Kinshasa, 22 luglio 2010. Circa quattromila nuovi sfollati in fuga dall’area di Beni, nella provincia nordorientale congolese del Nord Kivu, teatro di una recrudescenza di violenze, sono giunti in questi giorni a piccoli gruppi nella località di Mbau. La notizia, riferita dalla Croce rossa locale, è stata diffusa ieri da Radio Okapi, l’emittente patrocinata dalla missione dell’Onu nella Repubblica Democratica del Congo. La Croce rossa ha specificato che la maggior parte di questi sfollati sono donne, bambini e anziani, che hanno bisogno di cibo, vestiti, tende e di ogni altro genere di prima necessità. I più fortunati hanno trovato riparo presso chiese o scuole, ma molti trascorrono le notti all’aperto. Quelli arrivati a Mbau sono solo una piccola parte dei nuovi profughi in Nord Kivu. Fonti della società civile di Beni hanno riferito che il numero di sfollati aumenta di giorno in giorno e che sarebbero ormai oltre settantamila. La nuova ondata di fughe è determinata dalle violenze causate da scontri tra forze armate regolari congolesi e i ribelli di due formazioni ugandesi da anni presenti in territorio congolese, l’Alleanza delle forze democratiche (Adf) e l’Esercito nazionale di liberazione dell’Uganda (Nalu). Sia nell’Adf sia nel Nalu nel corso degli anni sono stati arruolati, talora a forza, anche miliziani congolesi, a conferma dell’intricata interconnessione tra le diverse crisi della regione dei Grandi Laghi. Tra l’altro, ha origini in Uganda anche l’Lra, la feroce milizia guidata da Joseph Kony che dal 2005, dopo aver perso le sue tradizionali basi in Sud Sudan, si è insediata nella provincia Orientale della Repubblica Democratica del Congo, prolungando in quell’area e in quelle limitrofe del Sud Sudan e della Repubblica Centroafricana le sistematiche atrocità perpetrate nel ventennio precedente nel nord dell’Uganda. Associazioni per la tutela dei diritti umani denunciano inoltre molti abusi da parte delle truppe governative congolesi, che nelle loro file includono tra l’altro molti ex ribelli di diverse fazioni. (L’Osservatore Romano – 23 luglio 2010)