25 aprile 1945-2025

di: Luca Baldissara

25aprile

Mi accingo a scrivere queste righe nei giorni della turbolenta bagarre intorno alle parole della presidente del Consiglio Giorgia Meloni sul Manifesto di Ventotene. Un episodio variamente interpretato, ma che indica la precisa volontà di colpire, nel luogo simbolo della democrazia repubblicana, un fondamento della cultura antifascista, puntando a delegittimarla.

Una volontà di delegittimazione dell’antifascismo

Siamo ben distanti dal Fini di Fiuggi, dal passaggio dal Msi ad An, dal riconoscimento che, non senza fatica, pure venne dalla destra radicale italiana dell’antifascismo. Non solo un percorso evidentemente interrotto, ma sostanzialmente invertito. Ora è l’antifascismo a venire semmai delegittimato, ridotto a ideologia di parte, antidemocratica, autoritaria, perfino generatrice di violenza. Si è dunque osato ciò che si riteneva impensabile.

Possiamo concludere che la risposta di Meloni alla reiterata richiesta di esprimersi sull’antifascismo è alla fine arrivata: forte, chiara, netta. E supporre che la Costituzione si delinea sullo sfondo come l’obiettivo strategico di questi attacchi tattici per sondare la resistenza e la tenuta dell’avversario.

Cosa ci si potrà attendere dunque per il 25 aprile? Difficile prevederlo nel dettaglio, la velocità impressa dalla destra al sabotaggio della cultura democratica, dell’antifascismo, delle pratiche istituzionali repubblicane è oramai incalzante. Si può certo immaginare che non sarà un 25 aprile prêt-à-porter, al quale gli ultimi anni ci stavano abituando. Non solo perché la volontà di preminenza dell’esecutivo e l’attrazione per un’idea di democrazia gerarchica e afascista, se non autoritaria, impongono un bombardamento a tappeto dell’antifascismo.

Ma anche perché tutto ciò si cala entro un quadro politico mondiale che contribuisce a sostenere, amplificare e rilanciare tale indirizzo, dalla Russia agli Stati uniti, da Israele alla Turchia. Insomma, andiamo a celebrare l’80° in un clima in cui tutto ciò che viviamo nega il valore del 1945 che eravamo soliti attribuirgli.

Peraltro, la storia del 25 aprile racconta di un’esposizione continua della ricorrenza alle oscillazioni degli assetti politici, nazionali e internazionali, del resto inevitabile per queste date politico-civili. Il fallimento del tentativo originario (1946-47) di farne una festa “costituente”, che celebrasse la nascita della nazione democratica e la sua legittimazione popolare e antifascista, quindi una festa di tutti, fondativa e identitaria, capace di trasformarsi per gli italiani in qualcosa di simile al 14 luglio dei francesi, ben presto portò ad imbrigliare il 25 aprile nella dialettica legittimazione/delegittimazione reciproca tra Pci e Dc.

Ciò non impedì tuttavia che l’antifascismo costituisse comunque un argine invalicabile per qualsivoglia tentativo in senso autoritario, come dimostreranno le piazze del 1960 e l’effervescenza politica tra anni Sessanta e Settanta. A partire dagli anni Ottanta, nell’Italia dello spregiudicato realismo decisionista di Craxi, la Resistenza e l’antifascismo sono così messi in discussione quali fondamenta della Repubblica, sino ad approdare nel XXI secolo, dopo l’implosione per via giudiziaria del sistema dei partiti nei Novanta, a una prospettiva post-antifascista, quando non afascista.

Gli argomenti che emergono negli anni del craxismo saranno in buona parte ripresi nell’Italia azzurra di Berlusconi e poi in quella tricolore di Meloni: la banalizzazione antropologica e la neutralizzazione politico-ideologica del fascismo, la riscoperta patriottica di una indefinita identità nazionale, l’anticomunismo, il frusto e generico richiamo alla liberaldemocrazia, l’apoliticizzazione della memoria collettiva e della coscienza storica.

Il fascismo scompare come fenomeno storico reale, rimanendo solo come manifestazione astratta di totalitarismo, quasi un meta-totalitarismo, cui accorpare il comunismo. Mentre nella realtà politica va emergendo una forma specifica di neo-fascismo, radice politico-culturale autentica della destra ora al governo, del cui processo di rilegittimazione a tappe forzate e a suon di strappi istituzionali siamo spettatori.

Su tutto ciò Meloni innesta un attacco frontale all’antifascismo – del resto in più occasioni si è coerentemente dichiarata anti-antifascista – coperto dal richiamo di sapore plebiscitario all’investitura conferita dal voto popolare. Come vogliamo quindi intendere il 25 aprile 2025, al tempo dell’inclinazione alla democrazia autoritaria? Riandando al significato originario della data, che non evocava solo la “liberazione”, ma “l’insurrezione”.

La quale non era da intendersi come “l’ora x” della presa del potere, ma come “l’insurrezione di tutti i giorni”: un processo, una lotta quotidiana contro il fascismo, che oggi potremmo tradurre in una consapevole mobilitazione a contrastare la regressione in atto della democrazia, difendendo la visione della democrazia e dei diritti disegnata nella Costituzione antifascista, contrastando le sempre crescenti diseguaglianze sociali ed opponendosi alle logiche belliciste trionfanti.

E anche riandando alla storia del fascismo e dell’antifascismo, perché l’ancoraggio alla storia è essenziale per restituire senso politico-civile al 25 aprile, per fondare una consapevole coscienza critica della civitas, per comprendere le matrici del nuovo autoritarismo senza ricorrere a stereotipi del passato, anzi cogliendo le novità del presente. Per ricordare che l’antifascismo costituzionale è stato per l’Italia qualcosa di assimilabile al repubblicanesimo per i francesi, una risorsa politica che ha garantito sino ad oggi la tenuta dell’assetto democratico del paese.

  • Pubblicazione nel quadro della collaborazione con la rivista Appunti di cultura e politica (pubblicato il 31 marzo 2025).
  • in settimananews.it

Nba. Segno della croce, salmi, preghiere: i fuoriclasse dell’anima giocano a basket

Segno della croce, salmi, preghiere: i fuoriclasse dell'anima giocano a basket

Portava gli occhiali e anche di quelli spessi, ma il canestro lo vedeva benissimo: George Mikan è stata la prima superstar del campionato dei sogni della Nba. Il 1° giugno saranno passati vent’anni dalla sua scomparsa, ma indelebile rimarrà il suo nome nella storia del basket. Sette titoli, dominatore già nelle leghe precedenti alla stessa Nba, con lui i Lakers divennero la prima dinastia a mettere in bacheca cinque titoli in sei stagioni tra il 1949 e il 1954. E l’occhialuto fuoriclasse contribuì alla leggenda del team quando ancora giocavano a Minneapolis (non ancora a Los Angeles). Figlio di emigrati, papà croato e mamma lituana, aveva maturato dai suoi genitori una solida fede cattolica. Sognava di diventare prete, ma devoto lo rimase sempre, anche in campo: famoso il suo segno della croce prima di ogni tiro libero. Un gesto per cui veniva anche sbeffeggiato ma “Mr. Basketball”, così come fu ribattezzato, lo continuò a fare sempre con grande orgoglio.

Dall’epopea di un pioniere agli attuali assi dei parquet statunitensi sono ancora in molti ad alzare lo sguardo oltre il canestro. Anche tra quelli che da oggi daranno vita alla battaglia finale per la conquista dell’anello di campioni Nba. Scattano i playoff, la faccenda si fa seria e allora, come spesso la vita insegna, non si può fare affidamento soltanto sulle proprie forze. Lo sanno bene i Boston Celtics, detentori del titolo, che l’anno scorso hanno raggiunto la vetta solitaria nell’albo d’oro con 18 anelli (superando i Lakers). Un trionfo storico, ma le prime parole di coach Mazzulla col trofeo in mano sono state: «Lasciatemi innanzitutto ringraziare Dio». L’allenatore, che ha sempre ribadito di aver trovato equilibrio nella sua vita grazie alla fede cattolica, ha poi continuato: «Essere il coach di questa squadra è una benedizione. Non lo merito, ma per grazia sono qui». Dello stesso avviso la stella dei Celtics, Jayson Tatum, cristiano evangelico: «Prima di tutto, Dio è il più grande. Non perché abbiamo vinto, ma perché mi ha messo nelle condizioni di massimizzare le mie capacità, quelle che Dio mi ha donato».

Quanto sia importante la sfera spirituale, anche per uno sportivo milionario, lo dimostra il successo dei “cappellani” della Nba. Una storia che risale addirittura agli anni ‘70 quando alcuni giocatori dei Philadelphia 76ers tra cui Julius Erving, il leggendario “Doctor J” chiesero uno spazio e una guida per studiare la Bibbia prima di ogni partita. La loro richiesta fu accolta e il loro esempio fu subito seguito da altre squadre. Una figura diffusa ora anche in altri sport professionistici Usa, come il baseball (Mlb) o il football americano (Nfl) ma nel basket Nba oggi è così radicata che ogni team ne ha uno o più di uno. Una vera organizzazione, con un sito di riferimento (probasketballchaplains.org) e una presenza costante anche negli eventi più importanti come l’All Star Game. Si tratta di pastori evangelici che svolgono la loro funzione spesso anche in maniera volontaria. Earl Smith cappellano dei Golden State Warriors spiega: «I giocatori vengono da noi perché sanno disperatamente di aver bisogno di cose che il denaro non può comprare. Hanno bisogno di speranza, di forza e di verità». In genere questi momenti di raccoglimento si tengono un’ora prima di ogni partita, durano circa 15 minuti e sono aperti a giocatori e allenatori di entrambe le squadre e di ogni confessione. Significativa la testimonianza di un cestista cattolico come Cameron Johnson dei Brooklyn Nets: «Un’esperienza fantastica», ha detto, spiegando che è stata decisiva per accrescere la sua fede anche perché raramente ha la domenica libera per andare in chiesa. Johnson che a lungo ha indossato il numero 23 in omaggio a Michael Jordan, ma soprattutto al capitolo preferito della Bibbia, il Salmo 23, ha aggiunto: «Evidenzio i passi nella mia Bibbia e li rileggo. Mi mantiene davvero immerso nella Parola quando la vita attorno ad essa è sempre così frenetica».

Una preghiera pre-partita insieme col pubblico è quella che propongono da quasi vent’anni i Thunder di Oklahoma City. È l’unica franchigia del campionato Nba a farlo ma anche l’unica tra tutti gli altri sport professionistici americani. Un’iniziativa in cui un esponente a turno delle diverse religioni presenti nell’area metropolitana guida un’invocazione che mira a coinvolgere tutti gli spettatori presenti. I Thunder trascinati dal solito Shai Gilgeous-Alexander sono la grande rivelazione della stagione e potrebbero dare filo da torcere a Boston come i sorprendenti Cleveland Cavaliers. Più ardua appare l’impresa di Jokic sebbene si sia caricato sulle spalle i suoi turbolenti Denver Nuggets. Occhio ai Los Angeles Lakers della trade (lo scambio) più sconvolgente degli ultimi anni: l’arrivo dello sloveno Doncic da Dallas a formare una coppia da sogno con l’intramontabile LeBron James. A 40 anni “The King”, sempre riconoscente al collegio cattolico St.Vincent-St.Mary di Akron, sa che le battaglie si vincono innanzitutto dentro sé stessi. E del resto questo gioco è “religioso” sin dalla nascita nel 1891, visto che il suo fondatore, il professor Naismith, apparteneva alla rete educativa cristiana dell’Ymca. Tanto più vera allora appare la definizione del grande Bill Russell: «Il basket è l’unico sport che tende al cielo, una rivoluzione per chi è abituato a guardare sempre a terra».

avvenire

 

Ecco come si svolgeranno le esequie di papa Francesco: dal funerale in piazza San Pietro e alla tumulazione in Santa Maria Maggiore sabato

I fedeli in attesa in Basilica

AVVENIRE

«Come vorrei una Chiesa povera e per i poveri» disse papa Francesco all’indomani della sua elezione al Soglio di Pietro. E saranno proprio i poveri, quelli che lui nel suo pontificato ha sempre tenuto nel suo cuore e nella sua azione caritativi, ad accoglierlo al suo arrivo nella Basilica di Santa Maria Maggiore., dove Bergoglio sarà sepolto nella tomba da lui stesso scelta. «I poveri hanno un posto privilegiato nel cuore di Dio e lo hanno avuto anche nel cuore e nel magistero di papa Francesco» ricorda la Sala Stampa vaticana. Del resto, come raccontò lui stesso, la scelta del nome Francesco fu proprio «per non dimenticarsi mai dei poveri», Dunque saranno proprio i poveri e i bisognosi ad accompagnarlo per ultimi alla sua tomba. Un gesto significativo, che ha voluto in un certo senso indicare uno dei fili rossi del pontificato di Francesco.Anche oggi per il secondo giorno i fedeli continuano a sfilare davanti alla bara in cui è composto il corpo di papa Francesco (alle 19 di oggi si è arrivati a 90mila fedeli) davanti all’Altare della Confessione nella Basilica di San Pietro, mentre è già in moto la macchina organizzativa che gestirà l’ultima parte di questo lungo commiato dal Papa morto lo scorso lunedì mattina.

In mattina si è svolta la terza Congregazione generale dei cardinali, alla quale è demandata in tempo di Sede Vacante, il disbrigo degli affari correnti della Chiesa. Erano presenti 113 cardinali e ci sono stati 34 interventi. Nel corso della sessione sono stati individuati i nomi dei due religiosi incaricati di offrire le meditazioni secondo quanto stabilito dalla Costituzione apostolica Universi Dominici Gregis: saranno dom Donato Ogliari, abate di San Paolo fuori le Mura (terrà la meditazione prevista all’inizio della prossima settimana) e il cardinale padre Raniero Cantalamessa (per la seconda che aprirà il Conclave). Infine è stata comunicato che sarà il cardinale Victor Manuel Fernandes a presiedere la Messa nel sesto giorno dei Novendiali, invece che il cardinale Kevin Farrell.Intanto l’omaggio dei fedeli alla salma di papa Francesco proseguirà fino alle 19 di domani, quando le porte della Basilica Vaticana si chiuderanno definitivamente. Per le 20 di domani, infatti è previsto il rito della chiusura della bara di Francesco. A presiedere il rito sarà il camerlengo, il cardinale Kevin Farrell, lo stesso che ha guidato il corteo durante la traslazione della bara dalla cappella di Casa Santa Marta alla Basilica Vaticana. Dopo la preghiera iniziale il maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie, l’arcivescovo Diego Ravelli, darà lettura del “rogito”, cioè l’atto con il quale si ricordano la vita e le opere più importanti del defunto Pontefice. Documento che verrà sottoscritto da alcuni dei presenti, mentre viene cantato il Cantico di Zaccaria. Al termine del canto il maestro delle celebrazioni liturgiche porrà sul volto di papa Francesco un velo di seta bianca e il camerlengo aspergerà il corpo con l’acqua benedetta. Sempre l’arcivescovo Ravelli a questo punto collocherà nella bara una borsa con le monete e le medaglie coniate durante il pontificato di Bergoglio (anche per segnare storicamente il pontificato del Vescovo di Roma defunto) e il tubo che contiene il rogito letto e sottoscritto precedentemente, con il sigillo dell’Ufficio delle celebrazioni liturgiche. Soltanto a questo punto la bara verrà chiusa: prima il coperto della cassa di zinco sul quale si trovano la croce, lo stemma del Pontefice defunto e la targa recante il nome del Pontefice, la durata della sua vita e del suo Ministero Petrino. «La bara di zinco viene saldata – si legge nel libretto del rito – e vengono impressi i sigilli del camerlengo di Santa Romana Chiesa, della Prefettura della Casa Pontificia, dell’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice e del Capitolo Vaticano. Viene chiusa anche la bara di legno. Sul coperchio si trovano la croce e lo stemma del Pontefice defunto».

La bara chiusa resterà nella Basilica di San Pietro fino a sabato mattina, quando alle 10 inizieranno le esequie di papa Francesco che saranno celebrate in piazza San Pietro. Qui troveranno posto i 200mila fedeli previsti dall’organizzazione vaticane e le delegazioni ufficiali dei paesi stranieri (ne sono attese 170). A concelebrare saranno tutti i cardinali presenti a Roma (compresi gli ultraottantenni) e a presiedere il rito funebre sarà il decano del Collegio cardinalizio, il cardinale Giovanni Battista Re, 91 anni, che non parteciperà al Conclave. Le letture sono tratte dagli Atti degli Apostoli (in cui Pietro parla di Gesù come giudice dei vivi e dei morti), dalla Lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi (in cui si parla della trasfigurazione del nostro corpo mortale per conformarlo al corpo glorioso di Cristo) e dal Vangelo di Giovanni (quando si narra dell’affidamento da parte di Gesù a Pietro della Chiesa). Seguirà l’omelia del cardinale Re. Dopo un momento di riflessione personale ci sarà la preghiera dei fedeli, le cui intenzioni saranno lette in francese, arabo, spagnolo, polacco, tedesco e cinese. Dopo la consacrazione e la distribuzione della comunione, ci sarà l’ultimo atto del rito funebre: l’ultima raccomandazione e commiato. , che saranno seguite dalla litania dei santi (con inseriti nell’elenco anche san Pio X, san Giovanni XXIII, san Paolo VI e san Giovanni Paolo II). Sarà il vicario generale per la diocesi di Roma, il cardinale Baldo Reina a pronunciare la preghiera finale. Ultimo atto delle esequie sarà la supplica delle Chiese orientali, con i patriarchi, gli arcivescovi maggiori e i metropoliti delle Chiese orientali. Al termine sarà intonato il Magnificat, che accompagnerà la partenza del feretro verso il luogo della sepoltura, che sarà nella Basilica di Santa Maria Maggiore e non nelle grotte vaticane come avvenuto dal 1914.

La bara sarà collocata su un carro funebre che percorrerà i sei chilometri di distanza da San Pietro alla Basilica Liberiana «a passo d’uomo» come ha comunicato il direttore della Sala Stampa vaticana Matteo Bruni. Sarà dunque possibile ancora per migliaia di persone che non avranno trovato posto in piazza San Pietro, dare il loro ultimo saluto a papa Francesco. L’ultimo atto sarà in Santa Maria Maggiore dove è stata allestita la tomba di papa Francesco tra la Cappella Paolina (dove è custodita la Salus Populi Romani) e la Cappella Sforza, sul lato sinistro della Basilica papale. Non sarà un rito pubblico, ma prevede un momento di preghiera e alcuni atti ufficiali come l’imprimere i sigilli del camerlengo, della Prefettura della Casa Pontificia e dell’Ufficio delle celebrazioni liturgiche e del Capitolo liberiano sulla bara. Quindi la bara sarà collocata nella tomba. Sarà l’atto finale di questo lungo addio a Francesco.

Papa Francesco torna a San Pietro, l’affetto dei fedeli in basilica

Il racconto della morte rapida e serena nella ricostruzione di Vatican news. Le parole dette a Strappetti. Mercoledì la Salma in Basilica, sabato i funerali e la tumulazione
Fedeli in piazza San Pietro

Fedeli in piazza San Pietro – ANSA

Papa Francesco è morto sereno. Una morte discreta, quasi improvvisa, senza lunghe attese e troppi clamori per il Pontefice. Il quale non aveva mai nascosto la sua umanissima paura di quei momenti estremi. Un avolta confidò anche di aver sempre chiesto al Signore nelle sue preghiere: «Fa’ che sia breve, senza che io soffra troppo». Ed è stato esaudito.

Gli ultimi momenti della vita terrena del Papa sono stati raccontati da Vatican News. Il papa era assistito dall’infermiere Massimiliano Strappetti nominato nel 2022 suo assistente sanitario personale. E proprio a Strappetti sarebbero state indirizzate alcune delle sue ultime parole. «Grazie per avermi riportato in piazza». Parole pronunciato domenica dopo il bagno di folla in papamobile al termine della benedizione Urbi et Orbi di Pasqua. Francesco, sempre secondo quanto riportato dai media vaticani, avrebbe prima chiesto a Strappetti: »Credi che possa farlo?»

Francesco ha poi riposato nel pomeriggio e ha trascorso una cena tranquilla. Intorno alle 5:30 del mattino di ieri, 21 aprile, prosegue il racconto, le prime avvisaglie del malore, con il pronto intervento di chi vegliava su di lui. Più di un’ora dopo, fatto un gesto di saluto con la mano a Strappetti, sdraiato sul letto del suo appartamento al secondo piano di Casa Santa Marta, il Pontefice è entrato in coma. Non ha sofferto, è avvenuto tutto rapidamente, racconta chi gli era accanto in quegli ultimi momenti.

Si apprende nel frattempo che il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è stato questa mattina a Santa Marta in Vaticano per un primo omaggio alla salma di papa Francesco. Il Capo dello Stato, che era accompagnato dalla figlia Laura, ha già fatto rientro al Quirinale.

E oggi sono stati definiti alcuni particolari organizzativi. Sarà traslata domani mattina, mercoledì 23 aprile, alle 9, nella Basilica di San Pietro la bara di papa Francesco. E sabato mattina alle 10 si svolgeranno i funerali. Ne ha dato notizia l’Ufficio delle Celebrazioni liturgiche pontificie. Domani il feretro sarà portato dalla Cappella di Casa Santa Marta (dove si trova da ieri sera, ndr) alla Basilica Papale di San Pietro, secondo quanto previsto nell’Ordo Exsequiarum Romani Pontificis (nn. 41-65). «Dopo il momento di preghiera, presieduto dal cardinale Kevin Joseph Farrell, Camerlengo di Santa Romana Chiesa, avrà inizio la traslazione. La processione percorrerà la Piazza Santa Marta e la Piazza dei Protomartiri Romani; dall’Arco delle Campane uscirà in Piazza San Pietro ed entrerà nella Basilica Vaticana attraverso la porta centrale. Presso l’altare della Confessione il Cardinale Camerlengo presiederà la Liturgia della Parola, al termine della quale avranno inizio le visite alla salma del Romano Pontefice». La Basilica resterà aperta ai fedeli, per l’omaggio alla salma, nei seguenti orari: mercoledì 23 aprile: ore 11:00-24:00; giovedì 24 aprile: ore 7:00-24:00; e venerdì 25 aprile: ore 7:00-19:00.

«Sabato 26 aprile alle ore 10, primo giorno dei Novendiali, sul sagrato della Basilica di San Pietro sarà celebrata la Santa Messa esequiale del Romano Pontefice Francesco, secondo quanto previsto nell’Ordo Exsequiarum Romani Pontificis», rende noto inoltre l’arcivescovo Diego Ravelli, maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie. Il funerale sarà presieduto «dal cardinale Giovanni Battista Re, decano del Collegio Cardinalizio. Al termine della celebrazione eucaristica avranno luogo l’ultima commendatio e la
valedictio», spiega Ravelli. «Di seguito il feretro del Romano Pontefice sarà portato nella Basilica di San Pietro e da lì nella Basilica di Santa Maria Maggiore per la tumulazione». E questa sera alle 19,30, proprio sul sagrato della Basilica liberiana, si reciterà il Rosario in suffragio di Papa Francesco. La preghiera sarà guidata dal cardinale decano, Giovanni Battista Re. Mentre alle 21,00 la preghiera mariana sarà replicata in piazza San Pietro, sotto la guida del cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano.

Intanto si è tenuta questa mattina nell’Aula del Sinodo in Vaticano la prima Congregazione generale dei cardinali, dopo la morte di papa Francesco, avvenuta lunedì 21 aprile alle 7,35. Alla riunione possono partecipare anche i cardinali non elettori, cioè coloro che hanno superato gli 80 anni. Ieri sono stati apposti i sigilli sia all’appartamento papale di Casa Santa Marta, sia a quello nel Palazzo Apostolico. Ulteriori notizie verranno diffuse nel corso della giornata. Ma è stato già comunicato che la celebrazione eucaristica e il rito della canonizzazione del beato Carlo Acutis, prevista il 27 aprile 2025, II domenica di Pasqua o della Divina Misericordia, in occasione del Giubileo degli Adolescenti, è sospesa. Parimenti, il Collegio dei Cardinali, nella Congregazione Generale svoltasi oggi, ha deciso di sospendere le Celebrazioni di beatificazione programmate, fino alla decisione del nuovo Romano Pontefice.

Ieri sera, lunedì 21 aprile alle ore 20, il cardinale camerlengo Farrell ha presieduto il rito della constatazione della morte e della deposizione della salma nella bara. Papa Francesco è morto per ictus cerebrale, coma e collasso cardiocircolatorio irreversibile. Lo ha certificato nella denuncia di morte il professor Andrea Arcangeli, direttore della Direzione di Sanità e Igiene dello Stato della Città del Vaticano. Il documento è stato diramato dalla Sala Stampa della Santa Sede, insieme con il testamento del Papa (che Avvenire.it pubblica integralmente) al termine del rito nella cappella di Casa Santa Marta, durato circa un’ora. Erano presenti il decano del Collegio cardinalizio, cardinale Giovanni Battista Re, i familiari del Papa, e i dirigenti della Direzione di Sanità e Igiene dello Stato della Città del Vaticano.

Imponenti le misure di sicurezza a San Pietro. Per la gestione dell’intenso flusso di fedeli che anche oggi, all’indomani della scomparsa di Papa Francesco, si stanno riversando nella piazza per rendere omaggio al Pontefice, è stata creata un’area delimitata con accessi obbligati e controlli di borse e zaini. In campo poliziotti, carabinieri, guardia di finanza, vigili del fuoco e polizia locale di Roma. Nei pressi degli accessi si sono formate già lunghe file tra turisti e pellegrini.
Avvenire

Da oggi a venerdì aperte le visite alla salma in San Pietro: gli orari

© AFP PHOTO / VATICAN MEDIA

Da oggi a venerdì aperte le visite alla salma in San Pietro: gli orari
Al termine del rito della Traslazione della bara del Romano Pontefice defunto nella Basilica Vaticana, che si svolgerà, secondo le indicazioni fornite, alle ore 9:00 di oggi, la Basilica resterà aperta ai fedeli che volessero visitare la salma del Pontefice nei seguenti orari:
Mercoledì 23 aprile: ore 11:00-24:00
Giovedì 24 aprile: ore 7:00-24:00
Venerdì 25 aprile: ore 7:00-19:00

tgcom24