
Settimana News
«In un contesto culturale complesso, il Simbolo di Nicea è riuscito a mediare l’essenza della fede attraverso le categorie culturali e filosofiche dell’epoca. Tuttavia, pochi decenni dopo, nel primo Concilio di Costantinopoli, vediamo che esso viene approfondito e ampliato e, proprio grazie all’approfondimento della dottrina, si giunge a una nuova formulazione: il Simbolo niceno-costantinopolitano, quello comunemente professato nelle nostre celebrazioni domenicali. Impariamo anche qui una grande lezione: è sempre necessario mediare la fede cristiana nei linguaggi e nelle categorie del contesto in cui viviamo, come fecero i Padri a Nicea e negli altri Concili. Allo stesso tempo, dobbiamo distinguere il nucleo della fede dalle formule e dalle forme storiche che lo esprimono, le quali restano sempre parziali e provvisorie e possono cambiare man mano che approfondiamo la dottrina» (Leone XIV, Cattedrale di Istanbul, 28 novembre 2025).
Confesso che da un po’ di tempo il linguaggio utilizzato nelle celebrazioni liturgiche “ufficiali” (presiedute, cioè, da presbiteri o diaconi ligi nell’osservanza scrupolosa delle “rubriche”) non intercetta più la mia esistenza: mi sembra talmente ingessato nel suo alone sacrale da risultare distante e ripetitivo, ma soprattutto poco nutritivo per la mia vita cristiana di fede, speranza e carità.
Avverto questa sensazione in particolare quando, invitato a “recitare il credo” sia nella formulazione niceno-costantinopolitana che in quella apostolica, ho la netta impressione di proclamare delle verità non in grado di scaldare il cuore.
A causa della presenza sempre più ridotta di presbiteri o della presenza irrisoria di diaconi, mi capita, peraltro, di partecipare spesso a “liturgie della Parola” organizzate e gestite con libertà e fantasia da laici e laiche debitamente preparati/e e profondamente consapevoli di quanto promesso da Gesù: «Dove due o tre si riuniscono nel mio nome, là ci sono io in mezzo al loro» (Mt 18,20).
Nell’occasione, mantenendo fermo il messaggio cristiano in quello che ha di essenziale, il “credo” è pregato con formule continuamente riscritte e modificate per renderle più prossime al nostro immaginario culturale: una delle più utilizzate è la seguente che rispetta sostanzialmente l’architettura generale del simbolo niceno-costantinopolitano.
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Credo in Dio che ci è Padre e Madre, mistero di amore e misericordia. Dal suo nome santo e sublime che trascende, permea e abita tutte le cose, scaturisce ogni bene. Credo in Dio che ha pensato gli esseri umani a sua immagine e somiglianza, dando loro un cuore capace di conoscerlo e chiamandoli a condividere, in una alleanza d’amore, la sua stessa vita. Credo in Dio che vuole radunare popoli e lingue senza distinzione di razza, di sesso o di condizione sociale per invitarle gratuitamente a fare festa alla sua presenza.
Credo in Gesù Cristo, pienamente Dio e pienamente Uomo, passato tra di noi beneficando e risanando coloro che erano sotto il potere del male perché Dio era con lui. Ha fatto udire i sordi e parlare i muti e ha annunciando che il Regno di Dio si è reso vicino. È stato amico dei poveri e degli oppressi e ha chiamato alla conversione i peccatori, rivelando a tutti l’amore misericordioso di Dio Padre. Credo in Gesù Cristo, «Dio con noi», incarnazione e umanizzazione del Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe, che nessuno ha mai visto, ma che con tenerezza infinita ama relazionarsi con noi.
Credo nello Spirito Santo, immagine della libertà di Dio che non si lascia catturare in formule, riti o rappresentazioni. Credo nello Spirito Santo, presenza discreta e silenziosa che penetra la corazza del nostro cuore e apre nuove possibilità di vita. Credo nello Spirito Santo, soffio di libertà, verità e speranza, che apre alla comprensione della Parola per leggere l’oltre nelle pieghe di ogni presente e orientare alla scoperta quotidiana e sorprendente della volontà salvifica di Dio.
Credo la Chiesa, chiamata ad essere testimone del Regno di Dio, comunità di discepoli e discepole sempre da rinnovare e da purificare per annunciare e testimoniare, nella concretezza della vita, l’amore liberante di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo per tutti i popoli della terra.
Credo la comunione delle persone raggiunte e contagiate dalla grazia che, nell’ascolto perseverante della Parola di Dio e con la potenza dello Spirito, rendono credibile anche oggi l’Evangelo di Gesù.
Credo la remissione dei peccati perché la misericordia di Dio, onnipotente nell’amore e ricco di grazia e di fedeltà, avvolge tutta la mia esistenza, pacifica il mio cuore e mi rende capace a mia volta di misericordia.
Credo la resurrezione dei morti perché Gesù Cristo, morto in croce sotto Ponzio Pilato, è veramente risorto. Credo che nella sua resurrezione vi è il futuro ultimo del mondo e dell’umanità.
Credo la vita che continua oltre la morte, nella compagnia di Dio e di tutte le persone amate. Credo che il disegno di Dio sia di ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo e quelle della terra. Credo che l’attesa di cieli nuovi e terra nuova mi impegni a operare secondo giustizia e responsabilità per la costruzione, qui e ora, di un mondo migliore. Amen.