglie la professione solenne di suor Marie Thérèse de Notre Dame du Mont Carmel e suor Rossella della Madonna della Ghiara. Diretta su La Libertà Tv e Teletricolore.

Accogliere la paura senza negarla, dare un senso al buio, svelarne la bellezza e il mistero

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È il filo rosso che corre tra le pagine di questo albo – vincitore del concorso Lucca junior 2023/24. Premio di illustrazione editoriale “Livio Sossi” – che contiene in sé una grande intuizione perché la paura nasce dall’ignoto e più dalle fantasie che non dalle esperienze. Dunque ecco il grande orso gentile con un manto di stelle arrivare lentamente con il tramonto o di colpo, mentre la luce si spegne ma in entrambi i casi per accogliere e avvolgere il mondo in un caldo abbraccio. I brividi non si possono cancellare perché il buio nasconde ogni cosa e impone domande su ciò che può accadere quando manca il controllo dei sensi. Sebbene abituarsi al buio consenta poi di attivare la vista, distinguere le ombre e dare contorni alle cose. Come al solito sono i diversi punti di vista a costruire le convinzioni. Una storia che tranquillizza e può riconciliare i più piccoli con le proprie paure. Dai 3 anni

Avvenire

Moda etica. Con Ape social wear l’abbigliamento si fa etico: «Così promuoviamo il bene»

Ape sta per «all people enlightened» che in italiano si può tradurre «ogni persona è illuminata» ed è l’impresa sociale di Alessandro Ferrari

Con Ape social wear l’abbigliamento si fa etico: «Così promuoviamo il bene»

Ape sta per «all people enlightened» che in italiano si può tradurre «ogni persona è illuminata». Ed è anche il logo grazioso e intuitivo di Ape social wear, brand di moda etica: raffigura un’ape e a inventarlo è stato Alessandro Ferrari. Nato e cresciuto a Sesto San Giovanni, in provincia di Milano, prima grafico pubblicitario in un’azienda milanese, poi studente alla facoltà di Scienze Religiose, quindi responsabile laico in oratorio a Pozzuolo Martesana, Monza e Busto Arsizio e nelle scuole salesiane di San Donato Milanese: una vita, tanti incontri per Alessandro che oltre vent’anni fa decise di intraprendere un nuovo cammino, lasciando il mondo delle aziende per poi tornarci, ma con un ruolo e delle motivazioni differenti.

Quella di oggi è la sua quarta vita professionale, in qualità imprenditore sociale e creatore di Ape social wear, un brand di moda etico con un primo negozio monomarca aperto a Lissone. Al suo interno dal 2021 a oggi hanno lavorato come commessi diversi ragazzi e ragazze con disabilità legate alla cooperativa La vite di Arcore. Alessandro con la mente torna subito indietro nel tempo, ricordando chi quella «conversione», come la definisce lui stesso, tanti anni fa l’ha favorita, coltivata e aiutata a crescere: «Il sacerdote con cui sono cresciuto all’oratorio è stato don Paolo Zago. Mi ha portato a sentire i concerti del Gen rosso da ragazzino e oggi sono entusiasta di poter fare magliette splendide per quella stessa band».

Prima di aprire la sua impresa sociale, Ferrari aveva lavorato come educatore negli oratori ambrosiani: «Un giorno ero in parrocchia e un ragazzo, tra gli animatori con cui lavoravo, indossava una maglietta con su scritta una parolaccia, gli dissi “è vero che l’abito non fa il monaco, ma mi pare comunque lontana dal contesto in cui siamo”. Gli chiesi di togliersela e gliene diedi una bianca su cui scrissi con un pennarello “Il bene genera bene”. Alla fine della giornata vennero altri giovani animatori a chiedermi di quella maglietta: era piaciuta». Da allora c’è voluto ancora molto tempo per creare il brand di moda solidale, Ape social wear: «In quel momento, però, capii che quello che desideravo fare era disegnare magliette – spiega il fondatore del brand – mandare messaggi positivi e inclusivi, attraverso quello che indossiamo». Ogni prodotto, dalle t-shirt alle tazze, dai quaderni alle borracce, a fianco del logo, propone un messaggio positivo incentrato sul “Bene che genera bene” per ispirare non solo chi indossa la maglietta o beve dalla borraccia, ma anche chi intorno si ritrova a leggere questi motti o frasi ispirazionali: «Non ero interessato a produrre delle magliette spiritose» ammette, pur sapendo che, forse, se avesse scelto quella strada più commerciale il suo business avrebbe funzionato ancora di più.

La bontà del progetto di Alessandro e le sue forti motivazioni etiche non lasciano troppo spazio ai dubbi: i prodotti di Ape hanno colori sgargianti, grafiche spettacolari, portano in giro messaggi di senso, che facciano riflettere, «è questo che ho sempre desiderato, so di rivolgermi a una nicchia di persone che gravitano nel mondo del volontariato, dell’associazionismo e delle parrocchie e so anche che spesso non hanno tanti soldi da spendere, ma non mi importa»; la vocazione al bello e al bene fa superare gli ostacoli, esattamente come recitano le sue t-shirt, “Chi cambia sé, cambia il mondo” e “La strada si apre camminando”.

E in questo cammino che Alessandro vorrebbe continuare, avrebbe tanto bisogno non tanto di un socio, ma di un «sognatore», come lo definisce lui stesso, che dia una mano a portare il brand Ape più vicino ai luoghi della fede: «Mi piacerebbe poter aprire un secondo negozio ad Assisi o Roma per incidere di più con messaggi di cambiamento e gioia e anche qui creando occasioni di lavoro per persone con disabilità». «Il mio vero sogno è diventare il Pizza Aut dell’abbigliamento etico» rilancia con entusiasmo Alessandro, continuando a scegliere di promuovere il bene, l’ambiente, la solidarietà e soprattutto di far ruotare la sua vita e quelle delle persone che ronzano vicino ad Ape social wear, attorno alla parole “restituzione” e “comunità” che sempre hanno contraddistinto il suo cammino.

avvenire.it

Oltre la Giornata. Persone Down, quanto manca alla vera inclusione?

Molta ottima teoria, ma l’integrazione è ancora lontana. Le associazioni che hanno animato la Giornata nazionale sanno che la strada è ancora lunga. E per questo si impegnano a sensibilizzare

Un'immagine del video proposto da CoorDown "Pensa che io posso, così forse potrò"

Un’immagine del video proposto da CoorDown “Pensa che io posso, così forse potrò”

avvenire

Parlano ancora di inclusione sociale e di lotta alla discriminazione i messaggi della Giornata nazionale delle persone con sindrome di Down (#gnpd2024 l’hashtag sui social network) che ricorreva domenica 13, come ogni seconda domenica di ottobre. Associazione italiana persone Down (Aipd), con le sue 52 sezioni sparse per l’Italia, e CoorDown, che riunisce 52 associazioni nel nostro Paese, sono state presenti come sempre nelle piazze e in altri luoghi di aggregazione sociale (sagrati delle chiese, supermercati, ecc.) per far conoscere le loro attività in favore di bambini, giovani e adulti con sindrome di Down e delle loro famiglie, e per raccogliere fondi per sostenere i progetti di sviluppo e inclusione, anche grazie alla vendita di tavolette di cioccolato del commercio equo e solidale.

Se la condizione genetica della sindrome di Down, con i suoi 47 cromosomi, è ovviamente immodificabile, quello che occorre cambiare – rilevano da tempo le associazioni – è l’atteggiamento della società nei confronti delle persone con sindrome di Down. Il miglioramento delle cure mediche ha allungato in maniera significativa la vita delle persone con la sindrome (oggi l’80% di loro raggiunge i 55 anni e il 10% i 70, con tendenza a crescere), ma ci sono ancora molti stereotipi da vincere. Infatti spesso l’accoglienza nel percorso scolastico è più formale che sostanziale: troppa la carenza di insegnanti di sostegno specializzati, ed è stato riformato nel 2023 il contestato decreto interministeriale 182/2020, che prevedeva la possibilità di esonero degli alunni con disabilità dallo studio di alcune materie, che aveva fatto nascere il Comitato #noesonero.

Entrare nel mondo del lavoro comporta ancora tanta fatica per le persone con sindrome di Down nonostante la presenza di una legge specifica (68/1999) sul collocamento mirato: da una recente indagine di CoorDown emerge che solo il 17,3% dei maggiorenni con sindrome di Down svolge un’attività lavorativa. Il messaggio che diffonde CoorDown riprende la campagna lanciata a marzo in occasione della Giornata mondiale delle persone con sindrome di Down: “Pensa che io posso, così forse potrò”. Nello spot – interpretato dall’attrice canadese, con sindrome di Down, Madison Tevlin – appaiono diverse situazioni in cui la mancata fiducia nei confronti della giovane donna le impediscano di crescere: bere un cocktail (le viene offerta un’aranciata), andare a vivere da sola (viene coccolata dai genitori), fare uno sport come la boxe (non viene allenata con convinzione) o studiare i versi di Shakespeare (le vengono proposti testi elementari).

Viceversa, messa alla prova, la ragazza si mostra capace di misurarsi con le esperienze della vita adulta. Puntualizza Martina Fuga, presidente di CoorDown: «Dare fiducia, alzare le aspettative e offrire opportunità concrete di cambiamento alle persone con sindrome di Down in ogni ambito della vita significa aprire nuove strade, creare possibilità e ribaltare gli stereotipi. Significa rispondere alle loro esigenze e desideri e sostenerli affinché si realizzino pienamente nelle loro vite». Anche lo spot di Aipd, realizzato dal duo comico Le Coliche con Aldo (interpretato da Andrea Moriconi, giovane con la sindrome di Down), vuole smentire la narrazione comune che vede le persone con sindrome di Down come sempre socievoli e allegre: Aldo invece è di cattivo carattere, scontroso, e invece di presenziare ai banchetti in piazza con i volontari di Aipd annuncia che preferisce dormire e andare a vedere la Roma allo stadio. «Chi ha la sindrome di Down, o qualsiasi altra disabilità, non è santo, né martire, né eroe – sottolinea Gianfranco Salbini, presidente di Aipd nazionale –. Eppure, le cronache ci parlano di queste persone per lo più quando compiono qualcosa di drammatico, o di straordinario. Noi, che come famiglie e come associazione viviamo ogni giorno accanto a loro, sappiamo quanto sia difficile superare questa immagine e veder riconosciuto il loro diritto a essere semplicemente ciò che sono».

Lunedì dello spirito. La preghiera: siamo le mani di Dio

Ogni settimana uno spazio pensato per la riflessione personale con l’aiuto di testimoni della fede e maestri spirituali. Oggi sulla fatica ma anche la bellezza di spendersi per la carità del Signore

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undefined – Agenzia Romano Siciliani

La fede è un dono, una responsabilità, ma anche una gioia da non tenere solo per noi stessi. Troppo spesso lo dimentichiamo, non siamo capaci di testimoniare con la nostra vita che credere in Dio vuol dire essere in cammino verso la piena felicità, che poi è il sogno del Padre buono per ciascuno dei suoi figli. Un progetto che si realizza momento dopo momento e che per sua natura deve essere condiviso. Non a caso, se siamo onesti con noi stessi, ci rendiamo conto che le soddisfazioni più grandi le abbiamo provate quando abbiamo aiutato a star meglio un’altra persona, regalandole un po’ di gioia. Ecco allora che mettersi al servizio di Dio, pur nell’oggettiva fatica, diventa una piccola scuola di felicità. È rendersi conto, come recita la preghiera di padre Jean-Luc Lefrancois, che le nostre mani possono diventare le mani di Dio.

«O Dio, tu ci hai creati con un corpo,
con i piedi per venire incontro a te,
con la testa per pensare,
con il cuore per imparare ad amare.
O Dio, tu ci hai dato le mani per stringere altre mani,
e non per serrarle in pugni violenti.
Mani aperte come un’offerta
come una preghiera di domanda e di grazie.
Mani che benedicono, mani che accolgono,
mani che ricevono il pane di vita.
O Gesù, con le tue mani,
hai innalzato il povero e l’escluso,
non hai gettato la pietra ma condiviso il pane,
hai portato la croce…
O Gesù, con le tue mani,
hai fatto passare Tommaso dal dubbio alla fede.
Le mani del Risorto ci invitano a sperare
a prenderci per mano, a non far cadere le braccia
davanti alla morte e all’isolamento.
O Dio, insegnaci a condividere di più, perché
le nostre mani sono il prolungamento del cuore
e diventano le tue mani,
quelle che danno vita».

avvenire

L’Italia travolge Israele, finale Nations League vicina

Italia Israele - RIPRODUZIONE RISERVATA

Italia batte Israele 4-1 nella quarta giornata di Nations League

“Va molto bene cosi’, anche se abbiamo avuto la possibilita’ di fare piu’ gol”.

Luciano Spalletti commenta cosi’, ai microfoni di RaiSport, il 4-1 a Israele a Udine, nella quarta giornata di Nations League. “Siamo stati squadra anche oggi – ha aggiunto il ct azzurro – Non abbiamo concretizzato occasioni create in modo clamoroso: contro una squadra che faceva densita’ davanti all’area, arrivare tante volte soli davanti al portiere vuol dire che avevamo creato qualcosa di importante…”. Quanto al primato del girone, “ora a novembre ci aspettano due partite difficili, con Francia e Belgio, e dobbiamo fare ancora punti”.

“Ero emozionato per portare la fascia da capitano, poi i due gol sono qualcosa di stupendo. Li ricorderò per tutta la vita. Momenti complicati capitano a tutti i giocatori. A me è capitato lo scorso anno, ma con equilibrio sono andato avanti. Poi la gente si fissa. Quest’anno ho iniziato in maniera importante con il Napoli e con la Nazionale. Vado avanti così. Era una partita difficile l’abbiamo approcciata bene”. Giovanni Di Lorenzo, ai microfoni della Rai, appare visibilmente soddisfatto per la sua prima doppietta con la maglia Azzurra realizzata contro Israele in Nations League.

Un boato ha accolto Daniel Maldini al suo ingresso in campo nella partita dell’Italia contro Israele in Nations League. E’ la terza generazione di Maldini a vestire la maglia azzurra. Il giocatore del Monza, figlio di Paolo e nipote di Cesare, è entrato al 38′ del secondo tempo al posto di Giacomo Raspadori.

GOL

Italia-Israele 4-1 – Il capitano Di Lorenzo in gol all’80. Per lui doppietta questa sera

Italia-Israele 3-1 – terza rete degli azzurri di Frattesi al 73′

Italia- Israele 2-1 – Accorcia Mohammed Abu Fani al 66′

Italia-Israele 2-0 raddoppia Di Lorenzo al 54′ di testa

Italia-Israele 1-0 – Gol di Retegui al 41′ su calcio di rigore

Sono passati poco più di 100 giorni dalla partita senza storia con la Svizzera che costò gli Europei, ma per l’Italia di Spalletti sembra trascorsa un’era. Quel gruppo impaurito si è trasformato in un branco affamato di rivincita che fa un sol boccone di Israele (4-1) e scappa in vetta alla classifica del girone di Nations League, a un passo dalla qualificazione matematica alla finale a otto che varrebbe anche la posizione di testa di serie al sorteggio per le qualificazioni mondiali. Da segnare il debuttto di Daniel Maldini, terza generazione di campioni. Quello di Udine e’ anche un match che verrà ricordato per le straordinarie misure di sicurezza, nei giorni di forti tensioni in Medio Oriente; tutto blindato fuori dallo stadio, cecchini sui tetti, mentre lontano dall’impianto sfilaavano per la citta’ i pro Palestina. In campo, invece, tutto comincia con fischi all’inno di Israele (coperti poi dagli applausi) e finisce con un invasore ‘pacifico’, placcato prima di arrivare a chiedere la maglia di Calafiori. Spalletti ripropone la formazione che aveva dominato il Belgio nei primi 40′ a Roma, con Raspadori al posto dello squalificato Pellegrini: uniche novità sono Fagioli per Ricci, in cabina di regia, e il portiere Vicario – per capitan Donnarumma – che gioca nella città in cui è nato e cresciuto calcisticamente. Ben Shimon risponde affidandosi all’estro di Gloukh per colpire in ripartenza. Sprintano subito gli azzurri, ma sono gli ospiti, all’8′, ad andare a un passo dal vantaggio. Fagioli perde una palla sanguinosa nella propria metà campo e proprio Gloukh, talento ventenne del Salisburgo, avanza e dal limite lascia partire un rasoterra che esce di un soffio. L’Italia non si scompone e al 15′ si divora la rete: lo splendido lancio dalla destra di Di Lorenzo mette solo davanti alla porta Retegui, Glazer risponde da campione al tiro potente.

Passano 3′ minuti e il copione si ripete: Raspadori pesca Frattesi che d’esterno al volo libera ancora Retegui al limite, la sciabolata del centravanti sembra indirizzata in fondo al sacco ma Glazer si supera ancora e mette in angolo. Il tiro al bersaglio prosegue al 20′: Tonali riceve solo in area piccola e scarica una fucilata che centra il portiere avversario. Tre enormi occasioni gettate al vento in soli 5′ che lasciano nella disperazione il ct Spalletti, che torna sulla panchina dello stadio Friuli a quasi vent’anni dalla sua cavalcata con i bianconeri. Gli azzurri riprendono fiato solo per una decina di minuti e al 30′ Dimarco, con il solito sinistro fatato, mette un cross liftato su cui Frattesi non arriva di un soffio e Retegui, sempre lui alle spalle sparacchia sull’esterno. Al 32′ D. Peretz gioca da centroboa e assiste l’accorrente Gloukh la cui mira fa difetto. Poi al 40′ Tonali riceve un inutile pestone per un intervento in ritardo di D. Peretz all’ingresso in area, ma in posizione defilata, e Retegui stavolta esegue la sentenza dal dischetto per la sua sesta rete in nazionale. Gli ospiti vacillano, due minuti dopo Raspadori lascia correre la sfera e si fa anticipare invece che spingere verso la porta una sorta di rigore in movimento. Primo tempo spumeggiante e vantaggio minimo bugiardo. La ripresa parte con un avvicendamento in cabina di regia, Ricci si posiziona davanti alla difesa al posto di uno spento Fagioli ma lo schema è il medesimo della prima frazione: azzurri in pressing asfissiante a tutto campo. Proprio su una palla rubata all’8 scaturisce una punizione dal limite per un fallo di mani. Sul cross pennellato di Raspadori, Di Lorenzo salta più in alto di tutti e insacca di testa.

Un raddoppio, meritato, tutto in salsa napoletana. Il match si riapre improvvisamente al 22′: Abu Fani calcia un angolo a rientrare e Baltaxa sembra ostruire l’uscita di Vicario che gli salta letteralmente sulla schiena: non è dello stesso avviso Ricardo de Burgos che convalida tra le proteste degli azzurri e del Bluenergy. I padroni di casa non ci stanno e un solo minuto dopo sfiorano la rete con un’inzuccata di Bastoni che l’ennesimo intervento stupefacente di Glazer spinge in angolo. Il gol arriva al 27′: Dimarco, ormai fantasista di sinistra, vede l’inserimento di Frattesi che non dà scampo al portiere avversario. Stavolta all’insegna delle due formazioni che si stanno contendendo la vetta del campionato, la marcatura è tutta a tinte nerazzurre. C’è tempo anche per aggiornare l’almanacco: Daniel Maldini fa il suo debutto in azzurro nello stadio in cui papà Paolo iniziò la sfavillante carriera in A e nella regione del triestino nonno Cesare. Proprio il figlio e nipote d’arte innesca la rete del poker, favorendo l’inserimento di Udogie e l’assist per il rimorchio di Di Lorenzo, che segna una doppietta personale che getta alle spalle quell’Europeo da dimenticare. Spiccioli di gara ed esordio in nazionale anche per il beniamino di casa Lorenzo Lucca in uno stadio ormai colmo d’entusiasmo.

ansa

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