In vista del Natale ormai alle porte l’Arcivescovo di Reggio Emilia ha raccomandato che non manchi il Presepe introdotto da San Francesco – patrono d’Italia e tessitore di pace. “Celebrando il Natale, non dimentichiamo il Festeggiato”

“Un presepe in ogni casa” era stato l’invito lanciato dall’arcivescovo Giacomo in coincidenza con l’ottavo centenario dell’invenzione del primo presepe fatta a Greccio da San Francesco d’Assisi. E’ una bellissima tradizione plurisecolare quella del presepe: presente nelle case, nelle chiese; ma, perché no, in ogni luogo di vita, di lavoro, nelle scuole, negli ospedali, nelle carceri, nelle piazze, nelle vetrine.

La ricorrenza centenaria era stata celebrata anche da Papa Francesco nella lettera apostolica “Admirabile signum”: il mirabile segno del presepe, così caro al popolo cristiano, suscita sempre stupore e meraviglia. Rappresentare l’evento della nascita di Gesù, equivale ad annunciare il mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio con semplicità e gioia. Il presepe, infatti, è come un Vangelo vivo.

Anche in occasione della recente festa del patrono San Prospero l’arcivescovo Giacomo  aveva ribadito che occorre una “sana gelosia” per i simboli cristiani che hanno costruito la nostra comunità. E accennando alla festa del Natale, che si celebra da due millenni, ha raccomandato che non manchi il Presepe introdotto da San Francesco – patrono d’Italia e tessitore di pace. “Celebrando il Natale, non dimentichiamo il Festeggiato” aveva raccomandato mons. Morandi, evitando di ridurre la ricorrenza agli “auguri invernali; concetto ribadito il 2 dicembre scorso in occasione del ritiro d’avvento con le aggregazioni ecclesiali.

Stampa Reggiana

Parrocchia dei Santi Agostino, Stefano e Teresa in Reggio Emilia. CALENDARIO DELLE FESTE FINO AL 1° GENNAIO

CALENDARIO DELLE FESTE FINO AL 1° GENNAIO

SACRAMENTO DELLA RICONCILIAZIONE


Venerdì 19 dicembre                     dalle 17.30 alle 19.30      S. Stefano      don Luca

Domenica 21 dicembre                 dalle 16.30 alle 18.30     S. Teresa         don Luca
Lunedì 22 dicembre                      dalle 10.00 alle 12.00     S. Stefano      don Luca
                                                          dalle 16.30 alle 18.00     S. Agostino    don Mauro

Mercoledì 24 dicembre                dalle 09.00 alle 13.00   S. Agostino    don Luca
                                                          dalle 15.00 alle 18.30     S. Agostino    don Mauro

                                      CELEBRAZIONI DELLE SOLENNITA’


Mercoledì 24 dicembre                                  ore 24.00     Messa di Natale di mezzanotte

Giovedì 25 dicembre – S. Natale                  Orario Festivo

                                                                             ore  8.45       S. Agostino

                                                                             ore 10.00     S. Stefano

                                                                             ore 11.00       S. Teresa

                                                                             ore 11.30       S. Agostino

Venerdì 26 dicembre – S. Stefano                ore  8.45       S. Agostino

                                                                             ore 10.00     S. Stefano

                                                                             ore 11.00       S. Teresa

Sabato 27 dicembre – S. Messa prefestiva  ore 18.30 S. Agostino

Domenica 28 dicembre – Santa Famiglia    Orario Festivo

                                                                             Nel pomeriggio chiusura dell’anno giubilare con il Vescovo

Mercoledì 31 dicembre                                    ore 18.30 S. Messa con Te Deum – unica messa

Giovedì 1 gennaio Santa Madre di Dio          Orario Festivo

Il suono che scandisce la vita, a Belluno la mostra sulle campane storiche

La mostra sulle campane a Bellune, nella foto la storica Campana dell'Italia realizzata dalla Comunità di San Francesco

Inaugurata a Facen di Feltre “Parole, angeli e campane”, la rassegna promossa dalla Comunità Villa San Francesco con esposti 500 esemplari di varie dimensioni provenienti da 84 Paesi di tutto il mondo, oltre alla grande Campana dell’Italia nata dalla fusione dei metalli inviati dai singoli donatori. Il vescovo Marangoni: “La campana chiama a coinvolgerci nell’umanità come cristiani”. La benedizione di Leone XIV: “Proseguire nelle lodevoli attività a favore di quanti vivono nella sofferenza”
Alvise Sperandio – Belluno – Vatican News

Un suono di speranza e di pace. Che accompagna ogni giorno e tutti i momenti della vita, sin dai suoi estremi: la nascita e la morte. Che segna i grandi momenti di festa, primo tra tutti quello della notte di Natale, com’è ormai prossima anche quest’anno, per annunciare l’evento del Cristo che viene e che da Bambino, ha cambiato la storia del mondo. La campana è lo strumento che più di tutti, coi suoi rintocchi, tratteggia le note dello spartito di un’esistenza, dei credenti in particolare. E alle campane è dedicata la mostra “Parole, angeli e campane”, inaugurata domenica 14 dicembre, al Museo dei Sogni, nel casolare sede della cooperativa Arcobaleno 1986 Onlus a Facen di Feltre, provincia di Belluno, della Comunità Villa San Francesco che da decenni ospita minori in difficoltà. Se ne trovano esposte ben 500, arrivate da tutto il mondo, grazie all’iniziativa del direttore Aldo Bertelle e dei suoi collaboratori che hanno inviato lettere e mail in ogni dove chiedendo a istituzioni, diocesi, associazioni, imprese, volontari e privati di partecipare al progetto donando una campana per comporre la grande mostra. Ne sono arrivate una miriade: dalle minuscole a quelle giganti. Tutte da vedere e da scoprire, perché dietro a ognuna c’è una storia e un racconto speciale. Il progetto rappresenta l’ideale prosecuzione di quello sviluppato l’anno scorso con la raccolta de “Le chiavi della vita”, simbolo della porta di ogni esistenza. All’inaugurazione della mostra sono intervenuti: il vescovo di Belluno-Feltre monsignor Renato Marangoni; il direttore della Comunità Alfo Bertelle; Antonio Morelli, presidente dell’Associazione dei genitori dei bambini vittime del crollo della scuola di San Giuliano di Puglia per il terremoto del 31 ottobre 2002; la presidente del Centro italiano femminile del Veneto Francesca Conte, moderati dalla giornalista Lucia Bellaspiga. La cerimonia si è conclusa con uno scampanio progressivo e generale di tutte le campane presenti che hanno generato un suono potente e coinvolgente.
Le campane simbolo delle storie personali
Ogni campana è simbolo di qualcosa: fatica, sofferenza, gioia, memoria, arte, musica, silenzio, poesia. E ancora verità, libertà, morte, resurrezione, bontà, vita missionaria, fede, speranza e carità. Su tutte, a svettare c’è la Campana dell’Italia, realizzata dalla grande famiglia della Comunità di San Francesco fondendo parte del bronzo, rame e piombo giunti da tutte le regioni d’Italia e legati alle 121 storie italiane che, idealmente, si sono mescolate e continueranno a parlare per sempre. Intanto i bambini per 100 giorni hanno messo da parte 100 monete da un centesimo per un totale di 10.305 centesimi; mentre i ragazzi ospiti della comunità, oltre ad andare a cercare delle campane sul territorio, hanno accompagnato la preparazione con la preghiera condivisa tutte le sere. La mostra nel casolare di via Casonetto Calcin resterà aperta tutti i giorni, compresi i festivi, dalle ore 9 alle 18, fino alla prossima Pasqua.

Quel battocchio caduto la sera dell’elezione di Papa Giovanni Paolo I
Tante, si diceva, le campane esposte. Tre voci si sono alternate al microfono per ricordare ogni singola provenienza. Due, molto significative, arrivano dal territorio locale. C’è l’unica campana sopravvissuta alla tragedia del Vajont, la sera del 9 ottobre 1963, quando la frana dal monte Toc causò l’inondazione di Longarone e degli altri paesi a valle della diga (che restò intatta ma fu scavalcata da un’ondata di acqua e vento anomala) sul fiume Piave: recuperata, è stata rimessa nella nuova chiesa e suona solo la sera dell’anniversario. L’altra è il battocchio del campanile della cattedrale di Belluno, caduto perché eccessivamente sollecitato dal suono delle campane distese a festa la sera del 26 agosto 1978 per l’elezione a Papa di Giovanni Paolo I, originario di Canale d’Agordo sulle Dolomiti. Un’altra campana particolare è quella donata dai genitori dei bambini di San Giuliano di Puglia, morti sepolti dalla scuola crollata per il terremoto: non fu quest’ultimo a ucciderli, ma l’incuria dell’uomo che eseguì un ampliamento della struttura fuori legge che, cedendo, tolse per sempre il sorriso a 27 creature più una maestra delle scuole elementari; quelli delle medie si salvarono per miracolo, perché in quel momento si stavano spostando da un posto all’altro del plesso per la festa di Halloween e si trovavano in un corridoio esterno. La campana è copia di quella del cimitero dove i piccoli riposano e che risuona ogni anno nell’anniversario. Da segnalare anche la campana della Pontifica Fonderia Marinelli di Agnone, per iniziativa del proprietario Edoardo Marinelli, fusa sul tema “L’ascolto universale”. E quella predata da un campanile, mutilata e fessurata, probabilmente caduta da un carro austriaco nel 1918, tra le tante gettate dalle torri campanarie e fuse per fare cannoni e armamenti, di proprietà della parrocchia di Caupo Santa Lucia.
Campane di ogni tipo da tutto il mondo
Lunghissimo l’elenco di tutte le campane in mostra. Ne sono arrivate da San Francesco d’Assisi e Santa Caterina da Siena, i patroni d’Italia. Da scuole. Da parenti di politici che hanno segnato la storia della Repubblica come Alcide De Gasperi, primo presidente del Consiglio, e Tina Anselmi, primo ministro donna, e Alex Langer, leader degli ambientalisti. In memoria di Guido Rossa, il sindacalista ucciso dalle brigate rosse. Da figure straordinarie di preti come il vescovo Tonino Bello, protagonista della Carovana di Pace del 1992, a Sarajevo, quand’era già gravemente malato; come monsignor Loris Francesco Capovilla, segretario di Papa Giovanni XXIII, arcivescovo e cardinale. C’è la campana usata dal bambino Albino Luciani, futuro Pontefice, quando a Col di Pra, in Val di Gares, andava ad accudire le mucche al pascolo e a falciare i prati, da Bosch Brusà, in zona Falcade, su interessamento di Loris Serafini, direttore del Museo Papa Luciani. E, poi, quella donata dal cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, in occasione della visita alla Comunità san Francesco alla quale è da sempre vicino.

Il vescovo Marangoni: “Le campane ci convocano”
Il vescovo di Belluno-Feltre, monsignor Renato Marangoni, ha ringraziato la Comunità Villa San Francesco e il suo direttore Aldo Bertelle “perché protagonisti di intuizioni e percorsi sempre nuovi, la cui cifra più importante è l’incontro con le persone. Dio ci chiama alla condivisione, non controlla, ma libera e rende liberi. Il cammino sinodale è, appunto, questo: camminare assieme. Personalmente quando sento il suono della campana provo un’emozione perché il rintocco è una chiamata e induce ad ascoltare: l’ascolto, il primo dei sensi che si attiva. E poi le campane chiamano, convocano, coinvolgono. Come diceva Papa Luciani, sperare è partecipare”. Toccante la testimonianza di Antonio Morelli, presidente dell’Associazione dei genitori dei bambini vittime del crollo della scuola di San Giuliano nel 2002: “Se cercate i classe 1996 non ci sono più, sono morti tutti. Quel maledetto giorno si è scoperchiato il vaso di Pandora sull’edilizia scolastica e lo stato di manutenzione spesso precario delle scuole frequentate dai nostri figli. Cos’è cambiato in 23 anni? Pochissimo. Ma allora chiediamoci: investiamo negli armamenti ma cosa facciamo per la cultura, l’educazione, la sicurezza dei nostri bambini e ragazzi? Quel giorno la scossa sismica non fu particolarmente pesante. Ma bastò a far crollare la scuola che era fuori norma ed era stata ampliata senza un progetto di fattibilità, nessuna prova di carico, nessuna verifica statica. I nostri figli ce li hanno uccisi. Si potevano e si dovevano salvare. La responsabilità non è stata del terremoto, casomai è stata una concausa: è stata dell’uomo e nessuno, praticamente, ha pagato con la giustizia. Noi giriamo l’Italia per fare memoria di quell’evento, perché c’è il rischio di dimenticare”. Da Aldo Bertelle il racconto di com’è nato il progetto: “Abbiamo creato una comunità delle campane. Siamo partiti dalle campane delle mucche, com’è tipico della nostra realtà contadina e agreste. I nostri ragazzi uscivano a cercarle e tornavano alla sera con quelle che avevano trovato. Poi abbiamo allargato lo sguardo. A fianco della mostra c’è stato un bellissimo cammino spirituale. Torniamo ad ascoltare le campane per imparare ad ascoltare noi stessi”.

Papa a Nicea, passo storico nell’ecumenismo

Il Papa e il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo, all'incontro ecumenico a Iznik

Monsignor Marek Solczynski torna ai giorni del primo viaggio apostolico di Leone XIV: è stato un incontro di fede che favorirà senz’altro il percorso verso l’unità dei cristiani, grazie alle autorità turche per la loro collaborazione
Christine Seuss – Città del Vaticano
Vatican News
Penso che i “momenti vissuti insieme potranno senz’altro favorire un percorso ecumenico verso la meta comune”. Il nunzio apostolico in Turchia, l’arcivescovo Marek Solczynski, conserva con nitidezza quanto di importante e profondo ha prodotto il viaggio apostolico di Leone XIV in Turchia, tra la fine di novembre scorso e i primi di dicembre. Dal punto di vista ecumenico lo definisce “un evento d’importanza storica”, soprattutto per la visita a Iznik, l’antica Nicea, a 1700 anni di distanza dal Concilio allora celebrato da una Chiesa ancora indivisa.

Eccellenza, quale messaggio scaturisce da questa visita?

Innanzitutto Papa Leone ha onorato il desiderio del suo predecessore Papa Francesco che aveva incluso nel programma dell’Anno Giubilare, come unico viaggio all’estero, la sua visita ad Iznik, l’antica Nicea. E tale desiderio ha subito trovato un’eco positiva presso le autorità turche che hanno sin dall’inizio favorito questo viaggio. Dopo la sua elezione anche Papa Leone ha immediatamente incluso la visita ad Iznik tra i propri impegni. E di nuovo, è stato lo stesso presidente della Repubblica che ha caldeggiato la venuta del Papa. Ovviamente, giacché si sarebbe trattato della prima visita in Turchia del nuovo Pontefice, anche la formula del viaggio è stata armonizzata ed estesa nella durata. Pertanto, il primo messaggio che potrebbe scaturire è l’incontro di sensibilità, professioni di fede e apertura collaborativa tesa ad integrare i valori comuni quali, prima di tutto la pace nella regione e nel mondo.

Primo motivo del viaggio del Papa era proprio una importante commemorazione ecumenica, i 1700 anni del Primo Concilio di Nicea. Durante il soggiorno del Pontefice, hanno avuto luogo anche importanti colloqui tra varie confessioni. Quali sviluppi ci possiamo aspettare?

Quello ad Iznik è stato davvero un evento d’importanza storica che, come tutti lo auspichiamo, avrà delle ricadute molto positive nel cammino verso l’unità dei cristiani. A dire il vero, l’aspetto ecumenico ha rivestito una parte molto importante nel viaggio. Dopo Iznik infatti, il Papa ha incontrato i leader cristiani venuti da ogni parte del mondo per manifestare l’adesione delle proprie comunità al simbolo della fede nicena che, come sappiamo, unisce il mondo cristiano. Non per ultimo, il Papa ha concluso la sua visita al Fanar, nel quartiere greco di Istanbul, sede del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli. partecipando assieme a Bartolomeo I alla Divina Liturgia, nella cattedrale di San Giorgio. Penso che tali momenti vissuti insieme potranno senz’altro favorire un percorso ecumenico verso la meta comune.

La vita religiosa, in uno stato laico per definizione, non è sempre semplice. Come ha vissuto l’organizzazione con le autorità turche?

Mi dicono che, per la prima volta nella storia delle visite papali in Turchia, si è riusciti a coinvolgere molto più direttamente le diverse autorità nell’organizzazione logistica e mediatica del viaggio. Non è un segreto che ciò è stato possibile, soprattutto, grazie alla manifestata volontà del presidente della Repubblica turca di favorire i percorsi del Papa. Così, e questa è una novità, per la prima volta la televisione nazionale TRT ha prodotto e distribuito il segnale globale dell’intero evento: dall’atterraggio ad Ankara alla partenza da Istanbul. Le agenzie turche d’informazione, poi, erano massicciamente presenti non solo per la parte protocollare del viaggio, ma anche per la parte eminentemente pastorale della visita. E per questa esemplare collaborazione desidero ringraziare nuovamente la Turchia.

In più occasioni, durante i nostri colloqui con loro, religiosi e vescovi hanno sottolineato l’urgenza di un riconoscimento esplicito della Chiesa cattolica come persona giuridica. Lei pensa che con questo viaggio sia stato fatto un passo in avanti su questa strada?

Decisamente sì. Quando rivedevo le splendide immagini riprese dal drone che sorvolava le rive del lago di Nicea, ho pensato tra me che anche a Iznik i media turchi hanno accettato di riprendere in mano la storia, per capire qualcosa dell’importanza data dai cristiani a questo sito archeologico e, perché no, anche a queste terre anatoliche. E forse hanno scoperto che Nicea è anche parte della loro storia, non solo di quella dei cristiani. Tutto ciò mi fa sperare che la narrazione sulla presenza cristiana potrebbe cambiare.

Che cosa l’ha sorpresa maggiormente durante la visita? Ci vuole descrivere una reazione da parte dei fedeli che l’hanno sorpresa oppure un cambio di programma improvviso che magari l’ha colpita particolarmente?

Le sorprese sono state molte, ma quella più grande è stata la Messa nella Volkswagen Arena di Istanbul, trasmessa in diretta da TRT World. Per la prima volta un Papa, visitando la Turchia, ha officiato la liturgia eucaristica al di fuori di un edificio di culto cattolico. E anche per la prima volta è stata data al mondo un’immagine pubblica dei cristiani turchi. È stato un evento semplice, orante, privo di spettacolarizzazione. Già nelle sonorità dei canti, nel salmo, si sono incrociati il mondo orientale, l’aramaico, l’armeno e quello occidentale. L’impatto è stato positivo perché anche i non cristiani turchi hanno potuto riconoscervi qualcosa della ricchezza della loro terra. Gli stessi ringraziamenti finali, rivolti anche alla presidenza della Repubblica per il supporto logistico-organizzativo, hanno colpito il pubblico turco. E questo non è stato un omaggio interessato a una captatio benevolentiae, ma il riconoscimento di un aiuto reale perché questo evento non sarebbe stato materialmente possibile senza il sostegno fattivo delle autorità politiche.

Cosa si augura per i prossimi anni per i fedeli cattolici e cristiani in Turchia?

Una prima riflessione spontanea è che occorrerebbe andare oltre il ripiegamento delle comunità basate sulle identità etniche e rituali. Questo perché ciò che ci unisce è il Mistero pasquale, come abbiamo vissuto durante la Messa papale. Oggi la Chiesa cattolica in Turchia sta diventando sempre più “turca”: la stessa lingua turca diventa maggioritaria nelle nostre assemblee. E i nostri fedeli sono cittadini di Turchia, spesso anche turchi. Anzi, oggi tutti gli ordinari sono cittadini turchi. Anche i fedeli si sentiranno cittadini e cristiani senza essere costretti a scegliere.

Sydney, il dolore per l’attentato e gli appelli alle religioni a difendere la pace

Persone in raccoglimento davanti ai fiori per le vittime dell'attentato di Bondi beach

Le Chiese cristiane invocano il ripudio della violenza. La Cei, in un messaggio ai rappresentanti della comunità ebraica, esorta a “costruire una società riconciliata”. Il presidente dei vescovi Usa, arcivescovo Paul Stagg Coakley, evidenzia come “l’intervento altruistico di un musulmano che ha disarmato un attentatore” sia “un segno di speranza”, mentre i patriarchi e i capi delle Chiese di Gerusalemme sollecitano le fedi a difendersi l’una l’altra

Vatican News

Dolore e sdegno «per il vile attentato che a Bondi Beach, in Australia, ha insanguinato l’Hanukkah» sono stati espressi dalla Conferenza episcopale italiana in un messaggio inviato dal cardinale presidente Matteo Maria Zuppi e dal vescovo presidente della Commissione per l’ecumenismo e il dialogo, Derio Olivero, a rav Arbib, presidente dell’Assemblea rabbinica italiana, e a Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane. La Cei — sottolineando «il vincolo con cui il popolo del Nuovo Testamento è spiritualmente legato con la stirpe di Abramo» — ribadisce la propria «ferma condanna dell’antisemitismo, esortando i cattolici italiani a ripudiare ogni forma di violenza, sia verbale sia fisica». L’impegno comune e a «diffondere una cultura della pace» e a costruire una società riconciliata.

L’esempio di Ahmad al-Ahmad

Condanna, dolore, vicinanza, ma anche speranza rappresentata dall’azione eroica del cittadino musulmano intervenuto per disarmare uno dei criminali, salvando probabilmente altre vite: alcune reazioni all’attentato antisemitico compiuto a Sydney da due terroristi legati al sedicente “Stato islamico” sottolineano l’esempio dato da Ahmad al-Ahmad. «Dobbiamo andare oltre il rispetto, siamo chiamati a cercare modi per aiutarci», scrivono in un messaggio i patriarchi e i capi delle Chiese di Gerusalemme: «Le persone di fede sono chiamate a difendersi a vicenda, proprio come ha fatto Ahmad». Anche il presidente della Conferenza episcopale statunitense, arcivescovo Paul Stagg Coakley, in una lettera inviata ai leader della comunità ebraica americana, afferma che «l’intervento altruistico di un musulmano che ha disarmato uno degli attentatori è un segno di speranza che la compassione per gli altri possa ancora prevalere». Poiché la celebrazione di Hanukkah di quest’anno coincide con il periodo di Avvento, osserva il presule, «ebrei e cattolici condividono la promessa che la luce e la speranza prevalgano sulle tenebre. Possano queste celebrazioni rafforzare i nostri cuori, onorare la memoria di coloro che sono stati uccisi e feriti e aiutarci a costruire un mondo plasmato da giustizia, compassione e pace».

Il cordoglio di altre chiese

Il patriarca ecumenico Bartolomeo ha scritto all’arcivescovo greco-ortodosso di Australia, Makarios, assicurandogli di pregare incessantemente «per la fratellanza delle persone, dei popoli, delle religioni e delle culture», e di sostenere e partecipare «a tutti i dialoghi bilaterali e multilaterali in questa direzione». Il presidente della Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles, cardinale Vincent Gerard Nichols, ha inviato una lettera al rabbino capo del Regno Unito, Ephraim Mirvis, parlando di «violenza insensata» e di «dolore che coinvolge tutte le fedi e le nazioni». La speranza è che «troviate forza e conforto nella solidarietà delle persone che si schierano al vostro fianco contro la violenza e l’antisemitismo».

Papa in una scuola a Castel Gandolfo: il Natale invito a proclamare pace e unità

Il Papa con la racchetta donatagli dalla Scuola Pontificia Paolo VI di Castel Gandolfo
Leone XIV ha partecipato questo pomeriggio, 16 dicembre, al concerto natalizio degli alunni del plesso scolastico intitolato a Paolo VI e al termine ha rivolto a braccio un saluto a tutti i partecipanti. “Dio ha voluto comunicare a tutti noi il dono dell’amore: questo è il Natale” ha detto esortando a vedere la presenza di Dio soprattutto nei più piccoli

Tiziana Campisi e Daniele Piccini – Castel Gandolfo

Vatican News

Un ospite d’eccezione. All’undicesima edizione del concerto di Natale “InCanto” degli alunni della Scuola Pontificia Paolo VI di Castel Gandolfo, questo pomeriggio, 16 dicembre, tra gli spettatori c’era Leone XIV. Il Pontefice, ha visitato il plesso dopo avere lasciato Villa Barberini, nella stessa cittadina – dove si reca quasi ogni settimana il lunedì per restarvi fino al martedì -, e ha poi preso parte nella palestra allo spettacolo musicale, un momento con il quale i ragazzi hanno voluto augurare a tutti buon Natale e ricordare che la vera ricchezza non si misura da ciò che si riceve, ma dalla pace che si riesce a generare dentro e intorno a sé.

Lettura e Vangelo del giorno 17 Dicembre 2025

Letture del Giorno
Dal libro della Gènesi
Gn 49,2.8-10

In quei giorni, Giacobbe chiamò i figli e disse:
«Radunatevi e ascoltate, figli di Giacobbe,
ascoltate Israele, vostro padre!
Giuda, ti loderanno i tuoi fratelli;
la tua mano sarà sulla cervìce dei tuoi nemici;
davanti a te si prostreranno i figli di tuo padre.
Un giovane leone è Giuda:
dalla preda, figlio mio, sei tornato;
si è sdraiato, si è accovacciato come un leone
e come una leonessa; chi lo farà alzare?
Non sarà tolto lo scettro da Giuda
né il bastone del comando tra i suoi piedi,
finché verrà colui al quale esso appartiene
e a cui è dovuta l’obbedienza dei popoli».

Vangelo del Giorno
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 1,1-17

Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo.
Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, Giuda generò Fares e Zara da Tamar, Fares generò Esrom, Esrom generò Aram, Aram generò Aminadàb, Aminadàb generò Naassòn, Naassòn generò Salmon, Salmon generò Booz da Racab, Booz generò Obed da Rut, Obed generò Iesse, Iesse generò il re Davide.
Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Urìa, Salomone generò Roboamo, Roboamo generò Abìa, Abìa generò Asaf, Asaf generò Giòsafat, Giòsafat generò Ioram, Ioram generò Ozìa, Ozìa generò Ioatàm, Ioatàm generò Àcaz, Àcaz generò Ezechìa, Ezechìa generò Manasse, Manasse generò Amos, Amos generò Giosìa, Giosìa generò Ieconìa e i suoi fratelli, al tempo della deportazione in Babilonia.
Dopo la deportazione in Babilonia, Ieconìa generò Salatièl, Salatièl generò Zorobabele, Zorobabele generò Abiùd, Abiùd generò Eliachìm, Eliachìm generò Azor, Azor generò Sadoc, Sadoc generò Achim, Achim generò Eliùd, Eliùd generò Eleàzar, Eleàzar generò Mattan, Mattan generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo.
In tal modo, tutte le generazioni da Abramo a Davide sono quattordici, da Davide fino alla deportazione in Babilonia quattordici, dalla deportazione in Babilonia a Cristo quattordici.