Il suono che scandisce la vita, a Belluno la mostra sulle campane storiche

La mostra sulle campane a Bellune, nella foto la storica Campana dell'Italia realizzata dalla Comunità di San Francesco

Inaugurata a Facen di Feltre “Parole, angeli e campane”, la rassegna promossa dalla Comunità Villa San Francesco con esposti 500 esemplari di varie dimensioni provenienti da 84 Paesi di tutto il mondo, oltre alla grande Campana dell’Italia nata dalla fusione dei metalli inviati dai singoli donatori. Il vescovo Marangoni: “La campana chiama a coinvolgerci nell’umanità come cristiani”. La benedizione di Leone XIV: “Proseguire nelle lodevoli attività a favore di quanti vivono nella sofferenza”
Alvise Sperandio – Belluno – Vatican News

Un suono di speranza e di pace. Che accompagna ogni giorno e tutti i momenti della vita, sin dai suoi estremi: la nascita e la morte. Che segna i grandi momenti di festa, primo tra tutti quello della notte di Natale, com’è ormai prossima anche quest’anno, per annunciare l’evento del Cristo che viene e che da Bambino, ha cambiato la storia del mondo. La campana è lo strumento che più di tutti, coi suoi rintocchi, tratteggia le note dello spartito di un’esistenza, dei credenti in particolare. E alle campane è dedicata la mostra “Parole, angeli e campane”, inaugurata domenica 14 dicembre, al Museo dei Sogni, nel casolare sede della cooperativa Arcobaleno 1986 Onlus a Facen di Feltre, provincia di Belluno, della Comunità Villa San Francesco che da decenni ospita minori in difficoltà. Se ne trovano esposte ben 500, arrivate da tutto il mondo, grazie all’iniziativa del direttore Aldo Bertelle e dei suoi collaboratori che hanno inviato lettere e mail in ogni dove chiedendo a istituzioni, diocesi, associazioni, imprese, volontari e privati di partecipare al progetto donando una campana per comporre la grande mostra. Ne sono arrivate una miriade: dalle minuscole a quelle giganti. Tutte da vedere e da scoprire, perché dietro a ognuna c’è una storia e un racconto speciale. Il progetto rappresenta l’ideale prosecuzione di quello sviluppato l’anno scorso con la raccolta de “Le chiavi della vita”, simbolo della porta di ogni esistenza. All’inaugurazione della mostra sono intervenuti: il vescovo di Belluno-Feltre monsignor Renato Marangoni; il direttore della Comunità Alfo Bertelle; Antonio Morelli, presidente dell’Associazione dei genitori dei bambini vittime del crollo della scuola di San Giuliano di Puglia per il terremoto del 31 ottobre 2002; la presidente del Centro italiano femminile del Veneto Francesca Conte, moderati dalla giornalista Lucia Bellaspiga. La cerimonia si è conclusa con uno scampanio progressivo e generale di tutte le campane presenti che hanno generato un suono potente e coinvolgente.
Le campane simbolo delle storie personali
Ogni campana è simbolo di qualcosa: fatica, sofferenza, gioia, memoria, arte, musica, silenzio, poesia. E ancora verità, libertà, morte, resurrezione, bontà, vita missionaria, fede, speranza e carità. Su tutte, a svettare c’è la Campana dell’Italia, realizzata dalla grande famiglia della Comunità di San Francesco fondendo parte del bronzo, rame e piombo giunti da tutte le regioni d’Italia e legati alle 121 storie italiane che, idealmente, si sono mescolate e continueranno a parlare per sempre. Intanto i bambini per 100 giorni hanno messo da parte 100 monete da un centesimo per un totale di 10.305 centesimi; mentre i ragazzi ospiti della comunità, oltre ad andare a cercare delle campane sul territorio, hanno accompagnato la preparazione con la preghiera condivisa tutte le sere. La mostra nel casolare di via Casonetto Calcin resterà aperta tutti i giorni, compresi i festivi, dalle ore 9 alle 18, fino alla prossima Pasqua.

Quel battocchio caduto la sera dell’elezione di Papa Giovanni Paolo I
Tante, si diceva, le campane esposte. Tre voci si sono alternate al microfono per ricordare ogni singola provenienza. Due, molto significative, arrivano dal territorio locale. C’è l’unica campana sopravvissuta alla tragedia del Vajont, la sera del 9 ottobre 1963, quando la frana dal monte Toc causò l’inondazione di Longarone e degli altri paesi a valle della diga (che restò intatta ma fu scavalcata da un’ondata di acqua e vento anomala) sul fiume Piave: recuperata, è stata rimessa nella nuova chiesa e suona solo la sera dell’anniversario. L’altra è il battocchio del campanile della cattedrale di Belluno, caduto perché eccessivamente sollecitato dal suono delle campane distese a festa la sera del 26 agosto 1978 per l’elezione a Papa di Giovanni Paolo I, originario di Canale d’Agordo sulle Dolomiti. Un’altra campana particolare è quella donata dai genitori dei bambini di San Giuliano di Puglia, morti sepolti dalla scuola crollata per il terremoto: non fu quest’ultimo a ucciderli, ma l’incuria dell’uomo che eseguì un ampliamento della struttura fuori legge che, cedendo, tolse per sempre il sorriso a 27 creature più una maestra delle scuole elementari; quelli delle medie si salvarono per miracolo, perché in quel momento si stavano spostando da un posto all’altro del plesso per la festa di Halloween e si trovavano in un corridoio esterno. La campana è copia di quella del cimitero dove i piccoli riposano e che risuona ogni anno nell’anniversario. Da segnalare anche la campana della Pontifica Fonderia Marinelli di Agnone, per iniziativa del proprietario Edoardo Marinelli, fusa sul tema “L’ascolto universale”. E quella predata da un campanile, mutilata e fessurata, probabilmente caduta da un carro austriaco nel 1918, tra le tante gettate dalle torri campanarie e fuse per fare cannoni e armamenti, di proprietà della parrocchia di Caupo Santa Lucia.
Campane di ogni tipo da tutto il mondo
Lunghissimo l’elenco di tutte le campane in mostra. Ne sono arrivate da San Francesco d’Assisi e Santa Caterina da Siena, i patroni d’Italia. Da scuole. Da parenti di politici che hanno segnato la storia della Repubblica come Alcide De Gasperi, primo presidente del Consiglio, e Tina Anselmi, primo ministro donna, e Alex Langer, leader degli ambientalisti. In memoria di Guido Rossa, il sindacalista ucciso dalle brigate rosse. Da figure straordinarie di preti come il vescovo Tonino Bello, protagonista della Carovana di Pace del 1992, a Sarajevo, quand’era già gravemente malato; come monsignor Loris Francesco Capovilla, segretario di Papa Giovanni XXIII, arcivescovo e cardinale. C’è la campana usata dal bambino Albino Luciani, futuro Pontefice, quando a Col di Pra, in Val di Gares, andava ad accudire le mucche al pascolo e a falciare i prati, da Bosch Brusà, in zona Falcade, su interessamento di Loris Serafini, direttore del Museo Papa Luciani. E, poi, quella donata dal cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, in occasione della visita alla Comunità san Francesco alla quale è da sempre vicino.

Il vescovo Marangoni: “Le campane ci convocano”
Il vescovo di Belluno-Feltre, monsignor Renato Marangoni, ha ringraziato la Comunità Villa San Francesco e il suo direttore Aldo Bertelle “perché protagonisti di intuizioni e percorsi sempre nuovi, la cui cifra più importante è l’incontro con le persone. Dio ci chiama alla condivisione, non controlla, ma libera e rende liberi. Il cammino sinodale è, appunto, questo: camminare assieme. Personalmente quando sento il suono della campana provo un’emozione perché il rintocco è una chiamata e induce ad ascoltare: l’ascolto, il primo dei sensi che si attiva. E poi le campane chiamano, convocano, coinvolgono. Come diceva Papa Luciani, sperare è partecipare”. Toccante la testimonianza di Antonio Morelli, presidente dell’Associazione dei genitori dei bambini vittime del crollo della scuola di San Giuliano nel 2002: “Se cercate i classe 1996 non ci sono più, sono morti tutti. Quel maledetto giorno si è scoperchiato il vaso di Pandora sull’edilizia scolastica e lo stato di manutenzione spesso precario delle scuole frequentate dai nostri figli. Cos’è cambiato in 23 anni? Pochissimo. Ma allora chiediamoci: investiamo negli armamenti ma cosa facciamo per la cultura, l’educazione, la sicurezza dei nostri bambini e ragazzi? Quel giorno la scossa sismica non fu particolarmente pesante. Ma bastò a far crollare la scuola che era fuori norma ed era stata ampliata senza un progetto di fattibilità, nessuna prova di carico, nessuna verifica statica. I nostri figli ce li hanno uccisi. Si potevano e si dovevano salvare. La responsabilità non è stata del terremoto, casomai è stata una concausa: è stata dell’uomo e nessuno, praticamente, ha pagato con la giustizia. Noi giriamo l’Italia per fare memoria di quell’evento, perché c’è il rischio di dimenticare”. Da Aldo Bertelle il racconto di com’è nato il progetto: “Abbiamo creato una comunità delle campane. Siamo partiti dalle campane delle mucche, com’è tipico della nostra realtà contadina e agreste. I nostri ragazzi uscivano a cercarle e tornavano alla sera con quelle che avevano trovato. Poi abbiamo allargato lo sguardo. A fianco della mostra c’è stato un bellissimo cammino spirituale. Torniamo ad ascoltare le campane per imparare ad ascoltare noi stessi”.

Papa a Nicea, passo storico nell’ecumenismo

Il Papa e il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo, all'incontro ecumenico a Iznik

Monsignor Marek Solczynski torna ai giorni del primo viaggio apostolico di Leone XIV: è stato un incontro di fede che favorirà senz’altro il percorso verso l’unità dei cristiani, grazie alle autorità turche per la loro collaborazione
Christine Seuss – Città del Vaticano
Vatican News
Penso che i “momenti vissuti insieme potranno senz’altro favorire un percorso ecumenico verso la meta comune”. Il nunzio apostolico in Turchia, l’arcivescovo Marek Solczynski, conserva con nitidezza quanto di importante e profondo ha prodotto il viaggio apostolico di Leone XIV in Turchia, tra la fine di novembre scorso e i primi di dicembre. Dal punto di vista ecumenico lo definisce “un evento d’importanza storica”, soprattutto per la visita a Iznik, l’antica Nicea, a 1700 anni di distanza dal Concilio allora celebrato da una Chiesa ancora indivisa.

Eccellenza, quale messaggio scaturisce da questa visita?

Innanzitutto Papa Leone ha onorato il desiderio del suo predecessore Papa Francesco che aveva incluso nel programma dell’Anno Giubilare, come unico viaggio all’estero, la sua visita ad Iznik, l’antica Nicea. E tale desiderio ha subito trovato un’eco positiva presso le autorità turche che hanno sin dall’inizio favorito questo viaggio. Dopo la sua elezione anche Papa Leone ha immediatamente incluso la visita ad Iznik tra i propri impegni. E di nuovo, è stato lo stesso presidente della Repubblica che ha caldeggiato la venuta del Papa. Ovviamente, giacché si sarebbe trattato della prima visita in Turchia del nuovo Pontefice, anche la formula del viaggio è stata armonizzata ed estesa nella durata. Pertanto, il primo messaggio che potrebbe scaturire è l’incontro di sensibilità, professioni di fede e apertura collaborativa tesa ad integrare i valori comuni quali, prima di tutto la pace nella regione e nel mondo.

Primo motivo del viaggio del Papa era proprio una importante commemorazione ecumenica, i 1700 anni del Primo Concilio di Nicea. Durante il soggiorno del Pontefice, hanno avuto luogo anche importanti colloqui tra varie confessioni. Quali sviluppi ci possiamo aspettare?

Quello ad Iznik è stato davvero un evento d’importanza storica che, come tutti lo auspichiamo, avrà delle ricadute molto positive nel cammino verso l’unità dei cristiani. A dire il vero, l’aspetto ecumenico ha rivestito una parte molto importante nel viaggio. Dopo Iznik infatti, il Papa ha incontrato i leader cristiani venuti da ogni parte del mondo per manifestare l’adesione delle proprie comunità al simbolo della fede nicena che, come sappiamo, unisce il mondo cristiano. Non per ultimo, il Papa ha concluso la sua visita al Fanar, nel quartiere greco di Istanbul, sede del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli. partecipando assieme a Bartolomeo I alla Divina Liturgia, nella cattedrale di San Giorgio. Penso che tali momenti vissuti insieme potranno senz’altro favorire un percorso ecumenico verso la meta comune.

La vita religiosa, in uno stato laico per definizione, non è sempre semplice. Come ha vissuto l’organizzazione con le autorità turche?

Mi dicono che, per la prima volta nella storia delle visite papali in Turchia, si è riusciti a coinvolgere molto più direttamente le diverse autorità nell’organizzazione logistica e mediatica del viaggio. Non è un segreto che ciò è stato possibile, soprattutto, grazie alla manifestata volontà del presidente della Repubblica turca di favorire i percorsi del Papa. Così, e questa è una novità, per la prima volta la televisione nazionale TRT ha prodotto e distribuito il segnale globale dell’intero evento: dall’atterraggio ad Ankara alla partenza da Istanbul. Le agenzie turche d’informazione, poi, erano massicciamente presenti non solo per la parte protocollare del viaggio, ma anche per la parte eminentemente pastorale della visita. E per questa esemplare collaborazione desidero ringraziare nuovamente la Turchia.

In più occasioni, durante i nostri colloqui con loro, religiosi e vescovi hanno sottolineato l’urgenza di un riconoscimento esplicito della Chiesa cattolica come persona giuridica. Lei pensa che con questo viaggio sia stato fatto un passo in avanti su questa strada?

Decisamente sì. Quando rivedevo le splendide immagini riprese dal drone che sorvolava le rive del lago di Nicea, ho pensato tra me che anche a Iznik i media turchi hanno accettato di riprendere in mano la storia, per capire qualcosa dell’importanza data dai cristiani a questo sito archeologico e, perché no, anche a queste terre anatoliche. E forse hanno scoperto che Nicea è anche parte della loro storia, non solo di quella dei cristiani. Tutto ciò mi fa sperare che la narrazione sulla presenza cristiana potrebbe cambiare.

Che cosa l’ha sorpresa maggiormente durante la visita? Ci vuole descrivere una reazione da parte dei fedeli che l’hanno sorpresa oppure un cambio di programma improvviso che magari l’ha colpita particolarmente?

Le sorprese sono state molte, ma quella più grande è stata la Messa nella Volkswagen Arena di Istanbul, trasmessa in diretta da TRT World. Per la prima volta un Papa, visitando la Turchia, ha officiato la liturgia eucaristica al di fuori di un edificio di culto cattolico. E anche per la prima volta è stata data al mondo un’immagine pubblica dei cristiani turchi. È stato un evento semplice, orante, privo di spettacolarizzazione. Già nelle sonorità dei canti, nel salmo, si sono incrociati il mondo orientale, l’aramaico, l’armeno e quello occidentale. L’impatto è stato positivo perché anche i non cristiani turchi hanno potuto riconoscervi qualcosa della ricchezza della loro terra. Gli stessi ringraziamenti finali, rivolti anche alla presidenza della Repubblica per il supporto logistico-organizzativo, hanno colpito il pubblico turco. E questo non è stato un omaggio interessato a una captatio benevolentiae, ma il riconoscimento di un aiuto reale perché questo evento non sarebbe stato materialmente possibile senza il sostegno fattivo delle autorità politiche.

Cosa si augura per i prossimi anni per i fedeli cattolici e cristiani in Turchia?

Una prima riflessione spontanea è che occorrerebbe andare oltre il ripiegamento delle comunità basate sulle identità etniche e rituali. Questo perché ciò che ci unisce è il Mistero pasquale, come abbiamo vissuto durante la Messa papale. Oggi la Chiesa cattolica in Turchia sta diventando sempre più “turca”: la stessa lingua turca diventa maggioritaria nelle nostre assemblee. E i nostri fedeli sono cittadini di Turchia, spesso anche turchi. Anzi, oggi tutti gli ordinari sono cittadini turchi. Anche i fedeli si sentiranno cittadini e cristiani senza essere costretti a scegliere.

Sydney, il dolore per l’attentato e gli appelli alle religioni a difendere la pace

Persone in raccoglimento davanti ai fiori per le vittime dell'attentato di Bondi beach

Le Chiese cristiane invocano il ripudio della violenza. La Cei, in un messaggio ai rappresentanti della comunità ebraica, esorta a “costruire una società riconciliata”. Il presidente dei vescovi Usa, arcivescovo Paul Stagg Coakley, evidenzia come “l’intervento altruistico di un musulmano che ha disarmato un attentatore” sia “un segno di speranza”, mentre i patriarchi e i capi delle Chiese di Gerusalemme sollecitano le fedi a difendersi l’una l’altra

Vatican News

Dolore e sdegno «per il vile attentato che a Bondi Beach, in Australia, ha insanguinato l’Hanukkah» sono stati espressi dalla Conferenza episcopale italiana in un messaggio inviato dal cardinale presidente Matteo Maria Zuppi e dal vescovo presidente della Commissione per l’ecumenismo e il dialogo, Derio Olivero, a rav Arbib, presidente dell’Assemblea rabbinica italiana, e a Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane. La Cei — sottolineando «il vincolo con cui il popolo del Nuovo Testamento è spiritualmente legato con la stirpe di Abramo» — ribadisce la propria «ferma condanna dell’antisemitismo, esortando i cattolici italiani a ripudiare ogni forma di violenza, sia verbale sia fisica». L’impegno comune e a «diffondere una cultura della pace» e a costruire una società riconciliata.

L’esempio di Ahmad al-Ahmad

Condanna, dolore, vicinanza, ma anche speranza rappresentata dall’azione eroica del cittadino musulmano intervenuto per disarmare uno dei criminali, salvando probabilmente altre vite: alcune reazioni all’attentato antisemitico compiuto a Sydney da due terroristi legati al sedicente “Stato islamico” sottolineano l’esempio dato da Ahmad al-Ahmad. «Dobbiamo andare oltre il rispetto, siamo chiamati a cercare modi per aiutarci», scrivono in un messaggio i patriarchi e i capi delle Chiese di Gerusalemme: «Le persone di fede sono chiamate a difendersi a vicenda, proprio come ha fatto Ahmad». Anche il presidente della Conferenza episcopale statunitense, arcivescovo Paul Stagg Coakley, in una lettera inviata ai leader della comunità ebraica americana, afferma che «l’intervento altruistico di un musulmano che ha disarmato uno degli attentatori è un segno di speranza che la compassione per gli altri possa ancora prevalere». Poiché la celebrazione di Hanukkah di quest’anno coincide con il periodo di Avvento, osserva il presule, «ebrei e cattolici condividono la promessa che la luce e la speranza prevalgano sulle tenebre. Possano queste celebrazioni rafforzare i nostri cuori, onorare la memoria di coloro che sono stati uccisi e feriti e aiutarci a costruire un mondo plasmato da giustizia, compassione e pace».

Il cordoglio di altre chiese

Il patriarca ecumenico Bartolomeo ha scritto all’arcivescovo greco-ortodosso di Australia, Makarios, assicurandogli di pregare incessantemente «per la fratellanza delle persone, dei popoli, delle religioni e delle culture», e di sostenere e partecipare «a tutti i dialoghi bilaterali e multilaterali in questa direzione». Il presidente della Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles, cardinale Vincent Gerard Nichols, ha inviato una lettera al rabbino capo del Regno Unito, Ephraim Mirvis, parlando di «violenza insensata» e di «dolore che coinvolge tutte le fedi e le nazioni». La speranza è che «troviate forza e conforto nella solidarietà delle persone che si schierano al vostro fianco contro la violenza e l’antisemitismo».

Papa in una scuola a Castel Gandolfo: il Natale invito a proclamare pace e unità

Il Papa con la racchetta donatagli dalla Scuola Pontificia Paolo VI di Castel Gandolfo
Leone XIV ha partecipato questo pomeriggio, 16 dicembre, al concerto natalizio degli alunni del plesso scolastico intitolato a Paolo VI e al termine ha rivolto a braccio un saluto a tutti i partecipanti. “Dio ha voluto comunicare a tutti noi il dono dell’amore: questo è il Natale” ha detto esortando a vedere la presenza di Dio soprattutto nei più piccoli

Tiziana Campisi e Daniele Piccini – Castel Gandolfo

Vatican News

Un ospite d’eccezione. All’undicesima edizione del concerto di Natale “InCanto” degli alunni della Scuola Pontificia Paolo VI di Castel Gandolfo, questo pomeriggio, 16 dicembre, tra gli spettatori c’era Leone XIV. Il Pontefice, ha visitato il plesso dopo avere lasciato Villa Barberini, nella stessa cittadina – dove si reca quasi ogni settimana il lunedì per restarvi fino al martedì -, e ha poi preso parte nella palestra allo spettacolo musicale, un momento con il quale i ragazzi hanno voluto augurare a tutti buon Natale e ricordare che la vera ricchezza non si misura da ciò che si riceve, ma dalla pace che si riesce a generare dentro e intorno a sé.

Lettura e Vangelo del giorno 17 Dicembre 2025

Letture del Giorno
Dal libro della Gènesi
Gn 49,2.8-10

In quei giorni, Giacobbe chiamò i figli e disse:
«Radunatevi e ascoltate, figli di Giacobbe,
ascoltate Israele, vostro padre!
Giuda, ti loderanno i tuoi fratelli;
la tua mano sarà sulla cervìce dei tuoi nemici;
davanti a te si prostreranno i figli di tuo padre.
Un giovane leone è Giuda:
dalla preda, figlio mio, sei tornato;
si è sdraiato, si è accovacciato come un leone
e come una leonessa; chi lo farà alzare?
Non sarà tolto lo scettro da Giuda
né il bastone del comando tra i suoi piedi,
finché verrà colui al quale esso appartiene
e a cui è dovuta l’obbedienza dei popoli».

Vangelo del Giorno
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 1,1-17

Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo.
Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, Giuda generò Fares e Zara da Tamar, Fares generò Esrom, Esrom generò Aram, Aram generò Aminadàb, Aminadàb generò Naassòn, Naassòn generò Salmon, Salmon generò Booz da Racab, Booz generò Obed da Rut, Obed generò Iesse, Iesse generò il re Davide.
Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Urìa, Salomone generò Roboamo, Roboamo generò Abìa, Abìa generò Asaf, Asaf generò Giòsafat, Giòsafat generò Ioram, Ioram generò Ozìa, Ozìa generò Ioatàm, Ioatàm generò Àcaz, Àcaz generò Ezechìa, Ezechìa generò Manasse, Manasse generò Amos, Amos generò Giosìa, Giosìa generò Ieconìa e i suoi fratelli, al tempo della deportazione in Babilonia.
Dopo la deportazione in Babilonia, Ieconìa generò Salatièl, Salatièl generò Zorobabele, Zorobabele generò Abiùd, Abiùd generò Eliachìm, Eliachìm generò Azor, Azor generò Sadoc, Sadoc generò Achim, Achim generò Eliùd, Eliùd generò Eleàzar, Eleàzar generò Mattan, Mattan generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo.
In tal modo, tutte le generazioni da Abramo a Davide sono quattordici, da Davide fino alla deportazione in Babilonia quattordici, dalla deportazione in Babilonia a Cristo quattordici. 

Neve, tra poco cadrà fino a quote basse, ecco dove


Neve in arrivo fino a quote basse nelle prossime ore.
Una forte perturbazione atlantica è pronta a colpire l’Italia nella prima parte di questa settimana, innescando una rapida ondata di maltempo, con fenomeni che potrebbero in qualche caso risultare intensi. La spinta decisiva arriverà da correnti fredde di origine polare-marittima, in discesa dal Nord Europa, che faranno calare le temperature e riporteranno la neve, specialmente sull’arco alpino centro-occidentale.

ATTESE ABBONDANTI NEVICATE, I DETTAGLI
Secondo gli ultimi aggiornamenti la neve è pronta a tornare e cadrà sulle Alpi occidentali nel corso di Martedì 16 Dicembre con fiocchi fino a 3/400 metri di quota, specie sulle province di Cuneo e Asti. Si tratterà di un evento localmente intenso, con accumuli superiori ai 30-40 centimetri sulle Alpi Liguri e Marittime al di sopra dei 1000 metri. Un’ottima notizia per località sciistiche come Prato Nevoso (CN), Sestriere (TO) e Limone Piemonte (CN) pronte a fare il pieno in vista delle feste natalizie.

In termine tecnico, queste precipitazioni nevose improvvise vengono chiamate “nevicate da rovesciamento”: questo fenomeno si verifica quando le precipitazioni riescono a trascinare l’aria fredda in quota fino al suolo, mantenendo la colonna d’aria sufficientemente fredda da impedire la fusione del fiocco. E’ un processo che avviene spesso in modo improvviso e intenso. La neve da rovesciamento si distingue per la sua intensità concentrata in brevi periodi di tempo: i rovesci nevosi sono rapidi e localizzati, con possibili accumuli significativi anche in poco tempo, ma che possono durare solo qualche minuto o al massimo un’ora.
Le precipitazioni nevose poi si estenderanno rapidamente anche a Valle d’Aosta, Lombardia, Trentino Alto Adige, Cadore e Friuli Venezia Giulia, con fiocchi oltre i 1200/1300 metri di quota; sugli Appennini la neve cadrà invece solamente oltre i 1900/2000 metri a causa del richiamo mite delle correnti in arrivo dai quadranti meridionali.
Con l’arrivo di questa nevicata le montagne torneranno a tingersi di bianco, regalando paesaggi fiabeschi. Resta ora da capire se questo episodio sarà solo una parentesi o l’inizio di una fase più stabile e fredda: i prossimi aggiornamenti lo diranno.
ilmeteo.it

Lettura e Vangelo del giorno 16 Dicembre 2025

Lettura del Giorno
Dal libro del profeta Sofonìa
Sof 3, 1-2. 9-13

Così dice il Signore:
«Guai alla città ribelle e impura,
alla città che opprime!
Non ha ascoltato la voce,
non ha accettato la correzione.
Non ha confidato nel Signore,
non si è rivolta al suo Dio».
«Allora io darò ai popoli un labbro puro,
perché invochino tutti il nome del Signore
e lo servano tutti sotto lo stesso giogo.
Da oltre i fiumi di Etiopia
coloro che mi pregano,
tutti quelli che ho disperso, mi porteranno offerte.
In quel giorno non avrai vergogna
di tutti i misfatti commessi contro di me,
perché allora allontanerò da te
tutti i superbi gaudenti,
e tu cesserai di inorgoglirti
sopra il mio santo monte.
Lascerò in mezzo a te
un popolo umile e povero».
Confiderà nel nome del Signore
il resto d’Israele.
Non commetteranno più iniquità
e non proferiranno menzogna;
non si troverà più nella loro bocca
una lingua fraudolenta.
Potranno pascolare e riposare
senza che alcuno li molesti.

Vangelo del Giorno
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 21,28-32

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo».

E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli».

A Nicea riemerge un “Gesù Pastore” unico in Anatolia

A Nicea riemerge un “Gesù Pastore” unico in Anatolia

Avvenire

Un importante affresco è tornato alla luce nella necropoli di Hisardere, alle porte di İznik, l’antica Nicea. Durante una campagna di scavi, gli archeologi hanno infatti individuato l’unica raffigurazione nota in Anatolia del Cristo “Buon Pastore”, uno dei simboli più importanti del primo immaginario cristiano. La scoperta, accolta con entusiasmo dalla comunità scientifica, getta nuova luce sul mosaico religioso e culturale dell’Asia Minore nel III secolo d.C.
L’immagine, dipinta sulla parete nord di una camera funeraria ipogea, mostra un Gesù giovane, vestito con una tunica semplice, nell’atto di portare sulle spalle un capro, mentre altre coppie di animali gli stanno ai lati. È un’iconografia che guarda ancora al linguaggio figurativo romano del II–III secolo, molto prima che l’arte bizantina cristallizzasse l’immagine del Cristo barbato e ieratico. Una rappresentazione dunque che da un lato si porta dietro l’eco del mondo pastorale e mitologico greco-romano, dall’altro l’affermazione di un simbolo cristiano radicato nelle Scritture: «Io sono il buon pastore», recita il Vangelo di Giovanni, che nelle prime comunità fungeva da metafora di protezione e salvezza.
La tomba che conserva l’affresco, datata al III secolo, si distingue per il buono stato di conservazione: soffitto e tre delle quattro pareti sono infatti intatti, decorati da pitture vivaci che includono anche una scena di banchetto, tipico tema dell’arte funeraria romana. La coesistenza, all’interno dello stesso ambiente, di motivi pagani e simboli cristiani insieme, testimonia il clima di transizione religiosa dell’epoca, quando le nuove credenze si intrecciavano ancora con il repertorio iconografico tradizionale.
Gli scavi, condotti sotto la direzione di Tolga Koparal e il coordinamento scientifico del Prof. Aygün Ekin Meriç, hanno permesso di documentare con precisione l’architettura funeraria: una kline (lettino su cui i commensali si reclinavano durante il simposio o il banchetto) rivestita da lastre di terracotta, su cui venivano deposti i defunti, e una struttura compatibile con le sepolture di famiglie agiate che frequentavano la necropoli tra II e V secolo d.C.
La figura del “Gesù Pastore”, prima attestazione cristiana identificata a Hisardere, apre nuova finestra sul ruolo di Iznik nella diffusione del cristianesimo orientale. Una scoperta rara, capace di collegare con immediatezza vita quotidiana, pratiche funerarie e paesaggio religioso di una regione che fu, nei secoli successivi, uno dei cuori pulsanti della spiritualità cristiana.


Sanremo, i brani dei 30 Big tra amore e sociale

Sanremo, i brani dei 30 Big tra amore e sociale

I quattro giovani che andranno sul palco dell’Ariston Nicolò Filippucci Angelica Bove Mazzariello Elma Blind Soniko con Carlo Conti nel corso di “Sarà Sanremo” / Ansa
Avvenire
La 76ª edizione del Festival di Sanremo comincia davvero a prendere forma completando il suo mosaico con le Nuove Proposte, da sempre cartina di tornasole di un futuro musicale che bussa alla porta dell’Ariston. A conquistare il pass per febbraio sono stati i lanciatissimi Angelica Bove e Nicolò Filippucci, voce e presenza scenica, emersi durante la finale di Sarà Sanremo andata in onda domenica sera su Rai1 dal Casinò della cittadina ligure. Insieme a loro approdano al Festival anche i due selezionati da Area Sanremo: l’interessante cantautore Mazzariello e l’intrigante trio indipendente Blind, El Ma & Soniko. A decretare il verdetto finale, dopo le esibizioni dal vivo, la Commissione musicale presieduta dal direttore artistico Carlo Conti.
I quattro delle Nuove Proposte si aggiungono così ai 30 Big in gara per il 76° Festival della Canzone Italiana, in programma dal 24 al 28 febbraio. Proprio durante la serata di Sarà Sanremo, seguita da 1 milione 733mila spettatori con il 12,3% di share – battuta nella stessa fascia dal rodato Gerry Scotti e dal suo Milionario – i Big hanno svelato i titoli dei brani in gara, offrendo anche le prime chiavi di lettura di un’edizione che sembra voler parlare al cuore e alla coscienza. Perché Sanremo, si sa, è un’altra cosa: un rito collettivo che supera i numeri (che si prospettano comunque alti) e si misura sul piano simbolico.

L’amore, tra promessa e fragilità

Sul palco dell’Ariston si alterneranno storie capaci di parlare a tutti, componendo un affresco delle emozioni contemporanee. Come da tradizione, l’amore resta il motore principale. C’è quello che resiste al tempo, raccontato in modo “molto autobiografico” da Raf in Ora e per sempre, e quello che si fa promessa assoluta in Per sempre sì di Sal Da Vinci, ispirato al matrimonio definito “la più grande promessa che si possa fare”.
Accanto a questi racconti maturi, l’amore si declina come urgenza fisica e vertigine emotiva: Levante in Sei tu lo descrive come “un elenco infinito delle sensazioni che l’amore fa provare”. Più intimo e confidenziale è lo sguardo di Mara Sattei in Le cose che non sai di me, mentre Serena Brancale, con Qui con me, cambia rotta e affida alla musica “una lettera alla persona più importante della mia vita”. I giovani LDA e AKA 7even esplorano un sentimento “viscerale, ma quasi fuggitivo” in Poesie clandestine, mentre l’esordiente al Festival Eddie Brock parla di “un amore struggente” in Avvoltoi.
A farsi portavoce di una generazione intera è Tommaso Paradiso (al suo debutto al Festival e già dato tra i favoriti con la coppia Fedez-Masini) con I romantici, un vero manifesto per riscoprire un sentimento necessario. Leo Gassmann si unisce al coro con Naturale, un “grido d’amore” che invita ad andare oltre le apparenze. A chiudere idealmente il cerchio è l’evergreen Patty Pravo che, con Opera, lega la speranza di “un grande amore” alla consapevolezza che “tutti noi siamo delle opere d’arte”.

Cadere per rialzarsi

Accanto al sentimento, emerge con forza il tema della crisi come passaggio necessario alla rinascita. È il cuore di Uomo che cade del debuttante Tredici Pietro, che riflette sull’importanza “del cadere e del rialzarsi” (un omaggio a Uno su mille di babbo Gianni Morandi?). Enrico Nigiotti riprende lo stesso filo in Ogni volta che non so volare, un flusso di coscienza sui momenti in cui si tocca il fondo per ritrovare la spinta a risalire.
La coppia inedita Fedez e Marco Masini con Male necessario trasforma la fragilità in un mantra, ricordando che anche le tempeste possono aprire varchi inattesi. Le metafore non mancano: Luchè usa Labirinto per raccontare i pensieri ossessivi, Fulminacci definisce Stupida sfortuna come un percorso a ostacoli, mentre Chiello in Ti penso sempre fotografa una mente sospesa, in bilico “tra l’inizio e la fine di qualcosa”. Francesco Renga, con Il meglio di me, promette una riflessione matura sulla crescita personale e sull’accettazione delle proprie fragilità.

Uno specchio sulla società

Il Festival si conferma anche osservatorio dei tempi. Il rapper Nayt, con Prima che, affronta il paradosso della distanza nell’era digitale e il bisogno di “incontrarsi e riconoscersi davvero”. J-Ax, per la prima volta da solista, gioca con l’ironia in Italia Starter Pack, promettendo di svelare ciò che “serve per iniziare in Italia”. Dargen D’Amico, con AI AI, ammicca all’intelligenza artificiale per rivendicare una “musica biologica”.
Il rapper italo tunisino Sayf in Tu mi piaci tanto usa la canzone come fotografia del proprio stato d’animo e del suo sguardo sulla società, mentre Ditonellapiaga, con Che fastidio, sceglie una cifra ironica e pungente. In questo panorama si inseriscono anche la rock band le Bambole di Pezza, che portano all’Ariston il “girl power” di Resta con me, un inno alla sorellanza.

Intimità, speranza e leggerezza

Non mancano, infine, sguardi più raccolti. Arisa torna con Magica favola per raccontare una vita che ritrova “la genuinità della bambina”. Michele Bravi, in Prima o poi, offre uno sguardo dolce sugli inadeguati, mentre Malika Ayane, assente da cinque anni, dedica Animali notturni a tutti noi, esseri spesso invisibili che abitano la notte non solo per divertimento, ma anche per lavoro.
La speranza e la resistenza risuonano in Stella stellina di Ermal Meta che “parla di una bambina, che è come fosse la nostra, dal punto di vista di uno sconosciuto”. E il pensiero core immediatamente ai troppi bambini vittime delle guerre. L’ossessione come motore creativo è al centro di Ossessione del debuttante Samurai Jay. Un messaggio quasi filosofico arriva dal duo cantautorale Maria Antonietta e Colombre con La felicità e basta, a ricordare che la felicità “è un diritto di tutti”. A chiudere con una nota di leggerezza è Elettra Lamborghini che, con Voilà, punta a far ballare e a ricordare che “bisogna essere felici in questa vita”. Un Festival che si prepara così a raccontare il mondo senza sconti, tenendo insieme fragilità e speranza.

 

I numeri dicono che le scuole sono diventate pericolose per tutti

I numeri dicono che le scuole sono diventate pericolose per tutti
di Andrea Ceredani
Le aggressioni e le violenze nei confronti del personale scolastico sono in crescita ma il primo problema, per i sindacati, è «la perdita di autorevolezza dei docenti». Oggi la Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti del personale scolastico

in Avvenire

Le scuole italiane, per docenti e personale Ata, sembrano sempre più pericolose. A far scattare la violenza, in certi casi, basta una nota disciplinare o un richiamo: nello scorso anno scolastico a Casarano, in provincia di Lecce, un insegnante di Chimica è stato strattonato, insultato e costretto a rifugiarsi in bagno solo per aver annotato sul registro il comportamento scorretto di un suo alunno. I dati non sono sufficienti a tracciare una tendenza di lungo corso: gli ultimi pubblicati sul database del ministero dell’Istruzione e del Merito (Mim) parlano di 36 episodi di violenza nell’anno 2022/23 e 68 nel 2023/24 (per l’anno 2024/25 i dati sono ancora provvisori). Ma per il Dicastero si tratta già di una emergenza: «Bisogna ridare autorevolezza e rispetto al personale della scuola», ha commentato il titolare del dicastero Giuseppe Valditara all’alba della seconda Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti del personale scolastico, indetta per lunedì.

«La scuola è la cellula fondamentale e strategica per ricostruire il valore fondamentale del rispetto», ha commentato il Ministro presentando i dati delle aggressioni in classe. Dalle aule, cioè, si deve ripartire per sanare le violenze vissute in decine di istituti in tutte le Regioni d’Italia. Tra elementari, medie e superiori: nel 2023/24, secondo il Mim, sono stati 31 gli episodi di violenza al primo ciclo di istruzione e 32 quelli al secondo ciclo. Nella maggior parte dei casi (76%) le vittime sono docenti, seguiti da dirigenti scolastici (15%) e personale Ata (9%). Ma gli autori sono perlopiù genitori: il 47,8% delle aggressioni del 2023/24 è stato portato a termine da familiari degli alunni, contro il 44,9% delle violenze agite dagli studenti. Più delle denunce, però, a dare il termometro della pericolosità delle aule italiane è la percezione del rischio, che cresce di anno in anno.
L’ha misurata, per il Mim, la società di sondaggi Swg: secondo l’84% del campione, le aggressioni verbali e fisiche verso i docenti sono aumentate negli ultimi anni. Non solo: secondo l’82%, sono in crescita anche le aggressioni tra allievi e, per il 71%, pure i danneggiamenti alle strutture scolastiche. I sindacati scolastici confermano la tendenza e, per individuare le cause, puntano il dito contro «il disagio che vive una scuola ormai ripiegata su se stessa»: «Questo fenomeno non era così diffuso in passato – conferma ad Avvenire Ivana Barbacci, segretaria Cisl Scuola –. Notiamo che le condizioni sono più precarie laddove la scuola non ha il sostegno del territorio, degli Enti locali e delle associazioni che ruotano attorno agli istituti. Così, rischiamo che le scuole diventino il luogo dove far sfogare le frustrazioni legate a un disagio che nasce dentro alle famiglie».
Alle parole dei sindacati fanno eco anche i sondaggi: secondo il campione di Swg, il primo fattore di rischio per la crescita degli episodi di violenza nelle scuole è «il fatto che le famiglie sono in difficoltà» (tesi sostenuta dal 56% degli interrogati). Al secondo posto, però, si trova «la mancanza di rispetto per gli insegnanti e l’autorità scolastica» che, secondo Cisl, è da attribuire anche alla precarizzazione dei docenti. «L’insegnante ha perso autorevolezza anche in termini di rispetto sociale, a partire dalle retribuzioni – commenta Barbacci –. Capita che gli studenti maggiorenni si presentino a scuola con auto o beni materiali di valore molto più alto rispetto a quelli dei docenti che, per questo, vengono svalutati». In altre parole, il prestigio del corpo docente italiano è misurato anche sulla base della sua retribuzione, che è tra le più basse d’Europa: 27mila euro annui contro i 59mila tedeschi e i 38mila francesi (dati Eurydice, Ue).

Il ministero dell’Istruzione e del Merito sostiene di essere già corso ai ripari. Non solo con le campagne di sensibilizzazione. «Abbiamo dato rilievo formale al rispetto del personale della scuola – ha spiegato Valditara – con misure di sanzione pecuniaria e cittadinanza solidale». Si tratta, perlopiù di pene e restrizioni: una multa da 500 a 10mila euro per chi aggredisce il personale scolastico e l’introduzione di un’aggravante comune alla pena, se il reato è commesso dal genitore dello studente, fino a cinque anni per violenze o minacce rivolte verso i docenti, equiparati a pubblici ufficiali. «In passato non avevamo questo riconoscimento – sostiene la segretaria di Cisl Scuola – e non eravamo catalogati come pubblici ufficiali che avevano il diritto a essere protetti. È un passo in avanti». Ma non ancora sufficiente, secondo i sindacati, che ritengono le sanzioni «una deterrenza superficiale». Compresa la riforma del 6 in condotta, che non consente da quest’anno l’ammissione alla classe successiva senza la sufficienza in pagella: «Il rispetto per l’insegnante non lo ottieni semplicemente minacciando una bocciatura – conclude Barbacci –. Dobbiamo lavorare in profondità per recuperare la centralità dell’istituzione-scuola e del ruolo educativo di tutto il personale scolastico».