Il suono che scandisce la vita, a Belluno la mostra sulle campane storiche
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Inaugurata a Facen di Feltre “Parole, angeli e campane”, la rassegna promossa dalla Comunità Villa San Francesco con esposti 500 esemplari di varie dimensioni provenienti da 84 Paesi di tutto il mondo, oltre alla grande Campana dell’Italia nata dalla fusione dei metalli inviati dai singoli donatori. Il vescovo Marangoni: “La campana chiama a coinvolgerci nell’umanità come cristiani”. La benedizione di Leone XIV: “Proseguire nelle lodevoli attività a favore di quanti vivono nella sofferenza”
Alvise Sperandio – Belluno – Vatican News
Un suono di speranza e di pace. Che accompagna ogni giorno e tutti i momenti della vita, sin dai suoi estremi: la nascita e la morte. Che segna i grandi momenti di festa, primo tra tutti quello della notte di Natale, com’è ormai prossima anche quest’anno, per annunciare l’evento del Cristo che viene e che da Bambino, ha cambiato la storia del mondo. La campana è lo strumento che più di tutti, coi suoi rintocchi, tratteggia le note dello spartito di un’esistenza, dei credenti in particolare. E alle campane è dedicata la mostra “Parole, angeli e campane”, inaugurata domenica 14 dicembre, al Museo dei Sogni, nel casolare sede della cooperativa Arcobaleno 1986 Onlus a Facen di Feltre, provincia di Belluno, della Comunità Villa San Francesco che da decenni ospita minori in difficoltà. Se ne trovano esposte ben 500, arrivate da tutto il mondo, grazie all’iniziativa del direttore Aldo Bertelle e dei suoi collaboratori che hanno inviato lettere e mail in ogni dove chiedendo a istituzioni, diocesi, associazioni, imprese, volontari e privati di partecipare al progetto donando una campana per comporre la grande mostra. Ne sono arrivate una miriade: dalle minuscole a quelle giganti. Tutte da vedere e da scoprire, perché dietro a ognuna c’è una storia e un racconto speciale. Il progetto rappresenta l’ideale prosecuzione di quello sviluppato l’anno scorso con la raccolta de “Le chiavi della vita”, simbolo della porta di ogni esistenza. All’inaugurazione della mostra sono intervenuti: il vescovo di Belluno-Feltre monsignor Renato Marangoni; il direttore della Comunità Alfo Bertelle; Antonio Morelli, presidente dell’Associazione dei genitori dei bambini vittime del crollo della scuola di San Giuliano di Puglia per il terremoto del 31 ottobre 2002; la presidente del Centro italiano femminile del Veneto Francesca Conte, moderati dalla giornalista Lucia Bellaspiga. La cerimonia si è conclusa con uno scampanio progressivo e generale di tutte le campane presenti che hanno generato un suono potente e coinvolgente.
Le campane simbolo delle storie personali
Ogni campana è simbolo di qualcosa: fatica, sofferenza, gioia, memoria, arte, musica, silenzio, poesia. E ancora verità, libertà, morte, resurrezione, bontà, vita missionaria, fede, speranza e carità. Su tutte, a svettare c’è la Campana dell’Italia, realizzata dalla grande famiglia della Comunità di San Francesco fondendo parte del bronzo, rame e piombo giunti da tutte le regioni d’Italia e legati alle 121 storie italiane che, idealmente, si sono mescolate e continueranno a parlare per sempre. Intanto i bambini per 100 giorni hanno messo da parte 100 monete da un centesimo per un totale di 10.305 centesimi; mentre i ragazzi ospiti della comunità, oltre ad andare a cercare delle campane sul territorio, hanno accompagnato la preparazione con la preghiera condivisa tutte le sere. La mostra nel casolare di via Casonetto Calcin resterà aperta tutti i giorni, compresi i festivi, dalle ore 9 alle 18, fino alla prossima Pasqua.
Quel battocchio caduto la sera dell’elezione di Papa Giovanni Paolo I
Tante, si diceva, le campane esposte. Tre voci si sono alternate al microfono per ricordare ogni singola provenienza. Due, molto significative, arrivano dal territorio locale. C’è l’unica campana sopravvissuta alla tragedia del Vajont, la sera del 9 ottobre 1963, quando la frana dal monte Toc causò l’inondazione di Longarone e degli altri paesi a valle della diga (che restò intatta ma fu scavalcata da un’ondata di acqua e vento anomala) sul fiume Piave: recuperata, è stata rimessa nella nuova chiesa e suona solo la sera dell’anniversario. L’altra è il battocchio del campanile della cattedrale di Belluno, caduto perché eccessivamente sollecitato dal suono delle campane distese a festa la sera del 26 agosto 1978 per l’elezione a Papa di Giovanni Paolo I, originario di Canale d’Agordo sulle Dolomiti. Un’altra campana particolare è quella donata dai genitori dei bambini di San Giuliano di Puglia, morti sepolti dalla scuola crollata per il terremoto: non fu quest’ultimo a ucciderli, ma l’incuria dell’uomo che eseguì un ampliamento della struttura fuori legge che, cedendo, tolse per sempre il sorriso a 27 creature più una maestra delle scuole elementari; quelli delle medie si salvarono per miracolo, perché in quel momento si stavano spostando da un posto all’altro del plesso per la festa di Halloween e si trovavano in un corridoio esterno. La campana è copia di quella del cimitero dove i piccoli riposano e che risuona ogni anno nell’anniversario. Da segnalare anche la campana della Pontifica Fonderia Marinelli di Agnone, per iniziativa del proprietario Edoardo Marinelli, fusa sul tema “L’ascolto universale”. E quella predata da un campanile, mutilata e fessurata, probabilmente caduta da un carro austriaco nel 1918, tra le tante gettate dalle torri campanarie e fuse per fare cannoni e armamenti, di proprietà della parrocchia di Caupo Santa Lucia.
Campane di ogni tipo da tutto il mondo
Lunghissimo l’elenco di tutte le campane in mostra. Ne sono arrivate da San Francesco d’Assisi e Santa Caterina da Siena, i patroni d’Italia. Da scuole. Da parenti di politici che hanno segnato la storia della Repubblica come Alcide De Gasperi, primo presidente del Consiglio, e Tina Anselmi, primo ministro donna, e Alex Langer, leader degli ambientalisti. In memoria di Guido Rossa, il sindacalista ucciso dalle brigate rosse. Da figure straordinarie di preti come il vescovo Tonino Bello, protagonista della Carovana di Pace del 1992, a Sarajevo, quand’era già gravemente malato; come monsignor Loris Francesco Capovilla, segretario di Papa Giovanni XXIII, arcivescovo e cardinale. C’è la campana usata dal bambino Albino Luciani, futuro Pontefice, quando a Col di Pra, in Val di Gares, andava ad accudire le mucche al pascolo e a falciare i prati, da Bosch Brusà, in zona Falcade, su interessamento di Loris Serafini, direttore del Museo Papa Luciani. E, poi, quella donata dal cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, in occasione della visita alla Comunità san Francesco alla quale è da sempre vicino.
Il vescovo Marangoni: “Le campane ci convocano”
Il vescovo di Belluno-Feltre, monsignor Renato Marangoni, ha ringraziato la Comunità Villa San Francesco e il suo direttore Aldo Bertelle “perché protagonisti di intuizioni e percorsi sempre nuovi, la cui cifra più importante è l’incontro con le persone. Dio ci chiama alla condivisione, non controlla, ma libera e rende liberi. Il cammino sinodale è, appunto, questo: camminare assieme. Personalmente quando sento il suono della campana provo un’emozione perché il rintocco è una chiamata e induce ad ascoltare: l’ascolto, il primo dei sensi che si attiva. E poi le campane chiamano, convocano, coinvolgono. Come diceva Papa Luciani, sperare è partecipare”. Toccante la testimonianza di Antonio Morelli, presidente dell’Associazione dei genitori dei bambini vittime del crollo della scuola di San Giuliano nel 2002: “Se cercate i classe 1996 non ci sono più, sono morti tutti. Quel maledetto giorno si è scoperchiato il vaso di Pandora sull’edilizia scolastica e lo stato di manutenzione spesso precario delle scuole frequentate dai nostri figli. Cos’è cambiato in 23 anni? Pochissimo. Ma allora chiediamoci: investiamo negli armamenti ma cosa facciamo per la cultura, l’educazione, la sicurezza dei nostri bambini e ragazzi? Quel giorno la scossa sismica non fu particolarmente pesante. Ma bastò a far crollare la scuola che era fuori norma ed era stata ampliata senza un progetto di fattibilità, nessuna prova di carico, nessuna verifica statica. I nostri figli ce li hanno uccisi. Si potevano e si dovevano salvare. La responsabilità non è stata del terremoto, casomai è stata una concausa: è stata dell’uomo e nessuno, praticamente, ha pagato con la giustizia. Noi giriamo l’Italia per fare memoria di quell’evento, perché c’è il rischio di dimenticare”. Da Aldo Bertelle il racconto di com’è nato il progetto: “Abbiamo creato una comunità delle campane. Siamo partiti dalle campane delle mucche, com’è tipico della nostra realtà contadina e agreste. I nostri ragazzi uscivano a cercarle e tornavano alla sera con quelle che avevano trovato. Poi abbiamo allargato lo sguardo. A fianco della mostra c’è stato un bellissimo cammino spirituale. Torniamo ad ascoltare le campane per imparare ad ascoltare noi stessi”.




