Via libera alla riforma del lavoro autonomo

Via libera definitivo del Senato al ddl sul lavoro autonomo e agile. Il provvedimento è stato approvato con 158 sì, 9 no e 45 astenuti. Il ddl diventa così legge dopo quasi 15 mesi dal varo in Consiglio dei ministri.

Tra le principali novità introdotte: più agevolazioni in caso di malattie e infortuni, la formazione diventa diritto fondamentale con sconti fiscali ad hoc per i professionisti, la dis-coll per i collaboratori diviene strutturale da luglio e arriva il riconoscimento dello smart working, il lavoro agile. Ecco, in sintesi, cosa cambia per i professionisti e le partite Iva con il Jobs Act degli autonomi:

Novità su congedi, malattia e maternità
Per gli iscritti alla gestione separata dell’Inps sale da tre a sei mesi il periodo di congedo parentale di cui usufruire entro i primi tre anni di vita del bambino. Viene inserito un tetto massimo di sei mesi di congedo complessivamente fruibile dai genitori (anche se fruiti in altra gestione o cassa di previdenza). Novità in arrivo anche per l’indennità di malattia: viene incrementata la platea dei beneficiari anche comprendendo soggetti che abbiano superato il limite del 70% del massimale e prevedendo, eventualmente, l’esclusione
dal beneficio per gli eventi di durata inferiore a tre giorni. Durante la maternità si avrà la possibilità di ricevere l’indennità pur continuando a lavorare (non scatta l’astensione obbligatoria). Inoltre si stabilisce che il rapporto di lavoro non si estingue in caso di gravidanza, malattia e infortunio per chi presta la propria attività in via continuativa per il committente.

Dis-coll permanente dall’1 luglio

Riconosciuta in via permanente, dal 1 luglio 2017, l’indennità di disoccupazione denominata Dis-coll, ai collaboratori coordinati e continuativi, anche a progetto (con esclusione degli amministratori e dei sindaci) iscritti in via esclusiva alla relativa Gestione separata, non pensionati e privi di partita Iva. La Dis-coll viene estesa agli assegnisti e ai dottorandi di ricerca con borsa di studio.

Arriva lo smart working
Il lavoro agile, promosso allo scopo di incrementare la competitività e agevolare la conciliazione vita-lavoro, viene configurato non come una nuova tipologia contrattuale, ma come una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato da eseguire in parte all’interno dei locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale (stabiliti dalla legge e dalla contrattazione collettiva). La disciplina del lavoro agile si applicherà
anche alle pubbliche amministrazioni.

Accordi su lavoro agile, marcia indietro con preavviso
L’accordo sul lavoro agile può essere a tempo determinato o indeterminato. Nel caso di accordo a tempo indeterminato, per fare marcia indietro rispetto alla modalità lavoro agile, è richiesto un preavviso non inferiore a 30 giorni, che sale a 90 giorni nel caso in cui il recesso da parte del datore di lavoro riguardi un rapporto di lavoro agile con un lavoratore disabile. Il passaggio alla modalità smart è risolvibile da entrambe le parti con preavviso. La presenza di un giustificato motivo consente di recedere senza preavviso nell’accordo a tempo indeterminato e prima della scadenza del termine nel caso di accordo a tempo determinato.

Parità di trattamento con i colleghi d’ufficio
Il lavoratore ha diritto a un trattamento economico e normativo non inferiore a quello riconosciuto ai colleghi che svolgono le stesse mansioni esclusivamente all’interno dell’azienda, in attuazione dei contratti collettivi. Inoltre, nell’ambito dell’accordo di lavoro agile, al lavoratore può essere riconosciuto il diritto all’apprendimento permanente, in modalità formali, non formali o informali, e alla periodica certificazione delle competenze.

Salute e sicurezza
Il datore di lavoro consegna al lavoratore agile e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, con cadenza almeno annuale, un’informativa scritta in cui sono individuati i rischi generali e specifici. Viene riconosciuto il diritto alla tutela contro gli infortuni (anche in itinere) e le malattie professionali.
Deducibili le spese per la formazione
Per i professionisti arriva la piena deducibilità, nei limiti di 10mila euro, delle spese di iscrizione a master e corsi di formazione o aggiornamento professionale, convegni e congressi oltre a tutte le altre spese relative, quali soggiorno e viaggio. Il tetto di deduciblità scende a 5mila euro per le spese sostenute per i servizi personalizzati di certificazione delle competenze, ricerca e sostegno alla autoimprenditorialità, formazione o riqualificazione professionale mirate a sbocchi occupazionali effettivamente esistenti erogati dai Centri per l’impiego e dagli organismi accreditati. Prevista la piena deducibilità degli oneri sostenuti per la garanzia contro il mancato pagamento delle prestazioni di lavoro autonomo fornita da forme assicurative o di solidarietà.

Tavolo di confronto sul lavoro autonomo

Viene istituito un tavolo tecnico di confronto permanente sul lavoro autonomo, composto da rappresentanti designati dal ministero del Lavoro, dalle associazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro e dalle associazioni di settore comparativamente più rappresentative a livello nazionale, con il compito di formulare proposte e indirizzi operativi in materia di politiche del lavoro autonomo.

Più tutele sui pagamenti
Si potranno scaricare fiscalmente anche gli oneri sostenuti per la garanzia contro il mancato pagamento delle prestazioni.

Partecipazione ai bandi di gara
I lavoratori autonomi potranno partecipare agli appalti pubblici o ai bandi per l’assegnazione di incarichi individuali di consulenza o ricerca.

Le reazioni
«Oggi il percorso di riforma del lavoro definito nel Jobs Act si completa con un provvedimento innovativo e di grande importanza, che punta a sostenere e valorizzare il lavoro autonomo non imprenditoriale, attraverso un sistema di tutele specifiche, e a migliorare la qualità della vita dei lavoratori dipendenti, favorendo la conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro». È quanto afferma Giuliano Poletti, ministro del Lavoro e delle Politiche sociali. «Il riconoscimento del ruolo dei lavoratori autonomi, una realtà con un numero elevato di giovani e di donne – sottolinea il ministro – passa per una serie di misure che prevedono più tutele nelle transazioni commerciali e contro i ritardi nei pagamenti, la deducibilità delle spese collegate all`attività professionale e alla formazione, la possibilità di aggregarsi per accedere a bandi di gara nazionali ed internazionali». «Di particolare significato – aggiunge Poletti – il riconoscimento dell’indennità di maternità a prescindere dall’effettiva astensione dal lavoro e l`aumento del congedo parentale da tre a sei mesi, fruibili entro i primi tre anni di vita del bambino: una novità importante, considerando che un numero consistente di lavoratrici autonome abbandona la professione a seguito di una gravidanza».
«Un’altra tutela di rilievo – conclude il ministro – è rappresentata dalla disposizione che rende strutturale la
Dis-coll, l`indennità di disoccupazione per i collaboratori, tra l`altro ampliando la platea dei beneficiari, che ora comprende anche gli assegnisti e i dottorandi di ricerca. Vorrei ancora ricordare la delega al governo per consentire alle Casse di previdenza di diritto privato di attivare anche prestazioni sociali, finanziate da
un`apposita contribuzione, destinate agli iscritti che hanno subito una significativa riduzione del reddito professionale per ragioni non dipendenti dalla propria volontà o che siano stati colpiti da una grave patologia. Non meno importanti sono le misure dedicate al cosiddetto lavoro agile, che definiscono strumenti innovativi per favorire una modalità di organizzazione del lavoro che da una parte risponde all’evoluzione del sistema produttivo e, dall’altra, permette una migliore conciliazione dei tempi di lavoro con i tempi di vita. Tutto questo, delineando un quadro di tutele dei lavoratori che vanno dal diritto a un trattamento economico non inferiore a quello complessivamente applicato nei confronti dei lavoratori che svolgono le medesime mansioni esclusivamente all’interno dell`azienda, alle garanzie in tema di salute e sicurezza, all’assicurazione obbligatoria per gli infortuni e le malattie professionali».

«La nuova legge costituisce un passo avanti per la diffusione dello smart working in Italia. Sebbene non consenta di fare qualcosa in più rispetto a prima – alcune aziende già lo praticano da anni – né tanto meno definisca obblighi di attuazione o incentivi, il testo enuncia principi e promuove diritti di grande valore, eliminando gli alibi di chi riteneva mancasse l’adeguato supporto normativo per il lavoro agile. Oggi in Italia lo smart working si può e si deve fare. L’auspicio è che si possa diffondere in modo più capillare e profondo». È questo il commento di Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart Working della School of Management Politecnico di Milano. «La legge rappresenta un buon punto di riferimento e non va assolutamente vista come debole – ha proseguito Corso -. Enuncia alcuni principi fondamentali, come la possibilità di lavorare in modo flessibile rispetto al luogo e all’orario attraverso l’uso
delle tecnologie digitali, con effetti positivi sia nel lavoro che nel work-life balance. Importante anche l’attenzione alla sicurezza del lavoratore agile e il diritto alla disconnessione».

Secondo la ricerca dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano sono già circa 250 mila in Italia i lavoratori subordinati che godono di discrezionalità nella definizione delle modalità di lavoro in termini di luogo, circa il 7% del totale di impiegati, quadri e dirigenti. E sono già ben il 30% le grandi imprese che hanno avviato progetti di lavoro agile. A fronte dei benefici concreti riscontrati e del favore dei lavoratori, molte di queste stanno oggi ulteriormente estendendo il numero di persone
coinvolte e l’intensità di applicazione.

«Tocca ora alle pmi e alle Pubbliche Amministrazioni, rimaste per il momento ai margini del fenomeno, intraprendere questo percorso», ha concluso Corso ricordando che nel testo di riforma del Pubblico Impiego è stato confermato l’obiettivo di arrivare a offrire ad almeno il 10% dei lavoratori forme di flessibilità entro il 2018.

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